giovedì 14 gennaio 2016

LA SARDEGNA



La Sardegna è la seconda isola più estesa del mar Mediterraneo. La posizione strategica della Sardegna al centro del Mediterraneo occidentale e la sua ricchezza mineraria ha favorito nell'antichità il suo popolamento e lo svilupparsi di traffici commerciali e scambi culturali tra i suoi abitanti e i popoli rivieraschi.
Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche.

La Sardegna è stata sin dagli albori della civiltà un attracco frequentato da quanti navigavano da una sponda all'altra del mar Mediterraneo occidentale in cerca di terre e sbocchi commerciali. Fu così che nella sua storia millenaria ha saputo trarre vantaggio sia dalla propria insularità - che ha permesso lo svilupparsi della Civiltà nuragica - sia dalla propria posizione strategica, in quanto luogo imprescindibile nella rete degli antichi percorsi.

Nel suo patrimonio storico e culturale sono abbondanti le testimonianze delle culture indigene ma anche gli influssi e le presenze delle maggiori potenze coloniali antiche.

Circa settemila nuraghi, mediamente uno ogni 3 km², centinaia di villaggi e tombe megalitiche sono la testimonianza di una singolare civiltà che si è sviluppata nell'isola a partire dal II millennio a.C. Il nuraghe era il centro della vita sociale degli antichi Sardi, ma, oltre alle torri, altre strutture caratterizzarono la loro cultura, come le tombe dei giganti (luoghi di sepoltura) le cui stele centrali possono arrivare fino a quattro metri d'altezza e i pozzi sacri (luoghi di culto) dalla raffinata tecnica costruttiva; un altro simbolo di questa civiltà sono i bronzetti, fusi mediante la tecnica della cera persa e arrivati numerosi fino ai giorni nostri.

I Nuragici erano un popolo di guerrieri e navigatori, di pastori e di contadini, suddiviso in tante tribù che abitavano nei cosiddetti "cantoni". Commerciavano con i Micenei e i Minoici, con i popoli Iberici, i Fenici e gli Etruschi, lungo rotte che attraversavano il mar Mediterraneo dalla Spagna al Libano. Il loro simbolo più conosciuto, il nuraghe, è stato classificato dall'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità, individuando in Su Nuraxi presso Barumini l'esempio più significativo.

Altro periodo storico singolare nel contesto mediterraneo fu quello giudicale, quando a partire dal IX secolo le istituzioni locali si riformarono, rendendosi autonome da Bisanzio; ebbe così inizio il periodo dei giudicati, una forma originale di governo che durò per i successivi seicento anni.

Nell'isola probabilmente si formò in origine un'unica entità statuale autonoma nella sostanza, su cui Bisanzio esercitava una autorità solo nominale. Solo dopo il tentativo di conquista musulmana da parte di Mujahid al-Amiri, sventato dai Sardi per terra e dalle flotte di Pisa e Genova per mare, si formarono i quattro regni indipendenti di Torres, di Gallura, di Arborea e di Calari che diedero vita ad una efficace organizzazione politica ed amministrativa caratterizzata da elementi di modernità rispetto ai regni coevi continentali. Il territorio era diviso in curatorie che, secondo alcuni studiosi, ricalcavano i confini degli antichi cantoni nuragici.

Grazie all'abbondanza di risorse naturali, prosperarono nuovamente l'agricoltura e la pastorizia; i commerci ebbero nuovo impulso e così le arti, come l'architettura in stile romanico pisano. Si sviluppò, inoltre, un sistema giuridico locale il cui apice fu raggiunto con la promulgazione della Carta de Logu arborense nel XIV secolo «considerata una delle più importanti Costituzioni di principi del Medioevo».

Tuttavia le ingerenze fra gli stessi Giudicati delle repubbliche marinare, in particolare di Pisa, si erano fatte col passare dei secoli sempre più insistenti e, al volgere del XIII secolo, solo il regno giudicale di Arborea era riuscito a mantenere la propria indipendenza e sovranità.

Il Regno di Sardegna fu istituito nel 1297 da papa Bonifacio VIII in ottemperanza al trattato di Anagni del 24 giugno 1295; venne istituito per risolvere la crisi politica e diplomatica sorta tra la Corona d'Aragona e il ducato d'Angiò a seguito della Guerra del Vespro per il controllo della Sicilia. L'atto di infeudazione, datato 5 aprile 1297, affermava che il regno apparteneva alla Chiesa e veniva dato in perpetuo ai re della Corona di Aragona in cambio di un giuramento di vassallaggio e del pagamento di un censo annuo.

Fu conquistato territorialmente a partire dal 1324 con la guerra mossa dagli aragonesi, in alleanza con i sardi arborensi, contro i pisani. La conquista fu successivamente a lungo contrastata dalla resistenza sull'isola dello stesso regno di Arborea e poté considerarsi parzialmente conclusa solo nel 1420, con l'acquisto dei rimanenti territori dall'ultimo Giudice per centomila fiorini d'oro.

Le istituzioni del Regno (aventi sede a Cagliari, la capitale), oltre al Vicerè, di nomina reale, erano le Cortes e la Real Udiencia: le Cortes erano un parlamento pattizio, in cui erano rappresentate le città regie, la chiesa e la nobiltà feudale; la Real Udiencia, istituita nel 1564, era il supremo tribunale del Regno, da cui deriva l'attuale Corte d'appello e, in assenza del Vicerè, ne assumeva i compiti di governo.

Con l'acuirsi delle scorrerie dei pirati saraceni, a partire dal XVI secolo fu impiantato un efficiente sistema di difesa con numerose torri litoranee e le piazzeforti di Alghero e Cagliari mentre nel XVII secolo furono fondate le due Università di Sassari e Cagliari.

Il Regno di Sardegna fece parte della Corona di Aragona fino al 1713 (anche dopo il matrimonio di Ferdinando II con Isabella di Castiglia, allorquando l'Aragona si legò prima alla Castiglia, e poi dal 1516, in epoca già asburgica, anche alle altre entità statuali da loro governate) quando subito dopo la guerra di successione spagnola, entrò a far parte dei domini degli Asburgo d'Austria; nel 1720 con il trattato dell'Aia la Sardegna venne ceduta, dopo la breve riconquista da parte della Spagna, a Vittorio Amedeo II, al tempo duca di Savoia. In cambio, all'Austria fu assegnata la Sicilia.

Nel 1847, con la cosiddetta Fusione perfetta, tutti i possedimenti della Casa Reale sabauda confluirono nel Regno; per mezzo di tale controverso atto giuridico scomparvero conseguentemente le ultime vestigia statuali acquisite in periodo iberico (carica vicereale, parlamento degli Stamenti, suprema corte della Reale Udienza). L'isola divenne così, nell'interpretazione che ne ha dato il Casula, una regione di uno Stato più ampio, dalla configurazione non più composta come lo era stato dopo il 1720, bensì unitaria. La residuale denominazione "Regno di Sardegna" venne mantenuta ancora per anni finché, una volta raggiunta l'unificazione politica della penisola italiana, mutò nome nel nuovo Regno d'Italia. Purtuttavia, l'inno del regno sabaudo rimase, fino all'instaurazione della repubblica italiana, s'hymnu sardu nationale (l'inno nazionale sardo), affiancato alla Marcia Reale.

