Fu sempre usato inizialmente come aggettivo e si riferiva a luoghi che erano interamente circondati da terre, lontani quindi dal mare. Solamente in epoca più tarda l'aggettivo fu accostato al mare per antonomasia: il Mar Mediterraneo vide fiorire sulle proprie sponde le civiltà che stanno alla base della cultura occidentale e proprio per questa sua particolare configurazione di “mare fra le terre”, il Mediterraneo, al contrario d'altre distese acquatiche del globo, ha sempre rappresentato un elemento geografico di contatto tra le nature e i popoli che vi si affacciano.
Il mar Mediterraneo attraverso la storia dell'umanità è stato conosciuto con diversi nomi.
Gli antichi Romani lo chiamavano, ad esempio, "Mare Nostrum", ossia il nostro mare (e in effetti la conquista romana toccò tutte le nazioni affacciate sul Mediterraneo).In turco il Mediterraneo è detto Akdeniz, "Mare Bianco", e anche in arabo la sua denominazione è al-Baħr al-Abyad al-Mutawassit البحر الأبيض المتوسط, "Mar Bianco di Mezzo".
Nelle altre lingue del mondo, solitamente si ha vuoi un prestito dal latino o da lingue neolatine (es. inglese Mediterranean Sea),vuoi, più spesso, un calco dal senso di "mare medio, in mezzo (alle terre)" (es. tedesco Mittelmeer, ebraico Hayam Hatikhon (הַיָּם הַתִּיכוֹן), "il mare di mezzo", berbero ilel Agrakal, "mare tra-terre").
La sua superficie approssimativa è di 2,51 milioni di km² e ha uno sviluppo massimo lungo i paralleli di circa 3 700 km. La lunghezza totale delle sue coste è di 46 000 km, la profondità media si aggira sui 1 500 m, mentre quella massima è di 5 270 m presso le coste del Peloponneso. La salinità media si aggira dal 36,2 al 39 ‰. La popolazione presente negli stati bagnati dalle sue acque ammonta a circa 450 milioni di persone. Secondo la storiografia è tradizionalmente considerato, assieme al Vicino Oriente e al Medio Oriente, la culla della civiltà occidentale a partire dal mondo antico. Ivi sfocia il fiume più lungo del mondo.
Il Mediterraneo è collegato a ovest all'oceano Atlantico, attraverso lo stretto di Gibilterra. A est attraverso il mar di Marmara, tramite i Dardanelli e il Bosforo, è collegato al Mar Nero. Il mar di Marmara è spesso considerato parte del Mediterraneo, mentre il Mar Nero viene generalmente considerato un mare distinto. Il canale di Suez a sud-est collega il Mediterraneo al Mar Rosso.
Le maree sono molto limitate anche a causa dello scarso collegamento con l'oceano, che limita la massa d'acqua complessiva investita dal fenomeno.
Le temperature del Mediterraneo hanno estremi compresi fra i 10 °C e i 32 °C. In genere si oscilla fra i 12 °C – 18 °C nei mesi invernali fino ai 23 °C – 30 °C nei mesi estivi, a seconda delle zone.
All'azione del mar Mediterraneo come serbatoio termico è in buona parte dovuto il clima mediterraneo, generalmente caratterizzato da inverni umidi ed estati calde e secche. Coltivazioni caratteristiche della regione sono: olivo, vite, agrumi, e quercia da sughero.
Il Mar Mediterraneo è considerato il prototipo di altri mari che hanno caratteristiche analoghe, ossia quella di essere circondati da più continenti o subcontinenti, anch'essi detti mediterranei: il Mediterraneo Australasiatico, il Mar Glaciale Artico, il Mediterraneo Americano.
Circa cinque milioni di anni fa, il Mar Mediterraneo era una vallata profonda e secca che divideva tre continenti: Europa, Africa e Asia, fino a quando un cataclisma fece una breccia nel muro di contenimento dell’oceano Atlantico ad ovest, verso l’odierna Gibilterra. In un processo durato molti, molti anni, una gigantesca cascata di acqua ha incominciato ad inondare l’intero bacino mediterraneo, facendo nascere un nuovo mare.
