giovedì 17 settembre 2015

LO SQUALO BIANCO



Lo squalo bianco frutto di milioni di anni di evoluzione, rappresenta il vertice delle specie predatorie marine. Le potentissime mascelle con grandi denti triangolari e seghettati ai lati, le generose dimensioni e l’attitudine generalmente aggressiva lo rendono di fatto l’autentico re degli abissi. Al di là degli studi condotti già molti anni fa, si deve ad alcuni subacquei il merito di iniziare a comprendere il comportamento interagendo con il Carcharodon Carcharias nel suo elemento naturale.

E' l’unica specie di squalo che può fregiarsi del nome “Pescecane”. Chi definisce con questo termine altri squali commette un grossolano errore. Alcuni studiosi fanno risalire le origini del Grande Squalo Bianco a milioni di anni fa ed anzi ne individuano nello squalo preistorico Carcharodon Megalodon, o Megalodonte,  il progenitore. Di enormi dimensioni (18 metri) il resto delle caratteristiche parrebbero essere molto prossime a quelle del Carcharodon Carcharias. Ma in questi ultimi anni tale teoria è stata messa in discussione riconducendone le origini ad un'altra lontana specie: l’Isurus Hastalis ovvero un lontano progenitore dello Squalo Mako. Fatto sta che dall’esame dei resti fossili sembra ormai certo che nel corso dell’evoluzione lo Squalo Bianco è mutato pochissimo raggiungendo una perfezione predatoria che lo rendono una specie apicale. Esso appartiene alla famiglia Lamnidae composta da altre due specie: lo Smeriglio (Lamna Nasus) ed il Mako (Isurus Oxyrincus). Da notare che i tre squali di detta famiglia sono tutti presenti nel Mediterraneo. Sulle massime dimensioni dello Squalo Bianco esiste ancora incertezza. Anni fa si riteneva che l’esemplare più grosso fosse quello catturato a Malta nel 1986 ovvero 7,13 m. Ma oggi dall’esame accurato delle immagini si tende  a riferirne la lunghezza a 6,5 m. Ciò nondimeno anche in assenza di dati specifici alcuni studiosi sostengono che possa raggiungere gli 8 metri di lunghezza. Comunemente uno squalo adulto raggiunge dimensioni intorno ai 4,5 metri. Ma come è possibile riconoscere questa specie? Innanzi tutto dai denti, triangolari e seghettati, disposti su una unica fila sulla mandibola superiore e su più file in quella inferiore. Il terzo dente a destra e sinistra della mascella superiore è piegato verso il centro. La mandibola inferiore blocca la preda, quella superiore, a mò di mannaia ne recide le parti durante il morso. Secondo segno distintivo la coda. Vista dall’alto ai lati può essere notata una carenatura che peraltro contraddistingue le altre due specie delle Lamnidae il Mako e lo Smeriglio. Poi le branchie ampie ed in numero di cinque. Le pinne pettorali presentano alla estremità inferiore una colorazione nera. La forma estremamente idrodinamica ed affusolata vista dall’alto risulta tozza con il muso appuntito. Quando le potenti mandibole entrano in azione una membrana (detta Membrana Nittitante) scende per proteggere gli occhi, che sono molto prossimi alla parte superiore delle enormi fauci. La colorazione è scura sul dorso e chiara, di colore bianco ghiaccio (di qui il nome di questo squalo), sul ventre proprio per facilitarne la mimetizzazione: difficile vederlo se si osserva dall’alto altrettanto difficile vederlo se lo si osserva dal basso. Inutile dire che la pelle è abrasiva e assolve lo scopo tramite contatto con la preda di “informare” il predatore sulle proprie caratteristiche.



Infine, lo Squalo Bianco è un formidabile nuotatore, capace di spostarsi per migliaia di chilometri e di immergersi a notevoli profondità. Da questo punto di vista, occorre osservare che come tutti gli squali, anche il Pescecane è privo di Vescica Natatoria ed è quindi costretto a nuotare in continuazione per respirare. L’ossigeno è infatti filtrato dalle branchie durante il movimento e lo Squalo Bianco non ricorre ad espedienti come quello di rimanere appoggiato sul fondo di tunnel subacquei attraversati da forti correnti, tipicamente adottato da Squali Pinna Bianca di reef e Squali Toro. Superfluo aggiungere che il fatto di dover nuotare in continuazione si riflette sull’appetito dello Squalo Bianco, che definire vorace è un eufemismo. Addirittura come è stato dimostrato da recenti studi condotti in Sud Africa a False Bay può attaccare prede saltando fuori dall’acqua. La enorme massa unitamente alla velocità dell’attacco è tale da tramortire con l’urto la preda, le potenti mascelle fanno poi il resto.

