venerdì 4 settembre 2015

LA SEPPIA



Uno dei molluschi largamente diffuso nei mari italiani è la Seppia: si potrebbe pensare che non rivesta particolare interesse per i subacquei, mentre merita invece di essere conosciuto più da vicino. La Seppia, mollusco Cefalopodo Decapode che appartiene alla famiglia dei Sepidi, ha il corpo dotato di due strane pinne nastriformi, testa grossa, occhi molto sviluppati; possiede dieci tentacoli (e da qui il termine Decapode) muniti di ventose, due dei quali di forma diversa sono più lunghi degli altri. La conchiglia di questo animale, anziché rivestire il corpo come avviene per molti altri animali della stessa specie, si trova all'interno del corpo ed è l'unica struttura rigida con funzione di spina dorsale. Molti ricorderanno l'osso di Seppia, largamente usato nelle gabbiette degli uccellini per dar modo ai simpatici volatili di lisciare il becco sfregandolo, per l'appunto, su questo osso.
La Seppia è dotata di una ghiandola che secerne una sostanza nera che, disciolta nell'acqua, ha funzione di difesa: intorpidendo l'acqua disorienta l'assalitore riuscendo così a proteggere la fuga di questo animale. Tale sostanza venne impiegata nel passato nella fabbricazione di particolari coloranti, e anche qui si ricorderà il classico termine 'Color seppia' per indicare una certa gradazione di tinta.

Questi animali vivono a varie profondità, anche se prediligono infilarsi nella sabbia mimetizzandosi in modo tale da non riuscire più a distinguerle. Il loro alimento base è costituito prevalentemente da piccoli pesci e crostacei che ingoiano dopo aver rotto le parti più dure con il becco.

Nel mare Mediterraneo le specie più diffuse sono principalmente tre: la Sepia Officinalis, detta anche Seppia comune, che può raggiungere i 35 centimetri di grandezza; la Sepia Orbignyana, nota come Seppia Pizzuta, lunga al massimo 12 cm; infine la Sepia Elegans, o Seppia Piccola, che non supera i 9 centimetri di lunghezza.

Ma anche sono il profilo gastronomico le Seppie non sono da sottovalutare, hanno carni squisite e povere di grassi con le quali si possono preparare ottimi piatti, dalla frittura per le piccole Seppie, alla specialità in umido e, per i buongustai, cucinandole nel proprio sugo ottenuto con il liquido nero.

Le uova vengono deposte in mezzo alle alghe, fra le gorgonie o fra i coralli e, dopo un periodo in incubazione nel grembo di madre natura, prenderanno vita i piccoli che si troveranno ad affrontare non pochi pericoli per sopravvivere.

Animali di queste dimensioni hanno vita difficile nel mondo sottomarino e fino a quando non impareranno a mimetizzarsi fra le alghe o sotto la sabbia, saranno un facile bersaglio per soddisfare l'appetito dei pesci più smaliziati.



La seppia (Sepia officinalis)  è un tipico abitatore delle nostre acque, e non solo di queste. Ed è un animale, che pur nella sua “primitività”, si tratta di un Mollusco, è curioso e affascinante. Come si sa, la seppia può raggiungere dimensioni massime di 30-35 centimetri, e ha colorazione molto variabile che differisce tra maschi e femmine, infatti i maschi presentano una linea bianca lungo tutta la pinna. Il suo corpo è ovale, schiacciato e circondato appunto da una pinna. La testa possiede dieci braccia, due delle quali, i tentacoli, sono più lunghe, retrattili e con la parte terminale ricca di ventose.

Vive sui fondali non troppo profondi e in genere sabbiosi o melmosi e sulle praterie di Posidonia. E’ celebre per le sue migrazioni riproduttive, che compie in primavera ed autunno e dalle quali dipendono anche i diversi metodi di pesca utilizzati per pescarle. Infatti, se normalmente vive in acque non troppo vicine alle coste, si avvicina però a queste proprio durante la stagione degli amori. Prima arrivano i maschi, seguiti poi dalle femmine. Le quali poi depongono delle uova molto caratteristiche che non è raro trovare sulle spiagge. Sono dei grappoli neri che sembrano uva (in effetti c’è chi le chiama “uva di mare”). Facile trovare sulla sabbia anche la conchiglia di questi molluschi, che è interna e di colore bianco: il cosiddetto osso di seppia.

