venerdì 15 gennaio 2016

LA CORSICA



La Corsica  è un'isola appartenente politicamente alla Francia, ma geograficamente alla regione geografica italiana. Per estensione la quarta isola del Mediterraneo (dopo Sicilia, Sardegna e Cipro), separata dalla Sardegna dal breve tratto delle Bocche di Bonifacio, emerge come una grande catena montuosa ricca di foreste dal mar Mediterraneo, segnando il confine tra la sua parte occidentale, il mar Tirreno e il mar Ligure.

Crocevia da 4.000 anni di rotte e di popoli, l'isola, secondo un'ormai consolidata leggenda, venne chiamata Kallíste dai Greci; altri nomi antichi furono Cyrnos, Cernealis, Corsis e Cirné. Oggi è chiamata "l'Île de Beauté", ovvero "l'isola della bellezza". È conosciuta come il luogo natale di Napoleone (nato nel 1769 ad Ajaccio, tre mesi dopo l'invasione contro la Repubblica Corsa di Pasquale Paoli e un anno dopo che l'isola era stata ceduta in pegno per debiti a Luigi XV dalla Repubblica di Genova).

Situata in posizione strategica nel Mar Mediterraneo occidentale, la Corsica suscitò l'interesse dei popoli e degli Stati che, via via, si sono mossi su quel mare come commercianti o come conquistatori.

Liguri, Fenici, Greci, Etruschi, Romani, Vandali, Bizantini, Pisani, Aragonesi, Genovesi e, per ultimo, i Francesi (che, con il Trattato di Versailles del 1768 di fatto costrinsero la Repubblica di Genova a cedere l'isola, e subito dopo l'annessero), si sono fatti signori di Corsica durante il trascorrere di oltre due millenni.

Tra i periodi di autonomia ed indipendenza degli isolani si ricorda quello repubblicano, compreso tra il 1755 e 1769. Durante gli anni della lotta contro Genova e poi contro la Francia, la Corsica indipendente di Pasquale Paoli si guadagnò la simpatia dei più illuminati intellettuali europei, da Rousseau a James Boswell a Voltaire, che celebrò ammirato l'eroismo mostrato dai còrsi contro una schiacciante superiorità militare francese nella Battaglia di Ponte Nuovo (1769), segnante la fine dell'effimero (1755-1769) generalato paolino della Repubblica Corsa.

Nel 1755 vi fu un'insurrezione popolare contro il dominio della Repubblica di Genova, guidata dal patriota illuminista corso Pasquale Paoli. Quest'ultimo istituì la cosiddetta Repubblica Corsa, il primo Stato europeo dotato di una Costituzione democratica e moderna, compreso il diritto di voto alle donne; scritta in italiano, definita la lingua "colta", tale Costituzione fu in parte ispirata dalle idee di Rousseau e dalle idee illuministe dello stesso Paoli, che si era formato all'Università di Napoli.

Dopo alcuni anni d'indipendenza corsa, nel 1764 la Repubblica di Genova chiese aiuto al Re Luigi XV di Francia per riconquistare l'isola, fino ad indebitarsi gravemente con gli stessi francesi. I diritti sull'isola furono quindi ceduti a questi ultimi (con facoltà di riscatto) per due milioni circa di lire dell'epoca, attraverso il Trattato di Versailles del 1768.
Un anno dopo, l'8 maggio 1769, con la battaglia di Ponte Nuovo, l'esercito francese guidato dal Conte di Vaux completò la riconquista dell'isola.

Geografia ed orografia in Corsica hanno avuto conseguenze storiche forse più spiccate che altrove. Contraddistinta da una relativa scarsità di approdi e, soprattutto, di pianure, la Corsica è un'autentica "montagna in mezzo al mare" attraversata com'è, da nord-ovest a sud-est, da un formidabile sistema di catene montuose le cui cime superano spesso i 2.500 metri. Tali cime culminano nei 2 706 metri del monte Cinto, la cui vetta – spesso innevata anche d'estate – dista solo 28 km dal mare a ponente, illustrando così assai bene lo sviluppo verticale più che orizzontale di questa terra.

Questo sistema montuoso ha da sempre diviso la Corsica in due parti: avendo come riferimento la penisola italiana, quella a Nord-Est (oggi Haute-Corse), detta storicamente "Banda di dentro", "Di qua dai monti" (Deçà des Monts) o "Cismonte", e quella a Sud-Ovest (oggi Corse du Sud), detta "Banda di fuori", "Di là dai monti" (Delà des Monts) o "Pumonte". I passi che attraversano le montagne – molti dei quali sono situati oltre i 1.000 metri – erano bloccati anche per settimane dalle nevicate, venendo così a costituire, assieme ai monti, più una barriera che un vero collegamento tra le due sub-regioni. Ancora, le ripide vallate, spesso prive di collegamenti tra loro anche nell'ambito della stessa Banda, tracciano come una ragnatela a compartimenti stagni nell'entroterra còrso.

Se da un lato queste caratteristiche del terreno hanno reso lungo e difficile il compito agli invasori, rendendone lenta la penetrazione (e abituando la popolazione a fare di guerra e guerriglia il proprio pane quotidiano per secoli), dall'altro hanno contribuito decisivamente a tenere sempre relativamente bassa la densità di popolazione e a separare gli isolani tra loro.

