giovedì 21 aprile 2016

IL PESCE PIPISTRELLO



La famiglia degli Ephippidae comprende 15 specie di pesci d'acqua salata, appartenenti all'ordine dei Perciformes.

Alcune specie sono comunemente conosciute come pesci pipistrello e pesci forcella.

Questi pesci sono diffusi in tutti gli oceani, raramente in lagune e foci fluviali.

Il corpo è alto, schiacciato ai fianchi: visto di profilo ha forma vagamente circolare. La bocca è piccola e i denti sono inseriti anche nel palato. Le pinne pettorali e ventrali sono allungate, mentre la dorsale e la pinna anale seguono la linea del corpo: spesso sono allungate. La coda è a delta o forcuta.
Alcune specie presentano pinne estremamente allungate (Platax pinnatus) mentre altri si discostano dalla forma generale della famiglia, avendo corpi tozzi e pieni (Proteracanthus sarissophorus ).
La livrea è varia, secondo la specie.

Alcune specie sono pescate per l'allevamento in acquario. Spesso sono ospiti di acquari pubblici.

Il pesce pipistrello è lungo circa 15 cm, con una testa piatta, larga, coperta da piccoli aculei che, seppur dall’aspetto non proprio rassicurante, sono innocui. Le creature in questione, con rossetto da pin-up, rigorosamente waterproof, che Madre Natura ha deciso di truccare esageratamente, vivono in mari tiepidi e temperati, su fondali di tipo sabbioso, a circa 100 metri di profondità; sono carnivori,  nutrendosi di molluschi, granchi, gamberi e piccoli pesci e la loro pinna dorsale non ricopre un ruolo nel mantenere l’equilibrio, trasformandosi, piuttosto, in una protrusione sopra il capo, in grado di attrarre le prede; proprio come avviene nelle rane pescatrici che raggiungono l’età adulta. Le sue labbra sono tanto brillanti da risultare quasi fosforescenti.



Il pesce pipistrello dalle labbra rosse,pessimo nuotatore che cammina sul fondo dell’oceano utilizzando le pinne come zampe, scoperto di recente, è un motivo in più per lasciarsi trasportare dalla bellezza incontaminata delle Galapagos, isole di grande attrattiva turistica che, per i naturalisti, costituiscono un importante termometro dello stato di salute del nostro pianeta, esattamente come l’Antartide e la Foresta Amazzonica, poiché il loro ecosistema è talmente complesso, da essere fragilissimo e sensibile ad ogni piccolo cambiamento. Si ritiene che la funzione delle labbra rosso brillante sia quella di migliorare il riconoscimento della specie durante la deposizione delle uova.



mercoledì 20 aprile 2016

IL PESCE CHE CAMMINA



Il Periophthalmus non fa parte della classe degli anfibi, come si potrebbe pensare, ma di quella dei pesci. Questi pesci, noti anche come mudskipper (saltafango) fanno parte della famiglia dei gobidi e comprendono circa 35 specie, di cui solo 15 sono quelle descritte accuratamente e conosciute in tutto il mondo. Tra queste troviamo il P.argentilineatus, P.barbarus, P.chrysospilos, P.gracilis, P.kalolo, P.magnuspinnatus, P.malaccensis, P.minutus, P.modestus, P.novaguineaensis, P.novemradiatus, P.spilotus, P. walailakae, P.waltoni e P.weberi.
Quasi tutte le specie di Periophthalmus vivono in acque salmastre, occupando quasi tutta la fascia territoriale che va dall’equatore ai tropici. Il tipico ecosistema è rappresentato dalle foci dei fiumi, meglio se in presenza di mangrovieti.
A causa dei continui cambiamenti della concentrazione del sale nell’acqua, legata ai fenomeni di marea, i perioftalmi vengono considerati pesci eurialini, come molte altre specie che occupano le medesime aree. In particolare, in queste zone, il flusso delle maree è così accentuato da creare periodi di acqua alta e periodi di secca.
Per questo motivo i Periophthalmus hanno adattato il loro corpo in modo da potersi muovere agevolmente anche all'asciutto: le pinne anteriori si sono trasformate in vere zampette con cui i pesci possono spostarsi sulla terraferma ed hanno adottato un sistema molto ingegnoso di respirazione immagazzinando l’acqua nella grossa bocca e nelle camere branchiali (per questo gli orifizi branchiali sono estremamente ridotti) per potersi ossigenare sulla terraferma senza polmoni. Inoltre, per lubrificare gli occhi che sono posti sulla sommità del capo, li ritraggono all'interno di esso.

Maestro di agilità, appollaiato su un ramo Ogni specie colonizza luoghi diversi. Il P.barbarus è l’unico a vivere in Africa occidentale, mentre gli altri occupano piccoli arcipelaghi, coste e grandi isole (Africa orientale, Arabia Saudita orientale, India meridionale, Malesia, Vietnam, Filippine, Indonesia, Giappone e Korea).
In natura questi simpatici pesci amano sostare sotto i raggi solari, mentre non amano molto restare in acqua. Il cibo più apprezzato dal Periophthalmus è il granchio, che viene catturato compiendo prodigiosi salti con l'ausilio della coda (anche 1,5 m). Altre prede gradite sono piccoli pesci, anellidi ed artropodi.
Quando la marea si alza i Periophthalmus, da predatori, si ritrovano nel ruolo di prede di varie specie di pesci; è questa la principale ragione della loro preferenza istintiva per l'ambiente asciutto. Non a caso quindi questi pesci preferiscono colonizzare i mangrovieti, sui cui rami e radici possono rifugiarsi anche in condizioni di "acqua alta".

Questi simpatici gobidi hanno un'indole piuttosto aggressiva a causa di una spiccata territorialità che compare nell'età adulta. Questa è particolarmente presente nei maschi, che segnalano l'occupazione del proprio territorio ai rivali usando i primi raggi della pinna dorsale come una "bandiera". I piccoli passano invece insieme tutte le ore della giornata senza manifestazioni combattive.
In particolare il P.barbarus da adulto è particolarmente "antisociale", divorando gli avannotti della propria specie ed arrivando addirittura a mangiare, quando affamato, esemplari di poco inferiori alla propria taglia.

Le dimensioni di questi pesci variano notevolmente a seconda della specie (dai 20 cm dei P.barbarus ai 5 cm dei P.novemradiatus). Riconoscere le varie specie di Periophthalmus non è difficile: i caratteri generali di ogni specie si distinguono dalla forma e colore della pinna dorsale e dalla colorazione e la grandezza del corpo che assumono in età adulta.

Vengono talvolta allevati negli acquari domestici.



In un lontanissimo passato, tra i 350 e 400 milioni di anni fa, un gruppo dei nostri antenati pesci cominciò a strisciare sulla terraferma. Dalle pinne che usavano per nuotare si svilupparono gradualmente arti robusti, in grado di sostenerne il peso. Le zampe posteriori si collegarono direttamente alle anche, che divennero più grosse. I pesci diventarono tetrapodi, animali a quattro zampe in grado di camminare, come rettili, anfibi e mammiferi.

L'evoluzione degli arti dei tetrapodi è stata studiata a lungo e in notevole dettaglio, ma altri aspetti della conquista della terraferma sono ancora poco chiari.

Molti pesci si nutrono succhiando. Quando spalancano le fauci lo ioide, un osso a forma di cavallo, spinge sul fondo della bocca, espandendolo, e creando un flusso d'acqua che attira la preda all'interno. Anche le specie che mordono o sbocconcellano le loro vittime contano su questo sistema di suzione per ingoiare il cibo una volta che è entrato nella bocca. (I pesci hanno una "lingua", ma si tratta di un organo molto diverso dal nostro: di solito non può protendersi fuori dalla bocca e non serve a ingoiare, anche se a volte è provvisto di denti che contribuiscono alla masticazione).

La tecnica funziona perché i pesci sono sempre circondati dall'acqua.Sulla terraferma i tetrapodi, con un organo muscolare, spostano il cibo dalla bocca alla gola: la lingua, appunto. Krijn Michel dell'Università di Anversa ha provato una tattica diversa: si è messo a studiare un simpatico pesce, il perioftalmo atlantico (Periophthalmus barbarus). Questa piccola creatura - che somiglia a un fermaporta con le pinne e gli occhi a palla - vive nelle paludi di mangrovie dell'Africa orientale, dell'Oceano Indiano e del Pacifico occidentale. Come tutti i perioftalmi (detti per questo anche saltafango), passa sulla terraferma una sorprendente quantità di tempo. Si sposta trascinandosi sulle pinne e si accoppia, si nutre e combatte all'aria aperta.

Michel ha filmato con una telecamera ad altissima velocità perioftalmi atlantici che risucchiavano bocconi di gambero piazzati su una superficie asciutta. Riguardando i video, lo studioso ha notato un particolare curioso. Nei momenti in cui un perioftalmo si sporge in avanti e apre la bocca, una bollicina d'acqua si protende dalle fauci aperte. L'acqua si stende sul pezzetto di cibo; il pesce lo avvolge con la bocca per poi inghiottirlo insieme all'acqua. Insomma l'acqua agisce come una lingua - "una lingua idrodinamica", la chiama Michel - che consente al perioftalmo di risucchiare il cibo e poi mandarlo giù.

Michel ha dimostrato l'importanza di questa "lingua" mettendo i pezzetti di gambero su una superficie assorbente e poi filmando i perioftalmi con una telecamera a raggi X. Questa volta la "lingua" acquosa si asciugava, e i pesci riuscivano solo ad afferrare i gamberi senza poterli inghiottire. Nel 70 per cento dei casi dovevano tornare in acqua prima di poter mandare giù il boccone.
Ecco perché quasi sempre i perioftalmi si riempiono la bocca d'acqua prima di avventurarsi sulla terraferma. Portando con sé la loro "lingua" acquosa, si assicurano di poter inghiottire diversi bocconi prima di dover tornare in acqua. a differenza di un'altra specie, Channallabes apus o pescegatto anguilla, un siluriforme che si avventura anch'esso sulla terraferma ma non usa lo stesso trucco, e quindi deve sempre riimmergersi dopo aver afferrato la preda.

"Queste scoperte fanno pensare che ingoiare il cibo nell'aria potrebbe essere sempre stato un problema per i vertebrati durante la transizione dall'acqua alla terraferma", sommenta Beth Brainerd della Brown University. "Quando cominciarono a nutrirsi sulla terra, i primi tetrapodi hanno dovuto evolvere un nuovo sistema per spostare il cibo dalla bocca alla gola". Usarono una "lingua d'acqua", come il perioftalmo? Può darsi, ma non dimentichiamo che i perioftalmi sono pesci moderni, e non tetrapodi primitivi. Centinaia di milioni di anni di evoluzione li separano dai nostri antenati che colonizzarono la terraferma: al massimo possono darci qualche indizio sulle strategie che i tetrapodi potrebbero aver usato quando si trasferirono all'asciutto. La "lingua d'acqua" potrebbe essere stata una soluzione temporanea durante la trasformazione dell'osso ioide e l'evoluzione della lingua vera e propria. Una conferma viene da altre riprese compiute da Michel con la sua telecamera a raggi X: i movimenti che fa il perioftalmo mentre mangia sono più simili a quelli di un tritone che a quelli di un pesce. In pratica, nel perioftalmo lo ioide si muove come se ci fosse già una lingua muscolare attaccata.




martedì 19 aprile 2016

IL PESCE VAMPIRO



Payara, Hydrolycus Scomberoides, appartiene alla famiglia dei Cynodontidi.  Caratteristica più evidente del Payara è le due lunghe zanne sporgenti dalla sua bocca.
Queste zanne possono essere di 10 – 15 centimetri di lunghezza (da 4 a 6 pollici) e gli hanno fatto guadagnare il nickname di “pesce vampiro”. Questi denti enormi e sproporzionati ne hanno fatto in tempi antichi un pesce leggendario e temuto. I Paraya crescono fino a circa 3 metri di lunghezza, con una lunghezza media di 1.5 e può raggiungere e superare il peso di 20 chilogrammi.