Ben conosciuta nell'antichità sia dai Fenici che dai Greci, fu da questi ultimi chiamata Ichnussa o Sandalion per la somiglianza della conformazione costiera all'impronta di un piede (sandalo). Sempre i Greci la chiamarono anche Argyróphleps Nèsos ossia l'isola dalle vene d'argento per l'abbondanza nelle sue miniere di quel metall. Per loro la Sardegna era l'isola più grande di tutto il mar Mediterraneo e tale rimase nella conoscenza degli antichi navigatori per lungo tempo, in quanto la lunghezza delle coste sarde (1.232 km escluse le isole) è effettivamente maggiore di quelle siciliane o cretesi.

Secondo recenti studi linguistici, l'appellativo latino Sardinia deriverebbe da un'altra denominazione greca conosciuta come Sardò, nome di una leggendaria donna della quale si ha notizia nel Timeo di Platone e le cui origini venivano da Sàrdeis,capitale della Lidia, luogo dal quale Erodoto farà provenire sia le genti etrusche che quelle sarde.

Sallustio nel I secolo d.C. sosteneva che: «Sardus, generato da Ercole, insieme ad una grande moltitudine di uomini partito dalla Libia occupò la Sardegna e dal suo nome denominò l'isola», e Pausania nel II secolo d.C. confermava quanto detto da Sallustio aggiungendo che: «Sardo venne dalla Libia con un gruppo di coloni ed occupò l'Isola il cui antico nome, Ichnusa, mutò in Sardò». In una stele in pietra risalente all'VIII / IX secolo a.C. ritrovata nell'odierna Pula, centro comunale comprendente l'antica città di Nora, appare scritto in fenicio la parola b-šrdn che significa in Sardegna, a testimonianza che tale toponimo era già presente sull'Isola all'arrivo dei mercanti fenici.

Secondo alcune interpretazioni, gli antichi Sardi del periodo prenuragico e nuragico conservarono senza rilevanti alterazioni lingua e costumi pre-indoeuropei dell'Europa Antica. Secondo alcune teorie la lingua sardiana o protosarda sarebbe stata affine a quella etrusca, mentre secondo altre lo sarebbe stata con quelle basco-iberiche; un'altra ipotesi ancora suppone che nell'isola fossero presenti popolazioni contraddistinte sia da parlate indoeuropee che pre-indoeuropee.

In Sardegna si parlano oggi diverse lingue romanze: oltre all'italiano, introdotto per la prima volta nell'isola con un atto potestativo nel mese di luglio del 1760 e correntemente espresso dalla gran parte dei locutori nella sua variante regionale, la lingua più diffusa nell'isola è il sardo, ritenuta subito dopo l'italiano la più conservativa tra le lingue romanze. Parlata in larga parte dell'isola, essa è ripartita da una parte dei glottologi in due varianti fondamentali:
nel cosiddetto "capo di sopra" il sardo logudorese è la variante rimasta più simile al latino in desinenze e pronuncia e generalmente considerata quella di maggior prestigio letterario; in essa furono scritte molte poesie e componimenti come, per esempio, l'inno del Regno sabaudo, No potho reposare e l'inno patriottico Procurad'e moderare, barones, sa tirannia. Nel logudorese viene generalmente compresa come sottovarietà la variante nuorese e barbaricina (sardu nugoresu e sardu barbaritzinu), che si caratterizza per una ancor maggiore conservazione e fedeltà al latino ma con frequenti elementi arcaici del sostrato preindoeuropeo. Nella regione del Guilcer sono diffuse parlate di transizione col campidanese, a cui si sono ispirati gli studiosi che hanno elaborato la variante scritta della Limba Sarda Comuna, adottata dalla Regione nel 2006.
nel cosiddetto "capo di sotto" il sardo campidanese presenta vocaboli di matrice fenicio-punica oltre che nuragica, ed è parlato nell'intero meridione isolano, costituendone anche la variante più diffusa; nell'Ogliastra la parlata ha una matrice campidanese arcaica, con molti vocaboli barbaricini.
Altri linguisti teorizzano, invece, la sostanziale omogeneità del sistema linguistico sardo, anche tenendo conto dell'oggettiva impossibilità nel tracciare un confine netto tra i sistemi dialettali per via dell'esistenza di numerose parlate con caratteri mediani (es. arborense, barbaricino meridionale, ogliastrino etc.).

Il sardo è stato utilizzato in diverse epoche come lingua istituzionale; tra i documenti più importanti vi sono i condaghi, gli Statuti Sassaresi e la Carta de Logu. Con l'approvazione della legge 482 del 1999, il sardo e il catalano sono stati riconosciuti e tutelati a livello statale come minoranze linguistiche storiche, mentre la tutela di sassarese, gallurese e tabarchino è riconosciuta dalla legge regionale 26 del 1997. Nell'ambito delle iniziative per la lingua sarda, la Regione ha avviato dei progetti denominati LSU (Limba Sarda Unificada) e LSC (Limba Sarda Comuna) al fine di definire e normalizzare trascrizione e grammatica di una lingua unificata che comprenda le caratteristiche comuni di tutte le varianti. Nell'aprile del 2006 la Limba Sarda Comuna è diventata lingua ufficiale per le comunicazioni in sardo dell'amministrazione regionale. Nel 2012 la giunta Cappellacci introduce la dicitura «Regione Autònoma de Sardigna» in sardo, con la stessa evidenza grafica dell'italiano, nei documenti, nello stemma della Regione e in tutte le produzioni grafiche legate alla propria comunicazione istituzionale.

Accanto alla lingua sarda propriamente detta, nel nord dell'isola sono parlati due idiomi romanzi di derivazione corso-toscana:
nella regione nord-occidentale dell'isola, il sassarese è parlato a Sassari e con piccole variazioni nella Nurra, Romangia e Anglona. È un idioma nato dalla commistione fra corso, pisano, ligure e la successiva forte influenza del sardo logudorese;
nella regione nord-orientale dell'isola, la Gallura, è parlato il gallurese che si avvicina particolarmente al dialetto parlato nella Corsica del Sud, frutto e testimonianza dei contatti fra le due isole e delle migrazioni nello Stretto di Bonifacio avvenute dalla preistoria fin quasi ai giorni nostri.
Vi sono infine delle isole linguistiche, presenti nel versante occidentale dell'isola:
nella città di Alghero dal XIV secolo è parlata una variante arcaica del catalano orientale, l'algherese (alguerès), che risulta lingua co-ufficiale nel Comune;
nel Sulcis, nell'isola di San Pietro (Carloforte) e nella parte settentrionale dell'isola di Sant'Antioco (Calasetta) è parlato un dialetto ligure coloniale, denominato tabarchino (tabarchin) perché portatovi dagli immigrati di origine ligure (Pegli) esiliati dall'isola di Tabarka in Tunisia nel XVIII secolo;
costituiscono poi testimonianza delle locali migrazioni i casi di Arborea e Tanca Marchese, dov'è anche parlato il veneto dei coloni ivi giunti per le bonifiche del fascismo, e della frazione di Fertilia, che ospita nuclei di origine ferrarese ed esuli istriani giunti nel dopoguerra.

La Sardegna ha avuto nel tempo diverse suddivisioni amministrative e territoriali. Inizialmente, già in periodo romano, il territorio sardo era stato suddiviso in diocesi ecclesiastiche, successivamente, nel periodo medioevale, la Sardegna era ripartita in giudicati e in curatorie, con dei brevi intermezzi signorili e comunali. Poi durante il dominio aragonese e spagnolo, l'isola venne divisa in vari feudi con marchesati, baronie e contee, che lasciarono tracce profonde come dal nome della regione storica delle Baronie. Nel XIX secolo la Regione era già organizzata con prefetture, province, tribunali, mandamenti e comuni.

