lunedì 17 agosto 2015

I PIRATI



I pirati abbandonando per scelta o per costrizione la precedente vita sui mercantili, abbordano, depredano o affondano le altre navi in alto mare, nei porti, sui fiumi e nelle insenature.

Il sostantivo deriva dal latino ‘pirata, piratae’, che a sua volta deriva dal greco "πειρατής" (peiratès), dal verbo "πειράομαι" (peiráomai) che significa “fare un tentativo, provare un assalto”.

Le aree considerate ad alto rischio perché interessate dalla presenza di pirati sono cambiate nel corso della storia. Tra queste, il Mare Caraibico, la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso, il Golfo Persico, la costa indiana di Malabar e tutta l'area tra le Filippine, Malesia e Indonesia, dove spadroneggiavano i pirati filippini.

Il Mar Cinese Meridionale ospitava all'inizio del XIX secolo la più numerosa comunità di pirati, si stima circa 40.000, nonché la più temuta per le atrocità di cui si rendevano responsabili.

Il fenomeno della pirateria è antichissimo. Vi sono esempi di pirati nel mondo antico con gli Shardana o classico tra i Greci e i Romani, quando ad esempio gli Etruschi erano conosciuti con l'epiteto greco Thyrrenoi, (da cui poi deriva Mar Tirreno) e avevano la fama di pirati efferati; all’inizio del primo secolo a.C. il giovane Gaio Giulio Cesare fu preso prigioniero da pirati che veleggiavano nelle acque intorno all’isola di Rodi, con grandi flotte di navi enormi, secondo un famoso aneddoto riferito da autori come Svetonio (nelle Vite dei Cesari, libro I) e Plutarco (nelle Vite parallele). Gneo Pompeo Magno condusse una vera e propria guerra contro i pirati, con il sostegno del Senato romano.I pirati erano, quasi sempre, giustiziati pubblicamente.

Man mano che le città-stato della Grecia crebbero in potenza, attrezzarono delle navi scorta per difendersi dalle azioni di pirateria.

Il Mar Mediterraneo vide sorgere e consolidarsi alcune fra le più antiche civiltà del mondo ma, nello stesso tempo, le sue acque erano percorse anche da predoni del mare. L'Egeo, un golfo orientale del Mediterraneo e culla della civiltà greca, era un luogo ideale per i pirati, che si nascondevano con facilità tra le migliaia di isole e insenature, dalle quali potevano avvistare e depredare le navi mercantili di passaggio. Le azioni di pirateria erano inoltre rese meno difficoltose dal fatto che le navi mercantili navigavano vicino alla costa e non si avventuravano mai in mare aperto. L'attesa dei pirati, su una rotta battuta da navi cariche di mercanzie, era sempre ricompensata da un bottino favoloso. I pirati attaccavano spesso anche i villaggi e ne catturavano gli abitanti per chiedere un riscatto o per rivenderli come schiavi.

I pirati più conosciuti nel Medioevo furono i Vichinghi, che dalla Scandinavia attaccarono e depredarono principalmente tra l’ VIII e il XII secolo. Saccheggiarono le coste e gli entroterra di tutta l’Europa occidentale e successivamente le coste del Nord Africa e dell’Italia. La mancanza di poteri centralizzati in tutta Europa nel Medioevo favorì la pirateria in tutto il continente.

I Vichinghi navigatori esperti, i guerrieri norreni originari della Scandinavia e della Danimarca pianificavano i loro attacchi in anticipo e di solito riuscivano a sorprendere le loro prede grazie alla velocità e alla mobilità, elementi chiave delle incursioni norvegesi che le rendeva difficili da prevenire.