Endemico del Venezuela (dove viene denominato cachorra o chambira) è un predatore ed è considerato uno dei pesci più aggressivi e pericolosi del mondo superando, per quanto riguarda queste particolari caratteristiche, anche i ben più famosi piranha dei quali, peraltro, si nutre voracemente.

Il payara è presente in particolare nel bacino amazzonico e lo si può spesso trovare alla foce del Rio Tapajós, nelle acque tropicali che costeggiano il Venezuela e in Ecuador. Nel corso delle sue migrazioni per favorire la riproduzione può percorrere comunque lunghe distanze.
Di un intenso colore argenteo, il payara è un pesce carnivoro che può arrivare fino ai 18 chilogrammi di peso. L’esemplare più lungo mai catturato misurava 110 centimetri di lunghezza ma si stima che questa specie posso arrivare fino ai 3 metri.
Nonostante l’aggressività, il payara si sta diffondendo negli ultimi anni anche presso gli hobbisti acquariofili. Una volta adattatosi alla vita da acquario, normalmente il pesce smette di crescere e non supera quasi mai i 6/12 mesi di età e i 12 cm di lunghezza.

Ciò che colpisce di questa specie è la velocità e l’aggressività con le quali attaccano gli altri pesci. Con le due grandi zanne inferiori, aguzze e taglienti, sono capaci di divorare prede lunghe quasi quanto il loro corpo ma attaccano anche prede più grandi di loro facendole a pezzi ed ingoiandole poco alla volta. Sono soliti nutrirsi di piranha e si segnalano proprio per essere l’unica specie predatrice di questi famosi pesci carnivori.
Questo predatore ha un corpo molto possente, con una colorazione argentata, ma al tempo stesso sono pesci molto delicati, una volta catturati devono essere rilasciati abbastanza in fretta, pena la morte del pesce in breve tempo.


La dieta del Payara consiste principalmente di pesci più piccoli di loro, ma la prevalenza della loro dieta è composta soprattutto dai piranhas, che impalano infilzandoli con i loro denti aguzzi e taglienti e poi li consuma.

Il payara preferisce fiumi con acqua corrente e dove vi è parecchia turbolenza. É un pesce opportunista che ama sostare in caccia zone riparate dalla corrente oppure nei fondali più profondi, per avventarsi sulla prima preda che capita a tiro.

Il payara anche conosciuto come “pesce con i denti di cane”: la traduzione di Cachorra è cane ed è conosciuto come cachorra in Venezuela.

E’ inoltre descritto nella prima stagione dello spettacolo Animal Planet’ River Monsters ‘interpretato da Jeremy Wade, che è un biologo britannico e pescatore professionista.

Il payara è quasi una specie di pesce preistorico.

Uno dei posti migliori per catturarli sono le cascate Uraima nel Venezuela, dove è stato catturato il Payara record di 17,80 Kg nel 1996. Sono pesci molto difficili da catturare e soltanto una abboccata su cinque porta alla cattura dell’esemplare. Attaccano le esche con estrema voracità e partono con grande potenza e bisogna aspettarsi che da un pesce di medie dimensioni che possa sbobinare anche una cinquantina di metri di lenza.  Una volta allamato, spesso e volentieri salta, ma le sue fughe sono prevalentemente lunghe e molto possenti e partono verso la corrente, solitamente, aggiungendo così ulteriore difficoltà. Possono strappare una treccia da 14 libbre con facilità. Questi predatori hanno un corpo molto possente, con una colorazione argentata, ma al tempo stesso sono pesci molto delicati, una volta catturati devono essere rilasciati abbastanza in fretta, pena la morte in breve tempo.

Il payara, avendo una distribuzione geografica molto limitata, è un predatore difficile da trovare. Sebbene questo pesce sia stato molto poco ricercato, in questi ultimi anni è diventato quasi un pesce di culto, vista anche la difficoltà di cattura. A causa della sua strana dentatura, è molto difficile avere una solida allamata quando il pesce abbocca. Spesso e volentieri, infatti, si slama quasi all’istante. E’ anche per questo che nella sua pesca si usano solitamente artificiali molto grossi per aumentare le possibilità di allamata.

I locali lo insidiano con grosse esche vive fatte calare sul fondo. Per la pesca a spinning dobbiamo utilizzare grossi minnows affondanti, inutile a dirsi cavetto di acciaio.

In passato era molto temuto dai nativi poiché si credeva fosse attirato dal sangue e dall’urina. Inoltre si pensava che potesse nuotare all’interno degli orifizi umani, ma ne sono stati trovati soltanto all’interno del canale vaginale, da cui è stato necessario rimuoverlo chirurgicamente.


martedì 12 aprile 2016

LO STORIONE



Lo storione comune (Acipenser sturio Linnaeus, 1758) è il più grande pesce d'acqua dolce e salmastra diffuso in Europa. Famoso per offrire carni pregiate e caviale.

In Italia la specie è autoctona. Era segnalata in tutti i mari anche se la presenza era rilevante unicamente nel mare Adriatico, oltre che nel Po. Nel 1892 era localizzata fino a Torino. A causa degli sbarramenti la risalita è di fatto impedita.

Secondo diverse fonti, la specie è oggi estinta in Italia allo stato selvatico; in Europa oramai esiste una sola popolazione riproduttiva nel fiume Garonna. Segnalazioni di storioni pescati nelle acque italiane possono riferirsi a una specie affine (Acipenser naccarii) o ad esemplari introdotti dall'uomo.

Gli storioni sono Pesci Ganoidi della famiglia Acipenseridae. Sono caratterizzati dall'avere il corpo allungato, muso prolungato in un rostro più o meno acuto, occhi piccoli, spiracoli piccoli, bocca inferiore, piccola, protrattile, preceduta da 4 bargigli, priva di dentatura, branchie coperte dall'opercolo, ano arretrato, pinne dorsale e anale uniche molto arretrate, ventrali addominali, codale eterocerca. Hanno lo scheletro interno cartilagineo, corda dorsale persistente, scudi ossei cutanei a superficie ruvida disposti in 5 serie longitudinali sul tronco, 4 sulla coda. Gli scudi cutanei formano alla parte superiore del capo un rivestimento completo. Sul corpo, nelle zone non occupate dalle serie di scudi, la pelle è provvista di scutelli ruvidi. Sul margine dorsale della codale fulcri ossei. Il colore è grigio al dorso, più o meno scuro, biancastro al ventre. Hanno la vescica natatoria comunicante col tubo digerente, l'intestino provvisto di valvola spirale, dietro il piloro delle appendici piloriche.
Gli storioni sono pesci anadromi che vivono generalmente nelle acque marine, per lo più in prossimità delle foci dei fiumi, e risalgono questi ultimi per la riproduzione. Alcune specie vivono però sempre nel mare (Acipenser sturio nel Mar Nero) o sempre nelle acque dolci (A. ruthenus). Depongono un grande numero di uova piccole. Si nutrono di pesci e d'invertebrati. Sono distribuiti in tutto l'emisfero settentrionale tra il 30° e il 70° di latitudine.

Gli storioni sono molto ricercati per le loro carni pregiate, per le uova con cui si confeziona il caviale, per la vescica natatoria che dà la colla di pesce o ittiocolla. Particolammente ricca è la pesca di questi Ganoidi nei fiumi della Russia, principalmente in quelli che si versano nel Mar Nero e nel Caspio (Volga); in Russia si ha la maggiore produzione di caviale.



Nell'Europa centrale e occidentale gli storioni sono in continua diminuzione, soprattutto a causa della regolazione dei fiumi, della navigazione, dell'inquinamento delle acque. A evitare la minacciata scomparsa di questi pesci sono stati fatti tentativi di ripopolamento e di allevamento artificiale.

In Italia gli storioni sono ancora frequenti nel Bacino Padano e nei fiumi della Pianura Veneta. Mentre un tempo erano relativamente frequenti nel Tevere, ora vi compare qualche individuo soltanto eccezionalmente.

Si conoscono parecchie specie di storioni; esse sono molto variabili e si ibridano facilmente.

In Europa è più comune l'Acipenser sturio L., che risale i fiumi a primavera e può raggiungere anche 4-6 m. di lunghezza. Nel Bacino Padano, oltre a questo, si trovano anche il cobice o copese (Acipenser Naccarii Bp.; sin.: A. Nardoi Heck., A. Heckelii Fitz.) e il ladano (Huso huso ). Quest'ultimo è il più grande fra gli storioni europei; nei fiumi della Russia raggiunge anche 9 m. di lunghezza e 1400 kg. di peso.

Eccezionalmente sono stati presi nell'Adriatico alcuni esemplari di Acipenser stellatus Pall.

Nei fiumi dell'Europa centrale e orientale che si versano nel Mar Nero e nel Caspio è poi comune lo sterletto (Acipenser ruthenus L.), più piccolo dei precedenti. Altre specie proprie del Mar Nero, del Caspio e dei fiumi che vi si versano sono: A. Güldenstädtii Br., A. glaber Fitz., ecc. Altre specie ancora vivono nei fiumi dell'Asia e dell'America Settentrionale.

È carnivoro e si nutre di crostacei, molluschi e pesci. In acque interne, pesci vivi o morti, molluschi, crostacei e vermi. Gli animali più anziani si alimentano prevalentemente di notte.

Entra nei fiumi a gennaio-febbraio nonostante la fregola non abbia inizio che due mesi dopo. All'alba o al tramonto lo si può osservare mentre compie dei grandi balzi fuori dall'acqua.
La risalita, che i maschi compiono prima delle femmine, si arresta a valle dei corsi d'acqua ove la temperatura non sia troppo bassa e la portata troppo scarsa e ove manchino fondali profondi e tranquilli. Le uova (in numero di 20.000 circa per kg di peso, di colore bruno e del diametro di 3 mm circa) sono deposte in acqua corrente ad una profondità variabile tra i 2 e i 10 m. Esse aderiscono ai ciottoli ed al substrato del fondo e dopo 3-7 giorni si schiudono. Gli avannotti sono lunghi 10 mm circa. Nel giro di 1-3 anni i giovani storioni scendono al mare, rimanendovi fino all'età riproduttiva intorno ai 7-14 anni.

Essendo una specie protetta ne è vietata sia la pesca sportiva che la pesca professionale. Si praticava con lenza a fondo adeguata alle dimensioni della preda. Come esche si utilizzavano lombrichi a fiocco, pesci vivi o morti e pezzi di carne.

L'importanza economica degli storioni è notevole, sia per la prelibatezza delle carni che delle uova da cui si ricava il rinomato caviale. Molti di essi rientrano tra le specie ittiche allevate, sebbene il ciclo di produzione sia variabile con la specie, è comunque piuttosto lungo, da tre a cinque anni per la carne, da sette a quindici anni per le uova. Lo storione comune è stato riprodotto artificialmente in Francia da alcuni esemplari selvatici pescati nella Gironda.

Alcuni storioni sono stati allevate con successo in grandissimi acquari. A causa delle sue dimensioni è adatto soltanto all'allevamento in strutture pubbliche.


domenica 10 aprile 2016

L'ISOLA SILHOUETTE



Silhouette Island è in gran parte disabitata. Un sistema di sentieri permette ai visitatori di esplorare le spiagge in gran parte deserte.

Il nome Silhouette è stato dato dopo Etienne de Silhouette (1709-1767), il ministro francese delle finanze sotto Luigi XV.

Silhouette è l’isola più inaccessibile delle Seychelles, mantenuta quasi vergine da una poderosa barriera di corallo, che da sempre impedisce l’accesso alle navi, e da un’orografia così caotica che non consente di costruire una pista d’atterraggio: al pontile di La Passe si accede con canotti dal fondo piatto, altrimenti si arriva in elicottero.