A livello uditivo lo squalo bianco percepisce le vibrazioni sonore a grande distanza e il suo olfatto è molto acuto. Inoltre, come gli altri squali, può percepire dei debolissimi campi elettrici e bio-elettrici generati dall'attività motoria delle sue potenziali prede. Deve questa capacità a particolari organi sensoriali posti sull'estremità del muso chiamate "ampolle di Lorenzini". Grazie ad esse lo squalo riesce a percepire il campo elettrico di una preda a partire da mezzo miliardesimo di volt.

Inoltre, in comune con gli altri pesci e con la maggior parte degli anfibi, possiede la linea laterale, un organo composto da una serie di organi ricettori disposti lungo i fianchi dell'animale, sensibili alle vibrazioni a bassa frequenza e alle onde di pressione generate dal moto di corpi solidi nell'acqua. Le ampolle di Lorenzini e la linea laterale permettono allo squalo bianco di percepire la posizione, la grandezza e i movimenti di una preda, anche senza l'ausilio della vista, cosa utilissima in acque torbide, poco illuminate, o nella fase finale dell'attacco, quando lo squalo ha già ruotato gli occhi all'indietro per proteggerli da eventuali graffi causati dalla preda che si difende. Si è infatti ritenuto, per molto tempo, che la vista giocasse un ruolo secondario nella predazione, ma si è capito recentemente che gli squali bianchi hanno una vista molto acuta, su cui fanno grande affidamento. La perdita parziale o totale della capacità visiva può compromettere le possibilità di sopravvivenza dell'animale: infatti nel momento del morso esso protegge i suoi occhi ruotandoli all'indietro fino a farli sparire dalle cavità oculari, a differenza di altre specie di squali che sono invece provviste di una protezione naturale chiamata membrana nittitante, che si alza come se fosse una palpebra, ma dal basso verso l'alto, con lo scopo di coprirne l'occhio, proprio per evitare qualsiasi lesione. Recenti studi hanno mostrato che di notte tende ad avvicinarsi alle coste molto illuminate per sfruttarne la luce riflessa.

Il grande squalo bianco è uno tra i pochi squali che sollevano regolarmente la testa sopra la superficie del mare per guardare gli altri oggetti: questo comportamento è tipico dei cetacei ma raro nei pesci, ed è noto come spyhopping. Una possibile spiegazione di questa anomalia può essere dovuta al fatto che l'odore viaggia attraverso l'aria più velocemente che attraverso l'acqua, perciò, quella che apparentemente potrebbe essere scambiata per una forma di curiosità, sarebbe invece soltanto un modo di ottimizzare il pur già potente olfatto dello squalo.

Lo squalo bianco è un cacciatore altamente specializzato, anche se la sua dieta può variare molto a seconda della zona in cui vive. Nel Mar Mediterraneo caccia tonni, pesce spada, tartarughe di mare, altri squali, delfini. Non attacca grandi cetacei come le balene ma se si imbatte in una carcassa non esita a divorarla e in queste situazioni sembra essere più disponibile ad accettare la presenza di altri squali e sembra essere anche molto selettivo, divorando soltanto la parte più ricca di grassi e risputa il muscolo, meno nutriente. In altre parti del mondo può, ad esempio, cibarsi prevalentemente di foche o leoni marini. Sembra che non disdegni anche i rifiuti che vengono gettati dalle navi e qualunque tipo di spazzatura possa venire a trovare. Lo squalo bianco caccia le prede agili con una tecnica simile all'agguato, senza girare intorno alle sue prede, ma sorprendendole da sotto. La velocità in risalita, durante la predazione, gli è consentita dal fatto che lo squalo bianco (come tutti gli squali) è privo della vescica natatoria, organo idrostatico presente nei pesci ossei e che serve per poter stare a profondità variabili e che comunque rallenta una risalita rapida.

A Seal Island in Sudafrica, i grandi squali bianchi sono soliti predare le otarie del capo che si trovano in superficie sul pelo dell'acqua avvicinandosi dal basso quasi verticalmente sotto la preda e ghermendola con le fauci. La velocità dell'attacco è così elevata da permettere allo squalo di saltare fuori dall'acqua per la totalità del suo corpo. Questo comportamento predatorio è stato documentato a Seal Island e in California alle Farallon Islands.