In passato molto più che oggi non era raro incappare anche nelle sipe delfinede cioè, le seppie decapitate dai delfini, i quali infatti sono golosi solo della testa, che riescono a staccare dal corpo. La pesca a questa specie deve seguirne i movimenti migratori durante l’anno. Dunque in inverno le seppie si pescano più al largo, normalmente con le reti a strascico, mentre in primavera e autunno sono attese sotto costa, da strumenti di cattura fissi, come le nasse e i cogolli. Vere e proprie trappole che attirano le seppie che vi entrano non in cerca di un’esca ma di un luogo riparato dove deporre le uova. Tanto è vero che spesso le nasse hanno all’interno materiali plastici o foglie di alloro, che appunto simulano un buon substrato dove deporre le uova. Per gli attrezzi da posta la seppia rappresenta una parte decisamente notevole del pescato, e sebbene con un calo negli ultimi anni, esse costituiscono anche un buon 20% delle catture con lo strascico. Studi genetici recenti dimostrano come la popolazione adriatica di questi curiosi animali sia isolata dalle popolazioni mediterranee. Significa che le seppie mediterranee difficilmente vengono a rimpolpare la popolazione di quelle che vivono in Adriatico, dunque queste necessitano di misure di tutela e di una attenta gestione, per evitarne drastiche diminuzioni.

Le seppie sono molluschi di mare che vantano un notevole pregio commerciale e gastronomico.
Non è raro che all'acquisto delle seppie, per questioni gastronomiche, si scelgano esemplari esteri di piccole dimensioni; in tal caso si tratta quasi sempre di specie appartenenti al Genere Sepiella (ad es. S. inermis - oceano Indiano).

Le seppie sono molluschi dei quali vengono utilizzate diverse parti del corpo. Per effettuare una "comoda" pulizia delle seppie fresche è MOLTO utile che vengano riposte in congelatore per qualche ora. Un semi-congelamento determina l'indurimento della carne e dell'inchiostro, che consente di spellare ed eviscerare facilmente l'animale senza che la sacca con il pigmento nero si tagli (o esploda) macchiando qualsiasi cosa. Una procedura consigliabile per la pulizia delle seppie è la seguente:
Pre-congelamento
Eliminazione della pinna lamellare e della pelle
Eliminazione degli occhi, della bocca e dell'osso di seppia
Eventualmente, separare corpo e testa
Sul dorso, dov'era presente l'osso, con la forbice effettuare un'accurata incisione e rimuovere i visceri AVENDO CURA di non rompere la sacca dell'inchiostro



Delle seppie vengono utilizzati a scopo alimentare corpo, testa, pinna lamellare, gonadi femminili, uova premature (trasparenti e piccole come dei chicchi di riso) e inchiostro; l'osso di seppia, invece, costituisce un prodotto utile come integratore di amminoacidi e sali minerali nell'allevamento di alcune specie aviarie in gabbia.
Il corpo e la testa delle piccole seppie sono ideali alla produzione di spiedini per griglia o al forno; il corpo delle seppie grosse risulta maggiormente indicato alla bollitura (cotto intero e successivamente affettato) per la preparazione di insalate tiepide o Catalana (ma è ottimo anche fritto). La testa con i relativi tentacoli e la pinna lamellare dei grossi esemplari sono deliziosi se inseriti tra gli ingredienti dei risotti di mare, mentre l'inchiostro di seppia, opportunamente estratto dal fresco e riposto in piccoli recipienti (anche conservabili in freezer) è un ingrediente eccellente per: la produzione di pasta nera, la composizione di sughi neri di accompagnamento dei primi piatti, e la composizione dei risotti di mare. Le uova e le gonadi femminili delle seppie costituiscono un piatto da gourmet; si tratta di una lavorazione tipicamente veneta e permette di sfruttare anche queste componenti delle frattaglie. La preparazione delle uova di seppia è una semplice e rapida bollitura in acqua calda, al termine della quale vengono servite con un filo d'olio, prezzemolo fresco e (per gli amanti) un cucchiaino di maionese.