Una trentina di chilometri a ovest di Mahé, Silhouette è una montagna piantata nel mare, con scarpate scoscese e punte aguzze, dominata dal Morne Dauban, la seconda vetta delle Seychelles, e occupata per buona parte da un altipiano di 500 m, coltivato a cannella, palme da cocco, tabacco, caffè, avocados, patchouli e bigarades (agrumi simili alle arance). È la terza isola per dimensioni dell’arcipelago, lunga 5 km e larga altrettanti, con una superficie di 25 kmq. Gli abitanti, meno di 500, vivono dei proventi della copra, lavorata nei tre centri di Anse Mondon, Anse Grand Barbe, e La Passe. Non ci sono strade né auto, e il mezzo di trasporto più usato è il mulo.
Con la piazzetta circondata da takamaka e alberi del pane, la chiesa, l’ospedale, la scuola, il cimitero, le case vecchie di 150 anni (la più sontuosa è la Grand Kaz del 1861 costruita da Henri Dauban) e il solo resort dell’isola (il minuscolo Silhouette Island Lodge), La Passe, sulla costa orientale, è il centro più importante affacciato su una spiaggia magnifica.



Poco lontano, ad Anse Cimitere, la tomba dei Dauban, la famiglia più importante, occhieggia in mezzo alla foresta con la sua incredibile struttura di tempietto neoclassico. Non è il solo ricordo del passato: ad Anse Lascars sono state rinvenute antiche tombe arabe, mentre si sa che l’isola era uno dei rifugi del corsaro Hodoul.
Un sentiero percorre in parte il perimetro di Silhouette, collegando i tre villaggi, e attraversa poi la foresta (una delle più belle dell’Oceano Indiano) tagliando l’isola fra La Passe e Gran Barbe: per l’andata e il ritorno occorre una giornata, ed è meglio farsi accompagnare da una guida perché in alcuni tratti occorre aprirsi la strada col machete. Si trova sull’isola una piccola colonia di tartarughe giganti, raccolte dallo zoologo Justin Gerlach.
E’ considerata dai naturalisti uno dei più importanti santuari della biodiversità dell’Oceano Indiano. Il Nature Protection Trust delle Seychelles è impegnato nella tutela ambientale di questo gioiello ricco di rare specie vegetali ed animali.

Un parco nazionale Marino, Silhouette è dimora di una grande diversità di fauna e flora endemica. Tra le specie rare dell'isola troviamo l'albero dell'incenso e il pipistrello dalla coda a covone. La cima più alta e il monte Dauban (740m), circondato da una foresta pluviale vergine piena di tesori della botanica, quali le rare piante pitcher, orchidee, rari legni duri e l'albero dell'incenso. La riserva marina della tartaruga gigante dell'isola è dimora di alcune tartarughe che hanno più di centoventi anni.
Per molti anni l'isola di Silhouette è stata la dimora delle famoso pirata Jean Hodoul. Secondo le leggende locali, ha seppellito dei tesori nelle montagne dell'isola. La Grande Case risale al 1860, ed era stata costruita da Auguste Dauban, commerciante e proprietario terriero. I membri della famiglia Dauban sono seppelliti sull'isola, in un mausoleo. Quest'unica struttura è aperta ai visitatori.


L'ATOLLO DI ALDABRA



Aldabra è il secondo più grande atollo corallino al mondo. Affiora nell'Oceano Indiano, ed è raramente visitato: ospita la gran parte degli esemplari di tartarughe giganti di Aldabra viventi, circa 100.000 capi. Questo gruppo di isole sono state inserite tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. L'atollo è noto anche per le sue tartarughe verdi, le Eretmochelys imbricata e gli uccelli, compreso il Dryolimnas, l'ultimo degli uccelli dell'Oceano Indiano incapaci di volare. Dal punto di vista politico Aldabra fa parte delle Seychelles.

L'atollo appartiene al Gruppo di Aldabra, uno degli arcipelaghi delle Isole Esterne delle Seychelles. L'atollo si trova 424 chilometri a nord-ovest del Madagascar, e 1150 km a sud-est di Mahé, la città più importante dell'arcipelago. Le Isole Comore si trovano 352 chilometri a sud-ovest di Aldabra. L'atollo di Aldabra, insieme a Île Desroches ed al Gruppo di Farquhar, fece parte del Territorio Britannico dell'Oceano Indiano dal 1965 fino al raggiungimento dell'indipendenza nel 1976.

Aldabra venne visitata dai navigatori portoghesi nel 1511. Le isole erano già conosciute agli arabi, i quali le diedero il nome. A metà del diciottesimo secolo passarono sotto il controllo della colonia francese di Réunion, da dove partivano le spedizioni volte alla cattura delle tartarughe giganti. Nel 1810 Aldabra passò sotto la Gran Bretagna insieme a Mauritius, a Réunion, alle Seychelles e ad altre isole minori. Réunion ridiventò francese, e Mauritius riprese il controllo di Aldabra con il resto delle Seychelles. Gli abitanti dell'isola vennero spostati sulle Seychelles.

L'insediamento abbandonato di Picard, nel sud-ovest dell'isola, attualmente ospita il Research Officer, l'Island Manager ed altri rangers e personale. Non esistono altri abitanti permanenti. Le isole sono gestite dalla Seychelles Island Foundation.

Il nome stesso è un mistero: probabilmente di origine Araba, ha un numero imprecisato di significati differenti, dal “verde” al “battente della porta” o, addirittura, un riferimento alla stella Aldebaran usata come strumento di navigazione.
Il Gruppo di Aldabra comprende anche l'isola di Assunzione e gli atolli di Astove e Cosmoledo.

L'atollo è composto da un anello di quattro isole maggiori (in senso antiorario):

Isola Meridionale (Grand Terre, 116,1 km²)
Isola di Malabar o Isola Media (26,8 km²)
Isola di Polymnieli o Isola Polymnie (4,75 km²)
Isola di Picard o Isola Occidentale (9,4 km²)
Esistono altre quaranta piccole isole e scogli, la maggior parte dei quali situati all'interno della laguna: Île aux Cendres, Île Michel, Île Esprit, Île Moustiques, Îlot Parc, Îlot Emile, Îlot Yangue, Îlot Dubois, Îlot Magnan, Île Lanier, Champignon des Os, Euphrate, Grand Mentor, Grand ÎIot, Gros ÎIot Gionnet, Gros ÎIot Sésame, Heron Rock, Hide Island, Île aux Aigrettes, Île aux Cèdres, Îles Chalands, Île Fangame, Île Héron, Île Michel, Île Suacco, Île Sylvestre, Île Verte, Îlot Déder, Îlot du Sud, Îlot du Milieu, Îlot du Nord, Îlot Macoa, Îlot Marquoix, Îlots Niçois, Îlot Salade, Middle Row Island, Nobby Rock, North Row Island, Petit Mentor, Petit Mentor Endans, Petits ÎIots, Pink Rock, Table Ronde.




E' l’unico luogo al mondo, oltre le Galapagos, dove migliaia di animali vivono liberi e padroni dell’ambiente. Lo stesso Charles Darwin segnalò Aldabra come luogo di alto interesse naturalistico e chiese al governo britannico di farne un oasi protetta.

Nella laguna durante l’alta marea arrivano creature di ogni tipo e colore: mante, piccoli squali, tartarughe marine, cernie, aquile di mare, barracuda, pesci pagliaccio e tanti altri, mentre subito fuori la laguna nei pressi della barriera si trovano balene, delfini, dugongo ecc.

Solo il nome è bastato a ispirare in passato antichi viaggiatori e famosi scienziati da tutto il mondo. Tutt’oggi questo fascino persiste, e visitare Aldabra, il più lontano ed isolato atollo dell’arcipelago delle Seychelles, rimane la destinazione mitica per i più intraprendenti viaggiatori.

Soltanto in quest’angolo sperduto del globo si trova l’ultimo sopravvissuto degli uccelli incapaci di volare dell’Oceano Indiano, il rallo dalla gola bianca. Inoltre, Aldabra offre riparo a numerosissimi uccelli migratori, inclusi il fenicottero e l'ibis sacro, e ospita grandi comunità di uccelli marini e terrestri, oltre alle spiagge incontaminate, dove vengono a nidificare numerose specie di tartarughe di mare.

Le specie autoctone che si sono sviluppate nei millenni in totale isolazione sull’atollo hanno portato alcuni esperti a ri-battezzarle come le “Galapagos dell’Oceano Indiano”. Infatti, proprio Charles Darwin, il cui inestimabile lavoro nelle Galapagos ha fatto sì che quella destinazione divenisse una delle mete più ricercate dai naturalisti, riconobbe le singolari proprietà della natura di Aldabra, anche per la presenza dell’unica altra colonia naturale di tartarughe giganti oltre alle Galapagos, e raccomandò alle autorità Britanniche di assicurare che quest’atollo fosse protetto da qualsiasi tipo di sfruttamento o sviluppo.

Nonostante Aldabra sia una delle meraviglie della natura più protette al mondo, la sua isolazione estrema la rende particolarmente difficile da raggiungere. Questo però non è più il caso grazie alla MV Maya’s Dugong, una nave di 40 metri da esplorazione oceanografica di proprietà e gestione della Silhouette Cruises, una delle organizzazioni più rinomate che operano nelle Seychelles. La nave offre, a un gruppo molto limitato di viaggiatori, l’esperienza di vivere a contatto con i tesori e i panorami dell’atollo di Aldabra attraverso una spedizione ecoturistica approfondita di 7 notti, con la possibilità di praticare immersioni lungo il tragitto e di scendere sulle isole stesse.



giovedì 7 aprile 2016

IL COCCO DI MARE



Nei secoli passati erano conosciute dagli Arabi, dagli Indiani e dai popoli dell'Asia orientale ed avevano un grande valore commerciale. Presso gli aristocratici europei del XVI secolo i gusci, decorati con pietre preziose, erano oggetto di collezione. Sino a che l'origine di tali frutti non fu scoperta nel 1768, si pensava che giungessero dagli abissi marini. Nacque la leggenda che si trattasse dei frutti di un albero che cresceva sotto la superficie del mare, che venne conosciuto anche in Occidente come “cocco di mare”.

Il cocco di mare, detto anche coco de mer è una pianta della famiglia delle Arecaceae, unica specie del genere Lodoicea.

Lodoicea Maldivica, è il nome scientifico della palma che produce un frutto (seme) lungo fino a mezzo metro e che può pesare anche 20 Kg, simbolo delle Seychelles, visibile allo stato naturale solo nella Vallèe de Mai, nell'isola di Praslin e nell'isola di Curieuse. Le piante sono enormi: raggiungono i 40 metri di altezza e più di 800 anni di età. E' il seme più grande del mondo. La sua particolarità è di avere una strabiliante somiglianza all'anatomia del bacino di una donna (infatti viene anche chiamato Coco d'Amour), per questo in antichità gli venivano conferiti poteri soprannaturali (e terrestri: era usato come Viagra nel Medioevo), anche perché la provenienza dei pochi esemplari trovati in mare lungo le coste (per esempio nello Sri Lanka, in 'Arabia o alle Maldive) era sconosciuta. Si pensava che giungessero dagli abissi marini ed erano commerciati a cifre esorbitanti, status simbol per alcuni ricchissimi sultani. Solo i francesi svelarono il mistero della loro origine nel 18° secolo.



I 4000 alberi di Coco de Mer sono ora protetti, il governo permette di raccogliere 3000 noci all'anno, che vengono vendute, pulite e lucidate, a prezzi elevati. La palma è dicoica, cioè i fiori maschili si trovano su piante diverse da quelle femminili...una curiosità: le infiorescenze maschili assomigliano ad un enorme pene.
Queste palme sferzate (e talvolta rovinate) dagli uragani rappresentano l'ultimo pezzo dell'antico continente Gondwana (formato da Africa, Madagascar ed India) che si scisse in varie terre 65 milioni di anni fa lasciando isolate le Seychelles.
Si dice che di notte le piante femminili si uniscano sessualmente con quelle maschili. I Seychellesi credevano che chi avesse assistito all'atto sarebbe stato trasformato in un pappagallo nero (una specie endemica della Seychelles) e avrebbe vissuto per
sempre nella foresta della Valle.