Il versante settentrionale, rivolto all'Italia, ha subito una maggiore influenza dalla penisola, sia sul piano politico-sociale, sia su quello linguistico, mentre la parte sud-occidentale ha mantenuto un'originalità più spiccata (ma goduto di un minore progresso politico, almeno sino al periodo francese), mentre il radicamento della popolazione nelle vallate montane – tutte le maggiori città sul mare sono state fondate o sviluppate dagli invasori – ha generato e diffuso ovunque una tendenza al particolarismo a volte spinta sino a sfociare in una sorta di isolazionismo, la cui conseguenza forse più drammatica fu il diffondersi e l'affermarsi, per secoli, della piaga della vendetta (simile alla disamistade diffusa nella vicina Sardegna ed alla faida nell'Italia meridionale e in Sicilia) quale sistema sommario di giustizia e del diffuso fenomeno del banditismo.

La grande divisione orografica longitudinale e quelle (minori, ma a volte non meno importanti) trasversali, più marcate nella zona sud-occidentale, hanno dunque contribuito a creare nell'isola confini ideali, sociali, linguistici e politici. Tali confini, filtrati dalla storia, si sono tradotti nelle suddivisioni amministrative che, con poche variazioni, sono rimaste immutate sino ai giorni nostri. I due dipartimenti (Départements 2A/2B), reintrodotti dalla Francia nel 1975 (dopo un'analoga parentesi tra 1793 e 1811), ricalcano i confini storici di Pumonte e Cismonte, mentre gli attuali Cantoni (Cantons) corrispondono in buona parte all'antico sistema delle Pievi (suddivisione amministrativa del territorio delle parrocchie), sviluppato durante i secoli del dominio genovese (1284-1768).

La polverizzazione del tessuto socio-politico, oltre a generare la citata piaga della vendetta ed a prevenire il decollo dell'economia (rimasta in buona parte autarchica sino al XX secolo), ha forgiato il carattere della popolazione, fortemente legata ad un'organizzazione per clan familiari raramente alleati tra loro oltre i confini di una singola Pieve.

Questa situazione, sfruttata sia dai Signori locali (a volte diretti responsabili di interventi stranieri, invocati per risolvere i conflitti locali), sia da entità amministrative esterne, ha contribuito in modo decisivo ad impedire lo sviluppo di un disegno politico condiviso di unificazione davvero radicato e coerente, rendendo vani od effimeri tutti i tentativi di indipendenza.

Per secoli questo stato di cose spinse i còrsi all'emigrazione, prima come coloni verso la Sardegna, specialmente in Gallura, poi soprattutto come soldati di ventura (per secoli – e da prima dell'istituzione della Guardia Svizzera – la Guardia Corsa costituì la truppa scelta del Papa), infine trovando sbocco soprattutto nell'amministrazione statale e coloniale francese (furono numerosissimi i còrsi emigrati in Algeria, in Indocina e nelle altre colonie francesi). La forte emigrazione ha portato alla creazione di una vasta diaspora, tanto che oggi essa conta più còrsi nati o residenti fuori dall'isola di quelli presenti in Corsica stessa.

Considerata la circostanza della nascita di Napoleone in Corsica in coincidenza con l'occupazione francese dell'isola – e coerentemente con il proprio disegno unificatore già delineato dalla Rivoluzione – la Francia applicò il proprio modello amministrativo, culturale e, per certi versi, di sviluppo economico all'isola, considerata sin dall'Impero come territorio metropolitano. I còrsi si integrarono lentamente alla Francia più per le possibilità loro offerte dalla metropoli e dalla sua espansione coloniale che per le sirene della retorica nazionalista d'oltralpe. Sino a oltre metà Ottocento, l'Italiano continuò ad essere la lingua – anche scritta – più diffusa nell'isola (e lo era sempre stata, sin da quando aveva sostituito il Latino); l'uso del francese dovette essere imposto per legge. Quando, nel 1889, le ossa di Pasquale Paoli furono traslate dall'Abbazia di Westminster, dove il patriota còrso era stato sepolto essendo morto in esilio a Londra nel 1807, nella tomba di famiglia presso la casa natale a Stretta di Morosaglia (in còrso Merusaglia), la lapide fu scritta in italiano. Con l'avvio del processo di unificazione italiano, Napoleone III proibi l'uso dell'italiano sull'isola, onde evitare eventuali rivendicazioni future.

Almeno sino alla fine del XIX secolo, la penetrazione culturale ed economica francese – contrastata armi in pugno sino al primo ventennio dell'Ottocento, sia pure con forza via via decrescente – nell'interno della Corsica rimase modesta e il francese non diverrà lingua veicolare diffusa ovunque sino a metà del XX secolo. A dispetto degli sforzi profusi soprattutto da Napoleone III per abbellire la capitale dell'isola e provvedere alla creazione di infrastrutture di trasporto, il culto bonapartista, largamente incoraggiato, è rimasto sempre sostanzialmente limitato alla zona di Ajaccio, dove è sopravvissuto sino ai giorni nostri. Non che ciò sia ragione di meraviglia, in considerazione dell'atavica rivalità tra còrsi già illustrata.

La prima guerra mondiale, cui i corsi pagarono un rilevante tributo di sangue essendo caduti in decine di migliaia nel fronte franco-tedesco, ebbe un ruolo notevole, assieme all'avvento dello sviluppo industriale ed all'apice raggiunto dall'espansione coloniale francese, nel perfezionare l'integrazione della Corsica nell'ambito della Francia: oltre al vistoso decremento demografico indotto dalla guerra, la conseguente crisi economica incrementò l'emigrazione dall'isola che vide ridursi sostanzialmente la propria popolazione e il proprio tenore di vita.

