giovedì 31 dicembre 2015

IL CRISTO DEGLI ABISSI



Il Cristo degli abissi è una statua bronzea posta nel 1954 sul fondale della baia di San Fruttuoso, tra Camogli e Portofino all'interno dell'Area naturale marina protetta Portofino, a 15 metri di profondità.

Elevatosi ormai a simbolo di chi nel mare ha riposto passione e vita, il Cristo degli Abissi è immerso nelle acque di San Fruttuoso, all'interno dell'Area Marina Protetta di Portofino.
Posta a oltre 15 metri di profondità, la statua bronzea fu collocato sul fondale nel 1954, il 22 agosto, su impulso della leggenda della subacquea italiana Duilio Marcante, che volle collocare una statua raffigurante Gesù a seguito della morte dell’amico Dario Gonzatti, avvenuta durante un'immersione qualche anno prima, a ricordo dei morti in mare e di quanti gli hanno dedicato la propria esistenza.
Il Cristo fu realizzato dallo scultore Guido Galletti, con le braccia protese verso l'alto in segno d'invocazione. La scultura è alta 2,5 metri e pesa 260 kg. Nel crogiolo furono fuse medaglie di marinai e di atleti, campane, cannoni, elementi navali e perfino eliche di sommergibili americani donati dall'U.S. Navy. A seguito della morte di Marcante fu posta una targa sul basamento della statua in sua memoria.



La statua è stata restaurata recentemente per preservarla dalla corrosione e dalle incrostazioni e per riattaccare la mano che era stata staccata da un'ancora.
Il Cristo degli Abissi è divenuto meta di immersioni subacquee, e numerosi sono i centri diving della zona che organizzano immersioni nello specchio d’acqua antistante San Fruttuoso. L’immersione nella zona in cui si trova il Cristo degli Abissi non presenta particolari difficoltà per la mancanza di profondità del fondale e per la posizione della baia, protetta dai venti di scirocco. Con l’occasione si possono anche ammirare, nella parte meridionale, pareti tappezzate di corallo e spugne, mentre non lontano dalla spiaggia, a circa 18 metri di profondità, si trovano i resti dello scafo del Croesus, una nave a vapore britannica che fu impiegata per trasportare truppe durante la Guerra di Crimea.
Chi fosse impossibilitato o non amasse immergersi potrà osservare il Cristo attraverso un batiscopio o una maschera subacquea, oppure ammirare la copia posta nella chiesa di San Fruttuoso. E non si tratta dell’unica copia: una si trova nel lago Palù, in Val Malenco, dove fu posta nel 1972, mentre un’altra sorge in Florida, a Key Largo. Esiste poi un altro Cristo degli Abissi, in formato ridotto, che si erge sulla banchina del porto di St. George's, capitale dell'isola caraibica di Grenada. L'originale in gesso della statua è invece conservato a Marina di Ravenna nel Museo Nazionale delle Attività Subacquee.

Ogni anno, alla fine di agosto, nella piccola baia si svolge una cerimonia suggestiva , in ricordo di tutti coloro che il mare ha voluto richiamare a se. La benedizione delle acque, la processione alla luce delle torce, l'immersione dei subacquei  che raggiungono il Cristo e vi depongono una corona di alloro, la Messa celebrata sulla battigia: sono questi i momenti più suggestivi della notte in cui si rende omaggio al Cristo degli Abissi.




mercoledì 30 dicembre 2015

IL MARE DEL LABRADOR



Il mare del Labrador è un braccio dell'oceano Atlantico del nord situato fra la penisola del Labrador e la Groenlandia meridionale.

La profondità dell'acqua nel suo centro raggiunge circa i tre chilometri ed è fiancheggiato dalle piattaforme continentali a sud-ovest, a nord-ovest ed a nord-est. Il mare di Labrador si collega con la baia di Baffin a nord attraverso lo stretto di Davis.

In questo mare viene praticata la pesca di aringhe e merluzzo.

Il Labrador è un'ampia penisola del Nord America di circa 1.300.000 km² situata nel Canada orientale.
La penisola del Labrador è delimitata a ovest dalla baia di James e dalla baia di Hudson; a nord dallo stretto di Hudson (che la separa dall'isola di Baffin), e dalla baia di Ungava; a est dal mare del Labrador ed a sud-est dallo stretto di Belle Isle che la separa dall'isola di Terranova e dal golfo di San Lorenzo. La parola Labrador deriva dal nome dell’esploratore portoghese João Fernandes Lavrador (1453 - 1505) che raggiunse queste terre nel 1498.

Morfologicamente parte del territorio ricade nella regione interessata dallo scudo canadese. Lungo la costa atlantica e nel sud-est della penisola sono presenti dei rilievi montuosi come le montagne Otish. I rilievi montuosi caratterizzano tutta la costa atlantica lungo la quale si elevano le montagne Kaumajet e Kiglapait. A nord-est si elevano le Torngat Mountains che raggiungono i 1652 metri con il Mount D'Iberville (Mount Caubvik), la massima elevazione del Canada ad est delle Montagne Rocciose. Ad ovest di queste catene montuose il territorio è prevalentemente pianeggiante. La costa ad ovest è bassa mentre la costa atlantica è rocciosa e frastagliata e con numerosissime isole. A nord la penisola si apre nell'ampia baia di Ungava, delimitata a ovest dalla penisola di Ungava ed a est dalla penisola culminante nel capo Chidley.



La penisola del Labrador è ricchissima di laghi di origine glaciale e di acquitrini. È solcata da numerosissimi fiumi che ghiacciano in inverno. I fiumi principali che sfociano nell'Atlantico sono il fiume Churchill, il Riviere aux Feuilles ed il Koksoak. Il Labrador è scarsamente popolato ed i centri principali si concentrano sulle coste, in particolare sulla costa atlantica.

La corrente del Labrador è una corrente oceanica fredda del nord Atlantico, che scorre dal sud del mare Glaciale Artico, lungo la costa del Labrador, passando nei pressi di Terranova, proseguendo verso sud lungo la costa orientale della Nuova Scozia.

È la continuazione di altre due correnti artiche: la corrente della Groenlandia occidentale e la corrente dell'isola di Baffin. Un ramo di questa corrente entra nel golfo di San Lorenzo attraverso lo stretto di Belle Isle.

Questa corrente comporta un raffreddamento della costa orientale del Canada e della Nuova Inghilterra. Le acque di queste coste sono più fredde di 7-10 °C rispetto a quelle presenti ad una simile latitudine lungo le coste occidentali del Nord America e sull'Europa. Le acque della corrente del Labrador sono anche meno salate, e questo comporta la formazione di ghiaccio in inverno anche a latitudini piuttosto basse. In primavera e in estate, questa corrente trasporta iceberg, spesso staccatisi dai ghiacciai della Groenlandia e del Nord Atlantico.

La corrente del Labrador è una delle più fredde al mondo.




martedì 29 dicembre 2015

L'ABISSO DI MILWAUKEE



L'abisso Milwaukee è un abisso oceanico facente parte della fossa di Porto Rico, ed è situato a circa 135 km a nord dell'isola di Porto Rico. Scende fino ad una profondità di circa 8.300 metri sotto il livello del mare, che ne fanno il punto in assoluto più profondo dell'oceano Atlantico.

L'abisso deve il suo nome all'incrociatore americano USS Milwaukee, che il 14 febbraio 1939, mentre era in navigazione a nord di Hispaniola e Porto Rico, registrò con la sua strumentazione, il punto più profondo dell'Oceano Atlantico.

La fossa di Porto Rico è la più grande e la più profonda dell'oceano Atlantico, avendo una lunghezza di 1.754 km e una larghezza di 96 km; il suo punto più profondo, chiamato abisso Milwaukee, si trova ad una profondità di circa 8.300 metri sotto il livello del mare.

Dal punto di vista geologico, la fossa segna parte del confine fra la placca caraibica e quella nordamericana, nel quale la prima subduce al di sotto della seconda. Come tutte le zone di subduzione, l'area della fossa di Porto Rico è stata colpita da parecchi terremoti molto violenti, fra i quali si possono ricordare quelli del 1918 (magnitudo 7,3), del 1943 (magnitudo 7,8), del 1946 (magnitudo 8,0) e una serie di scosse fra il 1946 e il 1953 di magnitudo compresa fra 7,0 e 7,6.




lunedì 28 dicembre 2015

L'ISOLA DI FILICUDI



Filicudi è un'isola appartenente all'arcipelago delle isole Eolie.

Anticamente l'isola era nota come Phoinicussa oppure come Phoinicdes, dal sostantivo phoinix, che in greco antico indica la palma nana, assai diffusa in epoca antica ed oggi ancora presente sui promontori dell'isola.

Molto interessanti sono le rovine del villaggio neolitico sul promontorio di Capo Graziano. I reperti ritrovati testimoniano la presenza sull'isola, durante il Neolitico, di una fiorente industria e lavorazione dell'ossidiana. È presente sull'isola una sezione del Museo archeologico eoliano, con reperti provenienti dagli scavi di Capo Graziano e da altre zone delle isole Eolie.

Ad oggi i principali prodotti agricoli dell'isola sono i capperi ed i fichi. La principale voce dell'economia locale è il turismo. La pesca non è praticata intensamente, mentre lo è quella amatoriale o comunque non professionale.

La luce elettrica è stata portata a Filicudi nel 1986 con un impianto di generazione a gasolio; ciò ha innescato un drammatico balzo nel futuro nella quotidianità degli isolani. Il turismo ha iniziato a svilupparsi in quel periodo, crescendo poi di anno in anno. Con l'elettricità sono giunti sull'isola ausilii per ogni attività, tra i quali pompe elettriche per l'acqua dei pozzi; le televisioni sono divenute di massa, gli elettrodomestici hanno cominciato a diffondersi. Quanto all'acqua corrente, la si trasporta tramite navi cisterna, per poi distribuirla sulla rete idrica. La proposta di costruire un impianto dissalatore non è ancora stata attuata.

Filicudi è sotto la protezione dell'Unesco, in quanto patrimonio dell'umanità. È stato creato un parco regionale in parte dell'isola.

L'isola si estende per 9,5 km² dei quali solo una piccola parte è abitata, è di natura vulcanica, la sua parte sommitale è costituita dal monte "Fossa Felci" che è alto 774 metri sul livello del mare ed è, un vulcano spento.

Le meravigliose coste sono in alcuni punti a strapiombo sul mare mentre in altri caratterizzate da spiagge pianeggianti come a Capo Graziano. Imponenti scogli di natura eruttiva si ergono dal mare come faraglioni, il più famoso dei quali "La Canna" è meta immancabile di ogni giro dell'isola via mare.
Sono altresì presenti numerose grotte, la piu' famosa delle quali è la grotta del Bue Marino, dal fondale blu cristallino.

Le coste di Filicudi sono una meraviglia della natura, e valgono la pena di essere ammirate anche dal turista più frettoloso.
Innumerevoli sono i terrazzamenti costruiti dall'uomo per strappare all'isola ogni metro di terra per poterlo dedicare all'agricoltura. Essi si alternano a declivi di tipica vegetazione mediterranea, più verdi e floridi nella zona nord dell'isola per via della minore esposizione solare. La natura vulcanica dell'isola offre una moltitudine di strette vallate e maestose scogliere perpendicolari, nelle quale l'alternanza delle stratificazioni multicolori testimonia una vita geologica tumultuosa.