La Sardegna è suddivisa in regioni storiche che derivano direttamente, sia nella denominazione che nell'estensione, dai distretti amministrativi, giudiziari ed elettorali dei regni giudicali, le curatorie (in sardo curadorias o partes) che probabilmente ricalcavano una suddivisione territoriale ben più antica operata dalle tribù nuragiche. Alcune denominazioni non sono più in uso, mentre altre persistono anche in epoca moderna.

Nel 1848 durante il Regno di Sardegna l'Isola fu suddivisa in 3 divisioni (Cagliari, Nuoro e Sassari), in 11 province (Alghero, Cagliari, Cuglieri, Iglesias, Isili, Lanusei, Nuoro, Oristano, Ozieri, Sassari e Tempio Pausania), in 84 mandamenti e 363 comuni. Sempre durante il regno sardo-piemontese nel 1859 la Sardegna fu suddivisa in due province (Cagliari e Sassari), in 9 circondari (le ex province meno Cuglieri e Isili), in 91 mandamenti e 371 comuni. Questa suddivisione si mantenne fino al 1927 quando furono eliminati tutti i circondari in Italia.

Dal gennaio 1927 la Sardegna fu suddivisa in 3 province: Cagliari, Nuoro e Sassari, a cui si aggiunse Oristano nel luglio 1974. Il numero di questi enti raddoppiò con la piena operatività dal 2005 delle province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio. Al 2014 la Sardegna è la regione italiana con più capoluoghi di provincia (12, a fronte di 8 province) a pari della Lombardia (dove però vi sono 12 province). In base ai dati del censimento del 2001 nell'isola c'è una provincia ogni 203.985 abitanti, e la media degli abitanti per capoluogo è di circa 42.493 residenti.

In seguito ai referendum regionali del 2012, riguardanti anche le istituzioni provinciali, è stato dato avvio a un processo di riorganizzazione amministrativa di questi enti intermedi, al settembre 2015 ancora non completato. Tuttavia dal luglio 2013 le 4 province istituite nel 2001 (per cui i referendum avevano valore abrogativo) sono state commissariate.

L'intero territorio regionale della Sardegna costituisce il distretto della Corte d'appello di Cagliari (con sezione staccata di Sassari), all'interno del quale si trovano i sei Tribunali (Cagliari, Lanusei, Nuoro, Oristano, Sassari e Tempio Pausania), la cui circoscrizione territoriale di ciascuno viene definita circondario.

Si dice che la Sardegna sia un vero e proprio continente. Sull'isola si trovano straordinarie varietà di paesaggi, panorami e posti, tanto da credere di avere davanti a se un vero e proprio continente in miniatura. La provincia di Sassari è ricca di alture, laghi, fiumi, boschi, pianure e colline. Il tutto in piccole ma ben visibili dimensioni e forse proprio per questo da godere in maniera diretta.

Una delle montagne più alte della provincia è il Limbara nei pressi di Tempio. Raggiunge quasi i 1.400 metri, si trova in una zona ricca di boschi e perciò meta molto amata dagli appassionati escursionisti, poiché anche in piena estate trovano sempre un posticino ombreggiato dove fare una sosta. Più in là verso ovest si trova il bacino artificiale di Tula. Questo garantisce abbondantemente l'approvvigionamento di acqua potabile, ma viene in misura crescente anche richiesto per la pratica degli sport d'acqua (sci d'acqua, regate, surf). Lo stesso vale per Diga Liscia, un lago artificiale a nord-est di Tempio. La vegetazione boschiva appare qui più scarsa rispetto a quella dl Limbara. Punto d'attrazione sono i due alberi d'olivo che hanno più di 2000 anni ciascuno (Ulivi millenari), le cui dimensioni sono quasi inimmaginabili.



La Sardegna è una della tre zone al mondo dove si possono trovare i cosi detti alberi pietrificati (della Preistoria). Più precisamente essi si trovano nelle vicinanze delle località di Perfugas e Martis. Con una eccezione giacciono sparsi nella zona. Grazie ad un azione "Notte e nebbia" di un proprietario terriero (che, preoccupato di evitare eventuali espropri del terreno, d'altronde prevedibili dato il valore archeologico dei reperti, durante una notte fece rotolare i tronchi pietrificati dalla montagna verso il fiume) alcuni di questi tronchi si trovano ora nel letto del fiume Rio Altana nelle vicinanze di Perfugas. A riguardo, come posto da visitare sarebbe da consigliare Martis un paesino a circa 5 km da Perfugas (con un bellissimo parco che custodisce parte dei tronchi).

Il visitatore sarà sorpreso anche alla vista della Valle della luna nei pressi di Aggius. I nativi del luogo diedero quel nome a questa vasta regione, ideale per le escursioni, poiché li giacciono sparpagliate delle costruzioni di pietra, in parte strane e imponenti. Come è oramai tradizione in Sardegna molte di queste rocce hanno un nome. Sicuramente la più conosciuta è il prete che prega - egli tiene le mani giunte di fronte al viso. Nei boschi limitrofi ad Aggius, stanno in primo piano poche rocce rispetto ai numerosi funghi.

Chi durante una lunga escursione si vuole dedicare non solo alla natura ma anche volesse godere di un panorama particolare, si consiglia una gita sul Monte Osoni (dietro i villaggi) o a San Gavino, nei pressi di Viddalba. Da entrambi i monti, a seconda delle condizioni meteorologiche si può godere di una meravigliosa vista sulla valle, sul mare fino all'isola dell'Asinara oppure l'Isola Rossa oppure addirittura fino alla Corsica.

La Sardegna grazie ai minerali e al vulcanesimo recente possiede varie sorgenti termali e minerali. Le sorgenti termali, la cui temperatura oscilla tra i 40° ed i 70° C., sono allineate lungo le principali linee di frattura, in prossimità di affioramenti di lava come anche le terme di Casteldoria che si trovano a Santa Maria Coghinas. Le terme sono conosciute sin dall'antichità per le loro acque salso-bromo-iodiche che sgorgano a 70° all'uscita di una selvaggia gola porfirica quasi a livello del fiume Coghinas.

Vicino si trova il castello dei Doria, fondato nel XII secolo. È situato in una cornice di rocce rosso vivo e si erge su una collina di 228 m. Lungo un percorso si possono ammirare due piccole chiese romaniche, quella di S. Giovanni, in ottimo stato di conservazione, e quella di S. Maria delle Grazie che ha conservato la facciata gotica.

Il paesaggio delle colline circostanti il fiume Coghinas è ricoperto da una rigogliosa macchia mediterranea costituita prevalentemente da ogliastri, sugheri e altre varietà tipiche di tale vegetazione come il lentisco, l'alaterno e il cisto. Nel territorio sono presenti diverse specie di mammiferi quali il cinghiale, la volpe sarda, il porcospino, la donnola, la martora e il gatto selvatico. Per l'avifauna si segnala la consistente presenza dell'airone, della pernice sarda e del falco pescatore. La tartaruga d'acqua trova in questo luogo un habitat ideale per la sua sopravvivenza.

