domenica 23 agosto 2015

KILLER DEL MEDITERRANEO



A causa dei mutamenti climatici, e dell’aumento della temperature, stanno migrando verso il Mediterraneo, il primo esemplare della specie dei pesci “Lagocephalus sceleratus”, che solitamente abita le acque dell’Oceano Indiano, è arrivato nel Mediterraneo. Deve il suo nome di pesce “Scellaratus” per i terribili danni che provoca all’uomo, in quanto le sue carni sono altamente velenose. Era stato avvistato nel 2004 in Turchia sulle coste di Antalya. Successivamente, fu avvistato nelle acque dell’ Israele fino ad arrivare nel 2006 nelle acque dell’isola di Creta. Un esemplare di “Lagocephalus sceleratus” della famiglia delle Tetraodontidi,  è stato avvistato anche nelle acque di Dubrovnik, isola di Jakljan, come rende noto il “Croatian Times”, lanciando l’allarme della pericolosità della specie per la salute dell’uomo, in quanto  sembra che il pesce Scellaratus, sia entrato nel Mediterraneo dal canale di Suez, e sta risalendo il mare Adriatico. Il pesce Scellaratus ha una forte somiglianza con lo scorfano, ha il ventre nero e delle striature argentee sul dorso, la sua carne contiene una neurotossina la tetrodoxina, della quale non si conoscono antidoti che agisce sul sistema nervoso, causando anche la morte per blocco respiratorio, in Libano nel 2006 sono stai registrati 2 casi di intossicazione da tetrodoxina, presente nella carne del pesce sceleratus.

Thanatos è una alga filamentosa che ricopre i fondali marini al largo de La Ciotat, in Francia. Sarebbe la responsabile dell’eccessivo riscaldamente del mar Mediterraneo. Per gli esperti la sua crescita soffoca la flora spontanea della zona e uccide la biodiversità. Insomma una vera e propria emergenza esplosa negli ultimi anni nel mar Mediterraneo e che ha visto una crescente diffusione. Sotto accusa il cambiamento climatico sta obbligando anche i pesci ad abbandonare i loro habitat in cerca di acque più fresche in cui poter sopravvivere. Si tratta di uno spostamento relativamente lento ma, senza un intervento a livello mondiale per ridurre le emissioni e contenere il riscaldamento globale, quella dei pesci si trasformerà in una vera e propria corsa verso i poli, che altererà la biodiversità e gli ecosistemi marini. L’allarme arriva da un team di ricercato europei, nordamericani e australiani che fa parte dell’iniziativa Ocean 2015.

Allarme allora per la crescita dell’alga killer. Secondo uno studio, pubblicato sulla rivista Science, mira a fornire informazioni utili in vista della conferenza Onu sul clima di Parigi in programma a fine anno. Gli esperti hanno preso in esame due scenari futuri sul cambiamento climatico: il primo prevede interventi per limitare l’aumento delle temperature a due gradi centigradi nel 2100, come stabilito dall’accordo di Copenaghen; il secondo si basa sul trend attuale di emissioni, che secondo gli scienziati porterà la temperatura atmosferica a impennarsi di 5 gradi entro la fine del secolo. In questo secondo quadro, l’abbandono degli habitat da parte dei pesci sarà del 65% più veloce, causando cambiamenti alla biodiversità e alle funzioni svolte dagli ecosistemi acquatici.



Dunque in considerazione che il Mar Mediterraneo necessita di oltre 70 anni per effettuare un ricambio completa delle proprie acque e che, l’acqua ha un grado di salinità sempre più alto, mettendo poi il fattore riscaldamento delle acque, si può comprendere di quanto potrà cambiare la flora e la fauna dei nostri mari nei prossimi anni. L’emergenza va dunque affrontata con urgenza e severità.

Dal lagocephalus sceleratus, il pesce palla argenteo spiaggiato a Lampedusa alla caulerpa taxifolia, l'alga killer delle vegetazioni marine diffusa soprattutto nel Ragusano, sono almeno un migliaio le specie "aliene" che sono penetrate dal mar Rosso e dall'Oceano Atlantico attraverso il canale di Suez o dallo stretto di Gibilterra fino alle coste della Sicilia. Pesci, molluschi, crostacei, alghe tropicali, meduse e altri gruppi animali che dal loro habitat naturale sono migrati negli ultimi anni nel Mediterraneo, per colpa del riscaldamento dei mari e anche dello sfruttamento dei litorali.
Finora sono state ritrovate novanta specie di pesci alieni provenienti da Suez e cinquanta da Gibilterra e sono quindici le specie del Mar Rosso finora catturati dai pescatori siciliani. C'è il pesce flauto, la " Fistularia commersonii", predatore che si è spostato dalle barriere coralline alle coste siciliane, il pesce coniglio (il nome scientifico è Siganus luridus) che si ciba di alghe ma da cui bisogna stare alla larga perché presenta spine pungenti e velenose. Il Percnon gibbesi, un granchio della famiglia " Plagu-siidae", originariamente diffuso lungo le coste dell'oceano Atlantico, dalla Florida al Brasile e dall'isola di Madera al Golfo di Guinea, adesso popola le scogliere di Pantelleria. Tra le alghe, la Caulerpa Raucemosaè presente ormai in quasi tutti i litorali dell'Isola mentre la Taxifoliache s'incagliava fino ad alcuni anni fa nelle reti delle marinerie Ragusane ed era più diffusa nelle spiagge di Donnalucata e Marina di Modica, a Cefalù e a Torre Salsa nell'Agrigentino, ora sta regredendo. Sono alghe che attecchiscono soprattutto negli ambienti degradati.