Numerose sono le insenature e le baie, ricche di anfratti dove l'acqua cristallina lambisce la nera roccia lavica che si tuffa nel mare e prosegue sott'acqua creando percorsi tortuosi e vallate sottomarine di rara bellezza, che si offrono anche al sub occasionale senza costringerlo ad immersioni profonde per ammirare lo spettacolo della natura e della vita sottomarina.
La natura vulcanica e l'erosione degli agenti atmosferici e marini ha creato monumenti geologici mozzafiato, come la grotta del Maccatore, la porta lavica nel mare denominata "perciato" a Siccagni,e la famosa grotta del Bue Marino (dove viveva non troppi decenni orsono una colonia di leoni marini). L'atrio della grotta dischiude una cavità molto vasta, il fondale è illuminato dalla luce solare che riflessa e rifratta crea cristallini giochi di viva luce azzurrina, che rendono il luogo meta obbligata per ogni giro dell'isola in barca.

Ad ovest dell'isola di Filicudi affiorano gli scogli di Montenassari, del Mitra, del Notaio e sopratutto quello della Canna, alto circa 74 metri, circondato esclusivamente dal mare, e habitat naturale di una lucertola endemica che vive solo li e li si è evoluta autonomamente.



A nord ovest dell'isola, molto vicino alla costa, si trova lo scoglio detto "il giafante".
In quel punto la costa e' molto frastagliata e ricca di insenature e baiette meravigliose dove fare il bagno.
Il fondale e' basso,  limpido e cangiante tra il verde ed il blu.

Il lato Ovest dell'isola di Filicudi è tagliato verticalmente in due dalla "Sciara", una ripida lingua di sabbia vulcanica e roccia che si tuffa nel mare, attraversata ormai da pochi ardimentosi o da qualche capra selvatica.

La vegetazione tipica della macchia mediterranea (lentisco,felce aquilina, corbezzolo, ginestre, arborea, erica, ginestra, cappero , fico d'india e ) ha riconquistato il dominio del territorio, un tempo faticosamente messo a coltura e oggi abbandonato, raramente interrotta da qualche macchia di essenze arboree (leccio, roverella e, in alcune vallette più umide, salice, frassino e bagolaro). In prossimità delle case ancora abitate altre varietà (pino, bouganvillea, ibiscus), di recente introduzione, vegetano circondate dalle specie tipiche dei giardini di terraferma.

Un'altra attrazione di Filicudi e' la roccia a forma di testa di cavallo nel lato sud dell'isola, visibile dalla strada carrabile che porta dal porto verso pecorini nell'unico lungo tratto rettilineo.

A Filicudi, dal punto di vista paleontologico, è notevole la penisola di Capo Graziano a sud est dell'isola, in quanto sede di vari e vasti abitati preistorici risalenti principalmente al Neolitico e poi all'età del bronzo. Un primo abitato molto vasto, ma del quale sono state scavate finora solo poche capanne ovali, si estende sul Piano del Porto sulla costa meridionale dell'istmo che congiunge la Montagnola al Capo Graziano in località Filo Braccio e nei pressi della diruta Casa Lopez (può essere attribuito ai secoli XVIII-XVII a.C.).
Un altro abitato più vasto, con datazione successiva al precedente, si trova sull'altura della Montagnola di Capo Graziano (E' indicato dai cartelli turistici come "Villaggio Preistorico", e si raggiunge facilmente a piedi dal porto).

Gli scavi condotti negli anni 60 e 70 hanno rinvenuto una ventina di abitazioni a pianta ovale sull'altipiano a 100m di altezza sul livello del mare.
Il villaggio probabilmente si estendeva anche sugli altipiani sovrastanti fino alla vetta della Montagnola.
Si ipotizza che questo primo nucleo abitativo sia stato spostato sul Monte di Capo Graziano poichè la posizione è più facilmente difendibile.

Nelle capanne della Montagnola sono state trovate, insieme a ceramiche di produzione indigena, anche numerosi frammenti di ceramiche micenee e cicladiche attestanti rapporti commerciali con l'Egeo fra il 1500 e 1300 a.C.
Si ipotizza che il villaggio sia stato distrutto violentemente nel XIII secolo a.C.
Sulle scoscese pendici del monte di Capo Graziano sono state rinvenute alcune sepolture.

Sulla vetta di "Montagnola" a Pecorini cioè sulla montagna che domina l'abitato omonimo, sulla costa Sud-ovest dell'isola, è stato ritrovato un masso con una iscrizione greca.

I segni di età classica si riducono a tracce di abitati, a ceramiche con vernice nera di epoca greca e di terra sigillata di età romana rinvenute nelle contrade Siccagni e Zucco Grande, a una grande cisterna e tracce di edifici romani identificati al Piano del Porto e, sulla Montagnola di Pecorini, a un masso con nome greco inciso. L’archeologia marina, in diverse campagne di ricerche più o meno sistematiche, ha recuperato, da almeno nove diversi relitti di navi naufragate presso l’insidioso capo Graziano, un’anforetta micenea del secolo XV a.C., gruppi di anfore diversamente databili dal secolo IV a.C. fino all’età tardoimperiale e cannoni di bronzo da una nave da guerra del secolo XVII-XVIII d.C. Il materiale proveniente dagli scavi e dai recuperi marini è esposto al Museo di Lipari.

Lo scultore Jacques Basler organizza a Filicudi, in località Fossetta, una Biennale d'arte. Lo scrittore Roland Zoss presenta la storia di Filicudi in un libro premiato. Originario di quest'isola è il noto cantante rap/hip-hop Jacopo D'Amico, in arte Dargen D'Amico o JD.

Due sono gli approdi principali di Filicudi, nessuno dei quali può definirsi «sicuro» per ogni condizione meteorologica:
il Porto, quello dove approdano quasi tutte le navi, i traghetti e gli aliscafi, è naturalmente la zona più frequentata e «commerciale» dell'isola di Filicudi.
Pecorini Mare rappresenta l'alternativa di attracco nelle giornate nelle quali, per le condizioni meteo o per altri motivi, i mezzi di collegamento non possono attraccare al Porto. Questo attracco ultimamente viene spesso utilizzato per la nave di collegamento con Napoli.

L'unico sport praticato sull'isola è il calcio, con partite amatoriali organizzate solitamente la Domenica nel «campetto» improvvisato a Valdichiesa. Il campetto è aperto a tutti  ; il terreno di gioco è in terra battuta e ci sono due porte con le reti  ; c' è anche un impianto di illuminazione . L'accesso principale al terreno di gioco è nella strada vicinale Torrione . Il campetto, ed il terreno vicino al campetto, appartengono agli eredi di Castellano Angela fu Salvatore ed il panorama di fronte al campetto è meraviglioso . Esiste una squadra regolarmente iscritta ai campionati provinciali di Terza Categoria della Provincia di Messina. I componenti della squadra sono quasi tutti giovani filicudari; le partite in casa del Filicudi vengono giocate sul campo neutro del Balestrieri di Lipari, essendo l'isola di Filicudi ancora sprovvista di impianti regolamentari.


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domenica 27 dicembre 2015

IL RELITTO DEL FILICUDI



Il Filicudi era un rimorchiatore spagnolo che si chiamava Pedro. Venne acquistato dalla Regia Marina il 26 Marzo 1916, trasformato e impiegato per compiti di scorta e di dragaggio; affondò per aver urtato una mina il 2 aprile 1917 vicino a Trapani.
Da quanto risulta, fu costruito nel 1898 nel cantiere Earle's Co. Ltd. Hull. Il dislocamento era di centosettanta tonnellate.

Il dragamine Filicudi è affondato la mattina del 2 aprile 1917, la piccola unità della Regia Marina era impegnata in una missione che sembrava di routine: rastrellare i fondali in una zona non ritenuta particolarmente pericolosa. Improvvisamente, però, una tremenda esplosione la squassò da poppa a prua e la fece affondare. aveva urtato un ordigno depositato dal sottomarino austroungarico U-78. Soltanto due i superstiti, il comandante e un marinaio, che si trovavano in coperta.

Adagiato su di un fianco e avvolto dalle immancabili nuvole di Anthias anthias (Linnaeus, 1758), conosciute comunemente come castagnole rosse ,con la loro bellezza fanno da cornice al relitto , pochi colpi di pinneggiata e si vede il suo cannoncino di prua ancora in posizione, bellissimo. Non è molto grande il relitto, ma ci sono svariati spunti interessanti per fare delle belle foto e delle belle riprese. Tutto in torno al relitto, sparsi ovunque, pezzi d’imbarcazione, l`esplosione deve essere stata devastante.

Nel periodo tra il 1906 e il 1921, la Regia Marina acquistò ottantacinque battelli, per lo più rimorchiatori, pescherecci, piccoli piroscafi, che sarebbero stati utilizzati come navi scorta, cannoniere e dragamine. La loro stazza variava dalle centosette alle seicentoquindici tonnellate, la velocità dagli otto ai dodici nodi. Furono armati con un cannone da cinquantasette millimetri, oppure con uno da tre pollici, e con una o due mitragliatrici di tipo MG da sei millimetri e mezzo.

Alcune di queste "navi vedette ausiliarie", come vennero definite, andarono perdute in battaglia o in qualche sinistro marittimo durante la Prima Guerra Mondiale, altre vennero demolite o vendute dopo la guerra, altre ancora si trovarono a combattere nella Seconda Guerra Mondiale. Una dolcissima mattina di aprile, il mare di Sicilia è tranquillo, luminoso; le bianche case di Trapani, investite dal primo sole, sembrano tanti lenzuoli stesi ad asciugare. E' il 1917, l'anno più terribile di tutta la Prima Guerra Mondiale a causa degli affondamenti fatti dai sommergibili tedeschi. Su e giù con il suo ritmo lento e uguale, a cinquecento metri dall'isolotto dei Porcelli, l'ex rimorchiatore, ora dragamine, Filicudi, naviga a lento moto trainando di poppa uno strano arnese destinato a incocciare le mine austriache e tedesche. Il Filicudi è un buon piccolo bastimento. Viene dalla Marina Spagnola e coloro che l'hanno venduto all'Italia ne hanno raccontato cose magnifiche. Sembra che in altri tempi fosse una delle "colonial gunboat". Si chiamava Pedro, allora, e faceva servizio lungo le coste del Marocco, dove riusciva a tenere il mare anche quando i grossi vapori che collegavano le Canarie erano costretti a rimanere in porto o poggiare per non prendere le onde direttamente di prua.
Ora il Filicudi è lì, fuori dalle coste della Sicilia, occupato a rastrellare mine che probabilmente non ci sono nemmeno; lo comanda il tenente di vascello di complemento Giacomo Pastore, di Imperia, uno di quei duri, coriacei uomini di mare liguri che ha iniziato a navigare ai tempi della vela e ha fatto l'allievo e l'ufficiale nella Marina Mercantile. Parla poco, Pastore, e niente lo meraviglia. Vive la guerra con la stessa indifferenza con cui piloterebbe il suo cargo in tempi normali. Sono le otto, gli uomini hanno poco da fare; l'arnese del dragaggio si incarica di tutto e a poppa si vede l'acqua aprirsi sotto quella specie di aratro, e poi richiudersi in un rigurgito blu. A bordo sono in un trentasei, un marinaio è rimasto a terra. E' De Franceschi, incaricato di rifare la provvista della frutta e della verdura per i prossimi giorni. E ai cavoli e alle verze De Franceschi dovrà eterna riconoscenza per essere rimasto vivo. Sulla nave, però, ci sono sei nuovi fuochisti, in soprannumero addirittura; quei ragazzi li ha inviati all'ultimo minuto il Comando della Piazza quando già il Filicudi si stava staccando dalla banchina. La motivazione è che devono imparare, e quindi esercitarsi. Così adesso sono tutti giù, sottocoperta, vicino alle caldaie. L'acqua è tersa, come uno specchio; il comandante Pastore guarda il mare distrattamente, appoggiato al cofano di coperta dei motori. Chiede un caffé all'ordinanza e dopo due minuti è servito. Prende la tazza e distrattamente guarda l'orologio. Sono le otto e diciotto minuti, Pastore porta il caffè alle labbra... E' l'ultimo gesto di cui si ricorda.