Lungo la valle del Riu Altana si trovano dei resti della Foresta pietrificata di Iscia (Perfugas) e di Carruca (Martis). È questa la zona del comprensorio più ricca di reperti fossili, molti dei quali ancora interrati a varie profondità. Quelli visibili, disposti lungo l'argine del Riu Altana, sono di grosse dimensioni, alcuni forati al centro, altri invece completamente mineralizzati: tutte le parti lignee si sono cioè trasformate in roccia assumendo la fisionomia di vere e proprie sculture naturali.

Le formazioni geologiche più antiche risalgono al Paleozoico, ma altre formazioni sono apparse in periodi successivi, nel Mesozoico, nel Terziario e nel Quaternario, contribuendo alla creazione di una rimarchevole varietà di formazioni rocciose.

Molte grotte sono state scoperte per azzardo da archeologi alla ricerca di manufatti appartenuti alle antiche civiltà o da geologi alla ricerca di falde acquifere per migliorare l'approvvigionamento idrico o da minatori durante lavori in miniera.

Il patrimonio speleologico sardo comprende più di 1500 grotte. L'area del Supramonte è quella più ricca, insieme alla zona del Sulcis-Iglesiente e al promontorio di Capo Caccia. Tra quelle sommerse, la Grotta di Nereo è ritenuta la più vasta in tutto il Mediterraneo. Le grotte litoranee più conosciute sono le Grotte di Nettuno ad Alghero e la grotta del Bue Marino a Cala Gonone. Fra quelle terrestri, alcune di rilievo sono quelle di Sa Oche-Su Bentu a Oliena, Is Zuddas a Santadi, Su Mannau a Fluminimaggiore, la grotta di Su Marmuri ad Ulassai, quella di Ispinigoli presso Dorgali, di San Giovanni presso Domusnovas e la grotta di Santa Maria nel Sulcis.

Attraverso un lungo ed elaborato percorso storico, alle iniziali culture indigene si aggregarono molteplici apporti di civiltà provenienti dal mondo mediterraneo, contribuendo a formare un'eterogeneità culturale dai tratti fortemente originali. L'archeologia ha evidenziato chiaramente questa lunga evoluzione, ritrovandone tracce nel variare dell'architettura delle costruzioni attraverso i secoli, ma questo lungo cammino si riscontra anche nelle tradizioni legate intimamente all'arte delle produzioni artigianali, alle variegate espressioni musicali, alle regole interne del mondo agro-pastorale e alla cultura sarda in generale.

I ritrovamenti e le preziose testimonianze del passato sono raccolte e custodite in numerosi musei e nei parchi archeologici sparsi sul territorio. Da diversi anni è in vigore una legge emanata dalla Regione autonoma della Sardegna che ha dato nuovo impulso alla riorganizzazione dei luoghi preposti alla custodia delle testimonianze del passato. Oltre ai musei, alle biblioteche ed agli archivi storici, sono stati riorganizzati anche i parchi archeologici e gli ecomusei, espressione viva della memoria storica del territorio.

I primi insediamenti preistorici della Sardegna risalgono al Paleolitico Inferiore (450.000-150.000 a.C.) secondo gli archeologi che nel 1979-1980 scoprirono un'industria litica presso il rio Altana a Perfugas, in Anglona.

Nel IV millennio a.C. si sviluppò la prima espressione culturale di cui si trovano tracce in tutta l'isola, la Cultura di Ozieri. I ritrovamenti archeologici conservati nei più importanti musei isolani hanno messo in risalto quale progresso sociale e culturale conseguirono le popolazioni preistoriche sarde.

Le testimonianze archeologiche della civiltà nuragica sono innumerevoli. Frammentata in cantoni e al centro di intensi scambi commerciali con i popoli che abitavano le coste del Mediterraneo, ha lasciato sull'isola importanti e numerose vestigia. I Fenici frequentarono assiduamente la Sardegna introducendovi le prime forme di urbanesimo. Cartagine e Roma se la contesero lasciandovi tracce indelebili.

Sin dalla nascita dell'archeologia il territorio sardo fu ritenuto di grande interesse per i primi ricercatori. Nel XIX secolo il canonico Giovanni Spano diede inizio all'esplorazione dei maggiori siti, descrivendo poi le sue scoperte nel Bullettino archeologico sardo. Nei primi anni del XX secolo, l'archeologo Antonio Taramelli intraprese una serie di scavi nel sud dell'isola e la sua attività di recupero ed individuazione di nuovi siti continuò per circa trent'anni. Nel dopoguerra Giovanni Lilliu portò alla luce il villaggio nuragico di Su Nuraxi a Barumini, concorrendo ad aprire nuove prospettive e conoscenze sulla storia degli antichi Sardi.

A inizio XXI secolo sono in corso su tutto il territorio ulteriori e numerose campagne di scavi, che potrebbero fornire nuove testimonianze storiche sui periodi meno conosciuti.

Dell'architettura preistorica in Sardegna sono presenti numerose testimonianze come le domus de janas (tombe ipogeiche), le tombe dei giganti, i circoli megalitici, menhir, dolmen e templi a pozzo; tuttavia, l'elemento che più di ogni altro caratterizza il paesaggio preistorico sardo sono i nuraghi, che si trovano numerosi e in varie tipologie. Numerose sono anche le tracce lasciate dai Fenici che introdussero sulle coste nuove forme urbane.

I Romani diedero un assetto organizzativo all'intera isola con la strutturazione di diverse città e la realizzazione di numerose infrastrutture di cui sono rimasti i resti, come il Palazzo di Re Barbaro a Porto Torres o l'anfiteatro romano di Cagliari. Anche dell'epoca protocristiana e bizantina rimangono diverse testimonianze in tutto il territorio sia sulle coste che all'interno, soprattutto legate ad edifici di culto.

Una particolare attenzione merita il periodo giudicale durante il quale si sviluppò il romanico. Tra i primi edifici di questi canoni dell'isola si ha la basilica di San Simplicio di Olbia (XI secolo), quasi coeva rispetto alla basilica di San Gavino a Porto Torres. I sovrani dei regni giudicali, dal 1063 in poi, attraverso cospicue donazioni, favorirono l'arrivo nell'isola di monaci di diversi ordini da varie regioni della penisola italiana e della Francia; queste circostanze portarono in breve tempo ad operare nell'isola maestranze di diversa provenienza: pisani, lombardi e provenzali, ma anche di cultura araba, provenienti dalla penisola iberica, dando luogo al manifestarsi di espressioni artistiche inedite, caratterizzate dalla fusione di queste esperienze. La basilica di Saccargia a Codrongianos è forse la più nota espressione del romanico-pisano in Sardegna.

Successivamente gli Aragonesi hanno introdotto forme di architettura gotico-catalane, di cui il Santuario di Nostra Signora di Bonaria ne costituisce un esempio. L'architettura rinascimentale, pur scarsamente rappresentata, annovera esempi notevoli come l'impianto della Cattedrale di San Nicola di Sassari (tardo gotica ma dal forte influsso rinascimentale), la chiesa di Sant'Agostino di Cagliari (progettata dai Palearo Fratino), la chiesa di Santa Caterina a Sassari (progettata dal Bernardoni, allievo di Vignola) ed il completamento della cattedrale di Santa Maria di Alghero, opera di Jacopo Palearo Fratino.

Al contrario, l'architettura barocca ha trovato ampio risalto: esempi interessanti sono la Collegiata di Sant'Anna a Cagliari, la facciata della cattedrale di San Nicola a Sassari (opera di Baldassarre Romero e Giovanni Battista Corbellini), la chiesa di San Michele a Cagliari, nonché le cattedrali di Cagliari, Ales e Oristano, ricostruite tra Seicento e Settecento, rispettivamente, da Domenico Spotorno e Giovanni Battista Arieti.

