venerdì 21 agosto 2015

LA FOSSA DELLE MARIANNE



Un posto scuro, silenzioso ed estremamente pauroso. E sicuramente molto solitario: è così che la maggior parte di noi deve immaginare il fondo della Fossa delle Marianne, la depressione oceanica più profonda della Terra, 11 chilometri sotto la superficie del mare, al largo della costa delle Filippine nel Pacifico occidentale. E, probabilmente, lo scenario che tutti immaginiamo è abbastanza verosimile. Tuttavia, ne sappiamo ancora troppo poco per stabilire con certezza cosa ci sia là sotto. Tra i pochi privilegiati che in questo momento possono vantare di conoscere qualcosa di più, sicuramente c’è il regista James Cameron che a febbraio 2012 si è calato nell’abisso a bordo del sommergibile australiano Deepsea Challenger.

La fossa, che forma un leggero arco lungo circa 2 500 km, si trova in corrispondenza dell'incontro di due placche tettoniche, in una zona di subduzione, dove la placca del Pacifico si insinua sotto la placca delle Filippine.

Il punto più profondo si trova a circa 11 000 metri sotto il livello del mare.

Nei pressi della fossa delle Marianne (così come per tutte le altre fosse sottomarine), sono presenti molti vulcani sottomarini (come ad esempio in Giappone).

I primi rilievi della profondità di questa zona dell'Oceano Pacifico furono effettuati dalla spedizione Challenger, che tra il dicembre 1872 e il maggio 1876 compì quella che è considerata la prima spedizione oceanografica, percorrendo 68 890 miglia circumnavigando il globo. Le misurazioni effettuate dalla corvetta Challenger nella zona scoprirono l'esistenza della depressione, rilevando una profondità massima di 4 475 braccia, equivalenti a 8 184 metri.



Nel 1899 la carboniera statunitense Nero, incaricata di effettuare rilievi idrografici, riportò una profondità massima di 9 636 m (5 269 braccia).

Nel 1951 il vascello Challenger II della Royal Navy esplorò per la prima volta la zona utilizzando un sonar, scoprendo la depressione profonda 10 900 m posta a 11°19'N 142°15'E, in seguito battezzata Challenger Deep. Il rilevamento venne eseguito misurando con un cronometro il ritorno del segnale al ricevitore e, dato che tale misura era effettuata a mano, fu necessario applicare una correzione di circa 40 metri, cosicché la profondità venne rettificata a 10 863 m.

Nel 1957, il vascello sovietico Vitjaz misurò una profondità di 11 034 m. Tuttavia, dato che successive spedizioni dell'epoca non avevano potuto ripetere tale misura, essa non venne considerata accurata. Nel 1962 la M.V. Spencer F. Baird registrò la più grande profondità dell'epoca, pari a 10 915 m.

Nel 1984 il vascello giapponese Takuyo, nave altamente specializzata, misurò con il sonar multi-direzionale di cui era dotato una profondità massima di 10 924 m. Il 24 marzo 1995, undici anni dopo, un'altra sonda nipponica, la Kaiko, ottenne una nuova misurazione record di 10 916 m.

Nel 2009 fu effettuata una misurazione mediante il robot Nereus, che rilevò 10 902 m.

L'ultima misura è stata effettuata il 7 dicembre 2011, mediante mappatura del fondo marino con un sonar scientifico (echosounder) posto su una nave idrografica; secondo gli autori della ricerca, il punto più profondo (Challenger Deep), si trova a 10 994 ± 40 m sotto il livello del mare. Questa misura sarebbe, tra l'altro, compatibile con quella effettuata dal vascello sovietico Vitjaz nel 1957.

In un'immersione senza precedenti, il batiscafo Trieste (di progettazione svizzera e produzione italiana) della U.S. Navy (prima batteva bandiera civile marina italiana) raggiunse la profondità della fossa il 23 gennaio 1960 alle 13:06. Sul batiscafo erano presenti il tenente di vascello Don Walsh e Jacques Piccard. Come zavorra vennero usati pellet di ferro, mentre per favorire il galleggiamento fu usata benzina, più leggera dell'acqua. Il riempimento con benzina aveva anche lo scopo di rendere lo scafo incomprimibile. Gli strumenti di bordo individuarono una profondità di 11 521 m, più tardi rettificati a 10 916 m. Sul fondo della fossa Walsh e Piccard furono sorpresi di trovare delle particolari specie di sogliole o platesse, lunghe circa 30 cm e anche dei gamberetti. Secondo Piccard, «il fondo appariva luminoso e chiaro, un deserto che faceva trapelare diverse forme di diatomee».

Nel 2012 è stata organizzata una nuova immersione con il sommergibile Deepsea Challenger costruito da un'équipe australiana con la collaborazione dello Scripps Institution of Oceanography, del Jet Propulsion Laboratory e della Università di Hawaii.



Fragile e pallido come un fantasma, con pinne ampie come ali, che fendono l'acqua quasi senza muoverla: è questo l'aspetto del pesce più "profondo" mai osservato finora, un liparide (fam. Liparidae), forse di una nuova specie, filmato a 8.145 metri nella Fossa delle Marianne.
I ricercatori dello Schmidt Ocean Institute, da tempo impegnati a scandagliare la depressione oceanica, l'hanno scoperto il 6 dicembre scorso nella loro 14esima e ultima spedizione, mentre esaminavano il filmato di un'esca attorno alla quale nuotano altre numerose creature abissali (come particolari crostacei chiamati anfipodi).
Il pesce, lungo circa 15 cm, agita le ampie pinne ricoperte di sensori gustativi per "assaggiare" l'acqua in cerca di cibo. Simile nell'aspetto a un fazzoletto di carta abbandonato in mare, ha il corpo trasparente che lascia intravedere gli organi interni. Gli scienziati l'hanno filmato 500 metri più in basso del pesce fino ad oggi detentore del record di maggiore profondità, e appena 55 metri più in alto di quello che è normalmente ritenuto il limite invalicabile per la sopravvivenza di un pesce.

Sotto gli 8200 metri, infatti, il corpo delle creature marine è teoricamente incapace di produrre osmoliti, i componenti chimici che aiutano le cellule a sopportare le incredibili pressioni raggiunte a quelle profondità. Purtroppo i biologi non sono riusciti a catturare l'esemplare per studiarne le caratteristiche e attribuirgli un nome scientifico: il pesce è passato a favore di telecamera, per poi nuotare via, disinteressato all'esca.

I liparidi non sono nuovi alle grandi profondità: erano già stati osservati nuotare tra i 6.500 e i 7.500 metri nella Fossa di Kermadec, vicino alla Nuova Zelanda, e nella Fossa del Giappone.

A quanto pare, c’è ancora un’altra creatura di dimensioni superiori alla norma sul fondo della fossa. Nascosti dietro pile di sabbia instabili e irregolari ci sono dei protisti filamentosi giganti, detti foraminiferi. Si tratta di esseri viventi simili ad amebe, dotati di tentacoli lunghi e ramificati con cui afferrano il cibo. Spesso sono provvisti di gusci di carbonati di calcio di grande complessità e bellezza: per resistere alla pressione degli abissi, mille volte superiore a quella superficiale, i gusci sono morbidi e flessibili. Non è ancora ben chiaro se si tratti di creature unicellulari nel senso stretto del termine.



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