Analizzando più attentamente la configurazione di questo nuovo mare troviamo che è formato piuttosto da un insieme di mari: il mar Alboran, Golfo di Lione, il Tirreno, lo Ionio, il mar Egeo, l’Adriatico, ognuno con caratteristiche proprie. Nell’insieme il Mediterraneo è un mare profondo: dai 3000 ai 4000 metri. Questa profondità permette ad alcune specie di balene di viverci, come anche il pesce spada, il tonno e il delfino, quest’ultimo spesso incontrato dalle moderne barche da diporto durante le crociere.
Il Mediterraneo è un mare piuttosto chiuso. Vi è un piccolo scambio delle acque con l’Atlantico sullo stretto di Gibilterra e con il mar Nero sullo stretto del Bosforo ad Istanbul. All’estremo est, il canale di Suez, sebbene navigabile, è soltanto una comunicazione artificiale con il mar Rosso. Le coste africane ed asiatiche sono aride e piatte, mentre le coste europee, anche se non soggette a piogge pesanti, sono verdi e montagnose, con un clima più temperato.
Il continente africano da sempre si spinge lentamente verso il continente europeo e questo ha causato l’innalzamento delle Alpi. La conseguente frattura nella crosta terrestre ha formato i vulcani: Etna, Stromboli e Vesuvio in Italia e Santorino in Grecia. Questo movimento verso il continente europeo è anche la causa della attività sismica in questa area.
In generale, il clima è tiepido e temperato: per l’appunto definito “mediterraneo”. Il clima è influenzato dall’aria calda e secca proveniente dal Sahara durante l’estate creando temperature ideali per le vacanze, e dall’aria più umida e fredda dall’Atlantico durante l’inverno. In effetti, questo clima si è dimostrato assai favorevole allo sviluppo della civiltà umana.
L’uomo è arrivato piuttosto tardi sulla scena del Mediterraneo. Vi sono tracce dell’uomo di Neanderthal nelle caverne del Circeo a sud di Roma, nella costa ligure, a Gibilterra, in Francia ed in alcune altre aree. L’arrivo del nostro più diretto antenato, “Homo Sapiens”, si può datare intorno a 100.000 anni fa. Vista la sua attitudine alla guerra, si può legittimamente ipotizzare che l’Homo Sapiens Sapiens ha avuto un ruolo nel processo di estinzione dell’uomo di Neanderthal circa 30.000 anni fa.
Ogni ricorrente era glaciale ha prodotto drastici abbassamenti nei livelli del mare, mentre la stessa quantità d’acqua veniva depositata, sotto forma di alti strati di ghiaccio, nelle regioni polari. Questo ha permesso all’uomo primitivo di spostarsi e di popolare molte terre, comprese quelle che in seguito sarebbero diventate isole, una volta che il clima si fosse riscaldato, innalzando di nuovo i mari. E’ in questo modo che la Sardegna è stata popolata. Tribù erranti provenienti dalla attuale Toscana attraversarono l’Elba e la Corsica e arrivarono fino in Sardegna, circa 40.000 anni fa.
Con l’innalzamento del mare queste prime tribù sarde rimasero isolate per un lungo periodo, fino a quando visitatori, in barca, non vi approdarono molto più tardi. Oggi, il popolo sardo rimane unico rispetto alle altre popolazioni europee ed è un esempio relativamente “puro” delle tribù indo-europee che erravano l’Europa 40.000 anni fa. Un esempio simile è la popolazione basca che rimase isolata nelle montagne dei Pirenei tra la Spagna e la Francia.