Dimensioni a parte, per una buona riuscita delle preparazioni a base di seppie, sono determinanti la giusta scelta di:
Freschezza-conservazione
Luogo di provenienza.
E' dunque utile specificare che il congelamento, oltre a facilitare notevolmente la pulizia delle seppie, determina una frollatura estremamente utile all'intenerimento delle carni degli esemplari adulti. Questo processo è fondamentale se le seppie vengono preparate arrostite, sia in griglia che al forno, e SOPRATTUTTO se la materia prima è di derivazione NOSTRANA. Le seppie del mar Mediterraneo, infatti, vantano caratteristiche organolettiche e gustative di gran lunga superiori rispetto alle analoghe provenienti dall'oceano Atlantico, ma le loro carni FRESCHE risultano notevolmente consistenti. Sinceramente, salvo per i risotti (nei quali andranno tagliate ben sottili), consiglio SEMPRE di congelare le seppie del mar Mediterraneo (se fresche) prima della cottura; al contrario, i grossi esemplari dell'oceano Pacifico (che sono SEMPRE congelati o decongelati) non necessitano alcun trattamento casalingo col freddo (queste seppie sono quindi più pratiche, più economiche, ma di certo meno saporite).

Le seppie fresche o decongelate si presentano visivamente in maniera del tutto differente. Le seppie fresche, generalmente, sono del tutto integre e coperte di inchiostro (al di sotto del quale è possibile osservare una pelle lucida, tendenzialmente marrone sul dorso e bianca sul ventre); il pescato freschissimo conserva addirittura le sfumature perlate del ventre ma è comunque raro acquistare seppie praticamente vive, se non in filiera corta. Le seppie fresche tendono a sbiadire col tempo e col calore, pertanto, il pallore acquisito è direttamente proporzionale al tempo trascorso dal momento dalla loro morte. Per quel che concerne le seppie decongelate il discorso cambia; quelle ancora da pulire sono sempre sbiadite, poiché il trattamento col freddo incide notevolmente sull'integrità della pelle, ma non per questo una seppia rapidamente congelata risulta qualitativamente inferiore ad un'altra fresca. Anzi, come per tutti i pesci, i crostacei e i molluschi cefalopodi, un buon congelato/surgelato è decisamente consigliabile rispetto a un fresco... "non più molto fresco".

Le seppie vanno incontro a deperibilità molto rapidamente; quelle che non vengono mantenute a temperature intorno allo 0°C (meglio se in cassette con ghiaccio tritato) acquisiscono un forte odore di zolfo (anche se ad un esame microbiologico potrebbero risultare commestibili). Le carni della seppia abbondano di aminoacidi solforati e, se mal conservate, subiscono l'azione microbiologica dei batteri e/o l'azione enzimatica propria, sfociando inesorabilmente nella liberazione di acido solfidrico (molecola dal tipico odore di "uova marce").

Le seppie hanno carni magre e povere di colesterolo; costituiscono delle pietanze decisamente ipocaloriche e le relative porzioni di consumo raggiungono facilmente i 300g. Le seppie contengono tracce di zuccheri ma i macronutrienti che apportano la maggior quantità di energia sono le proteine ad alto valore biologico (ricche di amminoacidi solforati).
Dal punto di vista dei sali minerali e delle vitamine, le seppie non si distinguono per alcun contenuto particolare.
Le seppie si prestano notevolmente alle diete ipocaloriche, poiché hanno un buon potere saziante ed una bassissima densità energetica; sono molto utili anche se contestualizzate nei regimi alimentari contro le dislipidemie e il diabete mellito tipo 2, ma non rientrano tra gli alimenti consigliabili nella dieta per la gotta e l'iperuricemia.
Le seppie contengono una discreta porzione di tessuto connettivo; questo elemento proteico (presente anche nella carne degli animali terrestri ma poco nel pesce propriamente detto e nei molluschi bivalvi/lamellibranchi) aumenta con l'età dell'animale e non è digeribile quanto i peptidi muscolari. Per questo motivo, a chi soffre di disturbi digestivi, gastrite o ipocloridria gastrica, si consiglia di: prediligere seppie di medio-piccole dimensioni, congelarle, cucinarle appropriatamente e non raggiungere porzioni di consumo eccessive, soprattutto in concomitanza del pasto serale.


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