Dal canale di Suez sono arrivate in Mediterraneo circa 55 specie che si sono adattate alle nuove condizioni e hanno iniziato a riprodursi.
Il veloce adattamento di queste specie è dovuto principalmente a due motivi: il primo motivo è che in Mar Rosso le specie presenti sono circa 1.500 con una competizione tra di loro molto più alta rispetto alle 600 specie del Mediterraneo; il secondo è il vuoto ambientale che è stato lasciato dalla pesca intensiva dei pesci mediterranei, dall’inquinamento di metalli pesanti e pesticidi, dall’aumento della temperatura, dalla riduzione di prateria di posidonia, tutti fenomeni che creano squilibri su flora e fauna marina. Circa una trentina di specie, invece, arrivano dalle coste dell’Africa occidentale e dell’Atlantico, spesso attratte dai resti di cibo gettati dalle navi.
Plotosus lineatus chiamato pesce gatto del corallo, si è stabilito lungo le coste mediorientali. Le spine delle pinne pettorali e della prima dorsale sono velenose.
Fistularia commersonii chiamato comunemente pesce flauto, il corpo allungato e filiforme lo rende molto simile al pesce trombetta; presente dalla Sicilia alla Sardegna, è stato pescato recentemente anche sulle coste dell’Argentario.
Sargocentron rubrum noto comunemente come pesce scoiattolo rosso, diffuso nel mar Mediterraneo sud orientale tra la Libia orientale e la Turchia meridionale. Non è presente nelle acque italiane.
Leiognathus klunzingeri chiamato pesce pony, si è diffuso nel bacino sud – orientale dove localmente ha costituito dense popolazioni; nelle acque italiane la specie è rinvenibile nelle acque della Sicilia.
Upeneus moluccensis e Upeneus pori, due specie di triglie che si sono diffuse in maniera così aggressiva da soppiantare le nostre triglie autoctone.
Le specie lessepsiane hanno colonizzato molto rapidamente la parte orientale del Mediterraneo a causa della povertà faunistica di questa area, dovute a cambiamenti biogeografici che hanno lasciato libere molte nicchie ecologiche. Solo una piccola parte di specie si è diffusa nella parte occidentale del nostro mare, perchè molto più popolato da specie atlantico-mediterraneo.



Tra le specie tropicali che hanno iniziato a popolare il nostro mare, troviamo anche invertebrati introdotti volontariamente come la vongola gigante delle Filippine (Ruditapes philippinarum), originaria del Pacifico. Fu introdotta per scopi commerciali nel 1983 nella Laguna di Venezia, dove a causa di alti livelli trofici, di un particolare sedimento e del movimento delle acque dovuto alle maree, ha trovato un habitat perfetto e si è riprodotta naturalmente, dando vita ad estese popolazioni.
Anche tra i vegetali troviamo casi di tropicalizzazione, come l’alga Caulerpa taxifolia, chiamata in modo un po’ sensazionalistico “alga assassina”, perchè infestante e pericolosa per le praterie di posidonia, il polmone verde del Mediterraneo. Si suppone che l’alga sia stata introdotta involontariamente nel Mediterraneo sfuggita dalle vasche del Museo Oceanografico di Monaco nel 1984. La velocità di propagazione di questa alga è incredibile e nel giro di una decina di anni da dalle coste di Montecarlo si è diffusa in tutta l’Italia.

Il termine “tropicalizzazione” del Mediterraneo non è da confondersi con “meridionalizzazione”. In questo ultimo caso si intende la tendenza di alcuni organismi che vivono nelle acque più calde delle coste meridionali del Mediterraneo, ad ampliare il proprio areale verso zone più temperate dove precedentemente erano assenti. Il fenomeno della meridionalizzazione è stato spesso attribuito al riscaldamento globale, e effettivamente negli ultimi venti anni si è assistito ad un aumento di organismi di acque calde nelle zone più settentrionali dei mari italiani. Gli scienziati, però, stanno ancora studiando se esista una connessione, poiché molte altre specie amanti delle acque calde e simili come esigenze ambientali alle specie che hanno ampliato l’areale, non hanno manifestato lo stesso comportamento.
Un esempio di specie che si sono spostate verso nord negli ultimi anni è quello della Thalassoma pavo, esempio che è sotto gli occhi di chiunque abbia la consuetudine di indossare maschera e pinne nei mari italiani. Questo, infatti, è il conosciutissimo pesce dal nome comune di donzella pavonina, uno dei pesci più comuni da incontrare a pochi metri di profondità e uno dei più variopinti del nostro mare. Fino a una quindicina di anni fa era diffuso solo nelle acque dell’estremo sud dell’Italia e comune solo a Lampedusa e nelle Isole Pelagie, oggi è possibile incontrarlo frequentemente fino a tutto il Mar Ligure (ma non nel nord Adriatico).
Un altro esempio è quello del pesce pappagallo Sparisoma cretense, l’unico pesce pappagallo del Mediterraneo, piuttosto vistoso per la sua colorazione rosso brillante con macchie verdi e i denti saldati insieme in una sorta di becco, che si trovava fino a qualche anno fa solo nelle acque siculo-calabresi e ormai è piuttosto comune nell’Arcipelago Toscano.



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