La esclusiva presenza nelle due isole dell’arcipelago delle Seychelles deriva dalla particolare struttura del seme, molto grande, ma anche privo di mallo (ossia della polpa) a maturità. E’ così impossibile la diffusione naturale, tramite le correnti del mare, come avviene per la palma da cocco. Il seme maturo ha infatti un peso specifico superiore a quello dell’acqua e quindi non galleggia.

La raccolta delle noci è controllata dalla Seychelles Island Foundation. Il ricavato finanzia le attività di conservazione della Fondazione nella Vallée de Mai e ad Aldabra.



L'ISOLA DI JAVA



Giava è  l'isola più popolosa al mondo e la tredicesima più estesa.
L'isola di Giava si affaccia a sud sull'Oceano Indiano mentre a nord è bagnata dal Mar di Giava che è parte dell'Oceano Pacifico. Giava è percorsa da una catena montuosa vulcanica che comprende 121 vulcani, dei quali 25 ancora in attività. Il territorio è caratterizzato a nord da pianure alluvionali e a sud da aspri rilievi.

Giava è conosciuta anche per l'uomo di Giava, una serie di resti fossili di Homo erectus ritrovati nelle vicinanze del fiume Brantas nella parte orientale dell'isola. Due milioni di anni fa, le piogge nelle isole della Sonda e sul plateau del Digul furono molto consistenti, e permisero il prosperare di una folta vegetazione tropicale. A sua volta ciò permise a molte culture preistoriche di emergere, come evidenziano i molti ritrovamenti fossili in questa regione.

Ci restano molte prove dei passati regni di Giava, ad esempio i celebri templi buddhista di Borobudur e indù di Prambanan. In effetti, la cultura giavanese e la lingua stessa sono stati pesantemente influenzate dalle culture e dalle lingue del subcontinente indiano. Nel VI e VII secolo nacquero a Giava e Sumatra svariati regni che riuscirono poi a controllare le acque dello Stretto di Malacca. Gli stessi regni prosperarono con l'aumentare del commercio marino tra Cina e India e oltre. In questo periodo, scienziati dall'India e dalla Cina visitarono i regni lontani allo scopo di tradurre testi religiosi e letterari.

Il più importante tra i regni indù fu il regno Majapahit con base nella parte centrale di Giava, da dove governava una larga parte di quella che è ora conosciuta come Indonesia occidentale. Il nome dell'impero Majapahit è ancor oggi evocato dagli odierni dirigenti indonesiani per promuovere l'unità e la legittimità dello Stato. I resti di questo regno passarono sotto l'egida di Bali durante il XVI secolo quando i regni islamici della parte occidentale dell'isola guadagnarono potere.

I primi "evangelizzatori" musulmani vennero chiamati Wali Songo, i nove ambasciatori. Alcuni tra loro erano di origini cinese, portando alle speculazioni sull'influenza di Zheng He nei commerci nello stretto di Malacca. Molte delle loro tombe sono ancora ben conservate, e spesso oggetto di pellegrinaggio. La maggiori caratteristiche dell'Islam che sono adottate a Giava sono mescolate con credenze indigene di lunga data, e hanno un sapore decisamente locale. Ad esempio, la leggenda di Nyai Roro Kidul venne creata mescolando le credenze comuni sulla sponda meridionale di Giava alle influenze islamiche.

La Compagnia Unita delle Indie Orientali (VOC) stabilì il suo centro amministrativo e commerciale a Batavia (oggi Giacarta). Questa capitale, insieme ad altre città costiere come Semarang e Surabaya, fu il cuore delle attenzioni olandesi durante la maggior parte del periodo coloniale. Il VOC mantenne il controllo sull'interno montuoso dell'isola attraverso un sistema di stati indigeni suoi clienti come il Mataram.

Nel contesto delle guerre napoleoniche, Giava fu l'ultima delle colonie olandesi e francesi dell'Asia e dell'Oceano Indiano ad essere investita da una spedizione britannica, partita dal Raj Britannico in India: essa sbarcava il 30 luglio 1811 sull'isola e progressivamente sloggiava i franco-olandesi dalle loro posizioni, sino alla resa finale, avvenuta il 18 settembre seguente (Guerra anglo-olandese per Giava). Seguirono cinque anni di occupazione britannica, sinché, nel 1816, l'isola venne resa a neonato Regno Unito dei Paesi Bassi, ai sensi del Trattato anglo-olandese del 1814.

Nel XIX secolo il governo olandese assunse il controllo diretto dei territori prima appartenenti alla Compagnia Unita delle Indie Orientali. Verso la metà del XIX secolo attuò la politica di cultuurstelsel e cultuurprocenten, che diede l'avvio a diffuse povertà e carestie. Un autore olandese, Douwes Dekker, scrisse con lo pseudonimo di Multatuli un romanzo dal titolo Max Havelaar per protestare contro queste condizioni, e in cambio i movimenti sociali e politici, sdegnati da questa protesta, diedero come risultato la politica etica, tramite la quale alle élite giavanesi veniva data la possibilità di avere un'educazione di stampo olandese a Giava o negli stessi Paesi Bassi. È da questa élite che provennero i maggiori leader nazionalisti. Formarono il nucleo del nuovo governo quando l'Indonesia divenne indipendente nel 1949.

Con l'istituzione di Giacarta come capitale, e le radici giavanesi della maggior parte delle figure politiche indonesiane, quest'isola rimane politicamente ed economicamente dominante sul resto del Paese. Mentre larga parte rurale dell'isola è molto povera, le aree urbane di Giava sono tra le più ricche e sviluppate regioni dello Stato. Entrambi i presidenti Sukarno e Suharto, che hanno governato l'Indonesia per un periodo totale di 49 anni dal momento dell'indipendenza, erano di Giava.

Questa predominanza politica è sfociata in un risentimento da parte di alcuni residenti dell'isola. Il conosciuto e rispettato autore indonesiano Pramoedya Ananta Toer suggerì che la capitale indonesiana venisse spostata al di fuori dell'isola di Giava, così da liberare il movimento nazionalista indonesiano del suo carattere "Giava-centrico".

Parlando in generale, le tre maggiori culture di Giava rappresentano le tre zone geografiche principali dell'isola: quindi ovest, centro ed est. Nella zona centrale, nelle città reali di Yogyakarta e Surakarta, i sultani contemporanei spingono i loro alberi genealogici fino ai regni islamici precoloniali che governarono la regione, rendendo queste zone importanti miniere di cultura classica giavanese. Le arti classiche di Giava comprendono la musica gamelan e gli spettacoli di marionette wayang.

Giava fu il luogo di molti regni influenti per la regione del sud-est asiatico, e, come risultato di ciò, molte opere letterarie sono state scritte da autori giavanesi, ad esempio Ken Arok e Ken Dedes, la storia dell'orfano che usurpò il trono del re e sposò la regina dell'antico regno di Giava, e traduzioni di Ramayana e Mahabarata. Pramoedya Ananta Toer è un famoso autore contemporaneo, che ha scritto molte storie basandosi sulla sua personale esperienza di vita e prendendo molti elementi dal folklore e dalle leggende del luogo.

A Giava sorge la capitale dell'Indonesia, Giacarta. Sono popolari destinazioni turistiche la città di Yogyakarta, un enorme monumento a forma piramidale dedicato a Buddha conosciuto come il Borobudur, e Prambanan, il maggior tempio indù dell'isola. Giava ha una densità di abitanti tra le più alte al mondo, e vi abita circa il 60% della popolazione complessiva dello Stato indonesiano. A partire dagli anni settanta, il governo indonesiano ha attuato dei programmi di trasmigrazione (indonesiano transmigrasi) finalizzati a reinsediare la popolazione di Giava su altre isole meno popolose dell'arcipelago. Questo programma ha ottenuto diversi risultati, e può esser ritenuto causa di molti eventi di tensione etnica e violenza tra la popolazione nativa e i "colonizzatori".

La maggior parte degli abitanti è musulmana. Ridotte enclave indù sono sparse su tutta l'isola e questa religione prevale lungo la costa orientali nei dintorni di Bali, specialmente vicino alla città di Banyuwangi. Ci sono anche piccole comunità cristiane, principalmente relegate nelle città principali: alcune zone rurali della Giava centrale hanno forti influenze cristiane. Comunità buddiste sono anche presenti nelle principali città, soprattutto tra gli Indocinesi.



L'economia di Giava si basa soprattutto sull'agricoltura: principali prodotti sono il riso, base dell'alimentazione locale, e il mais; più modesta la produzione di manioca, patate, ortaggi, legumi, arachidi, soia e frutta. Colture d'esportazione sono invece il tè, il caffè, il tabacco, la palma da cocco e da olio, la canna da zucchero, il caucciù e le spezie; la cinchona (albero della china), coltivata tra i 1500 e i 1800 m, ha perso molta della sua importanza. Oltre alla pesca e allo sfruttamento forestale (teak, mogano, ebano, sandalo), altre risorse sono l'allevamento del bestiame (bufali, bovini) e l'estrazione di petrolio (giacimenti di Rembang e Wonokromo, raffineria a Wonokromo) e manganese; a Giava sono concentrate quasi tutte le industrie dell'Indonesia, che comprendono impianti siderurgici, meccanici, cantieristici, tessili, chimici, farmaceutici, petrolchimici, alimentari, del tabacco, del cemento e della gomma.

L'isola ha coste prevalentemente alte e rettilinee a Sud, pianeggianti e frastagliate a Nord, ed è attraversata in tutta la sua lunghezza da un sistema di rilievi comprendenti oltre un centinaio di vulcani (Pangrango, 3019 m; Cereme, 3078 m; Slamat, 3428 m; Sumbing, 3371 m; Lawu, 3265 m; Semeru, 3676 m, la vetta più elevata dell'isola; Raung, 3332 m), separati da fasce pianeggianti o da depressioni, che a N si aprono in una vasta e fertile pianura. I fiumi sono generalmente brevi, ma ricchi di acque; il più importante è il Solo, che attraversa la pianura settentrionale. Il clima dell'isola è di tipo equatoriale, caldo-umido, con deboli escursioni termiche e abbondanti precipitazioni; nella sezione orientale è però più secco per l'influenza dei venti di SE, provenienti dall'Australia. La vegetazione, un tempo ricchissima e costituita dalla foresta equatoriale, è stata sostituita quasi ovunque dalle colture. Il Parco nazionale di Ujung Kulon, all'estremità nord occidentale dell'isola, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO (1991).

Giava possiede il repertorio più ricco di resti di Homo erectus dell’Asia sud-orientale. Dal Pleistocene inferiore e medio provengono i reperti di Sangiran, Modjokerto, Trinil (1,8-1 milioni di anni fa); dal Pleistocene superiore quelli della valle del Solo (Ngandong, Sambungmacan, Ngawi: datazione più recente ma controversa). Le industrie litiche di G. appartengono per lo più alla cultura Pacitaniana (ascrivibile ai gruppi più recenti di Homo erectus), ma è stata rinvenuta un’industria litica anche negli antichi depositi di Bapang a Ngebung (risalente fino a 1 milione di anni fa). In età olocenica (6000 anni fa) comparvero a G. nuovi tipi di strumenti (industria ‘microlitica’), rinvenuti nei dintorni di Bandung. Complessi funerari di rilievo appartengono all’età iniziale dei Metalli (Anyar, Plawangan, Kradenanrejo). Per questo periodo, e anche in seguito, i numerosi manufatti in bronzo della cultura vietnamita Dong Son (imponenti tamburi decorati) e le ceramiche indiane d’importazione testimoniano l’entità dei commerci con queste regioni. A partire dal 5°-7° sec. d.C. sono attestati tratti culturali indiani (scrittura, architettura, religione, organizzazione socio-politica): a Bogor, Cibuaya, Batujaya e Banten Girang. I monumenti religiosi in pietra sono situati sull’altopiano di Dieng e a Gedong Songo (fine 7° sec.).

