domenica 3 gennaio 2016

MAR LIGURE



In antichità il mar Ligure si chiamava, in latino, Mare Ligusticum, il mare che bagnava le terre abitate dagli antichi Liguri. Nel V secolo a.C. il territorio abitato da questa popolazione si estendeva ben oltre i confini dell'attuale Liguria e la stessa Repubblica di Genova, comprendendo parte dell'attuale costa francese e di quella toscana fino all'altezza di Livorno.
Il mar Ligure a sud-ovest è delimitato da una linea immaginaria che collega Punta di Revellata, a ovest di Calvi, nella Corsica settentrionale, con Capo Ferrato ad est di Nizza, mentre il confine sud-orientale, che lo delimita dal mar Tirreno, corre tra Capo Corso e il promontorio di Piombino, passando attraverso il canale di Corsica, l'Isola d'Elba e il canale di Piombino.

Tuttavia, l'Organizzazione idrografica internazionale, in un documento del 1953 tuttora in vigore, stabilisce che il confine sud-occidentale è delimitato da una linea immaginaria che congiunge Capo Corso con il confine tra Italia e Francia (Ponte San Luigi), mentre il confine sud-orientale è delimitato da una linea che va da Capo Corso all'isola del Tinetto, quindi da una linea che congiunge l'isola del Tino e la Palmaria fino a Punta San Pietro, nei pressi del golfo della Spezia. Questo confine è in via di ridefinizione: infatti la stessa Organizzazione ha pubblicato una bozza del documento definitivo sui limiti dei mari che fa coincidere il confine sud-orientale del mar Ligure con una linea che unisce la costa toscana lungo il 43º parallelo al Capo Corso e quindi fino a Capo Grosso.

La definizione tuttora in vigore presso l'Organizzazione idrografica internazionale corrisponde grosso modo a quella tradizionale, la quale attribuisce l'intera costa toscana (fino alla foce della Magra) al mar Tirreno (con l'eccezione del golfo della Spezia e del promontorio del monte Marcello da Lerici ad Ameglia, che secondo l'Organizzazione sarebbe parte del Tirreno). Questa versione tradizionale dei confini ha portato a varie conseguenze: vicino Pisa negli anni trenta è stata fondata una località balneare denominata Tirrenia; il quotidiano di Livorno si chiama Il Tirreno e Viareggio come pure Castiglioncello sono popolarmente definite le Perle del Tirreno. Occorre tuttavia considerare che nelle carte dell'Ottocento il mare che bagnava la Toscana era talvolta chiamato semplicemente Mare Toscano.

Il mar Ligure bagna le coste della Liguria (la Riviera ligure), parte di quelle della Toscana (la Riviera apuana, la Versilia, il litorale pisano e la costa degli Etruschi, ovvero il litorale tra Livorno e Piombino), quelle dei dipartimenti francesi dell'Alta Corsica e delle Alpi Marittime (Costa Azzurra) e quelle del principato di Monaco, nonché le secche della Meloria, le isole di Capraia e Gorgona e la costa settentrionale dell'Isola d'Elba, aree rinomate per le bellezze paesaggistiche e il clima mite. Nella parte più settentrionale si trova il golfo di Genova che ne è interamente compreso.

Il mare riceve da est le acque dell'Arno e di molti altri fiumi di origine appenninica come il Serchio e la Magra.
Lungo le sue coste si trovano importanti scali portuali commerciali dei quali il maggiore è il porto di Genova. Altri porti di rilievo sono quelli di Mentone, Savona, della Spezia, di Carrara, di Piombino e di Livorno.



Il mar Ligure raggiunge a nord-ovest della Corsica una profondità massima di più di 2 850 m.

Tra le specie che vivono nel mar Ligure e che risalgono i fiumi che sfociano in questo mare per riprodursi vi è la cheppia (Alosa fallax).

Nel 1996 l'Italia ha istituito il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano grazie al quale sono salvaguardate le sette isole maggiori dell'arcipelago e i fondali con tutta l'importante fauna sia del mar Tirreno sia del Ligure. È attualmente il più grande parco marino d'Europa.

Nel 1999 è stato istituito il Parco nazionale delle Cinque Terre, in Liguria, interamente nella Provincia della Spezia, che per le bellezze naturalistiche del suo territorio è un'importante meta turistica per chi è interessato non esclusivamente al turismo balneare.

Allo scopo di proteggere le numerose specie di cetacei presenti nel mar Ligure, la Francia e l'Italia lo hanno classificato nel 1999 come SPAMI Specially Protected Areas of Mediterranean Importance (ovvero area del mare Mediterraneo di particolare importanza).

Il Santuario dei Cetacei del mar Ligure copre un'area di 84 000 km² nella zona di mare aperto davanti al confine tra Francia e Italia. È una delle zone del Mediterraneo dove con più facilità è possibile avvistare gruppi di cetacei.

Da trent’anni quest’area del Mediterraneo è presidiata e monitorata dall’Istituto Tethys, che alla fine degli anni Ottanta promosse la creazione del Santuario. Il numero dei capodogli individuati e foto-identificati in trent’anni è arrivato a 158 e a 568 quello delle balenottere comuni (il secondo animale più grande mai esistito sulla terra, 24 metri di lunghezza per un peso compreso tra le 50 e le 80 tonnellate). I biologi marini di Tethys percorrono in lungo e in largo questo mare, cinque mesi all’anno, con il motorsailer di 21 metri, Pelagos , un laboratorio galleggiante, dotato di sofisticata strumentazione. Questo mare, ci racconta Sabrina Airoldi, direttore del progetto di ricerca che Tethys conduce nelle acque del Santuario, ha un patrimonio di inestimabile valore di cui molti ancora ignorano l’esistenza. E’ possibile incontrare già a poche miglia dal porto di San Remo le stenelle, una delle specie più numerose di delfini che abitano queste acque e non si stancano di fare bowriding a prua. I capodogli si cercano con l’ausilio di un idrofono calato a duecento metri di profondità. Non è raro trovarli nei profondi canyon nelle acque antistanti a Bordighera, passato Capo Sant’Ampelio. Né è più raro incrociare Caretta Caretta e Mola Mola (pesci Luna) in mare aperto.

Il «catalogo» dei ricercatori annovera anche 342 grampi, 104 globicefali, 74 tursiopi, 49 zifii e 3 delfini comuni e viene costantemente implementato dai nuovi avvistamenti. Molti sono i loro nemici: il traffico marittimo delle grandi navi (ogni giorno 3 balene sono a rischio collisione), l’inquinamento chimico e acustico, la presenza di nanoplastiche, le reti pelagiche derivanti, presenti seppur illegali. Non ultimo, le colonie galleggianti di Velella Velella, che stanno invadendo a bilioni il Mediterraneo, cresciute in modo spropositato a causa di una pesca senza controllo dei predatori di meduse come tonni e pesci spada. Quella che i ricercatori considerano una vera emergenza.



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