Tecnicamente il termine sommergibile si riferisce alle unità che hanno prestazioni in immersione (in particolare velocità e manovrabilità) inferiori rispetto a quelle in emersione: concepiti prevalentemente per l'impiego in superficie, mantengono la possibilità di immergersi all'occorrenza, per periodi di tempo limitati.
Invece, il termine sottomarino si riferisce alle unità progettate per navigare e combattere prevalentemente in immersione.
In termini ingegneristici, la differenza è nella diversa forma dello scafo, più “navale” per il primo e più affusolata e cilindrica (a "sigaro") per il secondo e, soprattutto, nella diversa percentuale di riserva di spinta, relativamente alta per un sommergibile (intorno al 30-35%), piuttosto esigua per un sottomarino (circa il 10-15%).
Alla categoria dei sommergibili appartengono quasi tutte le unità progettate fino alla fine della seconda guerra mondiale, quasi sempre dotate di armamento cannoniero sul ponte per poter ingaggiare a cannonate le unità mercantili disarmate o leggermente armate, risparmiando così i preziosi siluri. Se pure sia difficile stabilire quale sia stato il progetto che permise il salto di qualità dal sommergibile al sottomarino, si ritiene che lo spartiacque tra sommergibili e sottomarini sia rappresentato dagli U-Boot Tipo XXI del 1944-45 (ma già la Classe R britannica della prima guerra mondiale presentava una velocità in immersione superiore a quella in superficie). Tuttavia spesso i termini sommergibile e sottomarini sono usati genericamente, come sinonimi.
Una leggenda racconta che intorno al 333 a.C. Alessandro Magno volle farsi calare nelle acque del mar Egeo, racchiuso in uno speciale barile di vetro per poter osservare la vita sottomarina.
A ricordo di questa improbabile impresa furono eseguite numerose incisioni.
Il primo battello subacqueo funzionante fu costruito nel 1624 in Inghilterra su progetto di un inventore olandese di nome Cornelius van Drebbel .
Era un'imbarcazione di legno chiusa che poteva scendere sotto la superficie e riaffiorare a piacere, in quanto usava una paratia di cuoio che poteva espandersi, essere pressata e fatta tornare nella posizione originale, espellendo l'acqua di zavorra. La propulsione era fornita da remi ed un tubo di sfiato portava alla superficie. Il re Giacomo I d'Inghilterra presenziò personalmente ad una immersione nel Tamigi, quando van Drebbel navigò con successo da Westminster a Greenwich.
Durante il XVII ed il XVIII secolo furono fatti molti tentativi per progettare battelli subacquei più efficienti.
Nel 1775 David Bushnell , un americano che ricercava nuovi metodi per attaccare le navi inglesi durante la Guerra d'indipendenza americana, costruì il Turtle.
Era un battello a forma di uovo manovrato da un solo uomo; la propulsione era data da un'elica azionata a mano. Il Turtle era provvisto di una cassa di zavorra che veniva riempita d'acqua per l'immersione e veniva svuotata con una pompa a mano per l'emersione. L'immersione non poteva durare più di mezz'ora perché mancava un mezzo di rifornimento di ossigeno. Il Turtle trasportava una carica di oltre 60 Kg di polvere da sparo, dotata di un meccanismo a tempo. Nel 1776 effettuò un attacco subacqueo alla nave inglese Eagle ancorata nel porto di New York, attacco che però fallì.
Nel 1801 un altro americano, Robert Fulton, costruì in Francia un sommergibile lungo più di 6 metri, con scafo di legno ricoperto di rame, il Nautilus.
Il Nautilus presenta due novità: timoni per il controllo verticale e orizzontale ed aria compressa per il rifornimento di ossigeno. La propulsione in superficie è data da vele sostenute da un albero pieghevole, mentre in immersione è spinto da un'elica a quattro pale azionata manualmente.
Nonostante il collaudo avesse avuto successo, Napoleone si rifiutò di finanziarlo.
Sul sommergibile, considerato non più semplice mezzo navale ma anche unità bellica, si svolsero studi e ricerche che portarono, nel 1863 in Francia, al battello di L. Bourgois e C. Brun: il Plongeur . La propulsione era ad elica mossa da motrice ad aria compressa. Le prove, però, non ebbero un esito felice e il progetto non ebbe seguito.
Durante la Guerra Civile americana furono impiegati dei mezzi subacquei azionati a vapore, i Davids, chiamati così per le loro piccole dimensioni, richiamandosi a Davide contro Golia. Fu costruito anche un mezzo di maggiori dimensioni, il sommergibile Hunley, che aveva un equipaggio di otto uomini.
Nel 1864 l'Hunley riuscì ad affondare la nave Housatonic al largo di Charleston , ma si inabissò a sua volta. Il relitto è stato ritrovato nel 1995 e recuperato nel 2000.
Nel 1861 , l'inventore francese Brutus De Villeroi convinse la Marina Americana a costruire un sommergibile lungo 14 metri, dotato di un sistema di purificazione dell'aria, che fu chiamato Alligator.