I pirati norvegesi si svilupparono nei primi anni dell'epoca vichinga. Dopo un primo periodo di nomadismo, stabilirono basi stabili sulle coste, insediandosi con le loro famiglie in posti come Jorvik (York), Islanda, Novgorod (Russia) e Normandia. La pirateria mise le basi per l'esplorazione finché la civiltà norvegese raggiunse il Nord America. Famosi per la loro abilità di navigatori e per le lunghe barche, i vichinghi in pochi secoli colonizzarono le coste e i fiumi di gran parte d'Europa, le isole Shetland, Orcadi, Fær Øer, l'Islanda, la Groenlandia e Terranova; si spinsero a sud fino alle coste del Nordafrica e a est fino alla Russia e a Costantinopoli, sia per commerciare sia per compiere saccheggi.

Il loro declino avvenne in coincidenza con la diffusione del Cristianesimo in Scandinavia; a causa della crescita di un forte potere centralizzato e al rinforzarsi delle difese nelle zone costiere dove erano soliti compiere saccheggi, le spedizioni predatorie divennero sempre più rischiose, cessando completamente nell'XI secolo, con l'ascesa di re e grandi famiglie nobili e di un sistema semi feudale.



I vichinghi, nell'immaginario moderno, sono associati a falsi miti, tra i quali che fossero molto alti (secondo studi moderni erano solo di media statura), che indossassero elmi con le corna (assai scomodi in battaglia), che vivessero solo per depredare (erano al contrario abili commercianti), usassero i teschi come tazze e fossero selvaggi e sporchi. Il cuore della società vichinga era in realtà basato sulla reciprocità, sia a livello personale e sociale sia a livello politico. Riguardo all'igiene, erano in realtà considerati "eccessivamente puliti" dalle popolazioni britanniche per la loro abitudine di fare almeno un bagno a settimana e usavano pettini e sapone. Ciò non toglie che effettivamente i Vichinghi terrorizzavano chiunque fosse da loro assalito; spesso trucidavano la popolazione locale, depredando tutti i beni e il bestiame, schiavizzavano i bambini e le donne, talvolta arrivando a commettere infanticidio, secondo le loro usanze belliche.

Verso la fine del IX secolo, i Mori si erano instaurati lungo le coste della Francia meridionale e l’Italia settentrionale. Nel 846 i Mori saccheggiarono Roma e danneggiarono il Vaticano. Nel 911, il Vescovo di Narbona fu impossibilitato al ritorno in Francia per via del controllo che i Mori esercitavano su tutti i passi delle Alpi. Dall’824 al 916 i pirati Arabi raziarono per l’intero Mediterraneo. Nel XIV° secolo gli assalti dei pirati Mori e Arabi costrinsero il Ducato Veneziano di Creta a chiedere al Gran Duca di tenere costantemente in allerta la sua flotta navale.

Dopo le invasioni compiute dagli Slavi. della ex provincia romana della Dalmazia nel V e VI secolo, una tribù chiamata Narentani prese comando, a partire dal VII secolo, sul mare Adriatico. Le loro incursioni aumentarono al punto che viaggiare e commerciare attraverso l’Adriatico non era più sicuro.

I Narentani furono liberi di attaccare e saccheggiare nel periodo in cui la Marina Veneziana era impegnata in campagne militari fuori dai propri mari, ma al momento del suo ritorno nell’Adriatico, i Narentani abbandonarono i loro assalti, e furono costretti a firmare un trattato con i Veneziani ed a riconoscere il Cristianesimo. Negli anni 834-835, rotto il trattato precedentemente stipulato, attaccarono nuovamente ai danni di commercianti Veneziani di ritorno da Benevento. Seguirono quindi, negli anni 839 e 840, dei tentativi di punirli da parte dei militari Veneziani che andarono completamente falliti.

Successivamente gli attacchi ai danni dei Veneziani si fecero più frequenti e videro anche la partecipazione degli Arabi. Nell’anno 846, i Narentani saccheggiarono la laguna di Caorle passando alle porte di Venezia. I Narentani rapirono degli emissari del vescovo di Roma, che facevano ritorno dal Consiglio Ecclesiastico di Costantinopoli. Questo causò delle azioni militari da parte dei Bizantini che riuscirono a sconfiggerli e convertirli al Cristianesimo.Dopo le incursioni da parte degli Arabi, sulla costa adriatica nell’ 872 e il ritiro della Marina Imperiale, i Narentani continuato le loro scorrerie nelle acque Veneziane, provocando nuovi conflitti con gli italiani nell’ 887-888.