La Corsica fu coinvolta solo marginalmente nel processo di unificazione italiana, salvo l'eccezione di alcuni intellettuali locali che consideravano, come nei secoli passati, terraferma l'Italia piuttosto che il continente francese. Né vi fu mai da parte del Regno d'Italia, molto legato alla Francia sin dalla sua concezione, il minimo accenno concreto ad entrare in rotta di collisione con Parigi per la Corsica, neanche quando, con la caduta di Napoleone III nel 1870, Vittorio Emanuele II, non esitò a liquidare lo Stato Pontificio; ma non ci fu alcun tentativo per recuperare la Corsica e le altre terre italiane finite in mano francese (Nizza e Savoia).

Anche con il risorgere dell'autonomismo còrso all'alba del XX secolo e, soprattutto nel primo dopoguerra, con la fioritura di pubblicazioni in lingua corsa (tra tutte: A Muvra'), la franca ripresa del culto Paolista e la fondazione del Partitu Corsu d'Azione (analogo al Partito Sardo d'Azione), in Corsica non sorse nulla di simile ai movimenti irredentisti che s'erano sviluppati in Trentino, in Venezia Giulia e in Dalmazia.

I pochi irredentisti (Petru Rocca e Petru Giovacchini tra gli altri) erano lacerati dallo spirito atavico che sempre legava la gente di Corsica alla sua terra, prima che ad ogni altra cosa.

In tale situazione l'Italia fascista tentò nel 1938 di far leva sul mai del tutto sopito sentimento antifrancese e sulla crisi diffusa in Corsica, per crearvi un sostegno alle pretese espansioniste mussoliniane (che rivendicava all'Italia la Savoia, la Contea di Nizza e la Corsica). Se alcuni intellettuali còrsi raccolsero l'appello (più per sentimento di estraneità al contesto francese che per adesione all'ideologia fascista), la maggioranza lo respinse e la Francia sfruttò questa frizione tra filoitaliani e indipendentisti a proprio favore.

L'occupazione militare italiana (novembre 1942 – settembre 1943) durante la Seconda guerra mondiale fu abbastanza pacificamente accettata dai Corsi che inizialmente accolsero gli italiani come liberatori, alcuni, tra cui i “Gruppi di azione irredentista corsa” l'appoggiarono apertamente, chiedendo l'unione della Corsica al Regno d'Italia. Nell'estate del 1943 la Francia cercò di creare gruppi di resistenza antiitaliana, facendo leva su gruppi dissidenti e su corsi legati all'apparato burocratico francese. Iniziò così l'attività partigiana e la repressione violenta della Resistenza operata in Corsica dall'OVRA che alienò le simpatie di molti corsi verso l'Italia.

Dall'8 settembre 1943 al 5 ottobre successivo, gli 80 000 militari delle forze italiane di occupazione ebbero – unico caso nel quadro del generale disastro di quei giorni – un ruolo decisivo nello sconfiggere e cacciare le truppe corazzate tedesche dall'isola, combattendo a fianco di circa 10.000 partigiani della resistenza còrsa e di circa 6.000 soldati coloniali francesi. Il sangue dei quasi 700 caduti italiani, tuttavia, non valse a sanare la ferita aperta dal proditorio attacco di Mussolini alla Francia. Anzi, lo sforzo nazionalista francese, impersonato da De Gaulle, nel celebrare la Corsica come "primo dipartimento francese liberato", ignorò il contributo di sangue versato dai soldati italiani per scacciare la Wehrmacht dall'isola.

Dopo la guerra, la Francia condannò a morte sette irredentisti filo-italiani fra i quali Petru Giovacchini che tuttavia, come altri, sfuggì alla pena essendosi rifugiato in Italia. Altri irredentisti furono condannati a varie pene detentive, Petru Rocca a 15 di lavori forzati da scontarsi alla Caienna (Guiana francese). Il colonnello Simon Cristofini venne invece fucilato ad Algeri nel 1944 con l'accusa di tradimento e la moglie, Marta Renucci, prima giornalista della Corsica, fu condannata a 15 anni di prigione.

Integrata nella repubblica francese, la Corsica dell'ultimo dopoguerra non ha trovato la pace malgrado il declino di lingua e tradizioni locali, accelerato dalla modernizzazione e dalla globalizzazione.

All'indomani dell'indipendenza dell'Algeria 1962 il governo di Parigi dispose il trasferimento in Corsica di decine di migliaia di rimpatriati francesi (pieds-noirs), alterando significativamente il quadro demografico ed economico locale. Questo evento, sommato ad una serie di scandali politici e finanziari, portò alla nascita di movimenti regionalisti che presto si trasformano in autonomisti (1966-1973).

La mancanza di risposte politiche adeguate da parte del governo francese ai problemi che esso stesso aveva contribuito a creare finì per esasperare la situazione: così, nel 1975 (Fatti di Aleria), si giunse alla rinascita di movimenti indipendentisti e, nel 1976 alla lotta armata promossa dal FLNC (Fronte di Liberazione Naziunalista Corsu).

Mai del tutto esauritasi e caratterizzata da migliaia di attentati dinamitardi eseguiti in Corsica (ma anche in Francia), la lotta armata indipendentista, sovente divisa al suo interno, si è data nel corso degli anni un volto politico e ha fatto sentire il suo peso utilizzando sempre più metodi pacifici e democratici.