Poi vede il pomo della testa d'albero, capisce di trovarsi in aria e chiude gli occhi. Quando li riapre il Filicudi non c'è più e lui è in mare, vicino a dei rottami, qualche pezzo di legno, pochi detriti informi. Pastore si guarda, ma non vede nessuno: trentacinque uomini sono scomparsi, polverizzati dall'esplosione. Ha una strana sensazione al braccio destro, che ciondola come se fosse staccato dal corpo: è spezzato in tre punti. Poi nota un grosso pezzo di legno e riesce ad aggrapparvisi, quindi, aiutandosi con i denti, ci si lega con la manica vuota e aspetta. E' ancora lucido, padrone di sé e tende l'orecchio: un grido giunge da sinistra. E' il sottocapo nocchiere Natale Mastelli, di Marettimo, l'unico superstite, dopo il comandante. Più tardi, Mastelli racconterà che si trovava all'estrema poppa, vicino all'asta della bandiera, quando l'esplosione avvenne sotto i suoi piedi. Anche lui venne proiettato in alto, tre salti mortali, e ricadendo in acqua batté la testa contro qualche cosa. Infatti, gronda sangue. Pastore e Mastelli si sentono, non si vedono per la distanza ma si incoraggiano l'un l'altro. Intanto, da terra hanno visto tutto: il semaforista di San Giuliano ha sentito una gran detonazione, ha scorto un'alta colonna d'acqua e ha fatto una serie di segnalazioni a Trapani, chiedendo aiuto alla torpediniera Orfeo, comandata dal tenente di vascello Repetti che sta arrivando da Palermo. Il messaggio trasmesso è il seguente: "Dragamine Filicudi saltato su mine a cinque miglia da Trapani al traverso dell'Isola Porcelli. Probabilmente pochi superstiti sono in mare; accorrete d'urgenza". In effetti, come si saprà dopo, il Filicudi era saltato su una mina depositata dal sommergibile austroungarico U-78. La silurante vola sull'acqua, a prua un guardiamarina scruta con il binocolo ed effettivamente non si vedono superstiti. Ma poi ecco due punti neri, sembrano stracci abbandonati sull'acqua. Repetti fa preparare le cinture di salvataggio, i cavi e un buon litro di vino caldo. Quando l'Orfeo arriva sul posto, deve rallentare di colpo altrimenti le grandi onde di scia rischiano di travolgere i naufraghi. Il comandante Pastore, ancora attaccato al legno, chiede che per primo venga recuperato il sottonocchiero e solo dopo acconsente a farsi trarre a bordo della torpediniera. Per la mezzora successiva l'Orfeo gira nel luogo dell'esplosione, ma non trova più nessuno, il mare rimane deserto: trentacinque uomini sono spariti con la loro piccola nave. Per oltre un anno e mezzo il comandante Pastore passò di ospedale in ospedale per complicazioni insorte a causa delle fratture al braccio. E dopo la guerra riprese a navigare sul cargo. Gli fu data una medaglia, ma quando gli chiedevano perchè non la portasse, lui alzava le spalle e mugugnava in dialetto ligure: "Sì, me l'hanno data! Ma io che cosa ho fatto?".

Lo scafo del dragamine Filicudi è praticamente distrutto, ma molti resti sono ancora perfettamente riconoscibili.L'esplosione l'aveva spezzata subito dietro l'argano e il paraspruzzi, per cui giaceva piegata sulla dritta di circa cinquanta gradi, conficcata nel fondale. In coperta era saldamente fissato un cannone da settantacinque millimetri e risultavano ancora al loro posto le due ancore di tipo ammiragliato.




sabato 26 dicembre 2015

PORTO SANTO STEFANO



Porto Santo Stefano è una rinomata località turistica sulla costa settentrionale dell'Argentario, è un attivo centro commerciale, peschereccio e balneare. Si affaccia su una baia dominata dalla Fortezza Spagnola; con Porto Ercole costituisce uno dei due abitati maggiori che formano il comune.

Per la sua posizione geografica favorevole fu frequentato dagli antichi popoli che navigavano nel Mediterraneo. I romani hanno lasciato notevoli tracce della loro presenza, tra le quali i resti dei bagni di Domiziano e nelle loro carte indicavano la località con nomi vari, come Portus Traianus e Portus ad Cetarias. Sotto la dominazione dei senesi che va dagli inizi del XV alla metà del XVI secolo il luogo diviene un approdo di scarsa importanza soggetto alle frequenti incursioni dei pirati. In questo periodo vengono costruite la torre dell’Argentiera nel 1442, ed alcune torri costiere. Lo sviluppo del centro ebbe inizio intorno al 1550 sotto il governatorato spagnolo di Núñez Orejón de Ávila, e continuò dopo la creazione dello stato dei Presidi e la costruzione della fortezza spagnola.

Nel 1646 Porto Santo Stefano fu conquistato dai francesi per poi tornare sotto la dominazione spagnola nello stesso anno, nel 1707 passò sotto il governo degli austriaci, insieme a tutto lo stato dei Presidi, nel 1737 finì sotto il controllo dei Borboni ed in questo periodo si registrò il primo sviluppo demografico importante con l'afflusso di molte famiglie provenienti dalla Campania, dall'Isola d'Elba, e dalla riviera Ligure. Nel 1801 si unì al regno di Etruria e nel 1815 con il trattato di Vienna passò sotto il Granducato di Toscana. Nel 1842 il granduca Leopoldo II di Lorena istituì la comunità di Monte Argentario, dove Porto Santo Stefano rappresentava il capoluogo e Porto Ercole la frazione. Nel 1860 insieme a tutta la Toscana entrò a far parte del Regno d'Italia, fatto storico fu la sosta di Garibaldi e i Mille il 9 maggio 1860 durante il viaggio di trasferimento da Quarto a Marsala.

Durante l'ultimo conflitto mondiale, Porto Santo Stefano costituiva per i tedeschi una base logistica molto importante, per questo fu teatro di violenti bombardamenti, il centro abitato fu duramente colpito dagli alleati subendo la perdita di molti civili. L'episodio venne enfatizzato da Radio Londra, come il successo dei prossimi vincitori del conflitto sulla zona che allora costituiva la vera piazzaforte della Wehrmacht in Italia. I bombardamenti fecero di Monte Argentario il secondo comune in Italia più distrutto dalle incursioni aree anglo- americane, dopo Cassino, nella seconda guerra mondiale.

Il primo nucleo urbano di Porto Santo Stefano, si sviluppò alla base della Fortezza Spagnola, edificata nel 1600, dove iniziarono a sorgere i primi insediamenti abitativi. La vera espansione urbanistica iniziò però intorno al 1800 con la costruzione delle prime strutture portuali pubbliche. Durante la seconda guerra mondiale il paese fu distrutto al 90% dai bombardamenti alleati, facendone una delle località più danneggiate d'Italia. La ricostruzione del dopoguerra riguardò la totalità del tessuto urbano, dei porti e delle vie di comunicazione, interessando anche la chiesa, costruita ex novo sulle ceneri della vecchia struttura settecentesca, andata distrutta, della quale rimangono solo le campane e parte del campanile. Dagli anni sessanta, si assiste per circa un ventennio ad una forte espansione dell'edilizia turistico-residenziale, costituita da ville, residence ed alberghi, non sempre in regola con le vigenti norme. Ruolo rilevante contro gli abusi di quel periodo fu dell'allora sindaco Susanna Agnelli, che si rese protagonista nella gestione amministrativa del territorio, con opere importanti, come il lungomare dei navigatori progettato da Giorgetto Giugiaro. Negli anni '80 la speculazione venne quasi totalmente bloccata e ciò ha contribuito ad innalzare notevolmente il valore degli immobili preesistenti, limitando l'afflusso turistico ad una clientela più esclusiva. Gli anni '90 hanno visto la ripresa dell'edilizia popolare, specialmente verso nord-est, espandendo la località nella piana del Pozzarello, dove è sorto un nuovo nucleo abitativo.

La cittadina si suddivide in quattro rioni storici, tutti con un gonfalone proprio.

Croce, il cui gentilizio è crociaioli; ha nello stemma, in alto un gabbiano grigio in campo rosso, in basso una croce di Sant'Andrea rossa in campo bianco. Il rione Croce comprende la maggior parte del nucleo storico originario di Porto Santo Stefano che si sviluppa attorno alla chiesa principale.
Fortezza, il cui gentilizio è fortezzaioli; ha nello stemma, a sinistra la Fortezza Spagnola dorata in campo rosso, a destra un somarello rampante dorato in campo amaranto. Il Rione Fortezza, unico a non essere a diretto contatto con il mare, comprende quella parte alta di Porto Santo Stefano che circonda l’antica Fortezza Spagnola.
Pilarella, il cui gentilizio è pilarellai; ha nello stemma, a sinistra un'anfora dorata in campo rosso, a destra un delfino grigio chiaro in campo blu notte. Il rione Pilarella si estende dal porto vecchio fino alla strada panoramica. Comprende il piazzale dei rioni e il palazzo comunale le zone di maggior richiamo turistico della cittadina.
Valle, il cui gentilizio è vallaioli; i colori del Valle sono l’azzurro chiaro e il bianco, e nel suo stemma araldico figurano l’ascia e il faro. Il rione Valle si estende dal porto principale di Porto Santo Stefano fino all'entroterra del Campone, costituendo la zona industriale e commerciale più importante del capoluogo.

L'economia di Porto Santo Stefano, si basa essenzialmente sulle attività turistiche, molto sviluppate lungo tutta la costa e legate alla normale stagionalità delle festività italiane. Alle normali attività alberghiere e ristorative, si aggiungono quelle derivanti dai collegamenti con le vicine Isola del Giglio e Isola di Giannutri. La località si fregia della Bandiera Blu, riconoscimento conferito dalla FEE alle migliori località costiere europee.

La pesca era un tempo l'attività principale e notevole fonte di sostentamento della popolazione del luogo. Nella prima metà del 1800, fino al 1887 nel golfo era attiva una tonnara, la pesca del pesce azzurro, acciughe, sarde e tonni, favorì la nascita di piccole attività conserviere già nel 1873. Nella località è presente una tra le più importanti flotte pescherecce del Tirreno e le barche esercitano soprattutto lo strascico costiero, la marineria fornisce il pescato nelle più importanti città italiane tramite il mercato del pesce. Azienda di rilievo internazionale con sede a Porto Santo Stefano è la Manno Pesca, multinazionale del commercio ittico.

Di una certa importanza è anche l’attività dei cantieri navali e dei maestri d’ascia, soprattutto nella costruzione di imbarcazioni da diporto e rimessaggio navale. Il Cantiere Navale dell'Argentario, è uno dei più importanti cantieri italiani per il restauro di imbarcazioni e velieri d'epoca.

La località si trova sul lato nord-occidentale del promontorio dell'Argentario, a poco più di 40 km a sud-est di Grosseto, a circa 10 km a sud-ovest di Orbetello e circa 12 da Porto Ercole. La costa settentrionale di Porto Santo Stefano, si articola tra Punta Lividonia a nord-ovest e la foce del Canale di Santa Liberata.

Procedendo da ovest verso est, la costa si presenta alta e rocciosa tra Punta Lividonia e Punta della Madonnetta, che delimita a ovest il centro abitato. Il tratto costiero su cui si affaccia la cittadina, presenta una passeggiata lungomare che si affianca alla strada urbana. Proseguendo lungo quella direzione si incontra prima il porto vecchio, ormeggio di tipo turistico, e dopo un altro tratto di passeggiata lungomare il Porto del Valle, punto di partenza dei traghetti per l'Isola del Giglio e per Giannutri, a cui sono annessi l'area riservata ai pescherecci e i cantieri navali.

Oltrepassata l'area del porto principale, la costa diviene nuovamente alta e rocciosa, lungo la quale si incontrano le penisolette di Punta Nera e del Calvello, ove si trovava originariamente una torre costiera.