Alla dinastia buddhista Sailendra (8° sec.) appartengono i candi (santuari) Cangal e Sewu e il gigantesco stupa Borobudur; alla dinastia induista dei Sanjaya il candi Prambanane, il candi Sambisari (9° sec.). Ricerche intensive, anche recenti, hanno riguardato soprattutto la città di Trowulan (14°-16° sec.; templi, complessi palaziali, abitazioni).

L’arte di Giava subì fortemente l’influenza di quella indiana (Gupta, Pala e Pallava) soprattutto nel periodo della formazione, pur presentando, nella sua evoluzione, opere indipendenti e originali dal punto di vista iconografico. I più antichi monumenti in pietra pervenuti sono due semplici templi dedicati a Siva, dell’inizio dell’8° sec., quando il potere politico e culturale giavanese era al centro dell’isola. Maggiore interesse hanno i santuari scivaiti sull’altopiano di Dieng, dell’inizio del 9° secolo. Sebbene appartengano a un identico tipo architettonico (il candi, monumento funebre connesso con il culto degli antenati), i templi di Dieng presentano articolate e numerose varianti sia nella struttura di base sia nella decorazione scultorea. Le immagini di divinità, provenienti dai templi di Dieng, hanno linee semplici e severe.

Nel sud della parte centrale di Giava si trovano vari monumenti buddhisti, il più importante dei quali è il Borobudur (800 ca.). Ispirato al buddhismo della scuola Mahayana, il Borobudur è uno stupa (struttura caratterizzata da elementi campaniformi) di dimensioni colossali, con una serie di terrazze concentriche e digradanti a piramide, costruito su una collina nella valle del Kedu. Sormontato da un grande stupa centrale, è ornato da 1300 rilievi relativi al Buddha storico, immagini assise di Dhyani Buddha, 72 stupa minori con statue del Buddha. Oltre che una rappresentazione simbolica della montagna cosmica (Meru), il Borobudur è anche uno yantra, cioè un cammino d’iniziazione.

Degli inizi del 10° sec., o poco più antico, è il grandioso complesso scivaita di Lara Djonggrang, presso Prambanan. Su una vasta terrazza quadrata, circondata da muri, sorgono otto candi, di cui il maggiore dedicato a Siva è fiancheggiato da quelli, minori, consacrati a Brahma e Viu. Dalla metà del 10° sec. agli inizi del 13° i resti architettonici sono scarsissimi. All’inizio dell’11° sec. è attribuito il ‘bagno’ di Belahan, edificio a cielo aperto, con un bacino rettangolare in parte tagliato nella roccia del monte, considerato il monumento funerario del re Erlangga. Gli edifici del periodo di Singhasari (13° sec.) presentano strutture completamente diverse da quelle tipiche di G. centrale. In essi (candi Kidal, Sawentar, Djago, Singhasari) è molto più sentito lo sviluppo verticale; l’edificio è interrotto a metà dell’altezza da un forte aggetto di tutto il corpo architettonico, su cui hanno particolare spicco le modanature. Al periodo di Majapahit appartiene il complesso scivaita di Panataran (14°-15° sec.), con l’interessante ‘tempio delle date’ (1369), coperto da una piramide a diversi piani che sembra poggiare sulle teste mostruose (kala) che ornano il sommo delle porte. Notevoli i rilievi con storie del Ramayaa e di Krishna che decorano il tempio principale.

A partire dalla seconda metà del 15° sec., sotto l’influsso crescente dell’Islam, l’arte giavanese mostra un progressivo declino, anche se i primi edifici musulmani presentano strutture affini a quelle della tradizione indo-giavanese (minareto della moschea di Kudus, cimitero e moschea di Sendangduwur). Le caratteristiche stele tombali (maesan), diffuse nel 16° sec., pur rilevando l’origine iranica si adeguano ben presto alla tradizione locale.

A Giava fiorirono sempre le arti minori: il batik, dai disegni assai complessi di grande effetto decorativo; i kris; le marionette del teatro wayang (delle ombre), in cuoio, legno o pergamena dipinti o dorati, raffiguranti personaggi del Ramayaa in forme stilizzate.

La musica giunse, presso i Giavanesi, a uno sviluppo più notevole che presso gli altri popoli dell’Indonesia. Molto complessa è l’orchestra giavanese detta gamelan, che comprende 24 musicisti con 13 tipi di strumenti. Vi predominano le percussioni (analoghe al gong); i flauti (suling) sono costruiti con il bambù; le viole con la noce di cocco. Si praticano due specie di gamme (scale): una (del modo slendro) a 5 gradi distanti circa un semitono, e una (del modo pelog) a 7. Si distinguono con precisione vari motivi rituali, con i quali, per esempio, si salutano gli ospiti all’arrivo, alla partenza, o si iniziano le feste, o conviti ecc. La loro tradizione classica risale al Regno Mataram sotto il sultano Agong (17° sec.).

Le danze, caratterizzate dal fatto che in esse non si muovono mai i piedi, hanno carattere rituale e sono curate con lungo impegno; danzatrici e danzatori sono di nobile origine.

La fossa  di Giava è una fossa dell’Oceano Indiano e si trova a Sud dell’isola, in una regione fortemente sismica e vulcanica, dove si attua la subduzione della zolla indo-australiana al di sotto di quella euro-asiatica. Profondità 7450 metri.

Mare di Giava è delimitato dalle isole maggiori Giava, Sumatra, Borneo e dalle minori dell’arcipelago della Sonda. Si estende per circa 1000 km in lunghezza e 600 in larghezza. Comunica con il Mar Cinese Meridionale per mezzo dello Stretto di Karimata, con il Mar di Celebes a mezzo dello Stretto di Makassar, con il Mar di Banda mediante il Mare di Flores, con l’Oceano Indiano attraverso piccoli stretti. È poco profondo (media, 70 m; max 102 m). Sviluppata la pesca, anche di spugne e coralli. Estrazione di petrolio e gas naturale.




LE FILIPPINE



Le Filippine sono uno Stato insulare del Sud-est asiatico situato nell'Oceano Pacifico. Unico Stato del Sud-est asiatico a non avere confini terrestri con altri Stati, a Nord è separato da Taiwan dallo stretto di Luzon, a Ovest è bagnato dal Mar Cinese Meridionale in direzione del Vietnam, a Sud-ovest dal Mare di Sulu verso il Borneo, a Sud dal Mare di Celebes che lo separa dalle altre isole dell'Indonesia e a Est dal Mar delle Filippine. La posizione nei pressi della Cintura di fuoco pacifica e il clima tropicale fanno delle Filippine un'area frequentemente colpito da terremoti e tifoni anche molto violenti come il tifone Yolanda che nel 2013 provocò la morte di circa 8 000 persone, ma è anche ricco di risorse naturali e ha una delle zone più ricche di biodiversità del mondo.

Il nome Filippine fu imposto all'arcipelago dall'esploratore spagnolo Ruy López de Villalobos in onore dell'allora Principe Filippo, successivamente Re Filippo II di Spagna dal 1556 al 1598: l'esploratore, durante la spedizione che lo portò in quelle terre fra il 1542 e il 1546, chiamò Las Islas filipinas le sole isole di Leyte e di Samar nome che poi venne esteso nella sua forma Filipinas all'intero arcipelago.

Successivamente, durante la rivoluzione filippina contro l'Impero spagnolo (1896-1898), il nome venne modificato in República Filipina; nel periodo compreso fra la Guerra ispano-americana del 1898 fino al periodo del Commonwealth, le autorità coloniali statunitensi chiamarono l'arcipelago "le Isole filippine" come avevano fatto in precedenza gli spagnoli, dicitura che venne poi mantenuta anche dopo la liberazione dalla presenza statunitense, con la nascita dello Stato sovrano della Repubblica delle Filippine.

La storia delle Filippine è probabilmente cominciata 30.000 anni fa con l'arrivo dei primi uomini sulle isole dell'arcipelago. Il primo europeo a sbarcare fu, il 16 marzo 1521, il portoghese Ferdinando Magellano che approdò sull'Isola di Homonhon a sud-est dell'isola di Samar.

La colonizzazione spagnola iniziò con l'arrivo della spedizione di Miguel López de Legazpi e con un insediamento permanente sull'isola di Cebu. Altri insediamenti vennero creati verso nord quando venne raggiunta la baia di Manila sull'isola di Luzon. Su Manila fondarono una nuova città dando inizio all'era coloniale spagnola sulle isole che durò per più di tre secoli.

Gli spagnoli portarono l'unificazione politica dell'arcipelago, precedentemente costituito da isole indipendenti, dando vita così a quella che sarebbe divenuta la comunità delle Filippine. Introdussero inoltre nel Paese elementi della civiltà occidentale, come la stampa e il calendario.

Le Filippine furono dominate come un territorio della Nuova Spagna dal 1565 al 1821, e in seguito amministrate direttamente da Madrid. Durante il periodo spagnolo furono fondate numerose città, furono costruite infrastrutture, furono introdotte nuove colture e bestiame e il commercio divenne fiorente. I missionari spagnoli convertirono la maggior parte della popolazione al Cristianesimo e vennero fondate scuole, università e ospedali in tutto il Paese.

La Rivoluzione filippina contro la Spagna ebbe inizio nel mese di aprile del 1896 e culminò due anni più tardi con una proclamazione di indipendenza e la costituzione della Prima Repubblica delle Filippine. Tuttavia con il Trattato di Parigi del 1898, che pose fine alla Guerra ispano-americana, il controllo delle Filippine venne trasferito agli Stati Uniti.
L'accordo non venne però riconosciuto dal Governo filippino, che il 2 giugno 1899 dichiarò guerra contro gli Stati Uniti. La Guerra filippino-americana causò ingenti perdite umane ai filippini. Il leader filippino Emilio Aguinaldo fu catturato nel 1901 e il Governo degli Stati Uniti dichiarò il conflitto ufficialmente concluso nel 1902. I leader filippini, per la maggior parte, ammisero la vittoria degli americani, ma le ostilità continuarono fino al 1913. La dominazione coloniale americana delle Filippine iniziò nel 1905 ponendo forti limitazioni al Governo locale.

Una parziale autonomia (commonwealth status) venne concessa nel 1935, preparatoria di una piena indipendenza prevista dagli Stati Uniti nel 1946. Ma i lavori preparatori per la piena sovranità vennero interrotti dall'occupazione giapponese delle isole durante la Seconda guerra mondiale.

Con una promettente economia nel periodo post-bellico, le Filippine sul finire degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta registrarono l'aumento dell'attivismo studentesco e disordini civili contro la corrotta dittatura del Presidente Ferdinand Marcos, che dichiarò la legge marziale nel 1972.

A causa degli stretti legami con gli Stati Uniti, il Presidente Marcos ne ottenne il sostegno, nonostante che nella sua amministrazione fosse presente una massiccia corruzione, oltre a violazioni dei diritti umani. La pacifica rivoluzione (People Power Revolution) del 1986, tuttavia, portò alla cacciata di Marcos (che abbandonò Manila a bordo di un elicottero militare e arrivò infine alle Hawaii dove venne esiliato fino alla sua morte) e si assistette al ritorno alla democrazia.
Da allora però il Paese è stato segnato da un periodo di instabilità politica che ne ha ostacolato la crescita economica.

