lunedì 17 agosto 2015

Il Mare: la più Grande Discarica del Mondo



L'indagine di Goletta Verde e Accademia del Leviatano conferma la gravità del problema dei rifiuti galleggianti nei nostri mari, dove si possono trovare fino a 27 scarti ogni chilometro quadrato di cui quasi il 90% è formato da materie plastiche. Il titolo di mare più inquinato spetta all'Adriatico con 27 rifiuti galleggianti ogni kmq: di questi, il 41% è costituito da buste di plastica. Il Tirreno conta la maggiore percentuale di bottiglie (34%, contro il 29% di buste), mentre lo Ionio vanta il primato positivo, con 7 rifiuti per chilometro quadrato (con il 18% di buste).

Non siamo ancora ai livelli dei garbage patch, ossia delle isole di rifiuti galleggianti negli oceani, ma la plastica rappresenta un grave problema ambientale anche nei nostri mari. Perciò ben venga la decisione dei francesi di vietare i sacchetti in plastica. Ma solo a partire dal 1 gennaio 2016, mentre per la messa al bando delle stoviglie di plastica (piatti, posate, bicchieri) si rimanda al 2020, come specificato dal progetto di legge sulla salvaguardia della biodiversità approvata dall'Assemblée nationale il 10 ottobre scorso.
È una scelta in linea con la posizione italiana (dove il divieto per le borse in plastica non biodegradabile è in vigore dal 2011) e con le direttive del Parlamento europeo, che recentemente ha approvato la prima lettura della direttiva sugli shopper (le borse in plastica), volta a ridurne l'uso dell'80% entro il 2019.

I provvedimenti francese ed europeo avranno ricadute benefiche per la salute dei nostri mari. Oggi, nel complesso del Mediterraneo, l'80% della spazzatura galleggiante di plastica è costituita da polietilene ad alta densità e polipropilene, ovvero buste, bicchieri, bottiglie e involucri.



Sostanze che non si biodegradano, che rimangono inalterate per molto tempo e che, a causa della fotodegradazione, danno nel tempo origine a rifiuti talmente piccoli da essere ingeriti dalla fauna marina. La concentrazione non è ancora ai livelli dell'isola di plastica del Pacifico settentrionale (334.000 frammenti per kmq), ma è comunque preoccupante per un mare chiuso come il Mediterraneo, stimata da Expedition Med, nel 2010, in 115.000 microframmenti per chilometro quadrato.
Per anni la civilissima Europa ha permesso lo scarico in mare di ogni sorta di rifiuto, dalle scorie radioattive ai fanghi tossici delle industrie di ogni tipo. Secondo l'UNEP è proprio il Mediterraneo il mare più inquinato e, il 62% dei rifiuti che lo soffocano, sono costituiti da plastica e da mozziconi di sigarette. Il Mediterraneo è un mare chiuso e il ricambio delle sue acque è molto lento, per cui tutto ciò che entra si accumula su aree limitate.
Ma allargando il contesto non stanno meglio il resto dei mari, sono solo molto più estesi e quindi i rifiuti si distribuiscono su aree molto grandi, ma pur sempre di rifiuti si tratta. Ora sono ben quattro i rubbish dump o rubbish soup, i grandi vortici di plastica da 100 milioni di tonnellate, scoperti per la prima volta da Charles Moore, oceanografo americano fondatore dell' Algalita Marine Research Foundation. Più di un milione di uccelli e centomila mammiferi marini muoiono ogni anno a causa dei rifiuti di plastica e, all'interno dellO stomaco di molti uccelli marini, sono stati trovati siringhe, accendini e spazzolini da denti.
Ma chi getta così tanti rifiuti di plastica in mare?
Nel 1988 l'oceanografo Edward Goldbert (1921–2008), pubblicò una serie di dati riguardanti proprio la plastica e altri rifiuti gettati in mare. All'epoca circa 250 tonnellate all'anno, secondo l'Accademia Americana delle Scienze, arrivavano dalle flottiglie di pesca internazionali, mentre il grosso, ben 5.600.000 tonnellate (non solo plastica ma rifiuti solidi eterogenei), arrivavano dalla flottiglia mercantile, a causa delle cosidette perdite accidentali.

Un carteggio iniziato almeno dal 1992. Tra gli atti desecretati sulle "navi dei veleni" e sull'omicidio dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ci sono anche quelle note dei Servizi Segreti con cui viene segnalato l'interesse delle cosche di 'ndrangheta nello smaltimento illecito di rifiuti tossici e radioattivi. Tra gli atti desecretati a seguito della comunicazione del presidente del consiglio dei ministri, Matteo Renzi, alla presidente della camera, Laura Boldrini, sono del resto ricorrenti le note di ringraziamento indirizzate ai servizi dai magistrati di Reggio Calabria per la "proficua collaborazione". Da quelle di Franco Scuderi, a quelle di Francesco Neri e lo stesso Alberto Cisterna, nella sua audizione del 1997 (anch'essa desecretata) ne parla.