La Fortezza Spagnola fu costruita nei primi decenni del XVII secolo e recentemente restaurata, è un bell'esempio di architettura militare spagnola.

Composta di due livelli, poggia su un basamento quadrato di metri 35 x 35, l'ingresso si trova sul lato a monte ed è costituito da una breve e stretta rampa di scale terminanti con quello che era un ponte levatoio. Superato il portone d'ingresso troviamo un cortile con al centro l'apertura di una cisterna e sui lati i sei locali della guarnigione. Proseguendo abbiamo accesso alla terrazza, in posizione dominante sul porto, nella quale si conservano tutt'oggi i cerchi in pietra che permettevano la rotazione degli affusti dei cannoni ottocenteschi. Per mezzo di due rampe laterali si sale sul piano superiore dove troviamo un'altra terrazza con quattro feritoie per i cannoni che puntavano verso il mare. Sul lato opposto del forte, verso il monte, ci sono due camminamenti sovrapposti con piccole feritoie per la piccola artiglieria.



Il panorama che si ammira dalle sue terrazze è di una bellezza unica, inoltre questo storico edificio ospita le mostre permanenti dei Maestri d'Ascia e "Memorie Sommerse" con alcuni dei reperti archeologici recuperati nelle acque dell'arcipelago Toscano.

La strada Panoramica costeggia la porzione dell’Argentario affacciata sul mare aperto, collega i due centri di Porto Ercole e Porto Santo Stefano. Guidare su questa strada è un piacere unico, oltre ad ammirare lo splendido panorama, si possono scorgere sul lato destro, verso il mare, i resti di una serie di torri costiere. La prima, visibile all'interno di un parco privato, è Torre di Lividonia costruita nel XVI secolo. Seguono la Torre della Cacciarella, quella di Cala Grande già riutilizzata come faro ed oggi parte integrante di una casa privata, la Torre di Cala Moresca di fronte all'isolotto dell'Argentarola, e la torre di Cala Piatti oggi inclusa nell'Hotel di Cala Piccola.
Proseguendo sempre sulla strada panoramica in direzione Porto Ercole, al termine di una ripida salita si aprirà davanti ai nostri occhi lo splendido panorama del golfo sottostante dove potremo scorgere senza difficoltà l'isola di Giannutri.

La Giannella si tratta di una spiaggia sabbiosa di circa 8 km, con stabilimenti balneari, spiaggia libera, bar e ristoranti in riva al mare. Il mare digrada molto dolcemente e rende quindi questa spiaggia molto adatta ai bambini piccoli. Per accedere al mare vi basterà percorrere in macchina il tombolo per incontrare i numerosi punti di accesso. Questa spiaggia si presta bene per gli sport velici.

I Bagni di Domiziano, detta anche spiaggia Gerini per la presenza della villa dei Marchesi Gerini, è una spiaggietta di sabbia libera (priva di stabilimenti balneari) che si trova lungo la strada che conduce a Porto Santo Stefano. Dalla strada tuttavia la spiaggia non è visibile ed anche il sentiero di accesso è poco visibile seminascosto tra gli ulivi. Anche questa è una spiaggia adatta ai bambini a causa del fondale che si mantiene basso. La caratteristica principale di qusta spiaggia è che si trova di fronte all'antica dimora dei Domizi Enobarbi, famiglia della Roma imperiale da cui discende l'imperatore Nerone. Tutt'oggi durante i giorni di bassa marea, affiorano da mare i resti delle antiche vasche utilizzate per allevare il pesce; sono visibili inoltre, subito dietro la punta sulla sinsitra, le rovine dell'antica villa risalente al 36 a.C.

La Soda è divisa in due da un piccolo molo, a destra c'è la spiaggia libera, a sinistra lo stabilimento balneare. È una spiaggia formata da piccoli ciottoli, troviamo anche un bar ed un ristorante proprio di fronte al mare. È frequantata anche dai sub che sono agli "inizi", poiché qui riescono facilmente ad accedere al mare con tutta l'attrezzatura senza la necessità di utilizzare una barca.

Il Pozzarello si trova nella cala succesiva alla Soda e la sua spiaggia formata di piccoli ciottoli e sabbia, si trova sotto la strada di percorrenza. L'accesso è situato in più punti di facile individuazione ed è indicato anche per i portatori di handicap. È presente uno stabilimento balneare con bar e ristorante ma la maggior parte della spiaggia è libera. Questo è un luogo molto tranquillo e indicato per rilassarsi, inoltre quando c'è vento di scirocco il mare è particolarmente limpido e calmo come una "tavola".

La Bionda è una graziosa e tranquilla caletta situata dopo il Pozzarello. Da Porto Santo Stefano si può raggiungere anche a piedi (il tratto non è breve ma è tutto pianeggiante e suggestivo) passando sotto le gallerie dove dal 1913 al 1944 transitava il trenino; alla fine dei tre tunnel troverete questa graziosa spiaggetta e la sua barriera di scogli, all'interno della quale il mare è sempre calmo. La spiaggia è libera, non vi sono bar ne stabilimenti balneari. Si può raggiungere anche dalla strada che conduce a Porto Santo stefano, prendendo alla fine della baia del Pozzarello, la stradina che costeggia il mare.

La Cantoniera è una spiaggia di piccoli ciottoli e sabbia raggiungibile dal paese Porto Santo Stefano anche a piedi, passando sotto la galleria, che dal 1913 al 1944, consentiva il passaggio del trenino proveniente da Orbetello. L'accesso è adatto anche ai portatori di handicap. Sul lato sinistro troverete la spiaggia libera, mentre a destra lo stabilimento balneare con bar e ristorante. La Cantoniera è una spiaggia allegra e molto frequentata soprattutto nelle ore pomeridiane. La scogliera sulla sinistra è il paradiso dei ragazzini locali, che passano le ore tuffandosi dagli scogli. Nei giorni in cui batte vento di scirocco il mare è particolarmente calmo e cristallino.

La spiaggietta del Moletto si trova dentro Porto Santo Stefano, sulla sinistra del porticciolo della Pilarella. È molto comoda da raggiungere anche a piedi ed è accessibile anche ai portatori di handicap. La spiaggia libera è piccolissima, ma anche lo stabilimento balneare non è poi così grande. C'è inoltre un bar ed il ristorante proprio in riva al mare. In estate nelle acque di questa spiaggia viene allestito un campo da pallanuoto.

Anche la caletta si trova dentro il paese di Porto Santo Stefano e risulta di facile accesso per tutti. Quì troverete il bar, lo stabilimento balneare, il ristorante con terrazza sul mare, ed anche un diving center con guide per l'osservazione dei cavallucci marini. Il fondale è subito profondo (ideale per rilassanti nuotate), tuttavia una rientranza artificiale permette anche ai più piccoli di "sguazzare" in tutta tranquillità.

Uscendo dal centro abitato di Porto santo Stefano e prendendo la strada panoramica, la prima spiaggia accessibile da terra è la Cacciarella. Da qui in avanti le spiagge non hanno bar ne stabilimenti balneari, gli accessi non sono mai comodissimi, tuttavia sono molto più belle e selvagge. La Cacciarella è piccolissima, formata da sabbia e posizionata tra due scogliere. Bisogna lasciare l'auto lungo la strada panoramica e scendere lungo un ripido sentiero per circa 500 metri. Non scordatevi maschera e boccaglio poiché i fondali sono bellissimi. Sulla scogliera nel lato ad est è situata la Grotta del Turco, l'accesso è seminascosto, ma l'interno della grotta è molto ampio. Una nota leggenda locale ha attribuito il nome a questa grotta: si racconta infatti che qui riuscirono a nascondersi dei pescatori santostefanesi con tutta la barca, scampando così alla cattura dei pirati saraceni, che dopo un lungo inseguimento videro sparire i pescatori tra gli scogli e non riuscirono ad individuare l'accesso della grotta. Segnaliamo infine che su un fondale di 15 mt è posta la statua del Cristo Redentore, segnalata da una targa affissa sugli scogli in superficie.

Cala Grande essendo riparata da molti venti è anche la cala più frequentata dalle imbarcazioni. Sono tre le spiagge di questa cala e sono composte da ciottoli. Il fondale è splendido, ottimo quindi per fare snorkeling e rilassanti nuotate.

Cala del Gesso è una delle spiagge più belle dell'Argentario. La spiaggia è formata da ciottoli molto piccoli e levigati, di fronte c'è l'isolotto dell'Argentarola, mentre sull'estremità della scogliera di destra, si trovano i resti di una torre spagnola del XVI° secolo. La spiaggia è tutta libera, non ci sono stabilimenti balneari ne bar, è ottima per fare snorkeling, il mare è cristallino, sarete immersi nella natura dell'Argentario.

Cala del Bove si trova qualche centinaio di metri più avanti di Cala del Gesso. Il sentiero che porta al mare è percorribile solo a piedi, non è in ottimo stato ed è lungo più o meno 700 metri. Cala del Bove è una scogliera priva di arenile, chi è abituato alla comodità dei lettini delle spiagge non sarà proprio a suo agio, tuttavia gli scogli sono levigati e ci si può sdraiare in modo relativamente comodo. Questa zona non è mai molto frequentata e gli amanti dello snorkeling troveranno un fondale di primo livello.

Cala Piccola è una piccola spiaggia di ciottoli in cui troverete lo stabilimento balneare dell'Hotel. Qualche centinaio di metri al largo, di fronte alla spiaggia, c'è scoglio del corallo, una secca che da un fondale di circa 45 metri, risale fin quasi in superficie, è un punto di immersione tra i più belli dell'Argentario.

Mar Morto è la cala più selvaggia dell'Argentario raggiungibile via terra. Il nome Mar Morto deriva dalla sua caratteristica barriera di scogli naturale, che forma alle sue spalle delle piscine naturali dove l'acqua è sempre calma. Portatevi una maschera perché qui troverete i fondali più belli dell'Argentario, resi ancora più affascinanti dalla quantità e varietà di pesci che li popolano.

Il convento dei Padri Passionisti, circondato da una vegetazione generosa, fu costruito sul finire del 1700 per volere di San Paolo della Croce. I Padri Passionisti promuovono la memoria della passione di Cristo, vivono in comunità e fanno una vita di studio, preghiera ed attività missionaria.
Il complesso è costituito da una parte conventuale e dalla chiesa. Quest'ultima è di stile settecentesco, con facciata neoclassica e decorata internamente con stucchi di stile barocco. Conserva numerose reliquie di San Paolo ed alcune opere di rilievo tra cui la "Presentazione di Maria al Tempio" di Sebastiano Conca da Gaeta, una pregevole copia ottocentesca del dipinto di San Michele di Guido Reni e la “Madonna col Bambino” di Pietro Aldi.
Oggi il Convento dei Passionisti è indubbiamente un luogo di pace, tranquillità e grande suggestione.
Il 12 dicembre del 2000, a sorpresa e tra lo stupore e l'emozione dei monaci presenti, si fermò a pregare nella piccola cappella del convento il Papa Giovanni Paolo II.

La Falesia di Capo d'Uomo all'Argentario è una parete di rara bellezza che si inabissa nel mare ed attrezzata per l'arrampicata.

La falesia è stata attrezzata per l'arrampicata a metà degli anni novanta; poi nel 2012, la guida Alpina Eraldo Meraldi, si è occupato della risistemazione (richiodatura con materiale inox) aprendo nuove linee di salita ed attrezzando anche lo spigolo sul mare, dedicandolo al grande alpinista e frequentatore dell'Argentario Walter Bonatti.

La Torre dell'Argentiera è un'antica torre di avvistamento situata sulle colline retrostanti il centro abitato di Porto Santo Stefano sull'Argentario.

