sabato 22 agosto 2015

LE SPADARE




Le spadare sono un tipo di rete pelagica derivante utilizzata per la pesca al pesce spada il cui uso, dichiarato illegale in gran parte dei paesi, è tutt'oggi frequente nel mar Mediterraneo, e causa la morte di altre specie marine in pericolo, quali le tartarughe marine ed i cetacei.

Sono state vietate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dall'Unione europea.

Si tratta di reti che vanno alla deriva in alto mare, spesso in acque internazionali e non catturano solo il pesce spada, come suggerirebbe il nome, ma spaziano dalla sardina alla balena. La rete alla deriva, infatti, non è tesa e fatalmente intrappola tutto quel che si sposta nelle sue vicinanze: gli animali, nuotando nei pressi, generano correnti che "attirano" la rete. Per questo motivo le spadare sono state chiamate "muri della morte".

Le reti pelagiche derivanti sono l'unico attrezzo da pesca vietato da una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA Res. n. 44/255 e n. 46/215) e, dopo una dura battaglia degli ambientalisti, anche dall'Unione europea (Reg. CE/1239/1998). Dopo il bando dell'Ue, sono state spesi milioni di euro come indennizzo a chi faceva una pesca comunque illegale, ma dopo un'iniziale diminuzione delle attività c'è stata una nuova espansione dei muri della morte. Nel 2004 Greenpeace ha documentato la ripresa di questa pesca illegale in un rapporto, denunciando ripetutamente nel 2006, nel 2008 e nel 2009 casi di pesca pirata.



Le ragioni di questa ripresa sono molteplici. Ad esempio, contrariamente a quanto suggerito da Greenpeace, i soldi della riconversione sono stati erogati "a pioggia" e non per riacquistare le reti dai pescatori: le reti sono, infatti, rimaste in circolazione e alcuni pescatori che hanno ricevuto indennizzi continuano comunque a pescare con le spadare.

Dal 2015 saranno messe definitivamente  al  bando le spadare e la Commissione europea,  vorrebbe anche chiedere il divieto di tenerle a bordo.

I capodogli muoiono per sfinimento dopo ore di agonia. I delfini non riescono più a riemergere e soffocano. Si stima che nel solo Mediterraneo queste reti siano arrivate ad uccidere 10 mila cetacei ogni anno. In altri mari rappresentano la prima causa di morte dei cetacei.

Secondo il regolamento “il pesce spada si può pescare solo con l’amo o l’arpione“; quella con l’arpione è la pesca tradizionale del pesce spada nello stretto di Messina. Non crea alcun danno alla popolazione dei pesci spada o alle altre perché è selettiva, è di sicuro una lotta crudele, ma è alla pari e la morte del pesce è immediata.

Oltre tutto il pesce spada è catalogato come specie in pericolo, e quando un predatore sparisce si interrompe la catena alimentare e si altera tutto il sistema.

E’ però illusorio voler credere che la pesca al pesce spada sia questa, non può che fornire un numero limitato di ristoranti e risulta difficile credere che chi pesca illegalmente si faccia tanti scrupoli e non le utilizzi le famigerate reti.
La commissaria europea alla pesca Maria Damanaki non nasconde che “il caso dell’Italia – nonostante i molti progressi fatti – sia complesso e difficile”. E’ però fiduciosa di poter contare sul sostegno del governo italiano e della futura presidenza Ue italiana per aiutarla ad attuare la nuova normativa. Greenpeace accoglie con soddisfazione la proposta della Commissione europea, presentata oggi, per la definitiva messa al bando di tutte le reti da pesca derivanti.



L’Italia è poi entrata nella lista nera che il Noaa del Dipartimento di Stato Usa produce ogni due anni: è la lista dei Paesi i cui pescherecci sono “scoperti” a fare pesca pirata (c.d. pesca IUU). Da quella lista, l’Italia non è mai uscita. Greenpeace spera che l’occasione di un bando totale delle derivanti possa servire a cancellare questa vergogna.

Anche il Wwf accoglie ”con grande favore” la misura attesa da anni di Regolamento per la messa al bando di tutte le reti derivanti a partire dal 1 gennaio 2015. ”Questo ridurrà – sottolinea Marco Costantini, responsabile del programma mare del WWF Italia – drasticamente la mortalità per cattura accessoria ed accidentale di tartarughe e cetacei”.


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