L’uomo primitivo non si è fermato per molto davanti alle distese d’acqua limitate. La curiosità innata e la sete per l’avventura lo spinsero a costruire zattere primitive e barchette costruite con canne con cui hanno remato o si sono lasciati trasportare attraverso le acque, raggiungendo isole come Cipro e Malta 5000 anni fa, formando le basi delle popolazioni odierne. L’uomo ha lentamente popolato tutto il bacino mediterraneo. E in questo speciale e favorevole ambiente ha prosperato.
Vero e proprio ponte tra territori, la regione del Mediterraneo è considerata culla di alcune tra le più antiche civiltà del Pianeta, nonché teatro principale della storia e della cultura della civiltà occidentale. L'agricoltura insieme all'allevamento si diffuse sulle sue coste intorno al 6000 a.C. Successivamente, nella sua parte orientale, una più accentuata dinamicità culturale portò verso la nascita di aree urbane caratterizzate da fiorenti attività artigianali e da vivacità nei commerci. Grazie all'azione mediatrice dei Cretesi, dall'isola di Creta, centro della civiltà minoico - micenea - tra il III e il II millennio a.C. - s'irradiarono intensi flussi commerciali che interessarono le coste anatoliche, la Grecia, l'Egitto, le coste del Libano, dell'Italia Meridionale, della Sicilia e della Sardegna, contribuendo a intensificare i rapporti culturali tra i tanti popoli rivieraschi. Dopo la crisi del 1200 a.C., quando l'intero sistema dei commerci venne sconvolto dalle distruttive invasioni dei Popoli del mare causando il crollo dell'Impero ittita e della Civiltà micenea, i successivi mutamenti politici crearono nella zona siro-palestinese il presupposto allo sviluppo dei centri fenici e la nascita dello stato ebraico.
Abili navigatori e altrettanto abili nei commerci i Fenici (nome greco per indicare i Cananei) navigarono in lungo e in largo per tutto il Mediterraneo esportando i prodotti del loro fiorente artigianato e importando materie prime, creando empori e porti commerciali e dando impulso alla creazione di città costiere come Cartagine. Nell'VII secolo lungo le rotte commerciali tra oriente e occidente, ai Fenici si affiancarono i Greci che impiantarono colonie nel bacino ionico, nel Tirreno, nell'Egeo fino al Mar Nero. Il costante aumento di nuovi insediamenti crearono forti tensioni fra i popoli rivieraschi a causa della concorrenza nei mercati e l'espansione greca a Occidente fu bloccata nel 541 a.C. dall'alleanza tra Etruschi e Cartaginesi nella Battaglia del Mare sardo. Nel secolo successivo sempre i Greci furono protagonisti nell'epico scontro che nel 480 a.C. li oppose alle mire di Serse nella Battaglia di Salamina, salvando le loro terre dall'occupazione persiana. Le nascenti potenze di Roma e Cartagine sconvolsero nuovamente il Mediterraneo e lunghe guerre si conclusero con la consacrazione della potenza romana e la distruzione dei Punici. Da allora in poi il Mediterraneo divenne per i Romani il Mare nostrum e su tutto il suo bacino si irradiò la civiltà e la potenza della Roma repubblicana e imperiale. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente e la stagnazione dei commerci nel bacino occidentale, nell'Impero romano d'Oriente i Bizantini mantennero intensi i traffici marittimi fino a quando nel VII e nell'VIII secolo l'espansione islamica sconvolse nuovamente l'intero bacino, oltrepassando lo Stretto di Gibilterra e giungendo fino in Spagna con la sua civiltà.