Le Filippine contano un grandissimo numero di etnie diverse sul proprio territorio. Sono nella stragrande maggioranza popolazioni di origine austronesiana differenziate quasi esclusivamente dalla lingua. In minima parte c'è anche una distinzione religiosa con la presenza di gruppi etnici di fede musulmana (in primo luogo i Moro), in particolare nell'isola di Mindanao. Da notare anche la presenza di diversi gruppi tribali, tutti numericamente poco significativi, che si caratterizzano per non aver subito l'influenza della cultura cristiana né musulmana. Infine vanno segnalati almeno altri due gruppi di entità notevole, rappresentati dai meticci (mestizos) di origine spagnola (più di 2.000.000) e cinese (più di 1.000.000), due popolazioni massicciamente presenti nell'arcipelago da secoli, per motivi essenzialmente politici ed economici.

Le Filippine sono uno dei tre Paesi dell'Asia a maggioranza cristiana. Il 92,5% della popolazione è di fede cristiana e di questi l'81% sono cattolici mentre i restanti appartengono a un gran numero di chiese minori tra le quali la evangelica (2,8%) e la Iglesia di Cristo (2,3%).

Circa il 5% della popolazione filippina è di religione musulmana. I suoi fedeli appartengono essenzialmente all'etnia Moro (si noti il nome dato loro dagli spagnoli, per analogia con gli arabi che conquistarono la Spagna, detti appunto moros, ossia "mori"), originaria dell'arcipelago di Sulu, dell'isola di Palawan e della zona occidentale di Mindanao. I processi di migrazione interna hanno fatto sì che quest'etnia sia oggi presente su tutto il territorio nazionale così che, ad esempio, vi è un buon numero di praticanti musulmani in ognuna delle maggiori città. L'Islam filippino è di rito sunnita ed ha vissuto attriti continui con le istituzioni e le autorità centrali, da sempre cristiane e cattoliche, con insistenti campagne di politiche separatiste che hanno portato alla formazione, nel 1989, della Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano, formata da quelle province nelle quali la popolazione ha espresso con un voto referendario la volontà di riconoscersi in un'unità territoriale distinta geograficamente e per credo religioso.

Il resto della popolazione segue altre fedi, tra le quali l'animismo, praticato dalle popolazioni di origine tribale e presente nelle sue forme rituali anche in molta parte del culto cristiano e musulmano locale, o abbraccia altri credi come l'induismo, il buddhismo o il sikhismo, la presenza dei quali si spiega soprattutto per l'effetto dell'immigrazione di cittadini di altre nazionalità del Sud-est asiatico.

Secondo la Costituzione filippina del 1987, il filippino e l'inglese sono le lingue ufficiali. Il filippino è una versione di fatto del tagalog, parlato nella regione di Manila e nella maggior parte delle Filippine. Il filippino e l'inglese sono utilizzati nel Governo, nell'istruzione, nei media, dalla stampa e dalle imprese. La Costituzione indica lingue regionali come bicolano, ilongo, cebuano, ilocano, hiligainón, pampango, pangasinense, tagalog e samareño come lingue ufficiali ausiliari. Prevede inoltre che lo spagnolo e l'arabo sono promossi su base volontaria e facoltativa. Queste lingue non vengono più utilizzate. Ci sono altre lingue che hanno rilevanza valida in ambito regionale.

Nella Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano, la più grande organizzazione separatista, il Fronte di Liberazione Nazionale Moro, governa politicamente la regione. Altri gruppi militanti come il Fronte di Liberazione Islamico Moro, il Nuovo Esercito del Popolo di comunisti, e l'Abu Sayyaf stanno ancora lottando in altre province, ma la loro presenza è in calo negli ultimi anni, a causa delle operazioni di sicurezza attuate dal Governo.

Le Filippine sono state un alleato degli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale, e nel 1951, i due paesi hanno firmato un trattato di difesa reciproca. Le Filippine hanno sostenuto l'ideologia americana durante la Guerra Fredda e la partecipazione statunitense alla Guerra di Corea e del Vietnam. Furono anche un membro del SEATO, un'organizzazione ormai dissolta il cui obiettivo era quello di assumere un ruolo simile alla NATO nella regione, e i cui membri erano Australia, Francia, Nuova Zelanda, Pakistan, Thailandia, Regno Unito e Stati Uniti.

Dopo l'inizio della guerra contro il terrorismo, l'esercito filippino faceva parte della coalizione che ha dato sostegno agli Stati Uniti in Iraq, ed è stato indicato come un importante alleato extra-NATO. Attualmente, il Governo filippino lavora per fermare i gruppi di insorti nel suo territorio con l'aiuto del Governo degli Stati Uniti.

L'economia delle Filippine è la 42ª più grande al mondo, con un prodotto interno lordo calcolato nel 2012 pari a 250.182 milioni di $ (nominale) e a 419.572 milioni di $ (PPA), con un PIL pro-capite nominale di 2.612 dollari e a parità di potere d'acquisto di 4.380 dollari. Le esportazioni primarie includono semiconduttori e prodotti elettronici, mezzi di trasporto, abbigliamento, prodotti in rame, prodotti petroliferi, olio di cocco e frutti. I principali partner commerciali sono Stati Uniti, Giappone, Cina, Singapore, Corea del Sud, Paesi Bassi, Hong Kong, Germania, Taiwan e Thailandia. La valuta delle Filippine è il peso filippino.

Grazie alla posizione sul mare, ogni isola delle Filippine ha un forte sviluppo nel campo della pesca. I lavori legati alla natura (agricoltura, allevamento, pesca) sono molto presenti in tutte le isole, tuttavia il Paese sta attraversando una trasformazione da un'economia basata sull'agricoltura a un'economia basata più sui servizi; il settore dei servizi produce infatti il 57% del PIL, contro il 31% dell'industria e il 12% dell'agricoltura, nonostante una forza lavoro, in quest'ultima, pari al 32% della popolazione.

L'allevamento più diffuso è quello del carabao, che viene utilizzato per il lavoro dei campi e per la carne. I filippini sono abili artigiani e i loro lavori si collegano con le antiche tradizioni tramandate di padre in figlio. Pur trovandosi in una posizione favorevole per i commerci, le Filippine sono molto chiuse in questo settore economico, anche se i loro prodotti sono molto raffinati e realizzati con tecniche particolari conosciute solo dalle persone più esperte.

Le Filippine sono considerate in parte un paradiso fiscale. Infatti sono una delle 14 giurisdizioni che figurano nella cosiddetta "lista grigia" nel rapporto del giugno 2010 dell'OCSE. Anche il sistema fiscale italiano, col Decreto Ministeriale 04/05/1999, ha inserito le Filippine tra gli Stati o Territori aventi un regime fiscale privilegiato, cosiddetta Black list o lista nera, ponendo quindi limitazioni fiscali ai rapporti economico-commerciali che si intrattengono tra le aziende italiane ed i soggetti ubicati in tale territorio.

L'arcipelago delle Filippine è formato da oltre 7100 isole, isolette e scogli di cui circa 2770 soltanto hanno un nome e poco meno di 900 sono abitate. Le isole maggiori sono undici: Luzon a N (dove si trova la capitale), Mindanao a S, e poi, in ordine decrescente, Samar, Negros, Palawan, Panay, Mindoro, Leyte, Cebu, Bohol e Masbate. Tutte insieme queste 11 isole formano il 94% del territorio. Il gruppo di isole situato fra Luzon e Mindanao, e precisamente Samar, Negros, Panay, Leyte, Cebu, Bohol, Masbate più alcune minori, viene sovente indicato come gruppo delle Visayan o Visayas.
Le coste sono frastagliate e presentano numerose baie e golfi, ma non sono particolarmente ricche di buoni approdi, tenuto conto del grande sviluppo costiero complessivo (che si aggira sugli 11.000 km), e spesso sono accompagnate da scogliere e banchi di corallo che ostacolano la navigazione. A oriente l'arcipelago è orlato da una delle più profonde fosse oceaniche del mondo, la fossa delle Filippine, che raggiunge una profondità massima di 10.540 m.
Le isole dell'arcipelago si trovano in una zona che fu interessata da forti fenomeni orogenetici e quindi la loro morfologia è molto accidentata. Si calcola che più del 65% del territorio sia montuoso, mentre le aree di pianura sono poco più del 30%. Si tratta in genere di strette fasce costiere o di brevi zone pianeggianti di origine alluvionale. Le pianure più estese si trovano nelle due isole maggiori: a Luzon la grande pianura centrale, che si apre sulla baia di Manila, e la vallata del fiume Cagayan; a Mindanao la valle del fiume Agusan. In linea di massima i rilievi seguono, come andamento, l'asse principale di ciascuna isola. Ovviamente i sistemi montuosi più complessi si trovano nelle isole di Luzon e Mindanao. La parte settentrionale di Luzon è percorsa, da N a S, da due catene di monti: la sferra Madre e la cordigliera Centrale. Separate dapprima dalla valle del Cagayan, le due catene convergono poi a N di Cabanatuan e vanno a innervare la lunga e sinuosa penisola di Camarines dove spicca il vulcano Mayon (2420 m). A O, e separata da questi rilievi per l'interposta pianura centrale, si leva la catena costiera dei monti Zambales. Il rilievo di Mindanao è costituito da brevi catene, massicci e gruppi vulcanici (quello dell'Apo, con i suoi 2954 m, è la vetta più alta delle Filippine) fra i quali si aprono modesti bacini interni e più ampie valli fluviali come quella del Pagusan. I corsi d'acqua delle Filippine sono numerosi, ma brevi e con portate molto variabili. Tra i laghi, il più esteso è la laguna de Bay (Luzon) che misura 922 kmq.



Le Filippine sono ben note per le sue bellissime spiagge bianche e mare verde smeraldo.
Questa è la meta esotica per eccellenza sia per chi vuole fare immersioni e per chi preferisce invece crogiolarsi al caldo in uno dei paradisi tropicali più belli al mondo.

Soprannominato “Ultima Frontiera” delle Fillippine, El Nido è senza dubbio l’ultimo  paradiso terrestre sperduto nel mare Cinese meridionale . Situato sulla punta settentrionale dell’isola di Palawan, El Nido è un insieme di isolotti corallini e bellissime baie nascoste tra le scogliere di arenaria bianca che emergono dal mare color smeraldo.
La Baia di Bacuit di El Nido è una destinazione esclusiva, ricca di paesaggi magici, barriere coralline, caverne preistoriche e lagune incontaminate.

Le spiagge più belle del mondo si trovano sull’isola di Boracay, una delle mete preferite dai turisti che si recano nelle Filippine. “White Beach”, è la spiaggia più famosa di Boracay, si estende per 4 chilometri, fiancheggiata da resorts, ristoranti e bar e lambita da acque turchesi.
Di notte inizia il divertimento e la White Beach si anima con castelli di sabbia a lume di candela e accoglienti ristoranti e bar che rimangono aperti fino all’alba.
In altre zone dell’isola ci sono luoghi più tranquilli, dove si possono trovare spiagge deserte, calette, grotte e scogliere a picco sul mare.

La caratteristica unica dell’isola di Bohol sono le Colline di Cioccolato: oltre 1500 colline perfettamente coniche a perdita d’occhio, formatosi da una barriera corallina emersa durante l’era glaciale.  Sono un gioiello naturale e patrimonio dell’umanità protetto da UNESCO. Sono chiamate di Cioccolato per il colore marrone che assumono durante la stagione secca.
Oltre al paesaggio surreale delle Colline di Cioccolato, l’isola di Bohol è una meta naturalistica dove è possibile vedere il tarsio spettro, una delle scimmie più piccole al mondo.
L’isola offre inoltre caverne, spiagge di sabbia bianca, mare cristallino e cascate nascoste nella foresta pluviale. E’ possibile soggiornare nei resorts che si affacciano sulla bellissima spiaggia di Alona Beach sull’isola di Panglao, a sud di Bohol.  Panglao è una sistemazione adatta agli amanti delle attività marine tra cui l’ avvistamento delfini e balene, immersioni e snorkeling.

A circa 800 chilometri a sud est di Manila, si trova l’isola di Siargao, la capitale del surf nelle Filippine. Grazie alle condizioni ottimali, si formano onde altissime alle quali gli amanti del surf non sapranno resistere. L’isola offre anche bellissime attrazioni naturali anche per i non-surfer come: spiaggie bianche, foreste di mangrove ricche di animali selvatici, barriere coralline ben conservate e lagune color turchese per poter nuotare in tranquillità.

