mercoledì 23 settembre 2015

LA LAGUNA VENEZIANA



L'origine della laguna veneta, si può far risalire a circa 6.000 anni fa, quando il livello del mare, dopo alterne variazioni in rapporto alle fasi di glaciazione e deglaciazione, giunse ad attestarsi sull'attuale allineamento di costa.

La laguna è in uno stato di perenne cambiamento. Da sempre la sua caratteristica è quella di reggersi in equilibrio dinamico fra le varie forze che agiscono su di essa. Venti, marea, fiumi e sedimenti interagiscono innanzitutto per formare la laguna, quindi per mantenerla e modificarla costantemente. In questo processo, l’uomo si è inserito adattando la laguna ai suoi bisogni.
La laguna di Venezia si è formata secoli fa come risultato di un processo a cui hanno partecipato varie forze della natura. I fiumi portavano i sedimenti con cui nascevano le barene, il trasporto litoraneo creava i banchi di sabbia e le dune che proteggevano la laguna dal mare: le stesse dune che ora si chiamano Pellestrina, Lido, Sant'Erasmo e Punta Sabbioni. La marea, nel frattempo, con il suo continuo flusso e riflusso creava i canali mareali su cui i Veneziani si spostavano con le navi.
L’equilibrio generale di una laguna, quindi, si regge prevalentemente sui sedimenti apportati dai fiumi, che a poco a poco si depositano e, al contempo, sull’azione della marea, che tende a redistribuire gli stessi e a erodere i fondali. Nel momento in cui queste due forze si equivalgono, la laguna si trova in uno stato di equilibrio dinamico, ma se una delle due prende il sopravvento, l’equilibrio si spezza.
I delicati equilibri cui la laguna è soggetta hanno rischiato di spezzarsi più di una volta. Nei secoli XV e XVI l’apporto continuo dei sedimenti dei fiumi e la ridotta influenza della marea, dovuta all’insabbiamento delle bocche, hanno rischiato di trasformare per sempre la laguna in palude e di collegare la città di Venezia alla terraferma. Una situazione che avrebbe gravemente danneggiato la capacità di difesa della Repubblica di Venezia. Con la deviazione dei fiumi Bacchiglione, Brenta, Sile e Piave, il Magistrato alle Acque storicamente è riuscito a espellere ulteriori apporti di sedimenti direttamente nel Mare Adriatico, ripristinando in tal modo l’aspetto della laguna.
Questo nuovo equilibrio è rimasto stabile fino agli inizi del Novecento secolo, quando sono state costruite le dighe sulle bocche della laguna, ovvero sui lidi. Queste dighe hanno rafforzato l’azione della marea, contribuendo così a una lenta ma inesorabile erosione dei fondali e a una continua distruzione delle barene, ormai rimaste quasi esclusivamente nella parte nord della laguna. La costruzione del canale dei Petroli, infine, ha ulteriormente contribuito alla devastazione morfologica di gran parte della laguna centrale. La sfida a cui oggi siamo chiamati è quella di una tempestiva ed efficace reazione ai cambiamenti climatici che, in futuro, sono destinati ad aggravarsi sempre più.



Le lagune venete sono ricordate già in epoca  pre-romana da geografi Greci, come Eratostene, Scimmo da Chio e Strabone; la nascita stessa di Venezia e di altre città poste sulle basse lagune altoadriatiche (Ravenna, Spina, Altino, Aquileia) viene collegata alla storia dei più antichi popoli mediterranei.

E' in epoca romana, che i lidi Altinati sono menzionati quali località di villeggiatura e svago, e ricordati dal poeta Marziale per la loro solubrità.

Dall'antichità il legame tra attività umane e ambiente naturale, è stato alla base della sopravvivenza fisica della laguna, improntata su di un equilibrato rapporto tra acque dolci e acque marine.

A questo scopo dal 1300, i "Savi alle acque" intrapresero opere di diversione dei fiumi di terraferma, i quali rischiavano di interrare la laguna con le loro torbide; lo stesso Po fu deviato generando l'attuale delta.

In epoca moderna viene definito, con il taglio nuovissimo di Brenta e con quello del Sile, l'attuale conterminazione lagunare.