Le Repubbliche marinare di Amalfi, Venezia, Pisa e Genova i cui interessi commerciali in Oriente erano minacciati dai pirati saraceni, contrastarono efficacemente questa espansione, ma sia i contrasti con le marinerie aragonesi, in aspra concorrenza sulle rotte verso Levante, sia la caduta di Bisanzio nel 1453, portarono al declino dei traffici mediterranei, declino che si accentuò ancor più dopo il 1492 con la scoperta dell'America e che neanche la vittoria nella Battaglia di Lepanto nel 1571 riuscì a fermare, arrivando nel Seicento alla drastica riduzione della potenza navale veneziana. Nel Settecento le debolezze dell'Impero ottomano favorirono le mire espansionistiche degli Inglesi nel bacino occidentale, degli Austriaci verso l'Adriatico e dei Russi nel bacino orientale. Nell'Ottocento, durante le guerre napoleoniche Francia e Gran Bretagna si scontrarono violentemente nel Mediterraneo combattendo una guerra che vide gli inglesi prevalere e assicurarsi così il dominio incontrastato dei mari. Sempre nell'Ottocento, la costruzione del canale di Suez rese possibile il collegamento del Mediterraneo all'Oceano Indiano e costituì un evento di grande importanza per i commerci marittimi in quanto si evitava in questo modo la circumnavigazione dell'Africa per raggiungere via mare i ricchi mercati asiatici.
Oggi, il Mediterraneo rappresenta il crocevia della civiltà occidentale formato da molte e diverse culture. Città romane si trovano in tutto il Mediterraneo, città greche in Sicilia, la cultura araba pervade la Spagna, l’Islam è presente in Jugoslavia.
Per il turista-navigatore ciò rappresenta un miscuglio intrigante ed affascinante.
Per quanto riguarda la topografia del fondale il Mediterraneo è diviso in due parti principali:
il Mediterraneo occidentale, delimitato dal canale di Sicilia e caratterizzato da ampie piane abissali;
il Mediterraneo orientale, molto più accidentato e dominato dal sistema della dorsale Mediterranea.
Il Mediterraneo occidentale comprende due bacini principali, quello algero-provenzale e il bacino tirrenico. Il primo occupa un'area più o meno triangolare che comprende il mare di Alborán, il mare delle Baleari, il canale di Sardegna, il mar di Sardegna, il mare di Corsica e il mar Ligure. Ha una superficie di circa 240 000 km² e una profondità massima di circa 2 800 m. In alcuni tratti costieri, tipicamente alle foci dell'Ebro e del Rodano la piattaforma continentale raggiunge anche i 60 km di larghezza, con un massimo di 72 km presso il Golfo del Leone. La larghezza minima si ha invece tra Genova e Tolone, dove il fondale è caratterizzato da ampi e profondi canyon. Le isole di Maiorca e Minorca hanno una piattaforma comune mentre Ibiza è separata da un braccio di mare profondo 800 m. Al centro del bacino si trova la piana abissale delle Baleari, profonda dai 2600 a i 2800 metri. Il bacino tirrenico è la parte più profonda del Mediterraneo Occidentale, raggiunge infatti i 3800 m di profondità (Fossa del Tirreno). Il fondale è caratterizzato dalla presenza di numerose dorsali e di rilievi di tipo vulcanico. Vi sono montagne sottomarine che in alcuni casi si elevano fino a -500 m come il Monte Marsili e il Monte Vavilov.
Poche e di modeste dimensioni sono le piane abissali fra le quali si trovano la piana di Corsica, la piana di Orosei, la piana di Olbia, la piana abissale tirrenica e il rialzo pliniano. Il bacino è praticamente chiuso, è messo in comunicazione con i bacini adiacenti da pochi stretti passaggi. A nord un canale profondo circa 3/400 m lo mette in comunicazione con il Mar Ligure, lo stretto di Bonifacio, profondo non oltre i 50 m, lo mette in comunicazione con il bacino algerino così come il profondo canale di Sardegna, caratterizzato dalla presenza della fossa algero-tirrenica, mette in comunicazione i due bacini a sud della Sardegna.
Il canale di Sicilia, dal fondale basso e caratterizzato dalla presenza di banchi che possono ridurre la profondità a poche decine di metri, lo mette in comunicazione con il Mediterraneo Orientale.