L'Argentario è circondato da numerose torri che si affacciano sul mare per la difesa dai corsari barbareschi che infestavano i nostri mari da tempo immemorabile. Una di queste torri è la torre dell'Argentiera che, a differenza delle altre non si trova sulla costa ma si trova all'interno a più di un chilometro dal mare in linea d'aria.

La torre  è sicuramente medievale ma la data esatta della costruzione non si sa. Si è pensato che fosse stata costruita nel 1442 perché in una relazione della metà del XVI secolo viene riportato che in quell'anno, dietro Porto Santo Stefano, fu costruita una torre e alcuni hanno pensato fosse la torre dell'Argentiera. In effetti la costruzione è più vecchia di diversi secoli e si pensa che fosse stata costruita su una base di una torre più vecchia, addirittura del periodo romano. La base ha una forma quadrata di 5 metri per lato e l'altezza di circa 22/25 metri, non ha porte e l'unica apertura (di piccole dimensioni) si trova a diversi metri da terra, senza scale di accesso, nella parte settentrionale. Si entrava attraverso una scala a corda che veniva ritirata all'interno quando gli uomini addetti al controllo si rifugiavano dentro. L'interno si compone di due vani, al pianterreno era situata una cisterna d'acqua mentre il piano superiore serviva da alloggio ai soldati e al torriere che la custodivano. Dopo essere stata colpita da un fulmine, la torre ha versato per molti anni in stato di degrado, con la parte rivolta a nord-ovest addirittura crollata. Negli anni '90 sono stati effettuati lavori di restauro ed oggi si trova in buone condizioni. La torre dell'Argentiera si trova dentro un recinto di circa 50 metri di diametro costituito da mura che sono state riportate alla luce durante i lavori di manutenzione.

Il compito della torre era quello di avvistare i nemici provenienti dal mare, in particolare l'arrivo dei corsari barbareschi provenienti dal nord-africa orientale che per secoli hanno assalito le nostre coste. Dentro il recinto sono stati trovati numerosi resti archeologici di diverse epoche storiche, dal periodo preistorico fino al XIX secolo.

Vicino alla torre si trova un grotta verticale con una piccola apertura. Il dislivello della grotta è di 23 metri. Questa spelonca ha creato diverse leggende come quella che dalla torre vi erano dei cunicoli che arrivavano fino alla Grotta degli Stretti o fino alla Fortezza Spagnola di Porto Santo Stefano, naturalmente frutto della fantasia di persone che dimoravano nei paraggi.

Un'altra leggenda narra che, nel medioevo, un cavaliere partì per la guerra e al ritorno portò in dono alla propria amata, che abitava nella torre, una chioccia e dodici pulcini d'oro. Al suo arrivo il cavaliere trovò la donna morta. Il cavaliere a causa del dolore causato dalla scomparsa della sua amata, morì e di colpo la chioccia con i pulcini si animarono e presero a vagare nei dintorni della torre. Questa leggenda fu talmente creduta vera dalla popolazione locale che, in passato, diverse persone si sono messe in cerca della chioccia con i pulcini, alcune cominciarono addirittura a scavare sotto la torre (senza ovviamente trovare nulla), deturpando l'aspetto e minando la stabilità del fabbricato che rischiò di crollare.

Le leggende pur essendo frutto della fantasia hanno un piccolo barlume di verità. Oggi la Torre dell'Argentiera si trova in buono stato e si erge maestosa a guardia del golfo muta testimone degli incantevoli tramonti.

Chiesa di Santo Stefano, moderna chiesa parrocchiale del paese, ricostruita nel secondo dopoguerra dopo che l'antica chiesa settecentesca venne fatta saltare dalle truppe tedesche il 7 giugno 1944. La nuova chiesa fu progettata dagli architetti Mario Paniconi, Giulio Pediconi, Paolo Rossi de Paoli e consacrata il 25 dicembre 1950. Nel 1963 fu installato il grande organo Mascioni, mentre il presbiterio fu completamente rifatto prima nel 1980 e poi nel 2006.
Chiesa dell'Immacolata Concezione, edificio parrocchiale del rione del Valle, è stata realizzata tra il 1973 e il 1979 su progetto di Carlo Boccianti, benché la prima pietra fosse già stata benedetta e posizionata il 9 aprile 1961 dal vescovo Paolo Galeazzi. L'inaugurazione è avvenuta il 7 dicembre 1979 con la consacrazione da parte di monsignor Giovanni D'Ascenzi. Nel 2004 è stata oggetto di restauro.
Chiesa della Santissima Trinità, situata in località Pozzarello, si tratta di un moderno edificio parrocchiale realizzato tra il 1999 e il 2002 su progetto di Carlo Boccianti. La chiesa è stata consacrata il 22 giugno 2002 da monsignor Mario Meini.

Villa La Giocondiana, chiamata Villa Viti, costruita a Porto Santo Stefano negli anni 1920 dall'architetto Giovanni Maria Viti, una tra le poche residenze d'epoca rimaste indenni ai bombardamenti del 1944.
Fortezza Spagnola, costruita tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo con l'entrata di Porto Santo Stefano nello Stato dei Presidi, allo scopo di difendere la costa e il paese e respingere attacchi e incursioni nemiche provenienti dal mare. I lavori, che procedevano lentamente, furono terminati nel 1636 con alcune migliorie apportate dall'ingegnere militare Pedro Álvarez. Nei primi del XIX secolo, durante il periodo napoleonico, la fortificazione fu potenziata dai francesi per resistere agli assalti delle navi britanniche. Ristrutturata dai Lorena dopo l'annessione al Granducato di Toscana, la fortezza continuò a svolgere le funzioni militari anche dopo l'unità d'Italia, fungendo da presidio strategico durante la prima guerra mondiale. Nel secondo dopoguerra fu parzialmente modificata con l'aggiunta di due corpi di fabbrica per ospitare temporaneamente gli uffici del Comune.

Forte del Pozzarello, situato in località Pozzarello, si tratta di una fortificazione costiera realizzata tra il 1874 e il 1888, ultima struttura difensiva ad essere stata realizzata nell'area del promontorio dell'Argentario. Trasformato in deposito di armi e munizioni nel secondo dopoguerra, fu dismesso nel 1975, andando successivamente incontro ad un inesorabile degrado.
Forte Tre Natali, struttura difensiva posta sull'altura di Punta Nera, all'estremità orientale del paese, fu costruita nel 1811 dai francesi. Dismesso dopo il 1867, fu venduto a privati e smantellato. Attualmente sono visibili solo alcuni resti incorporati in un'abitazione privata.
Faro di Lividonia, faro marittimo costruito nel 1883, venne attivato come semaforo marittimo dalla Regia Marina per l'illuminazione della punta nord-occidentale del promontorio dell'Argentario. Il suo attuale aspetto è dovuto ad una ristrutturazione avvenuta nel 1926.
Torre di Lividonia, risalente al XVI secolo, è stata fatta costruire dagli spagnoli su progetto dell'ingegnere militare Francesco De Marchi, che ebbe l'incarico conferitogli nel 1548 dal governo della Repubblica di Siena, proprio negli ultimi anni in cui l'intero territorio era controllato dai senesi. La torre subì una incursione piratesca nel 1814 e nel 1867 fu ceduta a privati dopo essere stata dismessa. La torre è stata recentemente restaurata.
Torre del Calvello, torre di avvistamento costruita dagli Spagnoli poco dopo la metà del XVI secolo, quando l'intera zona apparteneva già allo Stato dei Presidi. Distrutta da un bombardamento nel 1943, è possibile oggi osservarne i resti.
Siluripedio, struttura militare costruita nel 1943 dal Silurificio Moto Fides S.A. di Livorno, filiale della Whitehead Sistemi Subacquei, per la sperimentazione, la messa a punto e il collaudo dei siluri in mare. Distrutta dai bombardamenti alleati lo stesso anno, non entrò mai in funzione. I resti delle colonne portanti sono diventate degli interessanti reperti di archeologia industriale, si trovano ancora in mare nei pressi dell'omonima località.

In via Barellai è posto il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, inaugurato nel 1964 su progetto di Giovanni Maria Viti, poeta, giornalista, scultore, pittore, nonché arguto osservatore delle tradizioni marinaresche del promontorio.

Sul lungomare dei Navigatori si trovano: il monumento ai caduti del mare, realizzato dallo scultore Egidio Ambrosetti nel 1999, composto da una monumentale scultura bronzea dal titolo tromba marina e il monumento alla memoria dei caduti civili sotto i bombardamenti del 1943, formato da una bomba d'aereo disattivata e due steli con i nomi dei caduti.

Porto Santo Stefano ha avuto una tradizione carnevalesca molto particolare, che si identificava nella maschera sciornia, nome che in dialetto significa trasandato, disordinato. Camuffamenti strani e antichi ai quali partecipava tutta la popolazione, fatti di vesti stracciate e ricucite, sacchetti e calzamaglie nelle combinazioni più improbabili. Queste antiche maschere, rappresentavano simbolicamente il modo di sovvertire ogni canone sociale e sessuale. La tradizione è andata persa nel tempo e le associazioni locali, con il Comune di Monte Argentario, cercano di far rivivere saltuariamente queste antiche usanze, come nel festival della maschera sciornia che si è tenuto nel 2009.

A Porto Santo Stefano ha sede il 64° deposito territoriale dell'Aeronautica Militare

La Fortezza Spagnola è adibita a struttura museale ed ospita le mostre permanenti maestri d'ascia e memorie sommerse.

Sul lungomare dei navigatori si trova il centro didattico di biologia marina con annesso l'acquario mediterraneo della Costa d'Argento.

Le due mostre permanenti e l'acquario fanno parte della rete museale Musei di Maremma (sezione Costa d'Argento).

Filarmonica Comunale, la presenza della filarmonica di Porto Santo Stefano è nota fin dal 1842, ai tempi del granduca Leopoldo II di Lorena. Altre testimonianze portano alla luce il passato storico e culturale della banda cittadina. Nel 1884 si scrive che la filarmonica locale veniva chiamata Concerto ed era diretta da Carlo Sturmann, insegnante di musica. Dopo un lungo periodo di interruzione, nel 1934 fu costituito un nuovo complesso bandistico chiamato Giacomo Puccini, composto da 70 elementi, che interruppe la sua attività con lo scoppio del secondo conflitto mondiale. Nel 1959 fu fondata ad opera del maestro Pietro Orsini, la banda caratteristica La Refola, collettivo molto particolare e distinguibile, noto anche a livello nazionale e per le sue partecipazioni a programmi televisivi. Con lo scioglimento di questa, nel 1993 fu costituita la filarmonica Comunale Giuseppe Ivo Baffigi che continua l'attività musicale, mantenendo la tradizione che dura da oltre un secolo e mezzo.

La cucina santostefanese, fornisce ampie varietà di piatti basati su ingredienti semplici tipicamente mediterranei, zuppe di pesce povero, verdure di stagione, olio toscano, dolci e vini tipici.

Nelle antiche Frasche, così venivano chiamate le prime osterie locali, oggi scomparse, all'ora di pranzo e merenda, c'erano uova lessate e acciughe salate condite con aglio e prezzemolo, lo stoccafisso battuto con legno sul muro, messo a bagno insieme ai ceci e cotto con cipolla, pomodoro, capperi e acciughe.