Si dice che Camiguin sia “un’Isola Nata dal Fuoco” per la presenza di sette vulcani, tra cui il Monte Hibok-Hibok ancora attivo.  Camiguin è un vero e proprio Giardino dell’Eden, con cascate e sorgenti termali nascoste nella foresta pluviale e con spiagge bianchissime che fanno da contrasto con le montagne verdeggianti.

Dal momento in cui i subacquei hanno scoperto Tubbatah Reefs alla fine del 1970, è stato riconosciuto tra le barriere più belle del pianeta e dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. A causa della sua posizione isolata, Tubbataha è raggiungibile solo con crociera liveboard da Puerto Princesa. Gli amanti delle immersioni subacquee potranno esplorare l’ancora incontaminato mondo sottomarino e la sua straordinaria biodiversità

La piccola isola Pamalican, lambita dal Mare di Sulu, è circondata da spiagge bianchissime e 7 km di barriera corallina incontaminata.

L’arcipelago delle isole Samal è composto da nove isole. L’isola di Samal è quella più famosa e negli ultimi anni sta diventando sempre più popolare grazie alla sua costa di 118 km di spiagge bianche.
Oltre alle spiagge idilliache, l’isola di Samal offre dei paesaggi unici con lagune trasparenti, foreste pluviali e formazioni rocciose.

L’isola di Bantayan è stata definita come la versione più tranquilla di Boracay. Situata a largo della punta settentrionale di Cebu, Bantayan è nota per le sue spiagge bianche, le acque cristalline e per la popolazione locale amichevole.

Coron, Busuanga, Sangat e Culion sono solo alcune delle isole che compongono l’arcipelago delle Calamianes, che conta ben più di cento isole. Il mare delle Calamianes può essere definito come un acquario a cielo aperto dove si possono trovare creature strane come i Dugonghi (mucche di mare) che si aggirano in questa zona da marzo a giungo. E poi ancora tartarughe marine, razze, coralli e vari pesci tropicali dai colori psichedelici. Per non parlare del misterioso Lago Kayangan, una laguna verde-blu circondata dalla foresta pluviale e scogliere mozzafiato, che lancia un incantesimo a tutti i visitatori.

Le Filippine hanno un clima tropicale caldo e umido. La temperatura media annuale è di circa 26,5 °C. L'anno è suddiviso in tre stagioni: Tag-init o Tag-Araw (la stagione calda o estate da marzo a maggio), Tag-ulan (la stagione delle piogge da giugno a novembre), e Tag-lamig (la stagione fredda, da dicembre a febbraio). Le stagioni dei monsoni sono due: una umida e l'altra secca. Il monsone che spira da sud-ovest (da maggio ad ottobre) è conosciuto con il nome Habagat, mentre quello che spira da nord-est (da novembre ad aprile) è noto come Amihan. Il mese più freddo è gennaio, quello più caldo è maggio. Entrambe le temperature minime e massime raggiungono il picco nei mesi di aprile e maggio. La capitale Manila e la maggior parte delle zone di pianura risultano calde e polverose da marzo a maggio. Anche in questo periodo le temperature medie superano di rado i 37 °C, mentre quella del mare raramente scende sotto i 27 °C. Le precipitazioni medie annue nelle regioni montuose sulla costa orientale possono arrivare fino a 5.000 millimetri, mentre nelle valli più riparate dalla pioggia meno di 1.000 mm. L'intero arcipelago è spesso soggetto a passaggi di uragani e tifoni da luglio a ottobre. Il 7 novembre 2013 le Filippine centrali, precisamente la regione di Leyte, sono state colpite da Haiyan, un fortissimo tifone che ha messo in difficoltà milioni di persone: stime iniziali hanno contato oltre 10.000 vittime. Nelle ore successive, l'allarme si è spostato in Cina e Vietnam.

Il fatto di essere un arcipelago, l'estensione geografica, il clima tropicale, e la variegata orografia, rende le Filippine uno dei Paesi con il più alto livello di biodiversità ed endemismo del pianeta. La flora e la fauna dell'arcipelago sono costituite da una miscela di specie asiatiche e australasiatiche per via del fatto che le Filippine si trovano poco più a nord della linea di Wallace, che separa Asia e Oceania; i due continenti, che hanno avuto storie evolutive diverse, hanno apportato una grande biodiversità in quelle zone.

Le acque territoriali delle Filippine occupano circa 1,67 milioni di chilometri quadrati, e ospitano una vita sottomarina unica e diversa, con mari che ospitano più di 2.000 specie di pesci oltre a coralli, perle, granchi e alghe. Le foreste pluviali offrono habitat ad oltre 530 specie di uccelli, circa 800 specie di orchidee e circa 8.500 specie di piante da fiore.

Le foreste e le lunghe coste hanno permesso l'evoluzione di una vasta gamma di uccelli, piante, animali e creature marine e hanno reso le Filippine uno dei dieci Paesi a più alto tasso di biodiversità per unità di superficie del mondo.

La deforestazione, spesso praticata illegalmente, rimane però un problema grave e strutturale dell'arcipelago: la superficie delle foreste è infatti diminuita dal 70% del 1900 al 18,3% del 1999. Molte specie sarebbero pertanto in via di estinzione e gli scienziati affermano che le Filippine hanno subito un tasso di estinzione catastrofica, del 20%, alla fine del XX secolo e per questo motivo la Unione internazionale per la conservazione della natura asserisce che le Filippine sono tra i Paesi a cui dare la massima priorità per la conservazione delle specie.

Nelle Filippine sono presenti circa 13.500 specie vegetali, 3200 delle quali non sono presenti in nessun altro posto al mondo. Le foreste pluviali delle Filippine hanno una ricca flora, tra cui rari tipi di orchidee e di Rafflesie.

Grazie al clima tropicale, le piante da fiore sono abbondanti e sono utilizzate come ornamenti, per la fabbricazione di profumi e come alimenti. Tra questi c'è l'ylang-ylang (Cananga odorata), usata in profumeria, e la cosiddetta sampaguita o "gelsomino d'Arabia" (Jasminum sambac), dichiarato fiore nazionale delle Filippine con Decreto presidenziale del 1934. Altri vegetali presenti includono 54 specie di bambù, le palme da cocco, che sono alla base dell'economia di molte città, gli alberi di nypa (Nypa fruticans) e di mabolo (Diospyros blancoi), il cui legno è sfruttato per le costruzioni, il Canarium ovatum, il durian e diverse specie di piante carnivore del genere Nepenthes.

Si possono trovare circa 1.100 specie di vertebrati terrestri, tra cui oltre 200 specie di mammiferi e oltre 600 specie di uccelli. Tra le specie endemiche sono presenti il tamarao di Mindoro, il cervo maculato delle Visayas, il tragulo delle Filippine, il cinghiale delle Visayas, il lemure volante delle Filippine, e diverse specie di pipistrelli. Il territorio è privo di grandi predatori, ad eccezione di serpenti, pitoni, cobra e rapaci come l'aquila delle Filippine. Tra gli altri animali nativi ci sono lo zibetto delle palme comune, la civetta delle palme, il dugongo e il tarsio delle Filippine. Endemico dell'arcipelago è il coccodrillo delle Filippine, rettile a rischio di estinzione: è una specie gravemente minacciata, e le residue colonie (poche centinaia di esemplari, allo stato selvatico) sono minacciate in maniera piuttosto seria dalle gravi alterazioni cui sono sottoposti gli habitat da esse occupati.

Essendo un arcipelago di oltre 7000 isole, grande rilevanza ha anche la fauna marina, che è tra le più ricche del mondo; nelle acque territoriali si trovano oltre 3000 specie diverse di pesci, 800 specie di coralli (su circa 6000 specie specie note in tutto il mondo) e addirittura circa 20000 specie di molluschi (su circa 110000 specie note in tutto il mondo), oltre a mammiferi marini come delfini e balene e varie specie di tartarughe.

L'architettura filippina è caratterizzata da una forte influenza spagnola integrata a molteplici elementi della cultura dei filippini nativi. Infatti, secondo il folclore locale, le tipiche case filippine devono soddisfare alcune caratteristiche architettoniche per garantire buona fortuna e prosperità per le famiglie che vi abitano. Per esempio, la casa ideale per ricevere i raggi del sole del mattino in due delle sue facciate. Le scale devono essere orientate verso est, non devono essere situate al centro dell'edificio e hanno un numero di scalini che è un multiplo di tre. Inoltre non devono essere posizionate due porte esattamente di fronte, non devono essere costruiti scantinati, e il letto deve stare lontano dalla porta e la sala da pranzo deve essere la stanza più grande della casa.

L'influenza dell'architettura spagnola è evidente anche nel modo in cui sono state progettate molte città, attorno a una piazza centrale, anche se molti degli edifici storici sono stati demoliti durante la Seconda guerra mondiale. Alcuni esempi architettonici ancora in piedi includono principalmente chiese, edifici governativi e università. In effetti, nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco sono presenti quattro chiese barocche: la chiesa di Sant'Agostino di Manila, la Chiesa di Sant'Agostino a Paoay, la Chiesa di Nostra Signora dell'Assunta a Santa Maria e la Chiesa di San Tomas de Villanueva, a Miagao. Anche la città di Vigan è nota per le molte case ed edifici in stile spagnolo ancora conservati.

Dopo il dominio americano e la Seconda guerra mondiale, l'architettura filippina ha iniziato a adattarsi all'architettura occidentale che, combinata con le tradizioni locali, culminò con la creazione dello "stile filippino", presente in edifici come la sede della "Camera dei rappresentanti" e in genere negli edifici governativi. Gli Architetti Uniti delle Filippine (UAP) sono un'organizzazione creata nel 1974 al fine di gestire gli architetti certificati del Paese e promuovere opere a livello nazionale e internazionale.

Prima dell'arrivo degli europei, ogni gruppo etnico aveva sviluppato e affinato le proprie manifestazioni artistiche; l'arte fu influenzata dai malesi, dai cinesi e dagli islamici. Tuttavia, è stato durante la colonizzazione, e una volta che i filippini furono convertiti al cristianesimo, che iniziarono a esprimersi in pale d'altare, rilievi e sculture legate ai santi della Chiesa Cattolica, piuttosto che a rappresentazioni dei loro idoli. Successivamente, nel XIX secolo, le sculture si indirizzarono verso altre espressioni religiose, mostrando persone di tutti i gruppi etnici intente nei loro compiti di vita quotidiana. Successivamente nella pittura, durante il dominio statunitense, si aprì la strada del modernismo che arricchì il patrimonio artistico della nazione.

La letteratura filippina comprende opere solitamente scritte in filippino, spagnolo e inglese. Alcune delle opere filippine più conosciute sono state scritte nel XIX secolo. Francisco Balagtas, poeta e drammaturgo che scrisse Florante at Laura, è riconosciuto come un importante scrittore in lingua filippina. José Rizal, che scrisse le novelle Noli Me Tangere e El Filibusterismo, è anche considerato un eroe nazionale. Le sue raffigurazioni delle ingiustizie degli spagnoli, e la sua morte per fucilazione, ispirò altri rivoluzionari filippini a cercare l'indipendenza dal dominio spagnolo. Nel XX secolo, altri scrittori filippini ufficialmente riconosciuti come artisti nazionali sono: NVM Gonzalez, Nick Joaquin, F. Sionil Jose, e Alejandro Roces.

La musica filippina può essere classificata in tre gruppi principali: la musica folk, la musica popolare spagnola e la musica contemporanea. La musica folclorica comprende tutte le musiche tradizionali dei gruppi indigeni. I principali strumenti musicali utilizzati sono, tra gli altri, il gong, lo xilofono, il flauto, il tamburo, l'arpa, la cetra di bambù. La musica influenzata dagli spagnoli è per lo più di stampo religioso, anche se alcune combinazioni con influenze indigene hanno portato alla creazione di vari canti tradizionali, e la musica contemporanea è invece fortemente legata alla cultura statunitense, come ad esempio il pinoy pop filippino, che è un genere che comprende vari stili occidentali come rock, jazz, hip-hop, disco e pop.