A partire dal XIX secolo, grazie alle nuove idee ed esperienze importate da alcuni architetti sardi formatisi a Torino, si diffondono nell'isola nuove forme architettoniche di ispirazione neoclassica. Tra le figure più importanti di questa fase architettonica e urbanistica è da citare quella dell'architetto cagliaritano Gaetano Cima, le cui opere sono disseminate in tutto il territorio sardo. Accanto alle opere del Cima, sono da citare quelle di Giuseppe Cominotti (Palazzo e Teatro Civico di Sassari) e Antonio Cano (Cupola di S. Maria di Betlem a Sassari e la Cattedrale di Santa Maria della Neve a Nuoro). Nella seconda metà dell'Ottocento a Sassari fu realizzato il neogotico palazzo Giordano (1878) che rappresenta uno dei primi esempi di revivalismo nell'Isola, mentre risale al 1933 la facciata neoromanica della cattedrale di Cagliari, opera di Francesco Giarrizzo.

Un'interessante realizzazione di gusto eclettico, derivato dal connubio fra ispirazioni a modelli revivalisti e liberty, risulta essere il palazzo Civico di Cagliari, completato nei primi anni del XX secolo. L'avvento del fascismo ha influenzato fortemente negli anni venti e trenta l'architettura anche in Sardegna: interessanti realizzazioni di quel periodo sono i nuovi centri di Fertilia, Arborea e la città di Carbonia, uno dei massimi esempi di architettura razionalista.

Lo sviluppo turistico iniziato negli anni sessanta ha fatto sì che in Costa Smeralda si procedesse alla costruzione di edifici di notevole pregio architettonico unitamente al villaggio di Porto Cervo, più recenti sono altri edifici decisamente moderni come la torre del T Hotel o la sede della Banca di Credito Sardo, entrambi a Cagliari ed il secondo opera di Renzo Piano; esistono, inoltre, diverse tipologie abitative tradizionali, come la casa alta delle zone collinari e montane, costruite in pietra e legno, e le case a corte in ladiri (mattone in terra cruda) del Campidano e diverse tipologie insediative, come gli stazzi in Gallura, i furriadroxius e i medaus nel Sulcis Iglesiente.

Il Neolitico fu il periodo in cui si rilevano le prime manifestazioni artistiche. Numerosi ritrovamenti delle tipiche statuine della Dea Madre e di ceramiche incise con disegni geometrici testimoniano le espressioni artistiche della preistoria sarda. Successivamente la Cultura nuragica produrrà le innumerevoli statuine in bronzo e l'enigmatica statuaria in pietra dei Giganti di Mont'e Prama.

Il connubio tra le popolazioni nuragiche e i mercanti provenienti da ogni parte del Mediterraneo portò ad una raffinata produzione di gioielli in oro, anelli, orecchini e monili di ogni genere, ma anche ceramiche, stele votive e decorazioni parietali.

I Romani oltre all'architettura legata alle opere pubbliche, introdussero i mosaici e ornarono con sculture e pitture le ricche ville dei patrizi.

Nel Medioevo, durante il periodo giudicale, le architetture delle chiese romaniche furono arricchite di capitelli, di sarcofagi, di affreschi, di altari in marmo e impreziosite successivamente da retabli, dipinti da importanti pittori come il Maestro di Castelsardo, Pietro Cavaro, Andrea Lusso, e la scuola del cosiddetto Maestro di Ozieri a cui facevano capo Giovanni del Giglio e Pietro Giovanni Calvano di origine senese.

Nel XIX secolo, per poi proseguire nel Novecento, si affermano nell'immaginario collettivo degli isolani i miti della genuinità del popolo sardo, di un'isola incontaminata e fuori dal tempo. Raccontata dai tanti viaggiatori che visitarono la Sardegna in quel periodo, tali miti verranno celebrati prevalentemente da artisti sardi quali Giuseppe Biasi, Francesco Ciusa, Filippo Figari, Mario Delitala e Stanis Dessy. Nelle loro opere racconteranno i valori autoctoni del mondo agro pastorale, non ancora omologati alla modernità che premeva dall'esterno. Altri artisti importanti della seconda metà del Novecento sardo sono Costantino Nivola, Maria Lai, Albino Manca e Pinuccio Sciola.

Una riscoperta recente dei critici d'arte è stata quella di Brancaleone Cugusi: di lui Vittorio Sgarbi ha scritto: "nessun pittore, neanche Caravaggio, ha dipinto l'ombra come Cugusi".

Le prime testimonianze scritte in Sardegna risalgono al periodo fenicio-punico con documenti come la Stele di Nora, mentre la successiva provincia romana della Sardegna e Corsica avrà ovviamente come lingua ufficiale il latino. Questo sarà soppiantato nell'uso ufficiale solo dal greco bizantino durante l'Esarcato d'Italia, ma ritornò in auge nella variante medievale come lingua colta, affiancando il sardo usato per vari documenti ufficiali come condaghe e Carta de Logu. Altri documenti redatti in più lingue, come gli Statuti Sassaresi in latino e sardo, o in toscano, come il Breve di Villa di Chiesa a Iglesias.


La musica tradizionale sarda, sia cantata che strumentale, è molto antica. In un vaso risalente alla cultura di Ozieri, circa 3.000 anni a.C., sono raffigurante scene di danza. La caratteristica danza sarda chiamata su ballu tundu viene accompagnata dal suono delle launeddas, un antico strumento formato essenzialmente da tre canne palustri e suonato con la tecnica del fiato continuo. L'origine delle launeddas, in base al ritrovamento nelle campagne di Ittiri di un bronzetto raffigurante un suonatore, viene fatta risalire ad un'epoca antecedente all'VIII secolo a.C. Su questo strumento sono stati fatti diversi studi negli anni 1957-58 e 1962 dal musicologo danese Andreas F. Weis Bentzon, il quale ha registrato e filmato diverse esecuzioni musicali che poi ha catalogato e trascritto su pentagramma. Le launeddas sono tradizionalmente diffuse soprattutto nel Sarrabus, nel Campidano, nel Sinis e in Ogliastra.

Il Canto a tenore è tipico delle zone interne della Barbagia ed è ritenuto un'espressione artistica peculiare e unica al mondo. La prima testimonianza potrebbe risalire ad un bronzetto del VII secolo a.C. dove è raffigurato un cantore nella tipica posa dei tenores. Questo tipo di canto nel 2005 è stato riconosciuto dall'Unesco come Patrimonio orale e immateriale dell'Umanità. Il canto sardo a chitarra (cantu a chiterra) è una tipica espressione artistica nata in Logudoro e sviluppatosi successivamente anche in Gallura e Planargia, dove ha avuto grande diffusione. Il canto nella forma attuale è il risultato dell'incontro con le tradizioni melodie locali con la chitarra portata in Sardegna dagli spagnoli. Questo canto ha avuto una gran diffusione a partire dal XX secolo grazie alle numerose feste paesane durante le quali si svolgono delle vere e proprie competizioni tra cantadores, in genere maschi, accompagnati da un chitarrista e spesso anche da un fisarmonicista. Questo canto ha avuto notevole diffusione a livello internazionale grazie all'attività di Maria Carta. In ambito colto, la Sardegna ha dato i natali a diversi compositori tra i quali si ricordano Luigi Canepa, Gavino Gabriel, Lao Silesu ed Ennio Porrino.