Lo squalo bianco caccia preferibilmente nelle ore prossime all’alba e al tramonto poiché in quelle ore le condizioni di luce sono ottimali per effettuare attacchi dal basso verso l’alto mirando alla sagoma della preda senza essere visto. Il tasso di successo degli attacchi varia dal 55% al 40% e poiché ogni attacco comporta un grande dispendio di energie lo squalo prepara i suoi agguati con grande attenzione, adattando il suo stesso stile di vita e i suoi spostamenti, in base ai luoghi e ai periodi di riproduzione delle sue prede. Una volta agguantata la preda lo squalo bianco scuote la testa utilizzando la mascella come una sega per provocare tagli più ampi e profondi al fine di strappare pezzi di carne più grossi, proprio come farebbe un cane. Secondo uno studio del Journal of Zoology pubblicato nel 2009, nel cacciare le foche lo squalo bianco utilizza tecniche di caccia paragonabili a quelle di un serial killer: sceglie e pedina le sue prede a distanza, in cerca del momento migliore per colpire, ed è in grado di trarre esperienza da ogni attacco al fine di aumentare la percentuale di successo e minimizzare il dispendio di energie.

La tecnica di caccia varia a seconda del tipo di preda. Le foche, più piccole, vengono predate dal basso verso l’alto e uccise e divorate immediatamente. Gli elefanti marini del nord, invece, essendo più grandi e pericolosi, vengono morsi posteriormente in modo da far sì che la preda non possa muoversi; così facendo lo squalo attende al sicuro che la preda si dissangui per poi divorarla con calma. Lo squalo bianco può occasionalmente tentare di attaccare lagerinchi, grampi, tursiopi, suse, focene e focenoidi ma la loro velocità e il loro sonar riescono nella maggior parte delle volte a far sì che i suoi attacchi non vadano a segno. Talvolta, se in gruppi numerosi, i delfini possono far allontanare l’aggressore grazie a movimenti della coda e contrapposizioni frontali. Soprattutto se vi sono piccoli da difendere i delfini li circondano e sbattendo fortemente la coda fanno desistere l’animale. Un simile comportamento è stato osservato anche quando ad essere minacciati dallo squalo sono stati dei bagnanti.

Lo squalo bianco è un predatore all'apice della catena alimentare ed è sempre stato considerato privo di predatori naturali. Recenti studi condotti dalla biologa Ingrid Visser, hanno tuttavia dimostrato (con spettacolare documentazione fotografica) che l'orca può uccidere lo squalo non solo per difesa (come si era sempre creduto), bensì, in carenza di prede più facili, può mettere in atto veri e propri assalti di gruppo contro lo squalo bianco con l'intento di cibarsene, tramortendolo a colpi di coda, o addirittura girandolo di proposito sul dorso per provocargli l'immobilità tonica.

Gli squali bianchi sono animali prevalentemente solitari, tuttavia capita che in certi periodi di caccia vi siano assembramenti di molti esemplari in aree ristrette. Dato che queste situazioni possono generare conflitti, gli squali bianchi hanno elaborato una modalità di comunicazione che avviene tramite movimenti del corpo aventi lo scopo di creare una gerarchia che risolva i conflitti in modo non violento. Si è allora scoperto che quando uno squalo bianco vuole prevalere nei confronti di un suo simile, esso compie particolari movimenti che segnalano intenzioni aggressive: inarca la schiena, mostra i denti, apre e chiude le fauci con rapidi scatti, sbatte violentemente la coda sulla superficie e mostra le sue dimensioni girando attorno al rivale. Spesso l’interazione si risolve con la sottomissione di uno dei due animali ma talvolta possono esservi scontri violenti, anche mortali.

Osservazioni sugli squali bianchi in Sudafrica mostrano che la gerarchia si basa sulle dimensioni, sul sesso e sulla stanzialità degli esemplari: le femmine dominano i maschi, gli squali più grandi dominano quelli più piccoli, gli stanziali dominano i nuovi arrivati. I gruppi che si vengono a formare possono essere paragonati a dei “clan” simili a quelli dei gruppi di lupi dove vi è uno squalo dominante su altri squali del gruppo, e dove gli scontri avvengono tra capi e membri di clan rivali.

