giovedì 3 settembre 2015

LA PESCA



Già nel paleolitico gli uomini catturavano e mangiavano pesci, come dimostrato dai ritrovamenti di resti di pasti a base di pesce. Una prova irrefutabile in tal senso è considerata una scultura su osso, proveniente dalla famosa caverna de la Madelaine (Dordogna, Francia), che rappresenta un uomo con un arpione sulla schiena. In quasi tutte le località dove sorgevano villaggi su palafitte sono stati trovati reperti che provano come già allora, circa 3000 - 6000 anni fa. Per sostenere le reti in acqua si usavano galleggianti fatti di corteccia d'albero e per tenderla dei pesi di terracotta. In confronto a quelli odierni gli utensili di cattura di allora risultano più grandi.

Anche gli antichi Romani apprezzavano il pesce. Sui mosaici che decorano le pareti e i pavimenti i motivi ittiologici ritornano abbastanza spesso. Dalla Sacra Scrittura sappiamo inoltre che in Palestina c'erano già dei pescatori di professione (luca 5, 1-11).

I Romani sono stati tra i primi a promulgare leggi sulla pesca. Uno dei principi fondamentali affermava che il pesce è un bene senza proprietari e di conseguenza appartiene a chi lo cattura. Ciò non voleva però dire che si potesse pescare quanto si voleva. la pesca era libera solo sul territorio dello Stato e come tale erano considerate quelle parti dei laghi e dei fiumi che restavano di norma sommerse anche con l'acqua bassa. Le rive e le spiagge erano però di proprietà privata e la pesca era pertanto permessa soltanto al proprietario del suolo.

Anche diversi scrittori romani come Plinio, Eliano, Oppiano, Decimo o Ausonio Magno testimoniano della grande importanza della pesca. Nei loro testi si descrivono varie specie di pesci, la tecnica della pesca con lo "sparviero" e altri metodi di cattura, le abitudini di vita, le localizzazioni predilette e perfino gli organi di senso di diverse specie ittiche.



La storia della pesca è intimamente legata all’evoluzione, alle usanze e alla cultura dell’uomo. Infatti circa 4 miliardi di anni fa le prime forme di vita si svilupparono proprio in acqua e forse il legame che unisce l’uomo al mare ha queste antichissime radici. L’uomo del Paleolitico, con la sua grande voglia di conoscenza e di scoperta, ha iniziato a pescare. I primi ami erano fatti di legno. Nell’età del rame e del bronzo gli ami cambiano materiale per giungere ad essere costruiti con il ferro. Nella lontana America si scoprì che gli Indiani utilizzavano invece gli artigli di falco. Inoltre la pesca in mare, presupponeva la conoscenza delle correnti, dei venti, dei fondali, delle abitudini migratorie dei pesci, e la necessità di costruire barche sempre più sicure e affidabili. Con il passare del tempo l’uomo ha scoperto nuovi materiali e nuove tecniche di pesca, lasciando un segno nella storia che ci ha portato ai pescatori di oggi che ancora mantengono intatta una tradizione millenaria.

Il pesce, cibo primordiale, è stato sempre presente nella dieta umana insieme ai cereali, ai semi, alla frutta e alla verdura e ha rappresentato una delle fonti principali di approvvigionamento delle comunità che abitavano le zone costiere e lungo i fiumi. Infatti lo troviamo in tutte le civiltà del bacino Mediterraneo.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto a causa del caldo, il pesce non veniva consumato fresco, ma era sottoposto a processi di conservazione, per affumicamento o per salagione, che sembra venissero praticati sin dalla preistoria. In seguito venne scoperta anche l’essiccazione che si otteneva mediante semplice esposizione del prodotto al sole. Con il passare del tempo queste tecniche vennero sempre più affinate. Si scoprì anche la marinatura che dava ottime garanzie di conservazione oltre a rendere più saporiti e appetitosi molti dei pesci consumati. Nell’antica Grecia il pesce si vendeva fresco in salamoia o affumicato, nell’Agorà, luogo dove si svolgeva la vita pubblica della città.