I Veneziani inutilmente continuarono a combattere contro di loro nel corso dei secoli X e XI.

Il programma di espansione dell'Aragona era incentrato prevalentemente sulle attività marinare di pirateria e di corsa. Molte furono le lamentele da parte di diverse regioni vicine e lontane, attestando così l'efficacia di tali attività.

Nel 1314 due ambasciatori marsigliesi accusarono i pirati Catalani di aver venduto alcuni commercianti e marinai provenzali, dopo averli di beni ed imbarcazioni. Attorno al 1360, sempre da parte dei marsigliesi, si ha notizia dell'invio alla Regina Giovanna di Napoli di ambasciatori per la richiesta di risarcimento di danni conseguenti a razzie catalene, che ammontavano a ben 40.000 fiorini d'oro. I Re Aragonesi non sempre mantenevano un atteggiamento chiaro nei confronti degli alleati, ai quali da un lato promettevano amicizia, mentre permettevano che i propri sudditi si volgessero contro di loro per saccheggi e attacchi ai mercantili. il controllo sul movimento dei porti aragonesi era rigido e veniva precisato da speciali norme che stabilivano le regole e le precauzioni secondo le quali si doveva navigare. L'editto reale del 1354 prevedeva infatti che nessuna imbarcazione potesse salpare dalla spiaggia di Barcellona o da altri porti del Regno, senza una licenza o un lasciapassare e che soltanto le navi armate potessero trasportare merci pregiate.

Una organizzazione così minuziosa dell'attività mercantile sottolinea la volontà di programmare anche il commercio in funzione dei problemi dell'offesa e della difesa e quindi della pirateria e della guerra di corsa.

Fu il Re Enrico III D'Inghilterra (1216-1272) ad emettere le prime lettere di marca conosciute.

Ve ne erano di 2 differenti tipi: in tempo di guerra il re emetteva lettere di corsa che autorizzavano i corsari ad attaccare le navi nemiche, ed in periodo di pace i mercanti che avevano perso le navi od il carico per colpa di pirati potevano richiedere una lettera di marca speciale che permetteva loro di attaccare navi appartenenti allo Stato d'origine del pirata, per recuperare le perdite.

La gravità di questo fenomeno è testimoniata da provvedimenti cruenti ed esemplari come per esempio quello preso dal Re Enrico III nei confronti di un pirata di nome William Maurice, condannato per pirateria nel 1241 e conosciuto come la prima persona ad essere stata impiccata e squartata a fronte di una condanna per atti di pirateria.

L'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, detti anche Cavalieri del Santo Sepolcro, fu fondato nell'XI secolo durante le Crociate con l'intento di difendere Gerusalemme, in mano ai Cristiani, dagli attacchi delle forze dell'Islam (tra i cui attacchi vi era anche la "Corsa barbaresca" alle coste corrispondenti all'attuale area di Israele); Esiste una miniatura che mostra i crociati che caricano le navi per il viaggio in Terra Santa. I Cavalieri costruirono anche ospedali dove ricoverare i crociati feriti.

Nel Mar Mediterraneo operò quella che divenne la pirateria barbaresca, ossia ad opera dei corsari barbareschi, provenienti delle regioni "barbaresche" (cioè a maggioranza berbera che si affacciano sul Mediterraneo), che cominciarono ad operare dal XIV secolo.

Le scorrerie degli arabi nel Mediterraneo iniziarono con l'occupazione del cantiere navale di Alessandria d'Egitto (642) e la successiva costruzione del cantiere navale di Qayrawan, presso Tunisi (690 circa).