Fanno parte del Mediterraneo orientale il bacino del mare Adriatico, il mar Ionio, il mar Egeo, il mar Libico e il bacino del mar di Levante. L'Adriatico ha una superficie di circa 135 000 km² e una profondità massima di 1 230 m.
Il Bacino del mar Mediterraneo è composto da un complesso sistema di strutture generate dall'interazione tra la Placca euroasiatica e la Placca africana. Secondo la teoria della Tettonica delle placche, queste due placche si sono avvicinate con un movimento rotatorio durante gli ultimi 300 milioni di anni, durante i quali le zone intermedie tra le due placche si sono deformate, scivolando e ruotando tra di loro, sovrapponendosi e lasciando spazio per l'apertura di nuovi bacini interni. La recente costituzione della zona Mediterranea è il risultato di questa complessa storia geodinamica e mostra una serie di microplacche deformate, zone mobili tra queste microplacche (le catene montuose) e vecchie e nuove croste oceaniche (i bacini). Non esiste tuttora una singola teoria complessiva per descrivere la storia di questo sistema, e numerosi modelli sono stati proposti.
Il sistema del Mediterraneo normalmente viene suddiviso in tre aree principali: il sistema del Mediterraneo occidentale, del Mediterraneo centrale e del Mediterraneo orientale.
Il sistema del Mediterraneo occidentale è composto dalla microplacca iberica, la catena dei Pirenei, la catena dell'Atlante (Marocco, Algeria e Tunisia occidentale), le isole Baleari e il bacino Mediterraneo occidentale.
Il sistema del Mediterraneo centrale è composto dalla catena delle Alpi, la catena degli Appennini, l'Arco calabro peloritano, il Bacino tirrenico, il Bacino adriatico, il Bacino ionico, le zone mobile di deformazione della Tunisia orientale e la Libia occidentale.
Il sistema del Mediterraneo orientale è composto dalla Catena dinarica, dal sistema dell'Arco ellenico (con l'isola di Creta), il Mar Egeo, il Bacino del Mediterraneo orientale, la Placca anatolica, la catena di Cipro, le zone mobili del Mediterraneo orientale (Libano, Israele, Egitto) e le catene nordafricane libiche.
Il mar Mediterraneo è un bacino semichiuso con una forte evaporazione e un ridotto apporto di acque dolci fluviali, apporto influenzato da attività umane (dighe e sbarramenti).
Nei mesi estivi l'evaporazione è relativamente ridotta a causa dei venti non eccessivamente frequenti, al contrario nei mesi invernali l'evaporazione è molto elevata a causa della prevalenza di venti secchi di origine continentale (Bora, Maestrale, Vardarac, Scirocco e Meltemi). L'evaporazione ed il ridotto apporto di acque fluviali fanno sì che il Mediterraneo sia in costante deficit idrico. Questo viene compensato dall'oceano Atlantico che annualmente riversa nel Mediterraneo, attraverso lo Stretto di Gibilterra, tra i 36 000 e i 38 000 km³ d'acqua. Questo apporto di grandi quantità d'acqua provoca forti correnti durante tutto l'anno, favorendo la pulizia dei bassi fondali dello Stretto che, diversamente, nel corso dei millenni si sarebbe inevitabilmente chiuso.
Le correnti superficiali mediterranee si originano tutte dall'afflusso di acqua atlantica e seguono in prevalenza gli andamenti di tipo ciclonico, cioè antiorario. L'acqua atlantica, più fredda ma meno salata (motivo per cui rimane in superficie) entra nel Mediterraneo dopo aver lambito le coste del Marocco.
Una volta varcato lo stretto di Gibilterra viene spinta a sud dalla forza di Coriolis e segue prevalentemente la costa nordafricana dando origine alla corrente algerina, ma una parte della massa d'acqua, scontrandosi con la corrente anticiclonica del mare di Alborán, si biforca verso nord in direzione delle isole Baleari.