La prima è del 17 novembre 1992, allorquando gli 007 del centro di Reggio Calabria segnalano come i fratelli Cesare e Marcello Cordì, all'epoca latitanti, avrebbero gestito lo smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi provenienti da depositi del Nord e Centro Italia, sotterrandoli lungo i canali scavati per la posa in opera di tubi per metanodotti nel comune di Serrata, in provincia di Reggio Calabria: «i rifiuti – è scritto nella nota dei Servizi – verrebbero sotterrato, grazie alla copertura dei predetti fratelli, lungo canali scavati la posa dei tubi del metanodotto in via di costruzione presso il fiume Mesima e più precisamente nella contrada Vasi» con camion del comitato autotrasportatori CAARM. Agli atti d'archivio, però, vi sono anche le parole messe nero su bianco dagli 007 nell'ambito delle indagini per la cattura del super latitante Giuseppe Morabito, il "Tiradritto" di Africo, paese della Locride. È  il 1994, Morabito verrà arrestato solo dieci anni dopo, ma già in quell'occasione i Servizi segnalano che il latitante, in cambio di una partita di armi, avrebbe concesso l'autorizzazione a far scaricare, nella zona di Africo, un non meglio precisato quantitativo di scorie tossiche e, presumibilmente, anche radioattive, trasportate tramite autotreni dalla Germania: «Gli accertamenti e le indagini tuttora in corso – scriveranno dai Servizi – hanno consentito di acclarare che l'area interessata allo scarico del materiale radioattivo sarebbe compresa nel territorio sito alle spalle di Africo e segnatamente nella zona di Santo Stefano-Pardesca-fiumara La Verde». Affermazioni che verranno fatte sulla base di dati di fatto abbastanza concreti: «In contrada Pardesca è stato riscontrato un tratto di terreno argilloso rimosso di recente, verosimilmente, per l'interramento di materiale di ingombro. Nello stesso tratto è stato rinvenuto, altresì, un bidone metallico di colore rosso adagiato sul terreno». Le notizie verranno comunicate al Ros dei Carabinieri di Reggio Calabria, che nel 2004 arriverà alla cattura del "Tiradritto".

Delle scorie, invece, nessuna traccia.



Ma non finisce qui, perché alle fine del 1994 i Servizi Segreti segnalano l'esistenza di numerose discariche abusive di rifiuti tossico-radioattivi, ubicate nella zona aspromontana e nel vibonese, dove esponenti della cosca Mammoliti avrebbero occultato sostanze pericolose provenienti dall'Est Europa, via mare e via terra. Anche in questo caso, la segnalazione verrà girata al Ros.

Gli atti desecretati a marchio SISMI e SISDE parlano anche di un colloquio informale avvenuto all'inizio del 1995 con il magistrato Francesco Neri, che coordinerà le indagini sulle "navi dei veleni" e, in generale, sugli intrighi di natura ambientale: indagini che avrebbero accertato l'esistenza di un vasto traffico nazionale riguardante lo smaltimento illecito di sostanze tossiche e radioattive attraverso il conferimento in discariche abusive per conto di tre tra le famiglie storiche della 'ndrangheta reggina, i De Stefano, i Tegano e i Piromalli. Le note dei Servizi parlano addirittura di circa settemila fusti sparsi nelle discariche del Nord Italia, a opera delle cosche. Gli 007 arrivano anche a fare una mappatura: «nella provincia di Reggio Calabria, i luoghi dove si trovano le discariche, per la maggior parte grotte, sono: Grotteria, Limina, Gambarie, Canolo, Locri, Montebello Jonico (100 fusti), Motta San Giovanni, Serra San Bruno (Cz), Stilo, Gioiosa Jonica, Fabrizia (Cz)».

Un contesto in cui, oltre a quello di scorie, vi sarebbe stato anche un traffico di uranio rosso. Segreti che vengono riemergono a distanza di vent'anni. Lo stesso non può dirsi delle scorie. E questo nonostante i Servizi Segreti parlassero di "primi incoraggianti riscontri info-operativi". Attivando le proprie fonti, infatti, gli 007 acquisiranno ulteriori dati: «le discariche presenti in Calabria sarebbero parecchie site, oltre che in zone aspromontane, nella cosiddetta zona delle Serre (Serra San Bruno, Mongiana, ecc.) nonché nel vibonese. In quella zona la famiglia Mammoliti, competente per territorio, avrebbe occultato rifiuti tossici-radioattivi lungo gli scavi effettuati per la realizzazione del metanodotto in quell'area». Rifiuti che – stando alle note dei Servizi – sarebbero arrivati dall'Est dell'Europa per mare e per terra: «Il canale via mare prenderebbe il via da porti del Mar Nero, dove le navi interessate oltre che scorie, imbarcherebbero droga, armi e clandestini provenienti dall'India e dintorni; il trasporto gommato proverrebbe da paesi del nord Europa su tir, anch'essi utilizzati per il trasporto di droga e armi».




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