L'opera della Serenissima, se avesse risolto il prolema dell'intervento da una parte, lasciava però poco contrastata l'erosione marina dall'altra; furono così approntate le difese a mare che tutt'oggi sopravvivono: i murazzi. Il processo evolutivo instauratosi dopo la caduta della Serenissima che mostra il prevalere delle acque marine in quelle dolci, minaccia nuovamente le condizioni fisiche e biologiche che sono il supporto dell'esistenza della Laguna di Venezia.
La superficie della laguna è di circa 550 km², di cui l'8% sono occupati da terra (Venezia stessa e le molte isole minori). Circa l'11% è permanentemente composto d'acqua, o canali dragati, mentre circa l'80% sono piane di marea fangose, paludi d'acqua salata o le artificiali casse di colmata.

La laguna e Venezia sono state inserite nel 1987 nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

È collegata al Mar Adriatico da tre bocche di porto. Nell'ordine, da nord:

Lido-San Nicolò,
Malamocco,
Chioggia.
Essendo situata all'estremità di un mare chiuso, la laguna è soggetta a grandi escursioni del livello delle acque, le più vistose delle quali (soprattutto nei periodi autunnali e primaverili) provocano fenomeni come l'acqua alta, che allaga periodicamente le isole più basse, o l'acqua bassa, che rende talvolta impraticabili i canali meno profondi. Per agevolare la navigazione, i canali lagunari sono segnalati attraverso file di pali: le bricole.



L'accesso al mare in futuro dovrebbe essere regolato dalle colossali opere del progetto MoSE.

Nella zona centro-settentrionale della laguna sorge la città di Venezia, a 4 km dalla terraferma e 2 dal mare aperto. Si estende inoltre ampiamente sull'immediata terraferma con la conurbazione di Mestre-Marghera-Favaro Veneto.

All'estremità meridionale sorge invece la città di Chioggia, mentre all'estremità orientale i piccoli centri compresi nel comune di Cavallino-Treporti, lungo il litorale Cavallino.

Sulle sue rive si affacciavano i porti che attiravano le rotte commerciali. All'interno si avevano vaste zone sfruttate per la caccia e la pesca, ma anche saline e campagne bonificate, con centri abitati e apprezzate "località turistiche". Molto probabilmente a quel tempo la laguna era divisa nei quattro bacini attuali, ma con terre emerse a dividerli in corrispondenza degli attuali spartiacque. Solo così viene a spiegarsi la funzione di porto padovano per il borgo di Malamocco, che si trova al centro di uno spartiacque.

Nel corso dell'Alto Medioevo, con lo spopolamento dei maggiori centri urbani della terraferma, la laguna di Venezia fu un fiorire di centri urbani più o meno importanti, che declinarono poi successivamente con il parallelo sviluppo di Venezia, sino a scomparire in gran parte.

A queste si aggiungevano poi una miriade di isole minori e insediamenti monastici.
Un popolamento più denso e stabile si ebbe però a partire dal V-VI secolo d.C., quando la laguna servì da rifugio alle genti romane in fuga dalle invasioni barbariche. La crisi e la conseguente caduta di Roma aveva infatti provocato il deterioramento delle infrastrutture e delle vie di comunicazione, sicché la Laguna si trovò di fatto ad essere isolata.

A questo concorse anche l'alluvione del 589 (la cosiddetta Rotta della Cucca) che mutò il corso dei maggiori immissari, quali il Brenta e il Sile e che probabilmente sommerse gli spartiacque unendo i quattro bacini a formare un'unica laguna come oggi la conosciamo. Il flusso di profughi si intensificò con l'arrivo dei Longobardi (641) e a questo periodo risale la fondazione dei maggiori centri quali Torcello, Murano, Burano, Mazzorbo, Ammiana e Costanziaco. Precedente forse la fondazione di Rialto (V secolo) e delle altre isole che oggi compongo Venezia, tuttavia, almeno per tutto l'Alto Medioevo non ebbero un ruolo fondamentale nella storia della laguna, oscurate dall'importanza degli insediamenti appena citati.

In epoca romana Venezia era il nome della regione nordorientale d'Italia, la Regio X Venetia et Histria, ma in questo periodo passò a designare, col nome di Venezia marittima, la sola fascia costiera tra le lagune di Venezia e Grado. In seguito alle campagne di Giustiniano, la regione fu sottomessa, sebbene con una certa autonomia, all'Impero Bizantino e vi rimase anche quando il resto del Veneto fu assoggettato ai Longobardi.



Testimonianza della vita lagunare di allora è una lettera che Cassiodoro indirizza ai responsabili della Venezia marittima. Il noto letterato si dilunga ad un certo punto, sulla descrizione del posto: la gente, indipendentemente dall'estrazione sociale, si ciba essenzialmente di pesce; tra le attività principali, spicca l'industria del sale, prodotto che viene utilizzato persino come merce di scambio; ogni famiglia possiede una barca che utilizza sovente negli spostamenti, analogamente ai cavalli in terraferma; le costruzioni "ricordano i nidi di uccelli marini", costruite tra i canneti o addirittura galleggianti sull'acqua.