Il suo impiego tuttavia si rivelò fallimentare perché il sommergibile era pericoloso e poco maneggevole.
L'Alligator fu comunque il primo mezzo subacqueo della Marina Americana.
Nel 1870 la Marina degli Stati Uniti acquistò dal suo inventore Oliver Halstead la “balena intelligente” , un sommergibile a propulsione manuale, dotato di aria compressa per svuotare le casse zavorra e di un'apparecchiatura di purificazione dell'aria.
La “balena intelligente” non entrò mai in servizio, tuttavia si ritiene sia stata d'ispirazione per John Holland per sviluppare il suo primo sommergibile.
I maggiori progressi nell'evoluzione di sommergibili si devono infatti ad un irlandese emigrato negli Stati Uniti, John P.Holland . Egli cominciò a costruire sommergibili con propulsione a vapore nel 1875 .
Nel 1900 la Marina gli commissionò, per 160.000 $, il sommergibile Holland
(SS-1) .
Era lungo oltre 16 metri e dotato di due motori: uno a vapore per la navigazione in superficie ed uno elettrico per la navigazione in immersione. L'equipaggio era formato da sei uomini.
In quegli anni un grosso contributo fu apportato anche da Simon Lake, che costruì sommergibili dotati di innovazioni tecniche: torretta di comando, sala di controllo e un rudimentale periscopio ruotabile .
Nel 1901 su un progetto di J.P. Holland fu costruito il primo sommergibile della British Royal Navy: fu chiamato Holland I ed era simile all'americano SS-1.
Lo sviluppo dei sommergibili nel corso dell'ultimo decennio aveva spinto molte marine militari a dotarsene, tanto che nella prima guerra mondiale ebbe un impiego fondamentale. I sommergibili ebbero un ruolo importante nel tentativo da parte della Germania, e in modo più limitato anche dell'Austria, di porre rimedio al blocco navale alleato imposto dalla supremazia navale di Gran Bretagna e Stati Uniti, e in definitiva furono una causa determinante per l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra. I successivi vent'anni furono fondamentali per lo sviluppo del sommergibile come arma bellica. L'esperienza accumulata nel corso del prima guerra mondiale aveva spinto molti progettisti a provare nuove soluzione tecniche. Nonostante il fervore con il quale si lavorava alla ricerca di nuove soluzioni, allo scoppiare della Seconda guerra mondiale la maggiore parte delle unità era rimasta sostanzialmente uguale a quelle che operarono alla fine della grande guerra. Come già nella prima guerra mondiale il compito dei sommergibili tedeschi fu quello di contrastare il traffico di merci nell'Atlantico, ma rispetto alla prima guerra mondiale le aree nelle quali operarono si estesero notevolmente e la sorveglianza marittima da parte degli alleati era decisamente migliorata. Con l'evolversi del conflitto, la marina tedesca comprese molto presto che i sottomarini che navigavano in emersione erano bersagli facili nei confronti degli aerei da ricognizione e delle navi di pattuglia dotate di radar. Moltissimi furono quindi gli sforzi che la Kriegsmarine fece per migliorare le proprie unità. A partire dal 1942 in poi si iniziò a ridurre gradualmente l'armamento antinave in coperta. Con la diffusione del radar, l'aumento del pattugliamento aereo e il rafforzamento della scorta ai convogli da parte degli Alleati, le occasioni di impegnare bersagli in superficie col cannone si erano rarefatte fino a scomparire. I Tedeschi scelsero pertanto di sbarcare gli ormai (per loro) inutili pezzi di coperta, utilizzando il peso così risparmiato per imbarcare un maggior numero di armi antiaeree, nuovi apparati elettronici e lo "Schnorkel", un dispositivo che consentiva di utilizzare in immersione i motori diesel restando a quota periscopica. I nuovi criteri d'impiego, sviluppati con l'esperienza di guerra, prevedevano che il sommergibile dovesse ormai operare quasi totalmente in immersione: l'incremento delle prestazioni e della permanenza in immersione, anche grazie all'adozione dello "Schnorkel", unitamente alla soppressione dell'armamento di superficie di vecchia concezione portarono alla progettazione dei rivoluzionari (per l'epoca) U-Boot Tipo XXIII (costieri) e, soprattutto, U-Boot Tipo XXI "Elektroboote" oceanici, capaci di sviluppare una velocità di oltre 17 nodi in immersione e completamente sprovvisti di cannone, dotati solamente di 6 tubi lanciasiluri prodieri con 20 armi e di 4 mitragliere antiaeree da 20 mm installate in torretta. Il progresso tecnologico era ormai giunto ad un punto che le capacità in immersione di questi mezzi erano ampiamente superiori di quelle in emersione. Si era quindi compiuto il passo dal sommergibile al sottomarino. Tale rivoluzione fu così stravolgente che unità costruite pochi anni prima risultarono nel giro di qualche anno ormai completamente obsolete: per molti aspetti era quindi iniziata una nuova era.