Dai colori vivaci e dalle forme più svariate e originali, i costumi tradizionali rappresentano un chiaro simbolo di appartenenza a specifiche identità collettive. Sono considerati uno scrigno di tradizioni etnografiche e culturali dalle caratteristiche molto peculiari, frutto di secolari stratificazioni storiche. Sebbene il modello base sia omogeneo e comune in tutta l'isola, ogni paese ha un proprio abbigliamento tradizionale, maschile e femminile, che lo differenzia dagli altri paesi.

Nel passato gli abiti si diversificavano anche all'interno delle comunità, svolgendo una precisa funzione di comunicazione in quanto rendevano immediatamente palese lo stato anagrafico e il ruolo di ciascun membro in ambito sociale, la regione storica o il paese di appartenenza, un particolare stato civile (baghiàna/u, gathìa/u). Ancora oggi in varie parti dell'isola si possono incontrare persone anziane vestite in costume, ma sino a metà Novecento il costume rappresentava il vestiario quotidiano in buona parte della Sardegna.

I materiali usati per la loro confezione sono tra i più vari: si va dall'orbace alla seta, al lino, dal bisso al cuoio. I vari componenti dell'abito femminile sono: il copricapo, la camicia, il corpetto, il giubbetto, la gonna, il grembiule, in Ogliastra le donne di alcuni paesi hanno dei particolari ganci angancerias de prata sul copricapo. Quelli dell'abito maschile sono: il copricapo, la camicia, il giubbetto, i calzoni, il gonnellino, il soprabito, la mastruca, una sorta di giacca in pelle di agnello o di pecora priva di maniche (mastrucati latrones ovvero "briganti coperti di pelli" era l'appellativo con il quale Cicerone denigrava i Sardi ribelli al potere romano).

Le feste scandiscono da sempre la vita delle comunità isolane e in epoca moderna, soprattutto con la rivalutazione di molte sagre minori, sono legate al desiderio (ed alla necessità) di riaffermare la propria unica identità culturale. In Sardegna, andare per feste significa immergersi in una cultura antica alla scoperta di suoni e di armonie sconosciute, di balli ritmici con ricchi costumi tradizionali, di gare poetiche fuori dal tempo, di sfrenate corse di cavalli, di sfilate folcloristiche - a piedi o a cavallo - con preziosi e coloratissimi abiti d'altri tempi.

Spesso le feste durano diversi giorni e coinvolgono tutta la comunità; molte volte, per l'occasione, vengono preparati dolci speciali e organizzati banchetti con pietanze tradizionali a cui tutti possono partecipare. Le feste popolari più conosciute sono: Faradda di li candareri (proclamato patrimonio orale e immateriale dall'UNESCO nel 2013) a Sassari, la Cavalcata sarda a Sassari, Sant'Efisio a Cagliari, la Sagra di S.Antioco Martire Patrono della Sardegna a (Sant'Antioco), la Sagra del Redentore a Nuoro, S'Ardia a Sedilo, Pozzomaggiore e Illorai, Sa Sartiglia a Oristano, San Gavino a Porto Torres, San Michele ad Alghero, la festa di Santa Vitalia a Serrenti, la festa dell'Assunta ad Orgosolo, la sagra di Santa Maria de is Acuas o Santa Mariàcuas a Sardara, la nota Festa del Rimedio ad Ozieri, San Simplicio a Olbia, i festeggiamenti del carnevale in Barbagia e Ogliastra, il carnevale allegorico di Tempio Pausania e i riti della Settimana Santa in varie parti dell'isola.

La cucina sarda è molto varia ed è basata su ingredienti semplici e originali, derivati sia dalla tradizione pastorale e contadina, che da quella marinara. Varia da zona a zona non solo nel nome delle pietanze ma anche nei componenti utilizzati. Come antipasti sono diffusi i prosciutti di cinghiale e di maiale, le salsicce, accompagnati da olive e funghi, mentre per i piatti a base di pesce sono svariati gli antipasti di mare. Alcuni primi piatti tipici sono i malloreddus, i culurgiones ogliastrini, i cui ingredienti cambiano da paese a paese, il pane frattau, la fregula, la zuppa gallurese e le lorighittas. Come secondi piatti, gli arrosti costituiscono una peculiare caratteristica, tanto che quello del maialetto è considerato l'emblema della cucina sarda.

Diverse tecniche, trasmesse di generazione in generazione per lavorare la pasta, insieme ai molteplici procedimenti per farla lievitare, contribuiscono ad offrire una vasta scelta di originali forme di pane in ogni regione dell'isola. Alcuni tipi di pane più diffusi sono: il Pane carasau, tipico pane della Barbagia, composto da una sfoglia croccante, rotonda e piatta, il nome deriva da carasare che in sardo significa tostare, cosparso d'olio, salato e scaldato al forno viene chiamato pane guttiau; il pistoccu (tipico ogliastrino), di spessore maggiore della sfoglia di pane carasau; la spianada, conosciuta anche come Cogones o Cogoneddas, pagnotta di semola di grano duro, dalla forma rotonda e non molto spessa; in Ogliastra è tipico il pani pintau, i prodotti più significativi provengono da Tertenia e Ulassai, in quest'ultimo paese si realizza anche un pane unico nel suo genere il Pani de binu cotu, per le feste. Il civraxiu, tipico del Campidano, è una grande pagnotta che si consuma a fette; il coccoi a pitzus, pagnotta decorata di semola di grano duro; il pane de poddine, tipico del Logudoro e dell'Anglona, dal diametro di circa 40 cm, e noto anche con il nome di pane di Ozieri o anche pane ladu, è molto simile al pane che i greci, gli arabi e gli ebrei chiamano pita.

Legata a particolari ricorrenze, la lavorazione dei pani votivi e la preparazione dei dolci in certe regioni dell'isola può diventare un'arte. Gli ingredienti sono semplici e vanno dalla farina di grano duro alle mandorle, al miele. In alcuni dolci si usa come ingrediente anche il formaggio o la ricotta. A gennaio in alcune regioni, per i falò di Sant'Antonio, vengono preparati come dolci le cotzuleddas, i pirichitos e il pistiddu. Per Carnevale si preparano le frisolas, le catas, le orilletas e le tzìpulas.

Per la festa di San Marco sono tipici i pani votivi artistici, gialli per la presenza dello zafferano, decorati con delle particolari fantasie floreali viste come delle vere e proprie effimere opere d'arte. Per la Pasqua si preparano le pitzinnas de ou, le casadinas, le tzilicas e la pischedda. Per Ognissanti dolci caratteristici sono il pane de saba e i vari pabassinos. Per i matrimoni si preparano dolci molto variegati e ricchi di decorazioni come i singolari gatò, sos coros, s'arantzada . In altre occasioni sono comunemente diffusi il torrone, le seadas, i rujolos, i mostaccioli, i sospiri, particolarmente delicate e pregiate le copulette (tiriccas) di Ozieri.

La Sardegna ha un'antica tradizione pastorale e offre una vasta produzione di formaggi pecorini esportati ed apprezzati ovunque, soprattutto in Nord America. Attualmente sono tre i formaggi D.O.P: il Fiore Sardo, il Pecorino Sardo ed il Pecorino Romano che, a dispetto del nome, è prodotto per il 90% nell'isola.