Pur se cambiata radicalmente con lo stile di vita, la gastronomia del promontorio mantiene la sua semplicità, arricchita e valorizzata dalle nuove generazioni di chef locali. Tra i prodotti agroalimentari tradizionali più conosciuti si citano i seguenti:

Caldaro dell'Argentario, tipica zuppa di pesce povero;
Minestra di spernocchia, nome dialettale della cicala di mare derivante dal campano;
Scaveccio, pesce fritto lasciato a riposare in una marinatura di aceto, cipolla, peperoncino, aglio, rosmarino, alloro;
Tonnina, composta di filetti di tonno salati ed essiccati;
Schiaccia cipolle e acciughe, è una focaccia di pasta di pane fatta con cipolle affettate crude e acciughe;
Pagnottella, tradizionale panetto natalizio;
Schiaccia di pasqua, dolce tipico del periodo pasquale;
Coroglio all'alchermes, ciambella tipica granulata;

Dal 1937 il 15 agosto di ogni anno, esclusi gli anni di guerra, si svolge a Porto Santo Stefano il Palio Marinaro dell'Argentario, una gara remiera tra le più lunghe al mondo, che consiste in una competizione tra i quattro rioni del paese, Pilarella, Valle, Croce e Fortezza. I singoli equipaggi sono composti da un timoniere più quattro vogatori, i quali devono percorrere dieci volte la distanza di 400 m compresa tra due boe per un totale di 4000 m.

Dal 2009 ha luogo Argentario Dance Festival, un concorso internazionale di danza dedicato a giovani promesse della danza classica e contemporanea provenienti da tutto il mondo.

Dal 1992 si svolge il Premio letterario Monte Argentario per poesia e prosa, indetto dal Comune di Monte Argentario. La sezione Poesia è riservata a giovani autori frequentanti le scuole pubbliche e private italiane, la sezione Prosa è aperta a tutti.

Dal 1999 al 2009 ha avuto luogo a Porto Santo Stefano Arie di Mare, festival promosso dal Comune, con il sostegno della Provincia di Grosseto e della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, tra i più significativi dell'Argentario. La manifestazione, multidisciplinare, era ogni anno caratterizzata da un preciso riferimento tematico. Diretta da Pamela Villoresi, contava sulla collaborazione progettuale e organizzativa del Teatro Metastasio di Prato. Dopo cinque anni di interruzione, dal 2014 si tiene nel comune di Orbetello.

La Rari Nantes Argentario di è stata una delle più importanti società sportive della Toscana nel campo del nuoto e della pallanuoto. Nata nel 1946 ha raggiunto il suo culmine con il campionato nazionale di serie B nel 1981, 1983 e 1989.

Nella sua storia ha prodotto vari campioni, tra i quali Cosmo Milano, già campione del mondo di categoria Master sulla distanza dei cinque chilometri, che si è reso protagonista di numerose imprese natatorie, particolarmente negli anni 1960. Tra le più rilevanti e conosciute; le traversate a nuoto in solitario Isola del Giglio-Porto Santo Stefano, il periplo del Monte Argentario, Porto Santo Stefano-Porto Ercole e la traversata Porto Santo Stefano-Talamone e ritorno.

La società ha cambiato nel corso della propria esistenza diverse denominazioni fino al 1999, quando tutte le attività del settore, sono state assorbite dall'associazione sportiva Argentario Nuoto.

Il tratto di mare antistante Porto Santo Stefano è notoriamente tra i più validi a livello nazionale e internazionale per la pratica della vela. Numerose sono le scuole di vela e i circoli nautici presenti sul territorio che si dedicano all'organizzazione di ogni tipo di competizione. Oltre ai campionati invernali, italiani e mondiali, gli appuntamenti di spicco sono la Pasquavela che si svolge nel fine settimana di Pasqua, e la Panerai Argentario Sailing Week che ha luogo annualmente. La società storica più rilevante della località è lo Yacht Club Santo Stefano.

Dal 2007 si svolge annualmente la Gran Fondo dell'Argentario, gara di Mountain bike a livello dilettantistico, organizzata dal gruppo ciclistico Monte Argentario, facente parte del circuito MTB della maremma tosco laziale.

Uno degli sport più praticati all'Argentario e nelle isole circostanti è la subacquea. Porto Santo Stefano conta numerosi diving center attivi tutto l'anno con appassionati provenienti da tutto il mondo.

La principale squadra di calcio della località è L'Argentario calcio, fondata nel 1963, militante in prima categoria.

Nel capoluogo ha sede una società di pallacanestro: L'Argentario basket, fondata nel 1975 che partecipa al campionato di promozione.

A Porto Santo Stefano è sviluppata un’intensa attività di pesca sportiva con canna da riva e da imbarcazione, rivolta prevalentemente alle specie di passaggio in particolari periodi dell’anno.






giovedì 24 dicembre 2015

L'ISOLA DI SUMATRA



Sumatra è la sesta isola più estesa del pianeta, con una superficie di circa 470.000 km² ed è la terza isola più grande dell'arcipelago Indonesiano dopo Nuova Guinea e Borneo.

Uno dei primi nomi con cui Sumatra venne indicata nell'antichità fu Suvarna Dvipa (in saanscrito Isola dell'Oro), che probabilmente meritò per via dell'attività estrattiva di minerale aurifero iniziata sin dalla più remota antichità.

Grazie alla sua collocazione strategica sulla rotta commerciale navale tra la Cina e l'India, sull'isola fiorirono numerose città commerciali, specialmente sulla costa orientale, perlopiù influenzate dalla cultura e dalle religioni Indiane. Una delle più notevoli fra queste città fu senza dubbio Srivijaya (probabilmente identificabile con l'odierna Palembang), che dette vita ad una monarchia buddhista che tra il VII ed il IX secolo d.C. governò un impero talassocratico che arrivò ad estendersi nella penisola Malese e nel Borneo Occidentale, ed a cui probabilmente dobbiamo l'estendersi in quest'area della cultura e dell'etnia Malese.

L'influenza di Srivijaya diminuì fino a sparire del tutto nel corso dell'XI secolo, quando l'isola venne successivamente conquistata dai regni giavanesi di Singhasari e Majapahit. Fu in questo periodo che l'Islam giunse a Sumatra, probabilmente portato dai mercanti Arabi ed Indiani.

Durante il tardo XIII secolo, il monarca del regno di Samudra (corrispondente approssimativamente all'odierna provincia di Aceh) si era già convertito all'Islam. Ibn Battuta, che visitò il regno durante i suoi famosi viaggi, trascrisse la pronuncia come Sumatra, da cui derivò il nome odierno dell'isola. Samudra venne presto rimpiazzata come potenza egemone dal potente Sultanato di Aceh, che sopravvisse fino al XX secolo. Con l'arrivo degli olandesi, molti piccoli principati in cui era divisa Sumatra caddero uno dopo l'altro nelle loro mani, finché, nel XIX secolo, non si arrivò al confronto finale con il Sultanato di Aceh nel corso della lunghissima e durissima Guerra di Aceh (1870-1905). Il patriota italiano Nino Bixio morì nell'isola di Sumatra il 16 dicembre 1873 mentre stava navigando per commercio fra le Isole della Sonda.

Il 26 dicembre 2004, la costa occidentale di Sumatra, tra cui in particolare la provincia di Aceh, è stata colpita e devastata prima da un immane terremoto che ha raggiunto una magnitudo pari a 9,0 e quindi da un imponente tsunami, che ha raggiunto in alcuni punti della costa i 25 metri, rendendo quest'area la più colpita dal Maremoto dell'Oceano Indiano; pochi mesi dopo, il 28 marzo 2005, fu colpita di nuovo da un violento terremoto di 8,7 Richter che interessò l'intera area nord-occidentale dell'Indonesia. In modo particolare colpita l'isola di Nias, dove ci furono ingenti danni e centinaia di morti.

Il 30 settembre 2009, l'isola è nuovamente devastata da un terremoto di magnitudo 7,6, colpendo principalmente la città di Padang.

Il 25 ottobre 2010 si registra ancora un terremoto, di magnitudo 7,7 della scala Richter, con epicentro a largo della costa occidentale di Sumatra, precisamente nell'arcipelago delle Isole Mentawai, alle 21:42 ora locale. Il terremoto ha provocato uno tsunami che ha colpito molte isole con onde che hanno raggiunto un'altezza di 3 metri e sono penetrate fino a 600 metri nell'entroterra, provocando oltre 400 vittime nonché danni a oltre 4.000 abitazioni e a 20.000 abitanti.

La densità di popolazione di Sumatra è elevata, dato che è abitata da circa 96 persone per km², per una popolazione totale di circa 45 milioni di abitanti in un territorio grande poco più di una volta e mezza l'Italia. I maggiori centri urbani sono Medan e Palembang.

La popolazione appartiene perlopiù all'etnia malese, anche se è piuttosto frammentata, tanto che si arrivano a parlare ben cinquantadue lingue. Sono presenti minoranze etniche cinesi soprattutto nei centri urbani.

La maggior parte degli abitanti di Sumatra professano la religione musulmana, ma non mancano minoranze cristiane (sia cattoliche che protestanti), induiste, buddhiste o adepti delle credenze tradizionali cinesi.

L'imponente isola, la sesta più estesa dell'intero pianeta, appartiene al territorio indonesiano, così come le Isole della Sonda. La bellissima Sumatra è circondata dalle acque dell'Oceano Indiano che accarezzano anche celebri luoghi ritenuti veri e propri paradisi terrestri come le Seychelles, le Maldive, le Mauritius e il Madagascar, senza dimenticare le altre isole dell'arcipelago Indonesiano fra le quali la Nuova Guinea ed il Borneo.
Sumatra sorge tra la penisola malese, a nord ovest, e l'isola di Giava, a sud est, perfettamente posizionata lungo la linea dell'equatore che taglia pressoché a metà l'isola.
Il clima risulta pertanto essere quello tipico equatoriale, caratterizzato da temperature elevate in ogni stagione dell'anno ed abbondanti precipitazioni, in particolare di tipo monsonico che sono assai frequenti tra novembre e fine aprile.
Il clima contribuisce anche al fiorire di una flora lussureggiante, caratterizzata da vaste foreste fluviali, ampie savane e boschi di conifere: una significativa varietà motivata dalla stessa conformazione di Sumatra, molto diversificata all'interno dei suoi 420.000 km quadrati di superficie.
Il territorio è contraddistinto dalla catena dei Monti Barisan che si distendono per 1700 km lungo l'isola, raggiungendo vette di 3800 metri con il Monte Kerinci. La peculiarità della catena del Barisan è rappresentata dai numerosi vulcani che la costellano, i quali costituiscono una delle attrattive principali dell'isola insieme ai laghi, sempre di origine vulcanica, fra cui il celebre Toba. Se ad occidente predominano le montagne, ad oriente si trovano numerose pianure, rese fertili dai molti fiumi, e fitte giungle che preservano rare specie di flora e di fauna in ecosistemi unici la mondo. Bisogna, tuttavia, ricordare che la situazione ambientale di Sumatra presenta preoccupanti zone d'ombra causate dal disboscamento selvaggio da cui discendono significativi rischi per l'ecosistema millenario, nonchè la stessa sopravvivenza dell'animale più rappresentativo dell'isola, ovvero l'orango tango, che è in via d'estinzione.



Il Toba è il lago più vasto del sud est asiatico che si distende nella parte nord orientale dell'isola di Sumatra. Le origini vulcaniche del lago donano un'aurea unica al paesaggio naturale che accoglie i turisti, posti a confronto con la forza della natura nel momento in cui si trovano di fronte alle antiche colate laviche e alle pareti dalle quali nascono le cascate.