Gli Stati barbareschi (Algeri, Tripoli e Tunisi) erano città-Stato musulmane situate sulle coste del Mediterraneo, la cui principale attività era rappresentata dalla guerra marittima di corsa, soprattutto ai tempi delle crociate, guerre religiose che videro scontrarsi, a partire dalla fine dell'XI secolo, cristiani e musulmani.

Fino a circa il 1440, il commercio marittimo sia nel Mare del Nord e nel Mar Baltico era seriamente in pericolo di attacco da parte dei pirati.

I musulmani continuarono anche nel Rinascimento a depredare navi, e finirono progressivamente di operare solo nel XIX secolo, partendo comunque sempre e solo dalle coste marocchine, algerine, tunisine o libiche, ma senza essere pirati; ciò è dimostrato dal fatto che i corsari barbareschi non aggredivano navigli musulmani ma rapinavano esclusivamente imbarcazioni cristiane.

Tuttavia la pirateria moderna inizia realmente solo nel XVII secolo nel Mare Caraibico ed in meno di mezzo secolo si estende in tutti i continenti; il Mar delle Antille rimane ad ogni modo il centro della pirateria, sia perché là i pirati riescono a godere di una serie di appoggi e favori sulla terraferma, sia perché le numerose isole presenti sono ricche di cibo e i fondali bassi impediscono inseguimenti da parte delle già lente navi da guerra. Tra le cause dello sviluppo della moderna pirateria vi fu l'azione della Francia e dell'Inghilterra che, per contrastare la Spagna nel Mare dei Caraibi, finanziarono vascelli corsari che saccheggiassero i mercantili spagnoli. Successivamente, sia per il venir meno dell'appoggio anglo-francese, sia per una acquisita abitudine allo stile di vita libero ed indipendente, molti corsari divennero pirati.

Nel 1717 e 1718 Re Giorgio I di Gran Bretagna offrì il perdono ai pirati nella speranza di indurli ad abbandonare la pirateria, ma il provvedimento si dimostrò di nessuna efficacia. Per rendere i mari più sicuri si organizzò allora una sistematica "caccia ai pirati" da parte di navi corsare, specificamente autorizzate dai governi per combattere i pirati. Infatti, sebbene nel momento della massima espansione, attorno al 1720, i pirati dell'Atlantico non superassero il numero di 4 000, essi furono in grado di porre una pesante minaccia sullo sviluppo capitalistico dei commerci tra Inghilterra e colonie. Ciò fu reso possibile, oltre che dalla oggettiva difficoltà di opporsi alla pirateria, da alcune cause più generali. Con il trattato di Utrecht, la fine della guerra di successione spagnola ed il nuovo equilibrio tra potenze che si venne a creare a partire dal 1714, le marinerie militari di Francia, Spagna e Inghilterra furono molto ridotte e da quel momento fino al 1730 circa vi fu anche una certa diminuzione dei commerci internazionali. La disoccupazione che colpì i marinai, la drastica diminuzione dei salari che ad essa si accompagnò, ed il contemporaneo peggioramento delle condizioni di vita a bordo dei vascelli, spinse un gran numero di marinai verso la pirateria che prometteva loro guadagni più facili e condizioni di vita più umane.

La pirateria è un fenomeno presente anche nel mondo contemporaneo. I pirati d'oggi hanno armi sofisticate, ma usano le stesse tecniche di abbordaggio. Attaccano navi mercantili disarmate e inoffensive; in alcuni casi uccidono i marinai e s'impossessano del carico, altre volte prendono in ostaggio l'equipaggio e chiedono un riscatto. Si calcola che le perdite annue ammontino tuttora a una cifra compresa tra 13 e 16 miliardi di dollari, in particolare a causa degli abbordaggi nelle acque degli Oceani Pacifico e Indiano e negli stretti di Malacca e di Singapore, dove transitano annualmente più di 50 000 carghi commerciali. I più pericolosi sono gli indonesiani, che nel 2000 si sono meritati il nome di "feroci pirati" per aver depredato 86 mercanti.