Sostenuti alle elezioni da una parte sempre significativa (ma mai maggioritaria) della popolazione Còrsa, autonomisti e indipendentisti hanno ottenuto diversi successi, alcuni dei quali storici, come la riapertura (1981) a Corte dell'università di Corsica fondata da Pasquale Paoli (chiusa dallo Stato francese non appena ebbe il controllo pieno dell'isola e mai più riaperta).

Un anno dopo (1982) il Parlamento francese ha dotato l'isola di uno statuto particolare, che sarà riformato nel 1991, con il trasferimento all'Assemblea di Corsica (eletta a suffragio universale) di numerose competenze in materia culturale, economica e sociale.

Inquinata dal perdurare della violenza (su tutti l'affare non del tutto chiarito dell'assassinio del prefetto Claude Erignac il 6 febbraio 1998 ad Ajaccio), la lotta politica senza esclusione di colpi tra autonomisti ed indipendentisti da una parte, e uomini politici còrsi aderenti ai partiti nazionali francesi (sovente indicati in Corsica con l'appellativo dispregiativo di clanisti) dall'altra, ha tuttavia costituito un freno notevole alle realizzazione concrete promesse dalle riforme introdotte (incluso l'insegnamento facoltativo della lingua còrsa nelle scuole), e ancor oggi la Corsica è una delle regioni più depresse e afflitte da problemi sociali dello Stato francese.

L'italiano fu lingua ufficiale dell'isola fino al 9 maggio 1859: da allora lo divenne infatti il francese, dando inizio a un processo di assimilazione linguistica che, proseguendo ancor oggi, investì non solo l'italiano, ma anche il corso, lingua afferente all'area romanza e connessa al gruppo dei dialetti toscani.

Il corso viene comunemente distinto in due macro-varianti principali:
il cismontano (supranacciu), nei due terzi settentrionali dell'isola (Bastia, Corte, Calvi, Isola Rossa, Aleria, Cervione, Vico, San Fiorenzo, Rogliano), che risente di forti influssi toscani ma costituisce la variante più diffusa e standardizzata; il dialetto parlato a Bastia, sulla costa nord-orientale e soprattutto nella penisola del Capo Corso, è tra l'altro la varietà più affine all'italiano standard e forse l'idioma più simile ad esso, subito dopo il dialetto fiorentino;
l'oltremontano (suttanacciu), nella parte meridionale (Ajaccio, Sartena, Porto Vecchio, Propriano, Zicavo) dell'isola, che specie nelle sue versioni meridionali costituisce la variante più arcaica e conservativa del corso, fortemente imparentata col gallurese (gadduresu) del nord Sardegna, ivi portato dai marinai e coloni corsi, e col sassarese (sassaresu), nato da un substrato comune al corso ma evolutosi autonomamente.
A Bonifacio e a Calvi è poi presente un'isola linguistica del ligure coloniale (bunifazzinu), tuttora insegnato (ma facoltativo) nelle scuole primarie. I già citati idiomi sardo-corsi del nord della Sardegna (gallurese e sassarese) presentano notevoli affinità lessicali e grammaticali con i dialetti della Corsica meridionale: in particolare, il gallurese parlato in Gallura nel nord-est dell'isola (circondario di Tempio Pausania e a La Maddalena) può essere classificato come una variante del corso meridionale. Presenta inoltre forti influenze corse anche l'ormai estinto dialetto della vicina isola di Capraia.

Dal 2002 è intervenuta una disciplina organica in base alla quale la lingua corsa è inserita nell'orario normale di insegnamento delle scuole elementari della Corsica. Tale insegnamento non deve tuttavia avere carattere obbligatorio e non deve condurre ad una disparità di trattamento tra gli studenti.

Al còrso è riconosciuto lo status di lingua regionale francese e, il 17 maggio 2013, l'Assemblea della Corsica ha votato la co-ufficialità di còrso e francese con 36 voti a favore e 11 astenuti, mentre 4 erano assenti. Purtuttavia, è da notare a tal riguardo il fatto che la Francia, come del resto l'Italia, non ha ancora ratificato la carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

"L'isola della bellezza", come si usava chiamare, è una vera montagna nel mare ".

Il suo punto più alto è il Monte Cinto: è picchi a 2 710 metri e si trova a soli 25 km dal mare! L'isola ha anche molte cime aumento di oltre 2.000 metri (Ritondu Monte, Monte Pedru, Paglia Orba, Monte d'Oro, Monte Renoso, ...).

L'isola ha una superficie di 8 722 km2 di cui oltre 1 000 km di costa (baie, spiagge sabbiose e rocciose).
La costa occidentale è più diviso, perché esposta a venti dominanti. Molti golfi profondi sono presenti su questa costa. La sponda orientale è più lineare: non ci sono lunghi, piatti tratto di litorale della pianura orientale.

L'isola ha anche molti fiumi e laghi sono bellissimi paesaggi della Corsica. Il fiume più lungo in Corsica è il Golo, lungo 80 km. 43 laghi glaciali si trovano in alta montagna.

La Corsica è riuscita a preservare le aree naturali in un parco internazionale marino, riserve naturali (i più noti sono quelli di Scandola, nord-ovest dell'isola, e Bonifacio, la più meridionale) e il Parco Naturale Regional de Corse.