Celebre anche Berastagi (Brastagi), centro che si trova ad un'altitudine di 1300 metri, unendo caratteristiche della flora tropicale, come bambu e palme, a piante montane quali gli abeti. La meta si rivela quindi particolarmente indicata per coloro che amano il trekking che possono scegliere tra i molteplici splendidi percorsi proposti. Brastagi, inoltre, è abitata dai Karo Batak, un'antica comunità che conserva tradizioni e riti millennari che destano vivo interesse nei turisti.
Molto diversa è l'atmosfera di Medan, la capitale della parte settentrionale di Sumatra, nonchè terza città dell'Indonesia per grandezza, un immenso centro urbano che espande continuamente i propri confini. Presenta alcune caratteristiche tipiche delle metropoli cresciute troppo velocemente ed in maniera disordinata, mescolando i maestosi edifici di epoca coloniale e le fatiscenti abitazioni delle famiglie più povere. Le profonde contraddizioni non privano, tuttavia, Medan del suo enorme fascino, e la città incantai visitatori con la bellezza della moschea Mesjid Raya e dell'Istana Maimoon.
Dopo un vasto centro abitato, ci si può calare nuovamente nel regno della natura che a Sumatra manifesta tutta la sua potenza. Una meta da non perdere è il Centro di Riabilitazione degli Oranghi che sorge nel villaggio di Bukit, a circa 80 km da Medan. Una fitta giungla consente agli oranghi che hanno trascorso periodi in cattività di riscoprire il loro ambiente naturale per tornare a vivere in esso in modo non traumatico. Il centro è sorto all'interno del Parco Nazionale del Gunung Leuser e può essere visitato insieme alle guide ufficiali che accompagnano gli amanti della natura lungo un percorso da fare a piedi ed in canoa.

Il Monte Merapi, in lingua indonesiana Gunung Merapi, è uno spettacolare vulcano conico della Giava centrale in Indonesia. Il suo nome letteralmente significa montagna di fuoco ed è uno dei vulcani più attivi dell’Indonesia. Dal 1548 il Monte Merapi ha eruttato circa 68 volte. Le continue eruzioni avvenute dal 1992 al 2002 hanno provocato il decesso di numerose persone in particolare modo del 1994. L’ultima eruzione avvenuta nel 2010, è stata una delle più potenti e intense degli ultimi secoli e causò la morte di ben 353 persone.

Il Monte Merapi viene considerato dall’International Association of Volcanology and Chemistry of the Earth’s Interior, uno dei vulcani più interessanti da studiare in relazione alle sue numerose e distruttive eruzioni in aree densamente popolate. Il Merapi è in assoluto il vulcano che ha provocato il numero più copioso di nubi ardenti ed è considerato un “Decade Vulcano” ovvero uno dei vulcani meno affidabili al mondo dato il suo carattere ‘fumantino’ ed ‘esplosivo’. All’acme del Monte Merapi si trova un duomo craterico instabile ed attivo che, quando collassa, da vita a flussi piroclastici e a gas.

Il Jam Gadang, che letteralmente significa “Grande Orologio“, è una monumentale torre dell’orologio ed un importante punto di riferimento della città di Bukittinggi nell’isola di Sumatra in Indonesia. La Jam Gadang rappresenta una delle principali attrazioni della città e presenta numerosi orologi su ogni lato. La torre dell’orologio indonesiana, venne costruita nel 1926, durante l’epoca coloniale olandese in qualità di dono della regina della città.

La Jam Gadang venne progettata e realizzata dagli architetti Yazin e Sutan Gigi Ameh; ab originem al vertice della struttura venne posto un gallo che successivamente fu trasformato in un Jinja giapponese.

Dopo l’indipendenza dell’Indonesia, la torre venne rimodellata e modificata. Ogni orologio della Jam Gadang presenta un diametro di 80 centimetri. La base della torre è di 13 metri per 4 e l’altezza misura 26 metri. Grazie alla sua interessante e particolare struttura, la Jam Gadang è spesso oggetto di souvenir da parte dei turisti.

Il Lago Maninjau è uno scenografico lago situato a pochi km dalla città di Bukittinggi nell’Isola di Sumatra in Indonesia. Questo splendido lago è stato formato da un’eruzione vulcanica avvenuta circa 52.000 anni fa; i depositi dell’eruzione sono stati trovati in una distribuzione radiale intorno a Maninjau che si estende sino a 50 km ad est, 75 km a sud-est e ad ovest sino alla linea della costa. La caldera presenta una lunghezza di 20 km ed una larghezza di 8 km.

Il Lago Maninjau occupa la ragguardevole superficie di 99,5 km quadrati ed è caratterizzato da una lunghezza di 16 km ed una larghezza di circa 7 km. La profondità media di questo lago dell’isola di Sumatra è di circa 105 metri, mentre la profondità massima si aggira intorno ai 165 metri.

Il Lago Maninjau è l’unico lago dell’intera isola di Sumatra ad avere uno sbocco naturale sulla costa occidentale. Dal 1983, quest’acqua è stata utilizzata per generare potere idroelettrico sulla parte ovest di Sumatra. Le persone che vivono nei pressi del Lago Maninaju sono prevalentemente Minangkabau e si nutrono di pesca.

La Baituirrahman Grand Mosque è una monumentale moschea situata nella città di Aceh, nell’isola di Sumatra in Indonesia. Questa grandiosa moschea è un importante simbolo della religione, della cultura, dello spirito, della lotta, della forza e del nazionalismo della popolazione di Aceh.

L’originale Grande Moschea venne costruita nel 1612 durante il regno di Iskandar Muda, il sultano della città di Aceh. Alcuni studiosi sostengono che la moschea venne addirittura edificata prima del 1292 ad opera del sultano Alaidin Mahmudsyah.

In passato la grande moschea divenne un centro di resistenza armata e venne rasa al suolo nel gennaio del 1874 dal Governatore Generale delle Indie Van Swieten. Nel 1877, lo stesso governatore olandese propose di ricostruire la moschea per la gente del posto e, nel 1879, i lavori di costruzione della nuova moschea cominciarono.

Tengku Qadhi Malikul Adil fu il primo a porre la prima pietra della nuova moschea. Completata nel 1881, la Baituirrahman Grand Mosque data la sua nascita ad opera degli olandesi, non fu subito bene accetta dai cittadini locali ma attualmente rappresenta il luogo più importante della città di Aceh. La Baituirrahman Grand Mosque si presenta caratterizzata da un minareto e diverse cupole e lo stile con il quale venne edificata è quello squisitamente revival Mughal.

Internamente la grande moschea è dotata di pareti armoniosamente decorate e sollevate da colonne, scale in marmo proveniente dalla Cina, porte in legno ben decorate e suggestivi lampadari in bronzo. Oggi la Baituirrahman Grand Mosque incarna l’orgoglio del popolo di Aceh, nell’Isola di Sumatra.

Molto consistenti sono le esportazioni di gas e petrolio, la cui produzione è qui pari ai ¾ di quella totale indonesiana. Vengono anche esportati in grandi quantità gomma e olio di palma. Sono da ricordare le grandi piantagioni di tabacco, palme da cocco, tè e soprattutto caucciù che compete con quello malese. Sumatra è inoltre famosa per il pepe nero.

Vi è anche una forte produzione di legname con conseguente disboscamento della foresta, con il rischio di estinzione di molti vertebrati locali, tra cui la famosa Tigre di Sumatra (Panthera tigris sumatrae).



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mercoledì 23 dicembre 2015

L'OCEANO INDIANO



L'importanza dell'oceano Indiano come rotta di transito tra Asia e Africa lo ha reso sede di numerosi conflitti. A causa della sua grandezza, nessuna singola nazione lo ha dominato fino all'inizio del XVIII secolo, quando la Gran Bretagna riuscì a controllare per diverso tempo gran parte delle terre che lo circondano. La sua importanza strategica è ancora oggi enorme. La sua linea di divisione ufficiale con l'Oceano Atlantico è rappresentata da Capo Agulhas, estremità meridionale del continente africano.

Vicino all'oceano Indiano si sono sviluppate le più antiche civiltà conosciute, nelle valli del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate, nella valle dell'Indo e nell'Asia sudorientale. Durante la prima dinastia dell'Egitto (circa 3000 a.C.), una spedizione venne mandata a Punt, che si pensa facesse parte della Somalia odierna. Le navi portarono indietro oro e schiavi. Greci e Fenici frequentarono il Mar Rosso a partire dal VII secolo a.C. al soldo degli Egiziani, e probabilmente superarono lo stretto di Bab el-Mandeb, raggiungendo l'attuale Somalia. I Greci chiamavano l'oceano Indiano mare Eritreo. I Romani commerciavano con i porti dell'oceano: l'anonimo autore del periplo del Mare Eritreo descrive porti, merci e rotte lungo le coste dell'Africa e dell'India attorno alla metà del I secolo d.C.

Probabilmente durante il I millennio d.C., gruppi di persone parlanti lingue austronesiane, simili al malese, attraversarono l'oceano Indiano e si insediarono nel Madagascar. Marco Polo (circa 1254-1324) fece ritorno dall'Estremo Oriente passando attraverso lo Stretto di Malacca. Le spedizioni cinesi raggiunsero l'Africa nel XV secolo, ma i commercianti arabi dominavano le rotte dell'oceano Indiano prima che Vasco da Gama doppiasse il Capo di Buona Speranza nel 1497 e arrivasse all'India, il primo europeo a seguire questa rotta. Dopo questa impresa, il Portogallo cercò di dominare la regione, ma dovette cedere agli olandesi all'inizio del XVII secolo. Cento anni dopo, sia la Francia che l'Inghilterra cercarono di assicurarsi il controllo dell'oceano, ma solo gli inglesi ci riuscirono.

L'apertura del Canale di Suez nel 1869 ravvivò l'interesse europeo per l'Oriente, ma nessuna nazione riuscì a dominare le altre nel commercio. Dopo la seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna si è ritirata dall'oceano Indiano, ma è stata solo parzialmente rimpiazzata dall'India, dall'Unione Sovietica e dagli Stati Uniti. A definizione dell'importanza dell'oceano alcune nazioni vi hanno stabilito basi navali.

Negli anni Novanta, l'intervento degli Stati Uniti nella guerra del Golfo (1991), quale forza di maggior consistenza all'interno dello schieramento multinazionale, e la quasi contemporanea dissoluzione dell'Unione Sovietica determinavano un mutamento quantitativo e qualitativo della presenza statunitense in tutta la regione dell'Oceano Indiano e in quella più ristretta del Golfo Persico, dove, tuttavia, l'influenza degli USA assumeva una valenza particolarmente significativa. Tra gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) e Washington venivano firmati diversi accordi che permettevano agli USA di realizzare manovre militari congiunte e concesso facilitazioni aeree e navali. In queste regioni l'egemonia statunitense diveniva assoluta, oltre che per la sua preponderanza militare rispetto agli Stati della regione, anche per l'incapacità dimostrata dalla Federazione Russa di esercitare sulla zona lo stesso tipo di controllo praticato dalla potenza sovietica. L'assenza di una controparte capace di bilanciare la preponderanza degli Stati Uniti era tangibile anche nelle altre zone dell'Oceano Indiano: nonostante il peso sempre crescente dei giganti locali, quali per esempio, la Repubblica Sudafricana, l'India, l'Australia, nessuno di essi si era dimostrato capace di proporre un progetto politico a scala regionale, tale da unificare i diversi interessi nella comune difesa dell'autonomia e del controllo delle grandi vie marittime di comunicazione, passanti per importantissimi stretti strategici (Bab al Mandab, Hormuz, Palk, Malacca, Sonda, Lombok, Torres). Nel Mar Rosso e nel Corno d'Africa la situazione era molto incerta: l'equilibrio geopolitico si era modificato dopo il conseguimento dell'indipendenza da parte dell'Eritrea (1993), in seguito alla quale l'Etiopia era stata privata dello sbocco al Mar Rosso.

L'oceano Indiano occupa circa il 20% della superficie terrestre coperta da oceani e il suo volume è stimato in 292 131 000 km³. È situato completamente nell'emisfero orientale ed è delimitato a nord dall'Asia meridionale, a nord-ovest dalla Penisola arabica, ad ovest dall'Africa, a sud-ovest dall'oceano Atlantico, a nord-est dall'Indocina, ad est dall'Arcipelago Malese e dall'Australia, a sud-est dall'Oceano Pacifico, a sud dall'oceano Antartico, se lo si considera esistente, altrimenti dall'Antartide.