Nelle Filippine gli sport più popolari sono il basket e il pugilato; vengono praticate e studiate anche arti marziali, in particolare l'Escrima antica arte marziale che prevede anche l'uso delle armi.

La cucina filippina si è evoluta nel corso dei secoli, dalle origini maleo-polinesiane per diventare poi una cucina mista con influenze ispaniche, asiatiche, americani e altre, adattate agli ingredienti locali per creare piatti chiaramente filippini. Esistono piatti semplici, come un pasto a base di pesce salato fritto e riso, o più elaborati, come ad esempio la paella, preparati in occasioni delle festività. Le ricette popolari includono carne di maiale, soprattutto da latte, adobo, sinigang, kare kare, tapa, zampa croccante, pancit, involtini primavera e halo-halo. Alcuni ingredienti locali comuni utilizzati in cucina sono le calamondine, le noci di cocco, la saba banana, i manghi e varie varietà di pesci, tra cui il pesce latte.

I filippini tendono a favorire sapori forti, tuttavia i loro piatti non sono così piccanti come quelli tradizionali dei paesi vicini.

A differenza di molti asiatici dei paesi vicini, i filippini non mangiano con le bacchette, ma usano le posate occidentali. Tuttavia, forse perché il riso è l'alimento base e un gran numero di stufati e piatti molto popolari sono fatti con esso, gli utensili presenti a tavola nelle Filippine sono cucchiaio e forchetta, e non coltello e forchetta.

Il modo tradizionale di mangiare con le mani, noto come kamayan, è più frequente nelle zone poco urbanizzate.



L'OCEANO GIAPETO



L'oceano Giapeto si è formato dopo l'inizio della frammentazione del supercontinente Rodinia nel Cambriano medio, circa 510 milioni di anni fa, sparendo completamente nel Devoniano inferiore 400 milioni di anni fa circa. In origine questo oceano bagnava a sud il continente Laurentia e a ovest il Baltica.

Tra 650 e 550 milioni di anni fa (Ediacarano) il continente Laurentia (contenente la parte nord est del futuro Nord America), insieme al Baltica e al continente siberiano si separarono dal Gondwana, muovendosi in direzione nord verso l'equatore. Questo movimento portò all'apertura dell'Oceano Giapeto tra Gondwana, Baltica e Laurentia.

Nel primo Ordoviciano (480 milioni di anni fa), il microcontinente Avalonia (comprendente frammenti dell'attuale New England, Terranova, Nuovo Brunswick, Nuova Scozia, Irlanda del sud, gran parte dell'Inghilterra e del Galles, i Paesi Bassi e la Germania del nord) iniziò a separarsi dal margine settentrionale del Gondwana.

Alcune tracce delle fasi iniziali di deformazione e metamorfismo si rinvengono in Scandinavia. La prima fase che viene di solito inclusa nel ciclo caledoniano è la fase finnmarkiana datata a 505 milioni di anni fa (tardo Cambriano). La fase successiva definita Jämmtlandian seguì 455 milioni di anni fa.

Queste fasi vengono interpretate come dovute alla collisione del bordo occidentale del Baltica con un arco insulare o un microcontinente. Analogamente il bordo orientale del Laurentia entrò in collisione con un arco insulare durante l'orogenesi Taconiana tra 480 e 435 milioni di anni fa.

Durante l'Ordoviciano, il microcontinente Avalonia si mosse autonomamente verso nord est contro il continente Baltica provocando la subduzione della parte sud orientale dell'Oceano Giapeto (detta Mare di Tornquist) al di sotto di Avalonia. Nel tardo Ordoviciano (450 milioni di anni fa) si instaurò una collisione tra zolle continentali con la scomparsa del Mare di Tornquist e subduzione del margine del continente Baltica sotto l'Avalonia. La linea di accrezione, detta linea di Tornquist, che separa le due zolle continentali rimane sotto il Mare del Nord, la Danimarca del sud, la Germania e la Polonia settentrionali.

La fase principale dell'orogenesi caledoniana (tra 425 e 395 milioni di anni fa) viene definita fase Scandiana in Scandinavia e fase Grampiana nelle isole britanniche.

È stata causata dallo scontro tra le placche continentali di Laurentia e Baltica. L'oceano Giapeto, posto tra i due continenti, si chiuse prima al Nord e poi nella parte meridionale. Va notato come l'inizio della collisione tra Laurentia e Baltica è precedente a quella fra Laurentia ed Avalonia. Dopo la scomparsa dell'oceano, nel medio Siluriano, iniziò lo scontro tra placche continentali, che portò, nel primo Devoniano, alla formazione di una nuova catena montuosa (da 407 milioni di anni fa in poi).



martedì 5 aprile 2016

IL SALMONE DEL PACIFICO



Le popolazioni di salmoni del Pacifico risalgono i fiumi sempre nello stesso periodo dell'anno ritornando sempre nel fiume in cui nasce. Una volta raggiunta la zona superiore della corrente, la femmina sceglie il maschio con il quale si riprodurrà. Questa selezione si basa sulle dimensioni fisiche del maschio, dal momento che vengono considerate un segnale della sua capacità di sopravvivere. La femmina sceglie una zona del letto del fiume in cui ci sia ghiaia in abbondanza e scava una buca poco profonda con la coda, mentre il maschio si produce di fronte a lei in una danza che consiste nel far vibrare il corpo. Il numero di uova di ogni deposizione oscilla tra le 3.000 e le 14.000, in funzione delle dimensioni della femmina, e il maschio le feconda subito dopo che sono state deposte. La coppia di adulti rimane nelle vicinanze delle uova e le difende e protegge fino a che entrambi muoiono, circa 25 giorni dopo la deposizione.



Oncorhynchus gorbuscha (Walbaum, 1792) conosciuto comunemente come salmone rosa, è una specie di pesce osseo marino e d'acqua dolce appartenente alla famiglia Salmonidae.

È la specie più piccola di salmone del Pacifico, la cui taglia massima nota è di 76 cm di lunghezza (normalmente non oltre i 50 cm). Il peso massimo noto è leggermente inferiore a 7 kg.

Questa specie è diffusa nella parte settentrionale dell'Oceano Pacifico, sia sul lato americano (dal fiume Mackenzie nel Canada artico e l'Alaska comprese le Aleutine alla California meridionale dove è raro a sud del fiume Sacramento) che su quello asiatico (dalla Corea del Nord, la Russia pacifica e l'isola di Hokkaido in Giappone fino ai fiumi Jana e Lena nella Siberia artica) e nei mari di Bering e di Okhotsk. È stato introdotto in vari stati tra cui il Canada, la Russia europea e l'Europa settentrionale. Come tutti i salmoni è una specie anadroma che passa gran parte della vita in mare ed effettua migrazioni riproduttive verso le acque dolci, dove avviene la deposizione delle uova. In mare ha abitudini epipelagiche. In acqua dolce si trova in torrenti montani o di fondovalle, con fondi sabbiosi e corrente più o meno vivace.

L'aspetto di questo pesce durante la vita marina è simile a quello degli altri salmoni: corpo affusolato e leggermente appiattito lateralmente e bocca grande quasi orizzontale. La pinna adiposa è particolarmente grande. Il maschio riproduttivo ha mascelle arcuate e incurvate in punta e una vistosa gobba dietro la testa. La specie può essere riconosciuta anche in mare a causa della livrea che è blu o verdastra sul dorso e argentea sui fianchi fino a biancastra sul ventre, sul dorso, la pinna adiposa e entrambi i lobi della pinna caudale sono presenti numerosi grossi punti neri. Durante la risalita la colorazione diventa vivace, scura sul dorso e rossastra sui fianchi con macchie indistinte sui fianchi. Le femmine hanno colorazione simile ma meno vivace. I giovanili non hanno le tipiche macchie parr sui fianchi presenti in gran parte dei salmonidi.

La vita in mare dura 18 mesi.

I giovanili in acqua dolce spesso non si nutrono ma a volte catturano larve di insetti. In mare si cibano di copepodi, tunicati larvacei, anfipodi, eufausiacei, ostracodi, larve di crostacei, cirripedi, e insetti ditteri. Gli adulti si nutrono prevalentemente di pesci.

Durante i mesi di luglio e agosto i salmoni rosa adulti si concentrano in banchi presso le foci dei fiumi prima di iniziare la risalita verso le zone in cui avverrà la deposizione delle uova, di solito in luoghi non troppo distanti dal mare. La femmina prepara un nido scavando una profonda buca dove verranno deposte da 1200 a 1800 uova. A volte una sola femmina si accoppia con più maschi. Poche settimane dopo la riproduzione gli adulti muoiono. Gli avannotti appena sono in grado di nuotare scendono rapidamente verso il mare. Poco tempo dopo entrano nelle acque dell'Oceano Pacifico, dove maturano sessualmente. Questa specie, al contrario degli altri salmoni del Pacifico sembra meno legata al ritorno al fiume natale per la riproduzione e si sono trovati esemplari in riproduzione anche a 650 km di distanza dal luogo natio.

Le carni, ottime, sono simili a quelle del salmone atlantico. Viene catturato con reti da posta e reti a strascico. Gli stati che catturano le maggiori quantità sono la Russia e gli Stati Uniti. È una preda apprezzata per il pescatore sportivo e viene insidiato a mosca ed a spinning. Viene prevalentemente commerciato in scatola ma anche affumicato, congelato o fresco. Produce anche un caviale molto apprezzato in Giappone. Le marinerie dell'Alaska che pescano questa specie hanno ricevuto la certificazione di sostenibilità e di buona gestione degli stock del Marine Stewardship Council.



I salmoni Sockeye sono conosciuti per il loro aspetto rosso brillante, ma in realtà, quando sono nell'oceano sono di colore blu. Solo quando tornano in acqua dolce per deporre le uova diventano rossi.
Il salmone sockeye deve il colore della sua carne ai krill arancioni di cui si nutre quando si trova nell'oceano.
Il nome sockeye deriva da un tentativo poco brillante di tradurre la parola suk-kegh dalla lingua nativa della costa salish della Columbia Britannica. Suk-kegh significa pesce rosso.

Il sockeye, chiamato anche salmone rosso o salmone blue-back, è fra le più piccole delle sette specie di salmoni del Pacifico, ma la sua succulenta carne arancione è, di tutte, la più apprezzata. Le dimensioni di questo pesce vanno dai 60 agli 84 centimetri di lunghezza e il peso è tra i 2,3 e i 7 chili.

Come tutti gli altri salmoni del Pacifico, anche il sockeye nasce in acque dolci. Il pesce cerca un lago vicino dove riprodursi. A schiusa avvenuta, il sockeye neonato rimane nel suo habitat natale per un massimo di tre anni, ovvero più di ogni altro salmone. Poi si mette in viaggio verso il mare, dove cresce rapidamente, nutrendosi principalmente di zooplancton. Rimane quindi nell'oceano da uno a quattro anni.

Il sockeye diretto verso il mare ha fianchi argentei con macchie nere e il dorso bluastro, ed è per questo motivo che è anche noto col nome di blue-back. Tuttavia, quando risale verso la zona di riproduzione, il suo corpo diventa rosso brillante e la testa assume un colore verdastro. Il maschio in età riproduttiva ha un aspetto singolare: sviluppa un dorso ricurvo e una mascella a forma di uncino e piena di minuscoli denti facilmente visibili. Sia il maschio che la femmina muoiono entro poche settimane dalla deposizione delle uova.

Il salmone rosso è la terza specie più abbondante tra i salmoni del Pacifico e costituisce il fulcro della pesca commerciale in Nord America.