La Corsica è una delle regioni francesi più povere e più svantaggiate da un punto di vista economico, malgrado il notevole sviluppo del turismo nell'ultimo dopoguerra.

Il prodotto interno lordo (PIL) della regione nel 2003 è stato pari a 5.455 milioni di Euro, di gran lunga il minore tra tutte le regioni francesi (il penultimo, quello del Limousin è quasi tre volte maggiore, 15.408 milioni di Euro), ed è pari ad appena lo 0,35% del totale della Francia metropolitana (1.560.192 milioni di Euro). Anche considerando il PIL per abitante, la Corsica resta il fanalino di coda, con 20.149 Euro (penultimo il Languedoc-Roussillon, 20.279 Euro), un dato impressionante (-5.842 Euro) se paragonato alla media nazionale, pari a 25.991 Euro.

Se si fa l'eccezione della microregione del Capo Còrso e di qualche piazzaforte costiera, la Corsica non ha avuto in epoca moderna, come la vicina Sardegna, una vera e propria vocazione marittima, affidandosi per lo più (e sino ad epoche recenti) a un'economia basata su un'agricoltura ed una pastorizia (capre e pecore) quasi esclusivamente di sussistenza, anche se Genova, in particolare, prese misure atte a favorire lo sviluppo delle colture boschive (soprattutto castagni e larici) che fornivano ottimo legname per costruzioni anche navali. I castagneti di Corsica, ancora oggi molto estesi, costituivano inoltre un'importante risorsa alimentare (è tuttora diffusa e tipica della gastronomia còrsa la pulenda di farina di castagne).

Dopo la conquista francese vi fu anche in Corsica il tentativo, come altrove, di introdurre le nuove tecniche di coltivazione razionale che venivano via via sviluppate, ma la forte emigrazione finì per rendere vani gran parte degli sforzi diretti a mettere a frutto le terre dell'isola.

Tale situazione si trascinò sostanzialmente sin sul finire degli anni cinquanta del XX secolo, quando furono varati da Parigi i primi piani organici di sviluppo e valorizzazione agricola, diretti essenzialmente alla bonifica ed alla messa a profitto delle terre della piana orientale tra Bastia e Solenzara, soprattutto per l'impiantazione di estesi vigneti e frutteti (da segnalare una buona produzione di clementine oltre ad alcuni vini a denominazione d'origine). Ancora oggi queste coltivazioni costituiscono, assieme al comparto edilizio, uno dei più importanti settori produttivi dell'isola, mentre l'allevamento (soprattutto ovino) ha uno scarso rilievo economico.

Pochissimo sviluppato è anche il settore manifatturiero, legato a piccoli nuclei industriali concentrati soprattutto attorno a Bastia. Da segnalare – in tempi recenti – l'apertura di uno stabilimento di componentistica aeronautica ed il discreto successo di una distilleria che produce un'originale birra còrsa aromatizzata alla castagna oltre alle attività industriali legate alla produzione agricola e alla conservazione e trasformazione dei suoi frutti.

Dopo vari tentativi di sfruttamento minerario, soprattutto a cavallo tra XIX e XX secolo, questo settore, rivelatosi non adeguatamente redditivo, è stato ormai del tutto abbandonato.

L'altra grande risorsa economica còrsa, il turismo, attivo quasi esclusivamente durante l'estate, non fornisce un reddito distribuito in modo omogeneo né sul territorio (gran parte dell'interno ne è pressoché tagliato fuori), né nell'arco dell'anno. Anzi, non esistendo tutele territoriali del mercato del lavoro, il settore, operando solo alcuni mesi l'anno, richiama un notevole numero di lavoratori stagionali dalla Francia continentale senza riuscire ad impiegare stabilmente la forza lavoro locale. Lo sfruttamento industriale del turismo, inoltre, genera continue tensioni (a esso sono legati anche numerosi attentati dinamitardi, tesi per lo più a bloccare iniziative speculative di cementificazione delle coste) legate al mancato reinvestimento nell'isola dei proventi assicurati dall'iniziativa francese ed europea (con qualche significativa presenza italiana) in tale settore.

Al primo gennaio 2004 esistevano in Corsica poco più di 20.000 imprese, 80% circa delle quali operanti nel settore terziario. Nel complesso circa il 25% degli stabilimenti è a carattere commerciale e il 50% dedicato ai servizi, in gran parte rappresentati da alberghi e ristoranti, con scarsa presenza nel settore dei servizi alle imprese. Le imprese sono abbastanza equamente distribuite nei due dipartimenti che compongono l'isola, con polarizzazione attorno ai maggiori centri dipartimentali (Bastia e Ajaccio) e in genere sulle coste interessate dallo sviluppo turistico ed agricolo.

Solo l'8% degli stabilimenti è a carattere industriale-produttivo (due terzi dei quali afferiscono al settore agroalimentare), mentre il 15% rimonta al settore delle costruzioni edilizie. La grande maggioranza delle imprese sono piccole e piccolissime: il 59% non ha dipendenti salariati e il 95% ne hanno meno di dieci. Le imprese più grandi (che però hanno subito un incremento numerico pari quasi al 50% tra 2000 e 2004) operano quasi tutte nel terziario. Tra il 1999 e il 2004 si è registrato un incremento del 17% nel numero complessivo delle imprese e, scomponendo il dato, vi si segnala una crescita del 23% tra quelle del settore edilizio e, nel settore dei servizi, un aumento significativo nei settori immobiliare e dei servizi alle imprese.