Comprende i mari: Mar Rosso, Golfo Persico, Mar Arabico, Golfo del Bengala, Mare delle Andamane, Golfo di Aden, Golfo di Oman, Canale del Mozambico, Stretto di Malacca. Molte isole punteggiano i 66 526 km di coste dell'oceano Indiano e alcune di esse sono stati indipendenti: il Madagascar (la quarta isola più grande del mondo), le Comore, le Seychelles, le Maldive, Mauritius e lo Sri Lanka. L'Indonesia si trova al suo confine col Pacifico, ma appartiene a quest'ultimo.


La circolazione delle acque si svolge secondo due sistemi, uno meridionale e uno settentrionale, diversi tra loro. Nel primo le acque si spostano dai pressi dell’Australia occidentale alle coste del Madagascar, si volgono a N, giungendo fino all’altezza del Capo Delgado, sulla costa africana, e qui si dividono in due rami: uno, con direzione nord, entra nel circuito delle correnti settentrionali; l’altro, con direzione sud, dopo aver percorso il Canale di Mozambico (Corrente del Capo o delle Aguglie), si dirige verso le coste sud-occidentali dell’Australia dove devia verso N (Corrente Australiana) e quindi a NO, chiudendo così il circuito delle correnti meridionali. Nella parte settentrionale dell’oceano le direzioni delle correnti si alternano in sensi opposti per l’influenza esercitata dallo spirare dei monsoni.

La salinità delle acque superficiali varia dal 33 al 36‰, ma nel Mar Rosso e nel Golfo Persico può anche superare il 40‰. La temperatura, a cavallo dell’equatore, si mantiene sui 28 °C, mentre scende sui 16 °C nell’area oceanica posta all’altezza della punta meridionale dell’Africa. Ancora più a S, in prossimità dell’Antartide, la temperatura scende a 0 °C. Le maree hanno un’escursione media di 2-4 m e sono generalmente semidiurne; maree diurne si hanno nel Mare Arabico e sulle coste occidentali australiane.

La profondità media dell'oceano è di 3 890 m. Il suo punto più basso, la Fossa di Giava, raggiunge i 7 450 m. A nord della latitudine 50° sud, l'86% del bacino principale è coperto da sedimenti pelagici. Il rimanente 14% è coperto da sedimenti terrigeni, costituiti principalmente dalle due enormi conoidi torbiditiche dell'Indo, a ovest, e del Gange-Brahmaputra, a est del subcontinente indiano. Le latitudini più a sud sono dominate da sedimenti originati dai ghiacciai dell'Antartide.



Le piattaforme continentali orlano con continuità le coste africane, arabiche, indiane, malesi e australiane, come pure la costa occidentale del Madagascar, con un'ampiezza inferiore ai 100 km lungo il versante afro-arabico. Altrove l'ampiezza della piattaforma oscilla tra i 200 e i 300 km, ma supera di gran lunga questi valori nell'Australia meridionale, al largo di Bombay (Mumbai), del Bengala e della Birmania (Myanmar). Le coste indonesiane di Sumatra e Giava, nonché la costa orientale del Madagascar, precipitano, invece, in profonde fosse oceaniche. Le piattaforme continentali, secondo una recente scoperta, sono segnate da una fitta rete di canyons, che, posti per lo più in corrispondenza delle maggiori foci fluviali, si prolungano per centinaia di chilometri fino alle piane abissali. Rilievi e scandagli hanno messo in evidenza come il fondo dell'oceano sia percorso da alcune dorsali sottomarine (di Carlsberg, delle Chagos, dell'Indiano centrale, orientale e sud-occidentale, delle Kerguelen) che individuano vari bacini, quali quelli Arabico, dei Somali, dell'Indiano Centrale, del Madagascar, delle Kerguelen, dell'Australia occidentale, dell'Australia meridionale.La profondità media delle sue acque è di 3900 m, mentre quella massima, misurata nella Fossa della Sonda, a S di Giava, raggiunge i 7450 m. Numerose sono le isole: la maggiore è il Madagascar che, insieme con le Comore, le Seychelles e le Mascarene, è situata nel settore occidentale. Nel Mare Arabico sono le isole di Socotra, le Kuria Muria, le Laccadive e le Maldive; nel golfo del Bengala sono Sri Lanka (Ceylon), le Andamane e le Nicobare e a S, infine, sono le isole Chagos, Mentawai, Christmas, Cocos, Amsterdam, San Paolo, Kerguelen, Crozet, Marion, Principe Edoardo, Heard e McDonald. Per quanto riguarda il clima, a causa del diverso grado di riscaldamento e raffreddamento delle acque oceaniche e delle terre circostanti, si stabilisce nella zona un'ineguale distribuzione delle pressioni, che danno origine a un particolare tipo di venti periodici, i monsoni, spiranti in senso alterno secondo le stagioni, e precisamente dal mare verso terra (monsoni di mare) nel periodo estivo, e dalla terra verso il mare (monsoni di terra) nel periodo invernale, e il cui influsso è soprattutto sensibile nella parte settentrionale dell'oceano. Il regime dei venti influenza notevolmente anche le correnti marine superficiali. Sotto l'azione costante dell'aliseo di SE, le acque si spostano dalle coste occidentali dell'Australia (corrente dell'Australia Occidentale) verso W, formando la Corrente Equatoriale, che, giunta all'altezza del Madagascar, si divide in tre rami: uno scorre verso S lambendo le coste orientali del Madagascar (corrente del Madagascar), il secondo percorre il canale del Mozambico da N a S (Corrente del Mozambico), mentre il terzo volge a N lungo le coste dell'Africa orientale. I primi due rami si riuniscono a S del Madagascar formando la Corrente delle Agulhas (o del Capo); nell'Oceano Indiano settentrionale, invece, le correnti si alternano in senso opposto in corrispondenza all'alternanza dei monsoni. Nel periodo estivo le correnti sono generalmente dirette da W verso E e lambiscono le coste della Somalia da SW a NE; nel periodo invernale, invece, sono dirette in prevalenza da E verso W e si dirigono verso SW lungo le coste della Somalia. La temperatura delle acque superficiali varia da quasi 30 ºC a N (Mar Rosso, Golfo Persico, Golfo del Bengala) a.0º a S, presso l'Antartide: la salinità assume valori compresi tra il 32 e il 36‰. I valori più elevati sono raggiunti nel Mar Rosso, nel Golfo Persico e nel Mar Arabico, quelli più bassi nel golfo del Bengala e nel settore meridionale, a causa della rilevante quantità di acqua dolce apportata, rispettivamente, dai fiumi e dalle acque di fusione dei ghiacciai antartici. I principali fiumi che sfociano nell'Oceano Indiano sono lo Zambesi, lo Shatt al ?Arab (formato dalla confluenza del Tigri con l'Eufrate e tributario del Golfo Persico), l'Indo, il Gange con il Brahmaputra, l'Irrawaddy e il Murray. Gran parte del fondo dell'oceano è ricoperta da uno spesso strato di sedimenti, costituiti prevalentemente da argille rosse nel settore orientale, da melme a globigerine in quello occidentale e da melme a diatomee in quello meridionale.

Numerosi sono i porti che si affacciano all'Oceano Indiano, tra cui gli africani Port Elizabeth, East London, Durban, Maputo, Dar es Salaam, Mombasa, Port Sudan e Suez (all'estremità meridionale del canale omonimo, che collega l'Oceano Indiano col Mar Mediterraneo), gli asiatici Aden, Karachi, Bombay (Mumbai), Colombo, Chennai, Calcutta (Kolkata), e gli australiani Perth e Adelaide. La pesca è largamente praticata dai Paesi rivieraschi del N e dell'E (India, Birmania, Malaysia), dove rappresenta una cospicua risorsa alimentare; lungo il litorale del Mar Rosso è diffusa la pesca delle perle, mentre ai bordi dell'Antartide si caccia la balena. Un cenno particolare merita il notevole incremento turistico registrato in molte parti dell'Oceano Indiano: nel corso degli anni Sessanta e Settanta, le prime mete furono alcune località costiere del Kenya e della Tanzania, nonché del Mar Rosso, ad accogliere un rilevante numero di turisti internazionali, mentre le isole Seychelles già da tempo rappresentavano un'area turistica di élite. In seguito, il movimento ha assunto maggiori proporzioni, investendo anche altre aree, come le Comore e le Maldive, meta di flussi cospicui.

Numerose specie marine in pericolo vivono nell'oceano Indiano, tra cui i dugonghi, le tartarughe e le balene. Il Mare Arabico, il Golfo Persico e il Mar Rosso soffrono di un inquinamento da residui petroliferi.

Nell'Oceano Indiano vivono oltre cinquemila specie ittiche.

Le isole dell’Oceano Indiano sono distribuite irregolarmente: la parte occidentale è ricca di arcipelaghi e di numerose isole, tra cui primeggia quella di Madagascar; la zona meridionale e la orientale, invece, ne sono poverissime. Quelle di origine corallina occupano una zona delimitata a sud da una linea che potremmo tracciare unendo la Baia di Maputo con la punta meridionale di Madagascar e con le isole Houtman Abrolhos (Australia occidentale).

La funzione economica dell’Oceano Indiano è essenzialmente riconducibile allo sfruttamento delle risorse minerarie, in particolare all’estrazione, raffinazione e commercializzazione di petrolio, che hanno del tutto soppiantato le tradizionali attività pescherecce. Si estraggono inoltre minerali di stagno (ai limiti orientali, presso Malacca) e di titanio (lungo le coste occidentali e sud-occidentali dell’Australia). Gli intensi traffici sviluppatisi in funzione di tali risorse e di altre precedenti produzioni (legname, carbone, caucciù) fra i paesi industrializzati dell’Atlantico e del Mediterraneo, alcuni paesi africani e asiatici e l’Australia, hanno determinato l’affermazione di un gran numero di porti, alcuni di notevole importanza strategica e commerciale, altri come sbocchi al mare dei rispettivi retroterra. Tra i primi: Singapore, Colombo, Aden, oltre ai terminali petroliferi del Golfo Persico. Tra i secondi: Mumbai, Durban, Adelaide, Yangon, Calcutta, Chennai, Karachi, Port Elizabeth.

La sua evoluzione è strettamente connessa con la nascita della catena montuosa himalaiana. L’oceano, infatti, si andò individuando allorché l’India si staccò dal Gondwana (circa 100 milioni di anni fa) e migrò verso N, per scontrarsi nel Terziario con la zolla eurasiatica. Lo studio delle anomalie magnetiche misurate sul fondo ha rivelato una evoluzione estremamente complessa, che ha dato luogo a una complicata struttura topografica, caratterizzata da segmenti di dorsali e faglie trasformi. Le dorsali che si elevano dal fondo formano una Y capovolta, delimitando così tre zolle litosferiche divergenti: zolla africana, zolla australiana e zolla antartica. La Dorsale di Carlsberg (il tratto che ha direzione N-S) è posta tra la penisola indiana e il bordo orientale africano: essa è rigettata da una serie di faglie trasformi che la piegano verso il Golfo di Aden. All’estremità meridionale, questa dorsale si biforca: il ramo occidentale, piegando verso SO, corre tra Africa e Antartide per poi congiungersi con la dorsale medioatlantica; il ramo orientale ha invece direzione E e SE ed è situato tra Australia e Antartide. Due dorsali oceaniche non più attive, che decorrono sempre con direzione N-S, sono la Dorsale 90° Est e quella delle Chagos-Laccadive. A E della prima è presente il Bacino delle Cocos, mentre tra le due è situata la Piana di Sri Lanka. A O della Dorsale di Carlsberg si estende il Bacino di Somalia. Sul fondo dell’Oceano I. si accumulano grandi quantità di sedimenti provenienti dall’erosione della catena himalaiana, i quali, trasportati dall’Indo e dal Gange, costruiscono estese conoidi sottomarine.