Questo squalo può vivere dai 30 ai 40 anni. La maturità sessuale è raggiunta a 3,8 metri di lunghezza nei maschi e tra 4,5 e 5 metri nelle femmine. La specie è ovovivipara e, al contrario di quanto sostengono alcune pubblicazioni, questa specie non mostra il cannibalismo intrauterino come verificato nello squalo toro, ma piuttosto si nutre di uova non fecondate. Il parto avviene tra primavera ed estate, e la gestazione dura probabilmente all'incirca un anno. I piccoli alla nascita hanno taglia compresa tra 1,2 e 1,5 metri e hanno i denti dotati di minute cuspidi laterali, con quelli inferiori talora ancora con i bordi lisci anziché seghettati. Il numero massimo di piccoli per figliata si suppone sia tra 10 e 14.

È tra gli squali giudicati pericolosi per l'uomo, insieme allo squalo longimanus, allo squalo tigre e allo squalo leuca (Carcharhinus leucas), e spesso viene esageratamente definito "il mangiatore di uomini". L’idea che lo squalo bianco sia un mangiatore di uomini è iniziata nel 1975 quando nei cinema è apparso il film Lo squalo di Steven Spielberg, adattamento dell’omonimo romanzo di Peter Benchley. In effetti lo squalo bianco è pericoloso per l’uomo qualora se ne entri in contatto, dato il suo morso micidiale e la sua abitudine di attaccare otarie, foche e leoni marini in prossimità della superficie, anche se questi attacchi sono spesso dei morsi esplorativi o potrebbero essere dovuti alla somiglianza che ha, vista dal basso, la forma di un surfista steso sulla tavola rispetto a quella dei mammiferi marini sopracitati. Lo squalo bianco non è però un pericolo in termini assoluti, poiché escludendo le aree geografiche nelle quali è notoriamente presente in alte concentrazioni, la probabilità di incontrare uno squalo bianco durante una normale attività ricreativa è estremamente rara.



Il Florida Museum of Natural History cura un database chiamato ISAF (International Shark Attack File) all’interno del quale vengono censiti tutti gli attacchi di squalo nel quale sono coinvolti gli esseri umani (in acqua e su imbarcazioni). Ovviamente sono registrati soltanto gli attacchi non provocati. Per quanto riguarda lo squalo bianco le statistiche dicono che nel mondo, tra il 1876 e il 2008 vi sono stati 244 attacchi non provocati dei quali 65 si sono rivelati mortali. La stragrande maggioranza degli attacchi avviene in acque superficiali e gli stati più coinvolti sono: Florida, California, Australia, Hawaii, isole Figi, Bahamas e Sudafrica. Il tasso di mortalità degli attacchi è in forte discesa, sia per la sempre maggiore informazione che viene fatta nelle spiagge a rischio, sia per le reti protettive che vengono installate nei luoghi turistici.

Parallelamente all’ISAF è stato istituito anche il MEDSAF (Mediterranean Shark Attack File) che classifica gli attacchi di squalo non provocati nel solo Mediterraneo. Secondo i dati presenti in questo database, dal 1890 al 1998 lo squalo bianco è stato sicuramente responsabile del 60,6% degli attacchi totali di squalo avvenuti nel mediterraneo (37 attacchi) e del 52% degli attacchi mortali (22 morti). È da considerare comunque che molti attacchi, specie in passato, non sono mai stati segnalati. Dal medesimo database si apprende che l'ultimo attacco mortale di squalo nel mediterraneo è stato causato da uno squalo bianco la mattina del 2 febbraio 1989, nel Golfo di Baratti (Piombino), ai danni del sub Luciano Costanzo, molestato a 27 metri di profondità mentre puliva dei cavi sottomarini, e ucciso in superficie mentre tentava di raggiungere la barca di appoggio.

Nonostante questi dati possano sembrare inquietanti, in realtà l'ISAF si propone di spingere l'opinione pubblica verso un approccio più razionale al problema. Ha perciò fornito un dettagliato numero di casi di morte per diversi motivi comparandone i rischi con quelli relativi agli attacchi di squalo. Per citare qualche esempio, soltanto negli Stati Uniti dove vi è una concentrazione di squali bianchi superiore alla media negli ultimi 50 anni vi sono stati 1.930 morti dovute a fulmini contro 25 morti dovute ad attacchi di squalo.

Allo stato attuale non si hanno notizie di squali bianchi in cattività, sebbene alcuni acquari siano riusciti ad ospitarne alcuni esemplari per periodi più o meno lunghi.