Come evidenziato da alcune ricerche archeologiche, la coltura della vite in Sardegna risale all'epoca della civiltà nuragica. Tale tradizione è continuata con i Romani e poi attraverso le varie occupazioni straniere si è ancora arricchita. Tra i vini rossi si annoverano il Cannonau, il Monica, il Carignano del Sulcis, il Girò, mentre tra i bianchi vi sono quelli previsti dal disciplinare Vermentino di Gallura DOCG, la Malvasia di Bosa, il Nasco, il Torbato di Alghero, il Nuragus di Cagliari, il Moscato, la Vernaccia di Oristano. A fine Novecento diversi vitigni minori sono stati riscoperti e sono oggetto di un'importante valorizzazione da parte di diversi produttori sardi.

È il caso di vitigni come il Cagnulari (che era in via di estinzione), del Caddiu (valle del Tirso), del Semidano e altri. Vista la lunga tradizione, molti vini sono D.O.C., e variano di gusto e di gradazione a secondo delle regioni in cui vengono prodotti. Si produce l'acquavite che è nota con il nome di Filu 'e ferru o Abbardente. Tra i liquori il Mirto (sia bianco che rosso) ed il Villacidro sono tra i più diffusi.

La nascita del settore industriale sardo contemporaneo (escludendo quindi il settore minerario) è principalmente dovuta all'apporto dei finanziamenti statali al Piano di Rinascita negli anni sessanta-settanta, che portò alla formazione dei cosiddetti poli di sviluppo industriali nei settori chimico, petrolifero e metallurgico in varie aree dell'isola. Oltre ad essi sono attive imprese industriali nel settore alimentare, manifatturiero, metalmeccanico, edile e legato alla lavorazione del sughero.

L'energia viene prodotta da centrali termoelettriche (a carbone), idroelettriche (nei bacini artificiali) e da varie centrali eoliche.

La Sardegna è la regione italiana con il sottosuolo più ricco di minerali. Prima l'ossidiana, poi l'argento, lo zinco e il rame sono stati fin dall'antichità una vera ricchezza per l'isola, posizionandola al centro di intensi traffici commerciali. Molti centri minerari erano sfruttati per l'estrazione di piombo, zinco, rame e argento, e dall'Ottocento in poi furono aperte miniere di carbone, antimonio e bauxite e oro. Dopo il secolare sfruttamento, dalla seconda metà degli anni sessanta molti siti minerari hanno cessato l'attività e le zone minerarie si stanno convertendo sempre di più al turismo legato all'archeologia industriale.

Il 47,9% della superficie della Sardegna è sfruttata per pascoli e agricoltura: di questo per il 60,1 % per l'allevamento, il 34,1 % per l'agricoltura e il resto è occupato da coltivazioni legnose. In Sardegna vivono oltre 3 milioni di ovini, quasi la metà dell'intero patrimonio nazionale, a fronte di circa 12.600 pastori. La Sardegna si è specializzata da millenni nell'allevamento ovino e, in minor misura, caprino e bovino. Oltre alla carne, dal latte ricavato si produce anche una grande varietà di formaggi.

Anche l'agricoltura ha avuto un ruolo molto importante nella storia economica dell'isola, soprattutto nella grande piana campidanese, particolarmente adatta alla cerealicoltura. Nel XXI secolo è legata a produzioni specializzate come quelle cerealicola, vinicola, dell'olivicoltura, degli agrumi e del carciofo. Le bonifiche hanno aiutato ad estendere le colture e di introdurre alcune coltivazioni specializzate quali ortaggi e frutta, accanto a quelle storiche dell'ulivo e della vite che sono presenti nelle zone collinari.

Nel patrimonio boschivo è presente la quercia da sughero, che cresce spontanea favorita dall'aridità del terreno e viene esportata; la Sardegna produce circa l'80% del sughero italiano.

Resa insicura in passato dalle frequenti scorrerie saracene, la pesca è un'attività affermatasi tra il Settecento e l'Ottocento, grazie alla pescosità dei mari circostanti e alla notevole estensione costiera dell'isola. È molto sviluppata a Cagliari, ad Alghero e nelle coste del Sulcis, oltre ad avere rilevanza anche in Gallura e nell'Oristanese (anguille e muggini). Ottima è la produzione di mitili, specialmente a Olbia.

Nelle zone di Alghero, Bosa e Santa Teresa è molto attiva la pesca alle aragoste insieme alla raccolta del corallo. Di antica tradizione e mai abbandonata è la pesca del tonno specie nei dintorni di Carloforte.

L'artigianato tradizionale sardo è un insieme di arti popolari estremamente vario, sviluppato in campi molto diversi, ricco di gusto e originalità. Alcune di queste forme artistiche sono di origine antica ed hanno subito l'influenza delle diverse culture che hanno segnato la storia dell'isola.

La tessitura in lana, cotone e lino di tappeti, arazzi, cuscini e tende è in larga parte ancora praticata a mano con telai di concezione molto antica. I gioielli tradizionali sono in filigrana. Tra essi la corbula, ossia il bottone sardo. La lavorazione del legno è caratterizzata da prodotti originali come le cassapanche intagliate, le sedie impagliate di Assemini, le biseras dei Mamuthones,(le maschere tradizionali mamoiadine), e le produzioni in sughero di Calangianus.

L'artigianato della cestineria è molto diffuso, specie nell'oristanese. Le ceramiche hanno una forma semplice e lineare. Altra antica tradizione artigianale sarda è quella legata alla coltelleria artigianale, con la produzione della arresoja, resolza o resorza nella cui lavorazione si distinguono gli artigiani di Pattada e Arbus.

Grazie al clima mite, ai paesaggi incontaminati, alla purezza delle acque marine, la Sardegna attira ogni anno un gran numero di vacanzieri. I primi investimenti ed i primi piani di sviluppo risalgono al 1948 in concomitanza con la sconfitta definitiva della malaria e con la l'acquisizione dello status di regione autonoma. Le prime promozioni e realizzazioni infrastrutturali furono attuate attraverso l'ESIT (Ente Sardo Industrie Turistiche) ed il primo boom turistico si sviluppò a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, soprattutto ad Alghero e nella sua Riviera del Corallo. Pochi anni dopo di rilievo fu la nascita della Costa Smeralda, benché avente come target una clientela élitaria. A queste iniziative seguirono una miriade di altri insediamenti sia nella zona che nel resto della Sardegna, che resero il turismo uno dei settori trainanti dell'economia isolana.

Negli anni l'offerta turistica si è in parte modificata, orientandosi verso la diversificazione e la destagionalizzazione cercando di interessare anche le zone interne e di valorizzare la cultura, l'arte e l'archeologia, il turismo equestre, l'escursionismo, il birdwatching, la vela, il free climbing.

I centri urbani più importanti sono Cagliari, capoluogo regionale, e Sassari, secondo polo di rilevanza regionale. Cagliari è al centro di una conurbazione di 484.000 abitanti circa, i cui principali centri sono Quartu Sant'Elena, Selargius, Assemini, Capoterra , Sestu, Monserrato, Sinnai e Quartucciu.

Sassari, Alghero e Porto Torres sono i poli di un'area vasta (della quale il capoluogo sassarese è il centro catalizzatore) che si espande soprattutto verso la Nurra e il golfo dell'Asinara che include anche Sorso e altri centri come Ittiri, Sennori e Castelsardo  .

La particolare posizione geografica, inserita al centro del Mediterraneo occidentale, le ricchezze minerarie e le fertili pianure, hanno fatto della Sardegna, sin dall'antichità, un'isola molto ambita dalle potenze coloniali antiche. Sempre in guerra con i nuragici, mai assoggettati, sia i Cartaginesi che i Romani deportarono nell'isola un vasto numero di schiavi, utilizzati per lavorare nelle miniere e nelle pianure come agricoltori, per la produzione intensiva di cereali.