Mentre il problema si presenta saltuariamente anche sulle coste del Mediterraneo e del Sud America, la pirateria nei Caraibi e in America del Nord è stata debellata dalla Guardia costiera degli Stati Uniti. La pirateria si annida nel Golfo di Aden e Corno d'Africa.

Diversi sono i termini con i quali sono indicati i pirati nel corso del tempo. Tra questi, bucanieri, derivato da Boucan, e filibustieri, derivato dal francese flibustier (in inglese freebooter). Benché spesso accomunati ai pirati, i corsari erano invece combattenti al servizio di un governo che, in cambio di un'autorizzazione a rapinare navi mercantili nemiche (lettera di corsa, da qui corsari), incameravano parte del bottino.

La differenza più evidente fra pirati e corsari era che questi ultimi, se catturati, soggiacevano alle norme previste dal diritto bellico marittimo, venendo imprigionati, al pari di un qualsiasi prigioniero di guerra, mentre i pirati catturati erano sommariamente giustiziati, in genere per impiccagione alla varea (estremità, parte terminale) del pennone di un fuso maggiore, al fine di fornire una tangibile prova della potenza della giustizia umana e fungere al contempo da salutare ammonimento per chi fosse tentato d'intraprendere una simile attività.

Stando al libro sui pirati del capitano Charles Johnson, la vita a bordo di una nave pirata era piena di contrasti. Sulle navi non mancava il lavoro per l'equipaggio impegnato in una costante manutenzione della nave. Le regole che l'equipaggio doveva rispettare erano poche ma molto dure.

Tra queste:

Ognuno ha il diritto di voto, a provviste fresche e alla razione di liquore
Nessuno deve giocare a carte o a dadi per denaro
Le candele devono essere spente alle otto
Tenere sempre le proprie armi pronte e pulite
Ognuno deve lavare la propria biancheria
Donne e fanciulle non possono salire a bordo
Chi diserta in battaglia viene punito con la morte o con l'abbandono in mare aperto.
I pirati prendevano le loro decisioni in maniera collettiva. Non esisteva un leader assoluto; il comandante veniva eletto da tutta la ciurma riunita (dall'ultimo mozzo al timoniere) per effettuare le scelte relative alla conduzione della nave. Il bottino veniva diviso in quote uguali assegnando in certi casi due quote al comandante e una e mezzo al capitano.

Ogni comandante aveva un proprio regolamento che modificava in alcuni punti quello base. I pirati, commettendo attività illecite, si riunivano in basi. La base dei pirati più famosa fu un'isola a forma di tartaruga detta appunto la Tortuga, che si trova nei pressi dell'isola di Hispaniola.

Le prime navi dei pirati furono le galere. Una galera è una grande barca a remi fornita di vele. Quando il vento era a favore, le vele venivano sfruttate per accelerare la navigazione. I pirati avevano galere molto grandi, tanto che erano necessari un centinaio di rematori per muoversi. Quelle navi imbarcavano anche soldati e proprio per questo raramente navi del genere partivano per lunghi viaggi oceanici. C'erano così tanti uomini a bordo che non restava posto per le provviste!



Durante il periodo d'oro della pirateria, la maggior parte delle navi pirata erano velieri, che utilizzavano il vento come forza motrice per i loro lunghi viaggi in cerca di tesori. Tutti i velieri erano abbastanza simili fra loro. Erano di legno e avevano grandi vele di tessuto pesante e resistente. Le vele erano appese a travi trasversali chiamate "pennoni" che a loro volta erano fissati ad alti pali chiamati "alberi". I velieri dei pirati avevano spazi appositi per conservare le provviste e custodire il tesoro. Molti erano armati di cannoni e altre armi da fuoco più piccole per attaccare le navi di passaggio.

