In Mediterraneo non ci sono formazioni coralline simili a quelle tropicali, però qualcosa di analogo c’è. I coralli tropicali vivono in superficie, e hanno alghe simbionti nei loro tessuti. Sono carnivori e, con i tentacoli dei loro polipi (gli individui che formano le colonie), catturano prede, ma sono anche fotosintetici, grazie ai simbionti algali. Un misto tra piante e animali. Le alghe simbionti richiedono luce e, dove la luce non arriva, i coralli non vivono. Ma i nostri sì.
Da tempo si sapeva che, a qualche centinaio di metri di profondità, sul pendio che, lungo le coste, porta verso gli abissi marini, erano presenti formazioni coralline: i coralli bianchi. I pescherecci, ogni tanto, tiravano su grandi colonie morte di questi madreporari. Si pensava che oramai ci fossero solo tanatocenosi, un parolone per dire: tracce di comunità di organismi oramai morti. E invece, una decina di anni fa, l’uso dei sommergibili da ricerca ha permesso di scoprire che i coralli bianchi sono vivi anche nel Mediterraneo.
Una formazione importante si trova al largo di Santa Maria di Leuca, e più a nord, nell’Adriatico meridionale, nel canyon sottomarino da cui esce un flusso d’acqua fredda che parte dal nord Adriatico e, ricca di ossigeno, rifornisce gli abissi dello Ionio. In questa corrente ci sono le condizioni per il rigoglio delle barriere coralline: le formazioni a coralli bianchi. L’Unione Europea ha finanziato un progetto, CoCoNet, per studiare la possibilità di creare reti di Aree Marine Protette in Mediterraneo e in Mar Nero, includendo non solo le zone costiere ma anche il mare profondo. Lo studio pilota si sta facendo nel Canale d’Otranto, dove le aree marine protette sulle due sponde, la italiana e quelle greche, albanesi, montenegrine e croate, sono idealmente congiunte ai coralli di Leuca e del Canyon di Bari. La prima rete potrebbe essere proprio quella, unendo la protezione delle coste con quella degli abissi. Perché, andando con i sottomarini da ricerca, il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare e l’Istituto di Scienze Marine del CNR stanno scoprendo sempre maggiori porzioni della nostra barriera corallina.
Il coralligeno,il cui nome ricorda i coralli, ma il coralligeno è fatto principalmente di alghe, le alghe coralline. Anche loro hanno scheletro calcareo e formano concrezioni che innalzano il fondo del mare, sono biocostruzioni. Assieme agli scheletri delle alghe coralline, il coralligeno è formato da madreporari (simili a quelli delle formazioni tropicali), gorgonie, briozoi (animali bellissimi e coloratissimi), tantissime spugne dai colori più sgargianti, attinie, molluschi, anellidi, e ascidiacei. Le foreste di gorgonie, spugne e briozoi sono altrettanto emozionanti da vedere delle foreste di coralli. Il coralligeno ama le acque fredde ed è disturbato da temperature troppo alte. Lungo le coste del Mar Ligure, per esempio, le gorgonie e le spugne sono morte, qualche anno fa, perché la temperatura dell’acqua, alla profondità dove di solito il calore solare non arriva troppo intensamente, è salita troppo.
Il Corallium rubrum o semplicemente “Corallo Rosso” è molto diffuso nei mari di tutto il mondo ma specialmente nel mar Mediterraneo in Sicilia, Sardegna, Corsica e in Liguria ma in natura lo si può trovare diffuso anche nell’Oceano Atlantico in Marocco, Canarie e in Portogallo. Questo bellissimo corallo vive fino a 200 metri di profondità in luoghi con scarsa vegetazione e in zone poco illuminate. Il Corallium rubrum è un corallo che non mancherà di essere trovato dai sub che vogliono esplorare delle grotte sottomarine o dei luoghi ombrosi come strapiombi e fenditure tra le rocce. Solo partendo dai 20 metri di profondità possiamo incominciare a trovare questo corallo rosso. Il Corallium rubrum prende il suo nome da “Corallium” che significa appunto “Corallo” e da “rubrum” che significa “rubino” per via del suo color rosso acceso, infatti, molti lo conoscono semplicemente con il nome comune di “Corallo Rubino”.