Importante fu anche l'afflusso di genti iberiche durante la dominazione aragonese e spagnola, mentre in epoca moderna, nel XVIII secolo, ci fu l'insediamento dei tabarchini nell'isola di San Pietro (Carloforte) e nell'estremità settentrionale dell'isola di Sant'Antioco (Calasetta). Arrivarono poi alcune popolazioni venete, chiamate da Mussolini ad insediarsi nelle bonifiche dell'oristanese e che nel 1928 fondarono Mussolinia, in seguito rinominata Arborea. Molti minatori peninsulari giunsero da diverse parti d'Italia per popolare il grosso centro minerario di Carbonia, nel Sulcis (1938). Nel 1946 arrivarono gli esuli istriano-giuliano-dalmati scampati all'epurazione etnica perpetrata in Dalmazia e nell'Istria, che si stabilirono a Fertilia, nella Nurra di Alghero. Tra la fine del XX secolo è l'inizio del XXI si è registrato un discreto flusso immigratorio di cittadini provenienti da altri paesi europei ed extra-europei. La popolazione straniera al 31-12-2010 ammontava a circa 37.000 persone, il 2,2% della popolazione totale sarda.

I primi flussi emigratori considerevoli si registrano verso la fine dell'Ottocento, fatto correlato anche all'interruzione del trattato commerciale con la Francia nel 1888. Considerando il periodo che va dal 1876 al 1903 gli espatri sardi furono verso il bacino del Mediterraneo e l'Europa, mentre il resto dei flussi emigratori era quasi interamente destinato verso le Americhe (di cui oltre il 92% con meta il Brasile). Dai primi anni del Novecento il flusso divenne costante, dal 1901 al 1905 la destinazione principale fu l'Africa. Dal 1906 al 1914 la media annuale crebbe in maniera considerevole e anche le destinazioni cambiarono infatti l'America divenne la meta più ambita seguita dall'Europa, mentre in Africa si indirizzò il flusso minore.

Dopo l'intervallo della I guerra mondiale il flusso riprese e nell'intervallo fra il 1919 ed il 1925 l'Europa assorbì la maggioranza degli emigranti. In totale considerando l'intervallo dal 1876 al 1925 si contano 44.619 emigrati verso l'Europa, 44.169 verso l'America e 34.190 verso l'Africa. Dal 1987 al 1999, secondo le statistiche, sono emigrati 15.647 isolani (82% in Europa, 16% nelle Americhe), mentre ne sono rientrati 12.869, con una differenza di 2.598 unità. La situazione all'inizio del XXI secolo vede la popolazione sarda emigrata all'estero stabilita nell'81% dei casi in alcuni dei maggiori paesi europei (Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania e Svizzera), altre mete sono nazioni come Inghilterra, Spagna, Argentina e Venezuela. Fra questi un numero cospicuo è costituito da giovani laureati. Una caratteristica particolare del movimento migratorio sardo fu quello dell'emigrazione femminile che in alcuni periodi, come negli anni sessanta era pari come numero a quella maschile.

Diffusosi in Sardegna dalla seconda metà dell'Ottocento in poi (in particolare da secondo dopoguerra), lo sport fu praticato inizialmente nelle città, per poi diffondersi nelle periferie e nei centri minori. Le prime società sportive furono fondate a Cagliari, a Sassari e nel Sulcis dove era alta la concentrazione di operai che lavoravano nelle miniere.

Con riferimento ai dati ISTAT 2009 lo sport coinvolge circa il 28% della popolazione sopra i 3 anni con circa 460.000 praticanti (cifra che raddoppia considerando anche coloro che praticano semplice attività fisica), divenendo un fenomeno di massa, sostenuto anche da iniziative della Regione Sardegna (legge n. 17/1999), che favoriscono l'organizzazione di eventi sportivi anche a livello internazionale. L'isola è rappresentata a livello nazionale con una o più squadre nelle massime serie, A o B, in vari sport di squadra.

Uno sport in particolare, S'istrumpa, o lotta sarda, disciplina riconosciuta dal CONI e dalla Federazione Internazionale Lotte Celtiche (F.I.L.C), è una pratica sportiva tipica della Sardegna le cui origini sono antichissime. Rivalutata di recente e praticata soprattutto nella Sardegna centrale, i campioni sardi sono conosciuti a livello internazionale.

Nel capoluogo dell'isola ha sede il Cagliari Calcio, società fondata nel 1920 e che nella stagione 2014-2015 milita nella Serie A del Campionato italiano. Gli incontri casalinghi vengono disputati allo stadio Sant'Elia di Cagliari. La squadra vinse lo scudetto nella stagione 1969-1970, la prima a riuscirvi tra i club non situati nel centro-nord.

Lo storico titolo fu per la città di Cagliari un'occasione di orgoglio portando all'attenzione nazionale e internazionale tutti i sardi e la Sardegna stessa.

L'A.S.D. Torres Calcio è una società di calcio femminile di Sassari ed è la principale della regione, nonché la più titolata d'Italia. Detiene infatti il record di scudetti, coppe Italia e supercoppe italiane.

La massima espressione del basket sardo è la Polisportiva Dinamo Sassari, che dopo una ventennale militanza nel Campionato di Legadue, ha raggiunto nella stagione 2009/2010 la promozione nella massima serie del campionato italiano maschile di pallacanestro, laureandosi campione d'Italia nella stagione 2014-2015 e qualificandosi in più occasioni ai play-off scudetto e nelle competizioni europee. La Dinamo Sassari ha inoltre vinto altri tre trofei nazionali, due Coppa Italia e una Supercoppa italiana. Nel passato la Brill Cagliari ha militato nella Serie A dal 1968 al 1978. Nel basket femminile le principali società sono la Mercede Basket Alghero, la Virtus Cagliari e il CUS Cagliari.

Nell'ambito del basket in carrozzina figurano l'Anmic Dinamo Sassari, facente parte della Polisportiva omonima, e il GSD Porto Torres.

In campo velico, le competizioni internazionali che si disputano nell'isola sono molteplici e di grande prestigio (tra di esse la Veteran Boat rally, considerata una delle più grandi regate di barche d'epoca, e la Sardinia Rolex Cup, ritenuta dagli appassionati l'equivalente mediterranea dell'Admiral's Cup). Anche il rally ha lunga tradizione sugli sterrati sardi, con il Rally Costa Smeralda e dal 2004 con la tappa italiana del Campionato Mondiale Rally. Il Giro di Sardegna di ciclismo è stato vinto da importanti campioni, mentre per la corsa campestre vede ogni anno ad Alà dei Sardi il trofeo Alasport, anch'esso con la partecipazione di campioni internazionali della specialità.

Nel corso della storia la Sardegna ha dato i natali a personalità versate in ogni genere di arte e disciplina. Durante il Novecento ha espresso figure di rilevanza internazionale come Antonio Gramsci, la scrittrice premio Nobel Grazia Deledda ed Enrico Berlinguer, segretario del più grande partito comunista dell'occidente. Inoltre, a livello italiano l'isola di Sardegna ha avuto modo di esprimere quali presidenti della Repubblica Antonio Segni e Francesco Cossiga, oltre a Giuseppe Saragat, nato a Torino da genitori sardi.




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