L'attività umana ha profondamente modificato l'aspetto e l'equilibrio idro-geografico della laguna, fin dall'epoca dei primi insediamenti: nel corso dei secoli le bocche di porto, inizialmente più numerose, sono state ridotte alle attuali tre, i cordoni sabbiosi (i lidi) che separavano la laguna dal mare sono stati rinforzati e stabilizzati con le poderose opere dei Murazzi (lunghissime dighe settecentesche in pietra d'Istria poste a difesa del perimetro esterno lagunare), mentre le foci dei fiumi Sile, Piave e Brenta sono state deviate al di fuori della gronda lagunare per prevenirne l'interramento. Questo ha spesso compromesso l'antico equilibrio, comportando anche la decadenza di numerosi centri abitati, quali Torcello, Costanziaco e Ammiana.

Ancora oggi la laguna fornisce un'ottima base per il porto di Venezia (commerciale ed industriale) e per quello di Chioggia (commerciale e peschereccio) e per l'Arsenale della Marina Militare e per diverse attività riguardanti la cantieristica navale (a Venezia, Marghera, Chioggia e Pellestrina), oltre che la cantieristica minore e da diporto.

La laguna è inoltre un ambiente adatto per la pesca, oltre che per una quantità limitata di caccia e per la nuova industria dell'allevamento ittico. Tipiche abitazioni della laguna sono tuttora i casoni, costruzioni in legno e canne di palude, utilizzati come rifugio per i pescatori che un tempo vivevano in queste zone.

Alcune delle isole più piccole sono interamente artificiali, mentre gran parte delle aree attorno al porto di Marghera sono esito di massicce attività di bonifica. Sabbiose sono invece le grandi isole della striscia costiera (Lido, Pellestrina e Treporti). Le isole rimanenti sono in pratica degli affioramenti più o meno consistenti e più o meno stabili denominate barene, motte o velme.

La progressiva erosione della laguna, processo che comporta la scomparsa di ampie superfici coperte da velme e barene e, in generale, l'abbassamento dei fondali ed il livellamento delle differenze morfologiche interne, associato ad una costante perdita di sedimenti dalle bocche di porto ben superiore agli input dal bacino scolante, e l'inquinamento conseguente alla città, al porto e alle immissioni d'acqua dal bacino scolante, sono solo alcuni dei problemi che assillano questo ecosistema unico al mondo, riconosciuto dall'UNESCO insieme alla città, Patrimonio dell'Umanità. Alcuni dei fattori che hanno aggravato il processo erosivo della laguna sono l'ampliamento delle bocche di porto e lo scavo del canale di Malamocco-Marghera. L'aumentato afflusso di acqua ha aumentato le correnti e di conseguenza anche i quantitativi di sedimenti strappati alla laguna e riversati in mare.

D'altra parte il progetto MO.S.E. per la costruzione di una sorta di diga mediante l'innalzamento di paratoie mobili flottanti dinanzi alle tre uscite verso il mare, allo scopo teorico di contrastare i fenomeni estremi di inondazione che vanno sotto il nome di acqua alta, costituisce un ulteriore fattore di rischio ambientale per la laguna, limitando in fase operativa il ricambio di ossigeno del corpo idrico, già molto limitato.

La zona di porto Marghera ha visto negli anni la creazione di un'ampia zona industriale (30000 occupati nel 1983) con la creazione di industrie pesanti quali canteristica navale, centrali termoelettriche, industrie di fertilizzanti e impianti petrolchimici. Il traffico marittimo (circa 400 navi) rappresenta più di 10 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, di cui 5,8 milioni di tonnellate di greggio. Per molti anni, prima di severe normative ambientali, gli scarichi sono sempre pervenuti in laguna senza trattamenti preliminari a causa di ritardi tecnologici e elevati costi.

Nel 1983 ad esempio la laguna risultava nel complesso moderatamente inquinata. In particolare si riscontrava una presenza elevata di metalli pesanti nella sua porzione centrale, con concentrazioni critiche di mercurio, rame, cadmio e piombo ma non di nichel, cromo e cobalto. Gli indicatori dell'inquinamento organico mostravano una COD elevata nella porzione sud-ovest e inusualmente bassa nella zona centrale, mentre la distribuzione di azoto totale risultava massima e a livelli fuori norma a Sud-Ovest e Nord-Est.





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