Questi bellissimi coralli crescono molto lentamente, circa tre o quattro centimetri l’anno, ma con il tempo riescono a formare delle colonie molto ramificate che possono arrivare a crescere non oltre i trenta centimetri di altezza. Questo corallo rosso in realtà, può avere anche diversi colori a parte il rosso rubino come ad esempio neri, bianchi e molto raramente anche di color rosa pallido. I polipi del Corallium rubrum sono di color bianco e sono lunghi solo pochi millimetri, dotati di otto tentacoli che si possono vedere solo quando si estroflessono per poter catturare cibo come plancton e altre sostanze nutritive che possono riuscire a catturare.
Possiedono uno scheletro di tipo calcareo veramente molto duro che lo rende un ottimo materiale per poter realizzare dei gioielli, infatti, molti conoscono i coralli rossi solo perché li hanno visti in qualche gioielleria. Il “Corallium rubrum” si riproduce rilasciando delle larve che trasportate dalla corrente dell’acqua si poggiano sul substrato dando vita a un nuovo corallo. Questi coralli hanno una forma che li rende molto facili da poter spezzare, l’uomo ha abusato parecchio sulla raccolta di questi coralli.
I coralli duri sono quelli che costituiscono la vera barriera corallina; sono detti ermatipici e sono spesso associati a delle alghe unicellulari chiamate zooxantelle. Queste alghe simbiotiche, sono contenute in grande numero nei tessuti dei polipi corallini (si è stimato la presenza di oltre un milione di cellule per centimetro cubico) e queste ultime sono in grado di favorire la sintesi del calcare dei coralli stessi e, inoltre, hanno anche lo scopo di fornire e elaborare le sostanze nutrienti. Questi coralli costruttori o Madreporari, hanno anche un’altra caratteristica che li accomuna tra di loro: i tentacoli dei loro polipi sono sempre in numero di 6 o multipli di 6 e sono inclusi nella sottoclasse degli Esacoralli. A questa sottoclasse appartengono vari generi quali ad esempio: Acropora, Favites, Pachyseris, Goniastrea, Caryophyllia.
All’altro gruppo appartengono i coralli molli, termine comunque non proprio corretto. Questi animali possono crescere anche senza sostegni rigidi e nel corso della loro storia evolutiva, hanno quindi rinunciato ad avere uno scheletro, adottando strutture meno "pesanti". Infatti il loro corpo è composto di una massa di cellule dalla consistenza gelatinosa e compatta. I loro polipi hanno sempre 8 tentacoli e perciò appartengono alla sottoclasse degli Ottocoralli. Sono chiamati anche coralli aermatipici, coralli che non intervengono nelle costruzioni di scogliere. Ne fanno parte tra l’altro gli ordini Gorgonacea, con vari generi e specie quali ad esempio, il corallo rosso Corallium rubrum, Eunicella, etc. Negli altri ordini, vi troviamo gli Alcionacei con i generi Sarcophyton, Lythophyton, Alcyonium. Altro gruppo, è quello delle Pematulacea (penne di mare), con alcuni generi quali Pteroeides, Pinnatula, Veretillum.
Questi organismi hanno una lunga storia evolutiva alle spalle, apparvero già nel Cambriano 540 - 490 milioni di anni fa, primo periodo dell’era Paleozoica. Si trasformarono e prosperarono nelle successive ere superando indenni le varie estinzioni di massa, giungendo fino a noi con forme e colori di straordinaria bellezza. Termino ricordando che i coralli crescono da 1 millimetro a 3 centimetri l’anno, quindi per esempio, una formazione corallina di qualche metro può avere bisogno di millenni per formarsi, ma per far questo il corallo necessita di condizioni biologiche ben precise, quali acqua pulita, limpida, ben areata e a temperatura costante.
Per quanto riguarda le gorgonie, anche nella secca dei Francesi, ad una profondità di circa 60 mt, si osservano formazioni rare di corallo nero Antipathes dicotoma, queste amano un fondale duro e le correnti ricche di nutrienti. Una formazione particolarmente folta di questi organismi, che sono allo studio da parte dei ricercatori provenienti da tutto il mondo. Il falso corallo nero mediterraneo, Savaglia savaglia, è abbondante anche nei fondali del Mar Ligure, a Portofino.
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