Nell'agosto del 1980 una femmina di 2,4 metri, "Sandy" fu ospitata nel California Academy of Sciences a San Francisco in California, ma venne liberata perché si rifiutava di mangiare e sbatteva contro le pareti della vasca.

Nell'agosto del 1981 uno squalo bianco è sopravvissuto per 16 giorni al SeaWorld di San Diego in California, prima di essere rilasciato.

Il Monterey Bay Aquarium ha ospitato e poi liberato cinque diversi squali bianchi in cattività. Il primo esemplare, una femmina, è stato introdotto nel 2004 ed è rimasto in esposizione per 198 giorni, record assoluto di permanenza di uno squalo bianco in cattività. Nell'agosto del 2006 uno squalo bianco maschio è rimasto in vasca per 137 giorni, nell'agosto del 2007 un altro maschio è stato tenuto in cattività per 162 giorni mentre nell'agosto 2008 la permanenza di una femmina è stata soltanto di 11 giorni. L'ultimo squalo ad essere ospitato nell'acquario californiano è stata una femmina che vi è rimasta per 70 giorni ed è stata liberata il 4 novembre 2009, in anticipo sui tempi previsti a causa del comportamento aggressivo che manifestava verso gli altri squali. Quest'ultima è stata l'unica dei cinque squali catturati a morire dopo la liberazione, in quanto nel marzo 2010 è stata uccisa da una rete da pesca. Dei cinque squali, tre sono stati catturati appositamente per essere inseriti nell'acquario, due invece vi sono giunti per cattura accidentale da parte di pescherecci. Tutti gli squali al momento della liberazione sono stati dotati di un sensore che ne ha monitorato gli spostamenti per alcuni mesi.

Il fascino degli squali bianchi spinge molti turisti a recarsi nei luoghi dove è possibile avvistarli e osservarli in immersione. I luoghi più quotati per lo "shark tourism" sono generalmente Seal Island in Sudafrica, l'isola di Guadalupe in Messico, Rottnest Island in Australia e Stewart Island in Nuova Zelanda. Ci sono diversi metodi di approccio. È possibile osservare gli squali dalla barca grazie alle operazioni di pasturazione ("chumming") del mare con sangue e materiali organici di prede abituali degli squali, in modo da attirare lo squalo verso la barca. Un altro metodo è quello di legare alla barca una fune dove all'altro capo viene agganciata la sagoma di una foca: lo squalo vede la sagoma e l'attacca dal basso effettuando un salto fuori dall'acqua, per la gioia delle cineprese dei turisti.

L'osservazione può essere fatta anche in acqua grazie all'ausilio di gabbie metalliche, sempre previa pasturazione del mare circostante. L'osservazione e l'interazione con grandi squali bianchi fuori dalla gabbia viene effettuata solo da pochi e coraggiosi esperti data la pericolosità dell'animale.

Di particolare interesse scientifico e fascino sono le immersioni di Mike Rutzen, che riesce a toccare e quasi a giocare con squali bianchi di notevoli dimensioni.

Attualmente è in corso una polemica tra gli addetti ai lavori sull'opportunità di attirare gli squali con materiali organici, in quanto alcuni ricercatori sostengono che nel tempo gli squali potrebbero associare l'uomo alla presenza di esche e sangue, con relativo pericolo per i bagnanti. Da parte degli operatori turistici viene però fatto notare come questa presunta associazione sia ancora tutta da dimostrare, in quanto le aree di pasturazione sono già aree di caccia per gli squali. Inoltre viene posto l'accento sull'importanza del turismo per la salvaguardia dello squalo: infatti sensibilizzerebbe l'opinione pubblica sulla necessità di proteggere lo squalo bianco e spingerebbe gli abitanti del posto a proteggere le aree turistiche, al fine di salvaguardare il non indifferente indotto economico dovuto alla presenza di questi squali. Questo non toglie che in alcuni stati, come l'Alabama il "chumming" sia vietato per legge, al fine di salvaguardare i bagnanti.

Lo squalo bianco è attualmente minacciato e rientra tra le specie protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). Leggi specifiche sono state inoltre deliberate dagli Stati di Australia, Sudafrica, Namibia, Israele, Malta, Italia, California, Florida e Nuova Zelanda. L'Australia ha messo a punto un piano di recupero globale per i grandi squali bianchi presenti nelle sue acque.

