sabato 22 agosto 2015

PESCE TOSSICO



Nell’acqua finiscono plastica, prodotti chimici e vari tipi di rifiuti prodotti dall’uomo. Il pesce, in un modo o nell’altro, mangia i nostri rifiuti e li accumula. Una volta che il pesce viene ingerito dall’uomo, questo può diventare una potenziale minaccia per la nostra salute.

Non tutti i mari sono egualmente contaminati; purtroppo il Mediterraneo è un mare quasi chiuso e quindi è facile che gli inquinanti vi si concentrino più facilmente che in altri mari; anche se esistono delle zone più o meno inquinate, con grandissime differenze locali.

Ovviamente i luoghi più contaminati sono gli estuari dei grandi fiumi, che trasportano le sostanze che, legalmente o illegalmente, le industrie vi hanno depositato per più di un secolo; non secondi, come inquinamento, sono i grandi porti.

Il Pacifico sta ancora ricevendo una bella dose di radioattività dovuta al disastro nucleare di Fukushima che non si è ancora risolto.

Sostanze ignifughe usate per prodotti farmaceutici e per la cura personale, detersivi e connessi, ma anche metalli tossici e micro-plastiche, sono parte del contenuto di mari e oceani.

Purtroppo, pochi sono gli inquinanti riconosciuti e regolamentati e le informazioni su altri prodotti chimici comunemente presenti, sono insufficienti.

Il cambiamento climatico può peggiorare le cose.

Molte specie tendono ad accumulare sostanze chimiche nocive più velocemente nelle acque calde.



Molte tossine delle zone tropicali ormai sono diffuse anche in Europa.

Più di una ricerca condotta su campioni di pesce provenienti da diversi paesi europei dimostra che molte aree, soprattutto intorno alle grandi città e ai porti, siano già molto inquinate.

L’Europa ha un suo progetto per studiare il modo di rimuovere gli inquininanti dall’acqua.

Si studiano alghe, che crescono molto velocemente e raggiungono la lunghezza di due metri e servono anche alla pulizia dell’acqua dai metalli dannosi alla nostra salute (che assorbiamo mangiando pesce inuinato).

I prodotti ittici vanno incontro più di altri alimenti allo sviluppo di microorganismi e quindi possono costituire un veicolo di malattie infettive, parassitosi, intossicazioni.
La presenza di sostanze tossiche può avere diverse origini:
contaminazioni ambientali, in particolare da mercurio;
attività microbica;
produzione endogena di biotossine (pesci velenosi).

Il mercurio è un metallo che si presenta allo stato liquido a temperatura ambiente. In tale stato non è tossico, lo sono i vapori se inalati, i sali inorganici solubili e i derivati organici. Questi ultimi sono quelli che destano maggior preoccupazione, in particolare il metilmercurio. Questo composto può essere prodotto dalle lavorazioni industriali o dalla flora batterica a partire da mercurio metallico.
Il problema del mercurio come inquinante scoppiò negli anni '50 in Giappone, nella Baia di Minamata, dove una grande fetta della popolazione si ammalò di una grave malattia a carico del sistema nervoso a causa dell'ingestione prolungata di pesce contaminato da mercurio, scaricato da una fabbrica che operava nelle vicinanze della baia. Fenomeni simili sono avvenuti anche in altre parti del mondo.
Il mercurio presente nell'acqua viene ingerito dal plancton e risale via via la catena alimentare diventando sempre più concentrato. I pesci che sono al vertice della piramide alimentare arrivano ad avere una concentrazione da 3000 a 27000 volte maggiore di quella dell'acqua nella quale vivono. Nell'uomo avviene un'ulteriore concentrazione e quando il mercurio nel cervello supera certi valori, sopraggiungono i problemi neurologici. È il cosiddetto fenomeno del bioaccumulo.
Il mercurio che ingeriamo proviene in massima parte dal pesce, soprattutto dai predatori di grossa taglia come il tonno, il pesce spada, il palombo, l'anguilla, il luccio, ecc.
Solitamente i pesci più contaminati contengono una quantità di mercurio pari a 0.1-0.3 ppm (parti per milione), ma quelli che vivono in acque molto contaminate (per esempio quelle del Reno in Germania) possono arrivare a 2 ppm.

Dal momento che il problema riguarda il fenomeno dell'accumulo, esso dipende dalla quantità ingerita e dal tasso di inquinamento.



Le sostanze tossiche prodotte da microorganismi sono diverse, molte di queste vengono distrutte con la cottura. In generale basta evitare le situazioni a rischio come l'ingestione di pesce crudo di provenienza non sicura (ricordiamo a tal proposito i casi di colera che frequentemente vengono riscontrati a seguito dell'ingestione di mitili crudi), per scongiurare intossicazioni.

Alcuni pesci commestibili sono velenosi se non trattati opportunamente. Tra quelli che vivono nelle nostre acque, solo la murena e l'anguilla contengono una tossina, che però viene inattivata con la cottura. Tra i pesci esotici, invece, esistono molte verietà velenose: il pesce palla, una vera prelibatezza per i Giapponesi, se non è preparato adeguatamente può risultare fatale per il consumatore. Nel '77, in Italia, ci furono diversi casi di intossicazioni a causa di alcune code di pesce palla erroneamente inserite all'interno di una partita di rane pescatrici decapitate (code di rospo).

Sempre più spesso i banchi del pesce sono invasi da tonno illegale, ovvero spacciato per fresco, al quale viene conferito artificialmente il colore rosso delle carni  - che solitamente denota freschezza – tramite additivi chimici.

Il tonno non fresco invece è contaminato dall’istamina, una sostanza che si forma negli organismi quando cominciano a decomporsi e che può causare seri problemi alla salute. Questa può anche formarsi se il pesce non è pescato legalmente e se viene conservato a temperatura ambiente, senza il rispetto delle severe norme igienico-sanitarie.

Chi assume il tonno contaminato può andare incontro a vomito, diarrea, vertigini, cefalee, arrossamento cutaneo e orticaria. In un soggetto sano questi sintomi sono destinati a sparire dopo poche ore o giorni. Ma i soggetti allergici all’istamina possono rischiare di morire in seguito a uno shock anafilattico. Ci sono anche altri tipi di pesce che possono sviluppare questa sostanza: dallo sgombro, all’aringa, dall’acciuga ma anche in alimenti come formaggi, vini, pomodori, lievito. Inoltre è resistente alle alte temperature, quindi non si debella nemmeno dopo aver cotto il tonno (a meno che non lo si faccia cuocere per un’ora e mezza a temperature superiori ai 100°).



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