venerdì 4 marzo 2016

GLI SCARICHI IN MARE



Lo smaltimento dei reflui in una città come in un qualunque altro agglomerato di abitazioni è un problema della massima importanza. Le deiezioni contengono sempre miliardi di germi molti dei quali possono essere causa di gravi malattie, pertanto devono essere allontanate dai centri abitati nel più breve tempo possibile.

Nelle fattorie isolate, nei villaggi e in tutte le località in cui manca un impianto pubblico di fognatura, si usano le cosiddette "fosse biologiche". Nelle comunità più grandi, le deiezioni vengono allontanate per mezzo di apposite condotte che sfociano in mare, nei laghi e nei corsi d'acqua. In altre comunità, le deiezioni vengono trattate secondo precisi piani di smaltimento.

Le fogne italiane non hanno le carte in regola. Non abbiamo mai costruito sistemi di depurazione adeguati e adesso l’Europa ci stanga. E non a torto, a quanto pare.
La mancanza è tutta nostra: un’eredità velenosa che vede tre italiani su dieci ancora privi di fognature e depurazione, e il 40 per cento di fiumi e laghi inquinati da scarichi urbani in libertà, per non parlare del mare.
Per anni la politica ha rimosso il problema o solo annunciato grandi progetti ma non si è fatto nulla.
L’elenco degli enti locali messi sotto accusa dalla Ue è impressionante: soprattutto nel Mezzogiorno.

La disciplina comunitaria prevede, in caso di violazione delle norme, una penalità di mora, che per l’Italia va da un minimo di 11.904 euro, a un massimo di 714.240 euro, per ogni giorno di ritardo nell’adeguamento, a decorrere dalla pronuncia della sentenza emessa.
Inoltre, una somma forfetaria verrà calcolata sulla base del Pil nazionale, e per l’Italia è pari a un minimo di 9.920.000 euro. Potrebbe essere già troppo, ma non basta perché nel corso della procedura di mora i finanziamenti europei per i Comuni morosi possono essere sospesi fino all’attuazione della sentenza.
Sarebbe un dramma per circa un terzo del territorio nazionale. In caso di sentenza definitiva di condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, infatti, lo Stato Italiano riporterà il contesto sanzionatorio sui soggetti istituzionali inadempienti (leggi enti locali) lavandosene le mani, o almeno così si dice negli ambienti ministeriali. Ci sarà insomma uno scaricabarile tra Stato, Regione, Comuni e gestori del servizio. A maggio dello scorso anno la Commissione Europea ha inviato al Governo italiano una prima lista di 159 agglomerati urbani sopra i 15 mila abitanti che sono inadempienti per la mancanza di un trattamento secondario delle acque reflue.



Nessuno ne ha parlato perché il governo Berlusconi ha tenuto tutto nascosto nei cassetti e il governo Monti, su questo tema, i cassetti non li ha ancora aperti. Eppure già nel 1998 Milano venne multata per 9 miliardi di lire al mese per mancata depurazione delle acque reflue.
La depurazione nel nostro paese non è mai diventata una priorità nazionale. Nemmeno nella battaglia referendaria della scorsa estate.
Eppure ogni giorno ci sono quartieri, paesi e città che scaricano direttamente nei fiumi e in mare, spesso senza alcun controllo delle autorità. E mettendo a rischio della salute pubblica.

Quel che è possibile vedere ogni giorno semplicemente facendo una passeggiata in spiaggia, soprattutto in corrispondenza delle foci dei torrenti, è uno spettacolo impietoso. Le immagini parlano chiaro, anche se non riescono a trasmettere anche gli odori nauseabondi che ammorbano l’aria.
Copiose quantità di acqua maleodorante si riversano in mare di continuo, scarichi fognari che vanno in mare aperto, in barba all’inevitabile impatto inquinante sul mare e sull’ambiente. Topi, carcasse di animali, rifiuti di ogni genere, fanno da cornice al fiumiciattolo di acqua melmosa che scorre indisturbato verso il mare.


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