È enorme l'anomalia della variazione di popolazione dovuta all'immigrazione verso la Corsica: 39 volte superiore a quella registrata in Francia nel decennio.
Tuttavia, su una superficie pari all'1,60% dell'intera Francia, si ha solo lo 0,44% dei residenti complessivi.

Anche a causa della sua natura montuosa e povera di fertili pianure, la Corsica non è mai stata molto popolata.

In epoca antica, la popolazione venne valutata in 30.000 abitanti all'alba della colonizzazione romana, ed ancora intorno alla stessa cifra nel VI secolo, essendosi – in conseguenza delle invasioni barbariche – annullato qualsiasi incremento di popolazione (che certo v'era stato, specialmente a partire dall'età Antonina e che fu valutato superare i 100.000 abitanti secondo alcune fonti).

Non è possibile ricostruire accuratamente l'andamento della popolazione durante l'Alto Medioevo, ma per certo in Corsica sono venute a mancare per lunghi secoli le condizioni di base per un significativo sviluppo demografico, con la sicura decadenza della produzione agricola per conseguenza di una successione di invasioni e del continuo stato di anarchia feudale e di guerre (anche intestine) che afflissero lungamente l'isola.

Preparata dall'istituzione nel Nord dell'isola di un regime simile a quello comunale sviluppatosi in Italia, l'amministrazione pisana coincide con un rifiorire della regione e con un incremento demografico di rilievo, testimoniato dal fervore edilizio che caratterizza quest'epoca e del quale restano tuttora significative tracce.

Più tardi, i nuovi scontri e disordini che investiranno l'isola per secoli (inclusa la Peste), sino al pieno controllo da parte di Genova, non consentiranno un'espansione paragonabile a quella pisana e verso metà del XVIII secolo, poco prima di far parte dello Stato francese, la popolazione censita si aggira attorno alle 120.000 anime.

In questo quadro va tenuto conto che, almeno dal XV secolo si registra una notevole emigrazione verso l'Italia, con la creazione di significative colonie, come quelle presenti in Toscana, in Tuscia, a Napoli e a Roma (ove sino alla seconda metà del XVIII secolo il Papa si avvale del corpo militare della Guardia Corsa e si registrano un massimo di 900 famiglie corse in città, per una popolazione stimabile di almeno 3.000 persone).

Nel 1801 gli abitanti sono 164.000 e salgono a quasi 290.000 nel 1891.

La Prima guerra mondiale fa quasi scomparire un'intera generazione (circa 20.000 caduti, percentualmente una cifra assai maggiore di quella sofferta da qualsiasi altro distretto francese) e l'emigrazione, - intensa sino a circa metà del XX secolo – fa il resto, causando una brusca battuta d'arresto nella crescita demografica dell'isola, che nel 1946 aveva 268.000 abitanti e nel 1975 segnava gli stessi numeri del 1891.

Il numero registrato nel 1975 include l'arrivo di circa 15.000 pied noirs, rimpatriati dall'Algeria nei primi anni sessanta del secolo scorso ed installati da Parigi per lo più nella Piana Orientale, la parte più fertile dell'isola (lo sviluppo della regione, precedentemente malarica, era iniziato nel 1957). L'arrivo dei pied noirs fu vissuto come una vera e propria colonizzazione di popolamento ed una espropriazione di massa da gran parte dei corsi: a questo evento è legata la rivolta indipendentista scoppiata nel 1976.

Si aggiunga a questo che sino al 1982 i dati destinati al censimento erano sospettati d'essere gonfiati ad arte dai municipi allo scopo di ricavarne finanziamenti (va tenuto conto del fatto che moltissimi comuni corsi hanno meno di 100 abitanti) e si comprenderà come anche il dato del censimento del 1999 sia sconfortante, segnando appena poco più di 260.000 residenti, cui vanno a concorrere decine di migliaia di immigrati provenienti soprattutto dal Maghreb, dal Portogallo, dal resto della Francia e da altri Paesi.

L'ultimo rilevamento della popolazione segnala poco più di 275.000 ad inizio 2005, anche questo dovuto in massima parte all'immigrazione (funzionari pubblici, oltre a pensionati e lavoratori extracomunitari), mentre si registra una sempre maggiore polarizzazione della popolazione verso le uniche due vere città dell'isola, Bastia ed Ajaccio, che con i rispettivi hinterland raccolgono ormai circa il 60% degli abitanti dell'intera Corsica (mentre nessuno degli altri centri arriva ai 10.000 abitanti).

Questo vuol dire che, al di fuori delle due capitali di distretto, il resto dell'isola è abitato da circa 110.000 persone (una densità media di circa 15 abitanti/km²).

Il numero di corsi emigrati (a diaspura) si calcola in almeno un milione, includendo anche i discendenti degli emigrati che, da metà XIX secolo agli anni trenta del successivo, hanno lasciato in massa l'isola soprattutto verso il "continente" francese, le sue colonie (in prevalenza Algeria, Marocco, Indocina) e verso l'America Latina (soprattutto Venezuela e Porto Rico, isola nella quale circa il 4% della popolazione è d'origine corsa).

Se molti corsi sono emigrati dalla loro isola, altre popolazioni hanno contribuito ad un suo ripopolamento.

