martedì 15 marzo 2016

I PINGUINI



10.000 pinguini Adelaide stanno resistendo alla fame e a lunghissime camminate sul ghiaccio nell'Antartide orientale. È un'odissea che inizia nel dicembre 2010, quando la baia sopra Cape Denison - dove normalmente i ghiacci superficiali che si formavano sul mare venivano portati al largo dalla corrente, lasciando libero il mare ricco di pesci - si è trovata ostruita da un gigantesco tappo di 2.900 km quadrati di ghiaccio (quasi quanto la Val d'Aosta): l'iceberg B09B, che vagava lungo la costa da circa 20 anni. L'incagliarsi di questa montagna viaggiante - evento raro, in quanto il riscaldamento globale non causa, di norma, il distacco di iceberg così grandi - ha fatto sì che le acque della baia si gelassero di un ghiaccio permanente spesso fino a tre metri, e i pinguini di Adelia (Pygoscelis adeliae) locali, che per sopravvivere hanno bisogno di mare aperto o perlomeno di buchi nel pack entro due chilometri dalle loro colonie, non hanno più potuto nutrirsi in zona.

Per trovare cibo per sé e soprattutto per i propri piccoli, sono stati costretti a lunghi itinerari di oltre 60 chilometri in cerca di mare libero, cosa che col tempo ne ha decimato il numero: perché la capacità dei genitori di riportare cibo ai nidi varia in funzione della distanza che devono ricoprire per approvvigionarsi, e l'ordalia in mezzo al ghiaccio significa malnutrizione.

A rivelare tutto questo è lo studio pubblicato dai biologi Kerry-Jayne Wilson e Christopher Fogwill, che ha un valore scientifico notevole: a oggi sono pochissimi gli studi che mostrano gli effetti dell'arrivo di un iceberg in prossimità di un ecosistema marino. Ma quello che è un gigantesco esperimento naturale per gli scienziati, che può darci indicazioni importanti su come difenderci dagli impatti più seri del cambiamento climatico, per le colonie di pinguini di Adelia della Commonwealth Bay si è rivelato un calo drammatico dai circa 200.000 individui stimati nell'area prima del 2010 ai circa 10.000 di oggi, che occupano 5520 nidi: 4319 nidi a Cape Denison e 1201 nidi sulla vicina Petrel Hill.

È un conto approssimativo, fatto dai biologi considerando soltanto i pinguini osservati nei pressi dei nidi, ma si stima accurato al 90-95%. Testimonianze della sparizione di pinguini nella zona si erano già notate durante osservazioni del dicembre 2013, quando erano stati trovati nidi vuoti e uova abbandonate, e nessun segno visibile che i pinguini fossero riusciti a forare il denso ghiaccio presente nella baia per riconquistare i loro pesci. Molto migliori erano le condizioni dei pinguini di Adelia nella colonia delle vicine isole Hodgeman, risparmiate dall'impatto raggelante dell'iceberg, che i biologi hanno trovato "rumorosi e aggressivi come al solito", come dice lo studio, e senza uova abbandonate o carcasse di pulcini.



Sono proprio le colonie vicine a Cape Denison che danno le maggiori speranze per la sopravvivenza dei pinguini della baia: l'allarme che i biologi della University of New South Wales e dell'associazione animalista West Coast Penguin Trust hanno lanciato è che se l'iceberg non si scioglierà, e in assenza di una mobilitazione per salvarla, entro vent'anni la popolazione locale di Cape Denison potrebbe azzerarsi. Anche perché loro, i pinguini, non danno segno di voler migrare: nonostante il mutato paesaggio della baia, molti pinguini continuano a tornare a Cape Denison per riprodursi. Chissà, forse hanno notato anche loro un piccolo segno di speranza visto dagli esperti: da circa un anno sono comparse delle crepe nell'iceberg invasore.

Il dramma è che per salvare i pinguini Adelaide si dovrebbe eliminare l’iceberg… ma ciò è sbagliato, sia perchè non si deve mai interferire con la natura e sia perchè gli scienziati stanno studiando con molto interesse questo “incastramento” anomalo che non si verificava da anni.



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