Lo Sloop è una delle imbarcazioni preferite dai pirati. Era una piccola barca con un solo albero. Gli sloop dei pirati non potevano trasportare tanti cannoni e uomini come le navi più grandi, ma in battaglia si muovevano molto velocemente. Per i pirati la velocità era fondamentale. Le loro imbarcazioni dovevano cogliere di sorpresa le navi che intendevano attaccare e dovevano anche essere svelte per sfuggire alle navi che volevano attaccare loro!

Il brigantino è uno snello veliero, maneggevole e di dimensioni contenute, dotato di due o tre alberi, con una stazza lorda che va dalle 100 alle 300 tonnellate. Il termine è di origine italiana (derivato da brigante, nella sua espressione originaria di componente una brigata, cioè gruppo di più persone da cui il termine). I "brigantini a palo" avevano tre o più alberi. Erano più lenti delle imbarcazioni più piccole, ma alcuni pirati li preferivano perchè potevano trasportare più cannoni e un bottino più consistente.

La Goletta è un'imbarcazione veloce ma con buon stivaggio, eccelle nelle andature contro vento e venne utilizzata anche nella guerra di corsa. Si tratta di un'imbarcazione a vela fornita di due alberi leggermente inclinati verso poppa ed armati con vele auriche; presenta il bompresso, ossia l'albero inclinato protendente dalla prua dell'imbarcazione. Viene chiamata "goletta a palo" la variante che presenti un terzo albero, collocato a prua e fornito di vele quadre, chiamato albero di trinchetto.

Nessuno potrà mai certificare quante navi pirata siano affondate con i loro ricchissimi carichi o quanti tesori siano stati sotterrati per i tempi futuri e mai più recuperati. Certamente la prima ipotesi é più probabile della seconda visto che i pirati molto difficilmente abbandonavano le proprie navi ma piuttosto affondavano con esse e le ricchezze stivate. Le leggende sui tesori nascosti alla Tortuga o in altre isole Caraibiche si sono tramandate per secoli, mentre i riscontri concreti sono stati veramente pochi. A regolari intervalli vengono ritrovate antiche mappe o presunte tali e documenti che danno nuovi stimoli ed incentivi ai “Cacciatori di tesori”.

Alcuni nomi e località leggendarie sono il tesoro di Cocos Island in Costarica, l’isola che ha ispirato il celeberrimo romanzo di Stevenson “L’isola del tesoro” dove si favoleggia che diversi famosi pirati abbiano seppellito le loro ricchezze; Il tesoro del pirata Jean Lafitte, di William Kidd, del pirata Francesco Nau detto l’Olonese.

Cocos Island è il rifugio di corsari e pirati durante il XVII E XVIII secolo nell’oceano Pacifico al largo del Costarica; Jacques Cousteau che di mari certamente se ne intendeva la definì l’isola più bella del mondo, per molto tempo ignorata dalle carte nautiche. Abbastanza lontana dal continente, ricca di acqua dolce, cascate, anfratti, caverne, ideale per nascondervi forzieri. Si narra che addirittura Morgan vi seppellì il bottino del saccheggio di Panama del 1671. Altre leggende parlano di William Davies nel 1684, Bennet Graham, Lionel Wafer o di Benito "Espada Sangrienta" Bonito nel 1819. Ma c’é di più: si favoleggia che sia qui anche il mitico “Tesoro di Lima”, tonnellate d’oro rubato dalle cupole delle chiese Sudamericane. L’oro navigava sulla “Mary Dear”e nel 1821 scomparve senza lasciare tracce.

Nel 1998 un satellite della NASA rilevò presenze d’oro sull’isola,due tracce sulla terraferma ed una in mare, tanto che anche il governo del Costarica ha promosso ricerche. Si calcola che non meno di 5.000 spedizioni siano state organizzate nel corso dei secoli, alcune artigianali,altre molto professionali ma aldilà di qualche moneta,gioiello e doblone nessuno ha mai messo le mani sul “Grande Tesoro”nonostante gli studi delle antiche mappe e le incisioni trovate sulle rocce dell’isola.



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