Oggi sono presenti in Corsica alcune migliaia di cittadini italiani. L'immigrazione italiana, facilitata da sempre oltre che dalla vicinanza dell'isola alle coste toscane e sarde, anche dall'intercomprensione naturale tra locutori di lingua italiana e corsa, è stata a lungo rilevante. Per secoli (e soprattutto nel XIX e sino all'alba del XX secolo) genti toscane, provenienti soprattutto dalle aree montane più depresse della Lunigiana e della Lucchesia emigrarono in Corsica, soprattutto verso il Cismonte e il Capo Corso, in via definitiva o regolarmente come lavoratori stagionali. In genere tali lavoratori, molto poveri, erano visti con un certo disprezzo dagli isolani e il termine "lucchese" è ancora oggi utilizzato in Corsica quale sinonimo, essenzialmente dispregiativo, di italiano.

Praticamente esauritosi con i primi decenni del secolo scorso il fenomeno dell'immigrazione dalla Toscana e dalla penisola italiana, in epoche più recenti si è avuto un discreto afflusso di Sardi che si sono installati soprattutto nella parte meridionale dell'isola. Alcuni di essi non hanno fatto che ripetere all'inverso il percorso seguito dai loro antenati: legami con la vicina Sardegna erano già presenti in epoca preistorica quando l'etnia nuragica dei Corsi abitava entrambe le sponde delle bocche di Bonifacio, e in epoca medievale coi giudicati, quando una popolazione eterogenea formata da sardi, corsi, toscani e liguri popolò il neonato villaggio di Sassari dando contemporaneamente origine alla lingua sassarese, parlata nei territori di influenza. A partire dal XIV-XV secolo, provenendo dal Pumonte andarono a ripopolare soprattutto la Gallura ed in generale il nord Sardegna, diffondendo sulla vicina isola la loro lingua evolutasi nel frattempo nel gallurese, nonché una ricca onomastica che comprende i Cossu (corso), Cosseddu (figlio di corso) e Cossiga (Corsica), e i cui discendenti includono il noto Francesco Cossiga.

Soprattutto nella seconda metà del Novecento è divenuto notevole l'afflusso di residenti provenienti dal resto della Francia, che costituiscono ancor oggi la maggioranza degli impiegati governativi e soprattutto nelle forze militari e di polizia, cui si aggiungono gli operanti nel settore turistico (notevole l'afflusso stagionale) e gli imprenditori agricoli, in particolare i pieds noirs rimpatriati dalle ex-colonie francesi (prevalentemente dall'Algeria) ed i loro associati e discendenti. Nella erosione delle comunità corsofone hanno avuto un ruolo decisivo la scolarizzazione sempre più estesa e la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, nonché lo stabilirsi in Corsica di decine e decine di migliaia di francofoni (inclusi corsi emigrati molto giovani in continente francese e nelle sue colonie e dei loro discendenti), concentrato soprattutto negli ultimi trent'anni, e la forte immigrazione dal Maghreb francofono (pari, per incidenza percentuale, solo a quella di Parigi).

Nel corso dell'anno 2009 si sono verificati nella Francia metropolitana 682 omicidi volontari e di essi 28 sono stati perpetrati in Corsica. Il tasso approssimativo di omicidi in rapporto alla popolazione risulta così essere di 1 ogni 95000 abitanti in Francia continentale e di 1 ogni 10800 abitanti in Corsica. La maggioranza dei crimini violenti sono commessi nella Corsica meridionale (dipartimento 2A) dove sono più attive le organizzazioni clandestine e maggiori gli intrecci affaristico-economici.

La Corsica è, dal punto di vista politico, integrata nello Stato francese come una regione detta "Collettività Territoriale", Collectivité territoriale de Corse (CTC), che comprende due Dipartimenti: Corsica del Sud, con capoluogo Ajaccio, e Alta Corsica, con capoluogo Bastia.

Alla regione, in quanto tale, fu riconosciuta maggiore autonomia solo a partire dal 13 maggio 1991, con una legge che istituì una Collectivité territoriale de la République in Corsica. A partire dal 1960 la Corsica era parte della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Nel 1972 alla Corsica fu concessa la denominazione – scarsamente significativa, da un punto di vista dell'autonomia concreta – di "Istituzione pubblica regionale" (établissement public régional). Nel 1975 l'isola fu concretamente staccata dalla regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra ed elevata a rango di 22ª regione metropolitana francese, comprendente due dipartimenti – allora istituiti dividendo l'unico dipartimento precedente che comprendeva l'intera isola – a loro volta suddivisi in 5 arrondissements (circondari). I circondari comprendono in tutto 52 Cantoni locali cui appartengono i 360 comuni dell'isola, molti dei quali contano meno di 100 abitanti.

La capitale della regione è Ajaccio dove hanno sede l'Esecutivo e l'Assemblea di Corsica.

Alla configurazione amministrativa attuale dell'isola si è giunti a seguito di una serie di successive riforme, l'ultima delle quali, mirante a riunificare i due dipartimenti ed a conferire maggiori poteri alla Collettività Territoriale, è stata respinta con ristretto margine a seguito di un referendum approvativo tenutosi nel 2003.

Alla riforma si opponevano sia i più partigiani sostenitori del forte centralismo dello Stato francese, temendo che la concessione di autonomie giudicate troppo ampie potesse costituire un pericoloso precedente, sia gli indipendentisti còrsi, che vedevano nella riforma un pretesto da parte dello Stato centrale per chiudere definitivamente il capitolo Corsica concedendo una configurazione amministrativa che, comunque, prevedeva autonomie e poteri in genere meno ampi di quelli di cui godono, ad esempio, le regioni a statuto speciale italiane e spagnole o i Länder tedeschi.