La corrente algerina, nel prosieguo del suo corso, si biforca nuovamente: una parte prosegue verso il canale di Sicilia, un'altra invece risale verso la Corsica e unendosi alla parte che fin dall'inizio si era diretta verso le Baleari dà origine alla corrente ligure provenzale catalana che scorre verso ovest lambendo le coste liguri, francesi e catalane e attraversando il Golfo del Leone.
I bassi fondali del canale di Sicilia fanno sì che la corrente algerina si biforchi nuovamente, una parte risale infatti verso il Tirreno dando origine a una corrente ciclonica che in parte lambisce le coste liguri e si riunisce con la corrente ligure-provenzale catalana.
La parte di corrente algerina che riesce a valicare il canale di Sicilia attraversa dapprima un'area prospiciente le coste della Tunisia e della Libia caratterizzata da correnti anticicloniche (il Golfo della Sirte) e poi forma la corrente africana che scorre lungo il mare di Levante dando origine alla corrente dell'Asia Minore che lambisce la costa Turca fino a Rodi.
Nell'Adriatico, nello Ionio e nell'Egeo vi sono altre correnti minori di tipo ciclonico.
Oltre alle citate correnti costiere vi è la corrente centro-mediterranea che scorre sopra la dorsale mediterranea in direzione Creta e Cipro.
Lo strato d'acqua compreso fra i 200 e i 600 metri è interessato da un movimento in senso opposto a quello delle correnti di superficie. Origina infatti dal mar di Levante, il tratto di Mediterraneo con i più elevati valori di salinità, (si raggiunge qui il 39,1 per mille di salinità). D'inverno, con il calo della temperatura si ha un aumento della densità dello strato superficiale che "comprime" lo strato d'acqua inferiore dando origine alla corrente intermedia.
Questa corrente è divisa in un ramo principale che percorre l'intero Mediterraneo e due rami secondari che attraversano l'uno il Golfo della Sirte e l'altro, più cospicuo, lo Ionio fino a entrare nell'Adriatico dove incontra le fredde acque invernali per poi uscire nuovamente dallo stretto di Otranto.
Il ramo principale si dirige invece verso il canale di Sicilia dove, a causa dei fondali bassi e della portata della corrente di superficie, deve dividersi in due stretti passaggi laterali situati a quote diverse. L'acqua proveniente dal più settentrionale si dirige verso il Tirreno dove fa un lungo giro antiorario e in gran parte esce per ricongiungersi col ramo secondario e risalire verso la Sardegna per poi seguire la costa francese e spagnola e uscire dallo Stretto di Gibilterra.
Dalle analisi degli oceanografi pare che una goccia d'acqua entrata dallo stretto di Gibilterra impieghi circa 150 anni per compiere tutto il "giro" e ritornare, profondamente modificata nella composizione, all'oceano Atlantico.
Le correnti di profondità interessano due aree del Mediterraneo, il bacino ligure provenzale e lo Ionio. In entrambi i casi le correnti originano nella stagione invernale in seguito a un rapido raffreddamento delle acque provocato dal vento.
Nel primo caso il maestrale raffredda rapidamente le acque al centro del Golfo del Leone. In seguito all'aumento di densità l'acqua si dirige verso il fondo, sino ai 2000 metri di profondità, contribuendo al lento ricambio delle acque profonde.
Nel bacino orientale è la Bora che abbassando la temperatura delle acque nel mare Adriatico origina una corrente diretta verso sud che si inabissa oltre il canale di Otranto e contribuisce al ricambio delle acque profonde dello Ionio.
Alcuni studi stimano un innalzamento medio delle temperature del bacino del mediterraneo di 6 °C tra il 2070 e il 2100. Questa variazione climatica secondo i modelli climatici produrrà siccità ed estati torride con notevoli riduzioni delle precipitazioni in inverno.