Il primo sottomarino italiano può essere considerato il Delfino che, impostato nell'arsenale di La Spezia nel 1890, fu completato solamente nel 1896 per tutta una serie di modifiche che furono apportate al progetto originale nel corso della costruzione. Lungo 23,3 metri il Delfino dislocava in emersione 98 tonnellate. La propulsione era fornita da un motore elettrico della potenza di 65 cavalli.
Tra il 1902 e il 1904 fu sottoposto a radicali lavori di rimodernamento che comportarono anche l'imbarco di un motore a benzina per la navigazione in superficie e di un tubo lanciasiluri a poppa. Il Delfino fu sostanzialmente un'unità sperimentale, anche se effettuò 44 missioni d'agguato nel corso del primo conflitto mondiale a difesa del litorale veneto, e fu tra i primi sommergibili a imbarcare una bussola giroscopica e il periscopio.
La Marina italiana decise nel 1903 di dotarsi di questi mezzi e affidò l'incarico all'Arsenale di Venezia di progettare la prima serie di queste unità. Nacquero così i primi sommergibili italiani, la classe "Glauco" su cinque unità ("Glauco", "Squalo", "Narvalo", "Otaria", "Tricheco").
Si trattava di unità di 200 tonnellate di dislocamento, lunghe 36 metri e larghe 4 con armamento costituito da due siluri da 450 mm. I motori erano a scoppio e tale caratteristica fu il motivo per cui questi sommergibili furono soprannominati "benzinari". Il progettista, maggiore del genio navale Laurenti, si attenne al concetto, allora condiviso da molte Marine, di dare allo scafo forme avviate adatte alla navigazione in superficie. Conseguentemente le sezioni trasversali risultarono molto diverse fra di loro e la resistenza strutturale ebbe limitazioni dovute alla forma dello scafo che risultò inadatta a sostenere forti pressioni. Le cinque unità della classe, pur mantenendo inalterate le dimensioni presentarono modeste differenze di dislocamento dovute a migliorie introdotte durante l'allestimento sulle successive unità della classe ed alla definitiva abolizione di un tubo lanciasiluri, adottata a partire dalla seconda unità della serie. Anche le sagome risultarono diverse fra loro per la differente posizione della torretta che, molto prodiera sul "Glauco" assunse, via via sulle ultime unità una posizione centrale.
Anche questi battelli debbono essere considerati sperimentali poiché servirono di base per lo sviluppo dell'arma subacquea italiana. Infatti, oltre alle deficienze insite in ogni prototipo ed a quelle dovute all'insufficiente esperienza della Marina nel campo delle costruzioni di naviglio subacqueo, queste unità lamentarono anche continue noie ai motori. Il loro impiego fu poi limitato dalla presenza a bordo d'elevati quantitativi di benzina, utilizzata come combustibile. I sommergibili furono varati in tempi diversi: il "Glauco" nel 1905, lo "Squalo" ed il "Narvalo" nel 1906, l'"Otaria" nel 1908, il "Tricheco" nel 1909. Entrati in servizio e dopo l'addestramento iniziale, questi battelli operarono, con base a Venezia, prevalentemente lungo il litorale Adriatico.
Allo scoppio del conflitto formarono assieme con "Delfino" e "Foca", la quarta squadriglia, e furono suddivisi fra Venezia e Brindisi ed impiegati per la difesa ravvicinata. Nel 1916 il "Glauco" e l'"Otaria" costituirono un gruppo autonomo di base Taranto, mentre le rimanenti unità furono riunite a Venezia. Nessun sommergibile di questa classe prese parte ad azioni belliche degne di menzione. Il "Glauco" fu radiato nel 1916, tutti gli altri nel 1918.
L'arma principale di cui sono dotati i sommergibili è il siluro. La potenza di fuoco è data dal numero di tubi lanciasiluri approntati, nonché dalla quantità di siluri di riserva imbarcati, dalla potenza dell'esplosivo contenuto nelle "testa di guerra", nonché dalla raffinatezza tecnologica della centralina di lancio e di ciascuna arma (acciarino a percussione/magnetico, propulsione ad aria compressa/elettrica, complessità del sistema di guida giroscopica, sistema di ricerca acustica, griglia di ricerca prefissata, ecc.). I tubi possono essere prodieri o poppieri, ma non tutti i modelli di sommergibile dispongono di tubi poppieri. Alcuni sommergibili degli anni '30 (in special modo francesi) avevano dei complessi lanciasiluri brandeggiabili a centro nave, situati tra lo scafo resistente e il ponte. Nella maggior parte dei modelli, fino al termine della Seconda Guerra Mondiale, sono presenti un cannone antinave (talvolta due) e una o più mitragliere antiaerei, sistemate sulla torretta, che devono essere bloccate e protette prima dell'immersione e riallestite prima di poter essere utilizzate, rendendone così l'uso non immediato.
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