Nel corso del 2000, il Primo Ministro Lionel Jospin propose un piano di riforme e la concessione di autonomie inedite per la Francia in cambio della fine della violenza politica scatenata da quasi un trentennio dai movimenti clandestini indipendentisti còrsi. La riforma proposta prevedeva forme più estese di protezione (ma non la coufficialità) del còrso, dichiarato in pericolo di estinzione dall'UNESCO a seguito dell'assimilazione perseguita tradizionalmente dalla Francia anche verso altre sue regioni e lingue minoritarie.

L'opposizione a questo piano si concentrò con successo attorno ai gollisti, fautori della grandeur e timorosi che la concessione di troppo estese autonomie alla Corsica potesse condurre ad un effetto domino che, coinvolgendo regioni come l'Alsazia, il Paese Basco e la Bretagna, avrebbe messo in dubbio la stessa unità nazionale dell'esagono francese.

Dopo il tentativo di Jospin, il governo di Jean-Pierre Raffarin, con il contributo e l'impegno soprattutto del Ministro degli Interni Nicolas Sarkozy propose la soppressione dei due dipartimenti e la concessione di ulteriori poteri alla collettività territoriale. Il referendum approvativo della riforma si tenne il 6 luglio 2003: i "no" prevalsero, sebbene per un margine abbastanza ristretto.

La Corsica è pertanto governata attualmente secondo uno statuto e, soprattutto, uno schema amministrativo (regione/dipartimenti/circondari/cantoni/comuni), che non la differenzia – nella sostanza – dalle altre regioni francesi e che comunque vede come centrale la figura del Prefetto che governa l'isola direttamente per conto del governo di Parigi.

Diversi movimenti politici regionalisti (nationalistes) mettono in discussione tale situazione e reclamano, tra l'altro, esenzioni e vantaggi fiscali ben più estesi di quelli attualmente goduti dall'isola, maggiori poteri di autonomia ai governi locali, riconoscimento ufficiale della lingua còrsa e, relativamente ai gruppi politici più radicali, l'indipendenza totale dalla Francia. A tale proposito numerosi sondaggi hanno ripetutamente dimostrato che, se la maggioranza della popolazione còrsa è ampiamente favorevole a un regime di autonomia in seno alla Francia (il modello a cui guardano è lo statuto speciale della vicina Sardegna), solo una minoranza (attualmente il 10-15%) rivendica l'indipendenza.

Lo stato centrale non intende neanche discutere di indipendenza vera e propria (temendo, tra l'altro, che la questione còrsa potrebbe costituire un pericoloso precedente nonché un esempio seguito da altre sue regioni – in primo luogo i Dipartimenti d'Oltremare, ma anche le province basche – dando il via ad un parziale smembramento della Francia stessa) né, vista la sua Costituzione che prevede uno Stato fortemente centralizzato, ha largo spazio di manovra nella concessione di autonomie locali e regionali davvero estese.

D'altra parte la Corsica ricopre per la Francia una posizione chiave da un punto di vista strategico e militare sin dall'epoca dell'annessione nel 1769 e rappresenta, quale patria di Napoleone, un elemento dalla portata simbolica di non secondaria importanza nell'immaginario collettivo della comunità nazionale.

Ancora oggi l'isola ha per la Francia, così come la Sardegna per l'Italia, una notevole importanza dal punto di vista militare e strategico (presenza di importanti squadroni di cacciabombardieri presso la base aerea di Solenzara): anche in coordinamento con l'Italia e con la NATO, grandi porzioni del territorio còrso e sardo, assieme ai mari limitrofi, sono gravate da un complesso piuttosto esteso di servitù militari e poligoni di tiro internazionali.

Il calcio è uno sport popolarissimo in Corsica. La regione ha avuto, nel corso degli anni, tre squadre nella Lega Professionistica francese, un dato davvero notevole in proporzione alla limitata popolazione e al peso economico dell'isola. Dal 2002 al 2015 si sono alternati in Ligue 1 i due principali team calcistici dell'isola: l'AC Ajaccio e lo SC Bastia; quest'ultimo club vanta, nel proprio palmarès, 1 Coppa di Francia, 1 Supercoppa e la finale di Coppa UEFA del 1978. Per il campionato 2015-2016 risultano iscritte in Ligue 1 due squadre (SC Bastia e Gazélec Ajaccio, quest'ultimo per la prima volta) e una in Ligue 2 (AC Ajaccio)

Il Rally di Corsica (Tour de Corse) è un evento automobilistico tra i più importanti del mondo nel panorama del rally, che nel 2015, dopo un periodo di transizione, è tornato valido per il campionato del mondo rally (WRC). Molto spettacolare, per via delle continue curve e tornanti su strade asfaltate di montagna.

Per quanto riguarda la pallavolo in Corsica, un club còrso, il GFCO Ajaccio Volley-Ball, ha raggiunto alti livelli professionistici, avendo partecipato, dal 1997 al 2006, alla Pro A (l'equivalente della Serie A1 italiana di volley).

Negli sport individuali, dal 2006 si è messa in luce la tennista di origine corsa Marion Bartoli originaria di Palneca che si è ritirata nel 2013 dopo aver vinto un Grande Slam.




Nessun commento:

Posta un commento

Eseguiamo Siti e Blog a prezzi modici visita: www.cipiri.com .