Nonostante il mar Mediterraneo sia un mare oligotrofico, quindi piuttosto povero di nutrienti, in esso è presente una grande biodiversità e circa il 28% delle specie presenti sono endemiche di questo mare. Tutto ciò è dovuto principalmente alla presenza di habitat diversificati che favoriscono l'insorgenza di nicchie ecologiche e alle condizioni idrologiche e climatiche proprie di questo bacino. Un'eccezione condizione alla oligotrofica si riscontra nei pressi delle foci dei numerosi grandi fiumi che vi affluiscono, dal Nilo al Rodano, dall'Ebro al Po. I loro delta formano veri e propri ecosistemi diversi sulle coste del Mare nostrum.
Perès e Picard nel 1964 hanno messo a punto un sistema di classificazione dei vari tipi di ecosistemi presenti nel Mediterraneo che ancora oggi è utilizzato dalla maggior parte degli studiosi di questo mare. Questo sistema di classificazione si basa sia su fattori abiotici, come profondità, temperatura, tipi di substrati, ecc., sia sulle interazioni interspecifiche tra gli organismi.
Rispetto agli organismi che vivono negli oceani, quelli che vivono nel Mediterraneo raggiungono dimensioni minori e possiedono un ciclo vitale piuttosto breve.
Nel tratto di mare tra Liguria e Toscana è stata istituita un'area protetta denominata Santuario per i mammiferi marini, ove vivono varie specie di cetacei tra cui la balenottera comune.
Nell'ecosistema costiero del mar Mediterraneo un ruolo fondamentale è svolto dalla Posidonia oceanica.
Grazie al suo sviluppo fogliare produce un'alta quantità di ossigeno, fino a 20 litri al giorno per ogni metro quadrato di prateria. Contribuisce inoltre al consolidamento dei fondali e delle spiagge, proteggendole dalla erosione. Ma soprattutto le praterie marine di questa fanerogama sono l'ambiente ideale per la crescita di pesci, crostacei e altre forme di vita, costituendo una vera e propria nursery delle specie ittiche.
Attualmente la Posidonia è in forte regressione in tutto il bacino mediterraneo, a causa dell'inquinamento chimico, ma anche delle opere di protezione costiera e dell'"aratura" dei fondali provocata dalle ancore delle barche e dalla pesca a strascico abusiva, sotto costa.
I filtratori sono organismi microfagi, che si nutrono cioè di minuscole particelle di cibo sospese in acqua, che hanno un ruolo importante per il mantenimento dell'equilibrio dell'ecosistema.
Tra essi vanno ricordati:
i Copepodi, piccoli crostacei, raramente più lunghi di 1–2 mm, che si nutrono dei prodotti della fotosintesi oceanica e a loro volta costituiscono nutrimento per molti pesci.
le Spugne (il Mediterraneo ne ospita oltre 500 specie), e in particolare quelle appartenenti alla famiglia delle Spongiidae, che costituiscono una tipica risorsa del Mediterraneo, oggetto di intenso sfruttamento commerciale
i Coralli e in particolare il corallo rosso (Corallium rubrum), le cui colonie sono in preoccupante declino a causa della massiccia raccolta per la produzione di gioielli e monili, la gorgonia rossa (Paramuricea clavata), la gorgonia gialla (Eunicella cavolinii), l'Astroides calycularis e la Dendrophyllia ramea.
le Ascidie (numerose specie tra cui Ascidia spp., Ciona intestinalis, Phallusia mammillata, Halocynthia papillosa).
La Tartaruga marina comune (Caretta caretta) il danneggiamento dei siti di nidificazione minaccia seriamente la sopravvivenza di questa specie;
la Foca monaca (Monachus monachus) è ridotta a 150-250 esemplari tutti concentrati nei mari Ionio ed Egeo e lungo le coste del Nordafrica;
la Tartaruga verde (Chelonia mydas) è praticamente quasi estinta e si ritrova ormai solo verso le coste di Cipro.
La Tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) in base ai criteri della Lista rossa IUCN è considerata in pericolo critico di estinzione.