Le leggere imbarcazioni Etrusche puntavano sull’Elba per pescare i polpi, aragoste e tonni che si avvicinavano alle coste.

Gli antichi Romani scoprirono il pesce molto più tardi rispetto agli altri popoli antichi. Nei banchetti romani dell’età imperiale, cefali, rombi, murene, grosse cernie facevano il loro ingresso cotti sulla brace con erbe selvatiche e poi serviti assieme a “salse di pesce“, spesso salamoie piccanti ricavate da pesciolini e molluschi macerati al sale, nel vino o in aceti aromatici.

Sulla mensa del ricco il pesce nelle varietà pregiate era sempre presente: sogliole, orate, triglie, murene, ostriche, ricci di mare e gigantesche aragoste. Anche il popolo, dato l’alto costo della carne, si nutriva di una grande quantità di pesci di modeste dimensioni e qualità, il più delle volte salati e conservati.



La storia del pesce nei tempi antichi è anche ricca di simbologie. Nelle civiltà pagane il pesce è stato simbolo della Dea Madre, raffigurazione del ventre femminile. Negli affreschi delle tombe egiziane e nei mosaici della Roma Imperiale, dove, oltre che come alimento, è stato rappresentato come simbolo di fertilità e di sessualità (il delfino, considerato erroneamente un pesce, era il simbolo della dea della bellezza Afrodite). Con il Cristianesimo invece, il pesce assume un significato altamente spirituale: Gesù cerca i suoi discepoli tra i pescatori e dice loro “Vi farò pescatori di uomini” e compie il miracolo dei pani e dei pesci. Già dal primo secolo i Cristiani fecero un acrostico della parola per pesce in Greco “ichthys”:Iesous Christos Theou Yios Soter, (ICTYS) che tradotto è: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. La parola Greca Ichthus (Iota Chi Theta Upsilon Sigma), pronunciata ich-thuus, è la parola usata nel Nuovo testamento per la parola “pesce”.

Nel medio Evo nei mari del Nord la pesca delle Aringhe era molto redditizia. Una volta pescate, venivano salate e affumicate, in questo modo si conservavano con più facilità.

Nel mare del Nord abbondava anche un altro pesce, molto più grande e nutriente: il merluzzo. Furono i norvegesi ad accorgersi che si poteva far essiccare esponendolo al freddo vento glaciale trasformandolo nel “pesce-bastone” (stockfish, stoccafisso) da noi oggi molto apprezzato. Successivamente i pescatori norvegesi ricorsero alla salagione e migliaia di merluzzi vennero trasformati in quello che noi oggi conosciamo come il più morbido baccalà.

Le repubbliche marinare inserirono questo pesce particolare dedicandogli numerose ricette, come il baccalà alla livornese, quello ligure e quello veneziano, che ancora oggi fanno parte della nostra tradizione. Anche Spagna e Portogallo, scelsero il “bacalao” come piatto tradizionale.

Nelle regioni dell’Italia del sud si pescava soprattutto il pesce azzurro (alici, sarde e sgombri) oggi noto ai consumatori più attenti come un pesce ricco di omega 3, gli acidi grassi essenziali, con proprietà benefiche per la nostra salute, tanto da essere diventato, insieme a cereali, frutta e verdura, il simbolo della “Dieta Mediterranea”.

Nel XIX secolo inizio l’era industriale del pesce azzurro. Gli Inglesi scoprirono i segreti della conservazione dei cibi nel vetro e iniziarono una produzione su larga scala di pesce conservato e inscatolato. Nel 1930 l’americano Birdseye aprì l’era dei surgelati, nuova via d’accesso dei prodotti ittici verso le cucine di milioni di consumatori allontanando definitivamente il pesce dalla sua storia primordiale.

Oggi anche il pesce purtroppo è entrato nel sistema industriale. Si allevano pesci in grande quantità, che ogni giorno riempiono i mercati ittici di tutte le principali città del modo. L’uomo si è allontanato dalla primitiva tradizione della pesca. Fortunatamente però esistono comunità di pescatori che non hanno mai abbandonato la tradizione della pesca legata alla storia dell’uomo.




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