Le cause della diminuzione degli esemplari consistono nel depauperamento del patrimonio ittico di cui lo squalo bianco si nutre, la pesca accidentale soprattutto in tonnare o spadare, quella a scopo sportivo o mirata alla commercializzazione di denti, pinne o mandibole complete, e la presenza di reti alla deriva. Come per gli altri squali è oggetto di pesca commerciale a scopo alimentare per la preparazione della zuppa di pinne di squalo anche se non rientra tra le specie privilegiate, e la sua carne non sembra essere particolarmente pregiata.

L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) lo ha inserito nella sua lista rossa classificandolo come vulnerabile, stima effettuata quando si riteneva che lo squalo bianco fosse un animale fondamentalmente stanziale. Recentemente, però, uno studio dell'Università di Stanford ha evidenziato che lo squalo bianco compie migrazioni fino a 18 000 km, per cui ultimamente si ipotizza che spesso sia stato contato più volte uno stesso esemplare. Questo significa che la popolazione di squali bianchi nel mondo è stata finora grandemente sovrastimata e si ipotizza un futuro aggiornamento dello stato di rischio, in quanto il nuovo calcolo proposto dall'università di Stanford ipotizza la presenza di soli 3.500 esemplari in tutto mondo, meno delle tigri.

Sostanzialmente cosmopolita è diffuso particolarmente in acque fredde o temperate tra gli 11 e 24 °C, sulla costa o al largo. È particolarmente presente al largo delle coste meridionali dell'Australia, del Sudafrica, della California, del Messico, del nord-est degli Stati Uniti e nell'isola messicana di Guadalupe, in Nuova Zelanda. È tuttavia possibile trovarlo anche in acque più calde, come ai Caraibi. Vi sono aree diventate particolarmente interessanti per l'elevato numero di esemplari presenti, come Seal Island in Sudafrica, dove vi è una colonia di decine di migliaia di otarie che attirano numerosi grandi esemplari di squali bianchi e, di riflesso, numerosi turisti che vengono ad ammirarne le predazioni. In un'area del Pacifico tra Bassa California e Hawaii vi è il cosiddetto White Shark Café, ricco di squali bianchi per ragioni tuttora poco chiare.

Presente anche nel mar Mediterraneo dove vi è una zona di riproduzione nell'area che comprende Sicilia, Malta e Tunisia. Uno studio del 2010 effettuato sul patrimonio genetico di squali bianchi presenti in Turchia, Tunisia e Sicilia e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society ha ipotizzato che gli squali bianchi del mediterraneo siano arrivati dall'Australia 450.000 anni fa attraverso lo Stretto di Gibilterra a causa di un errore nel seguire le correnti marine e che non siano più riusciti ad uscirne. A dimostrarlo sarebbe il loro patrimonio genetico, molto più simile a quello degli squali bianchi australiani rispetto a quello degli squali bianchi atlantici. Lo stesso studio, inoltre, sostiene che poiché gli squali atlantici entrano nel mediterraneo assai raramente, gli squali bianchi del mediterraneo siano isolati geneticamente, fatto che li svantaggia dal punto di vista dell'adattamento evolutivo.

È uno squalo pelagico, ma si avvicina alle coste particolarmente nelle zone dove la piattaforma continentale è molto vicina ad esse o nelle aree particolarmente ricche di potenziali prede (come, ad esempio, colonie di otarie, foche, o pinguini). Non tollera le acque dolci ma può frequentare aree vicino ad estuari e penetrare all'interno di baie saline poco interessate a fenomeni di bassa marea, nonché in aree dove sono presenti scarichi fognari, dato che i residui organici attirano l'attenzione dei sensi dello squalo. Tende a restare ad una profondità che va dalla superficie ai 250 metri, anche se può scendere molto oltre, fino a 1.200 metri e compie numerose tratte trans-oceaniche, per esempio dal Sudafrica all'Australasia, o dalla California alle Hawaii. È assente nelle regioni fredde dell'Artico, dell'Antartico, nel Mar Nero e nel Mar Baltico. Tende ad evitare le zone nelle quali la presenza umana si manifesta con pesca eccessiva e inquinamento delle acque, tuttavia sembra che persista in alcune aree densamente abitate come lo Stretto di Messina o le spiagge californiane e australiane. Di tanto in tanto, questa specie può raggiungere anche il Mare di Okhotsk e la Terra del Fuoco, ma solo raramente.


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