Altre specie a rischio (anche se non allarmanti come le tartarughe e la foca) sono il delfino comune (Delphinus delphis), il tursiope (Tursiops truncatus), il grampo (Grampus griseus), la balenottera (Balaenoptera physalus), il capodoglio (Physeter macrocephalus), il tonno rosso (Thunnus thynnus) e il pesce spada (Xiphias gladius).
Per tropicalizzazione si intende il processo di insediamento in Mediterraneo di specie provenienti da aree tropicali o sub-tropicali, mentre, per meridionalizzazione si intende lo spostamento verso nord dell'areale di specie tipiche delle coste sud di questo mare. In alcuni casi si tratta di specie (migrazione lessepsiana) passate attraverso il canale di Suez, provenienti dal Mar Rosso, ovvero di specie provenienti dalle coste africane dell'Oceano Atlantico, giunte attraverso lo stretto di Gibilterra. Un altro canale d'ingresso è rappresentato dallo scarico incontrollato delle acque di zavorra delle navi cisterna. Un contributo allo sviluppo del fenomeno è dato inoltre dai mutamenti climatici in corso, con il conseguente innalzamento della temperatura delle acque.
Alcune di queste specie si sono ambientate e riprodotte benissimo, al punto di arrivare a soppiantare le specie autoctone e di essere comunemente pescate e commercializzate. Fra di esse ricordiamo: il pesce palla (Sphoeroides cutaneus), la ricciola fasciata (Seriola fasciata), il pesce scorpione (Pteroides miles), la triglia del Mar Rosso (Upeneus moluccensis) e il barracuda mediterraneo (Sphyraena viridensis).
Sempre in conseguenza dell'aumento della temperatura delle acque si assiste a un significativo cambiamento di distribuzione della fauna ittica autoctona, che porta molte specie tipiche delle aree più calde del Mediterraneo a espandersi verso nord. È il caso del pesce balestra (Balistes carolinensis) o del pesce pappagallo (Sparisoma cretense).
Il fenomeno dell'importazione di specie alloctone non riguarda solo i pesci, ma anche le alghe: alghe delle coste giapponesi (Laminaria japonica, Undaria pinnatifida e Sargassum muticum) sono state segnalate già dalla fine degli anni sessanta, mentre più recentemente è stata segnalata la presenza di un'alga tropicale, la Caulerpa taxifolia che attualmente minaccia soprattutto un ampio tratto della costa francese tra Tolone e Mentone, moltiplicandosi a una velocità impressionante, ostacolando i cicli vitali degli altri organismi con alterazione degli equilibri ecologici.
Dalla fine degli anni ottanta il Mediterraneo è attraversato dalle rotte dell'immigrazione dall'Africa verso l'Europa. Ogni anno alcune decine di migliaia di migranti economici, profughi e rifugiati politici raggiungono via mare le coste italiane, greche e spagnole. Secondo una ricerca condotta dall'osservatorio Fortress Europe sulla base di notizie rinvenute nella stampa internazionale, dal 1988 al 2007 i migranti annegati attraversando il Mediterraneo sono almeno 8 165 persone. Metà delle salme (4 256) non sono mai state recuperate. Nel canale di Sicilia tra la Libia, l'Egitto, la Tunisia, Malta e l'Italia le vittime sono 2 487, tra cui 1 529 dispersi. Altre settanta persone sono morte navigando dall'Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall'Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4 030 persone di cui 1 980 risultano disperse. Nell'Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, hanno perso la vita 885 migranti, tra i quali si contano 461 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l'Albania, il Montenegro e l'Italia, negli anni passati sono morte 553 persone, delle quali 250 sono disperse. Il mare non si attraversa soltanto su imbarcazioni di fortuna, ma pure su traghetti e mercantili, dove viaggiano spesso molti migranti, nascosti nella stiva o in qualche container. Ma anche qui le condizioni di sicurezza restano bassissime: 141 i morti accertate per soffocamento o naufragio.
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