giovedì 27 agosto 2015

L'ISOLA DEL GIGLIO



L’ Isola del Giglio da anni è riconosciuta per le meraviglie del suo ambiente naturale e del suo mare cristallino. Nel 2008 è stata dichiarata località turistica costiera numero uno dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club,  il più alto riconoscimento in Italia per le qualità e le caratteristiche ambientali, con la consegna delle Cinque Vele per il mare più pulito d’Italia.

Infatti sono il mare e i suoi fondali il fiore all’ occhiello di un’ isola che da sempre presta particolare attenzione alla tutela e al preservamento del suo ambiente naturale, che ha saputo resistere alla tentazione di una cementificazione selvaggia sul proprio territorio.
Questa particolare cura che gli isolani hanno della propria terra, e la varietà della sua costa, che alterna scogliere a picco sul mare a spiagge più o meno ampie si adatta facilmente a più tipologie di turisti. Gli amanti della barca potranno godersi il periplo delle due isole, seppur tenendo conto dei divieti presenti a Giannutri, gli appassionati di immersioni avranno molto da scrutare nei fondali marini ricchi di specie ittiche o alla ricerca di qualche antico relitto affondato, i giovani e le famiglie avranno a disposizione 4 spiagge principali dove sdraiarsi al sole oltre a quelle minori o alle calette disseminate lungo tutta la costa.

Da ricordare che i fondali dell’ Isola del Giglio sono tra i più noti ed apprezzati in Italia, con un seguito di estimatori che giungono qui annualmente da tutta Europa. Tra i pertugi che si aprono tra le rocce, fare capolino granchi, murene ed aragoste, il passaggio di maestose cernie,si vedono ricci e lampate (arselle) aggrappati agli scogli ed in primavera  interi banchi di acciughe volteggiare sotto la superficie. Più a largo è invece territorio di giganteschi tonni, branchi di ricciole, barracuda e lecci, ma lo spettacolo più entusiasmante lo offrono i delfini che talvolta sono visibili anche nei pressi della costa e talvolta si divertono a rincorrere le rotte delle imbarcazioni.

Non vi sono molti animali stanziali sull’Isola del Giglio. La famiglia più numerosa è quella dei conigli selvatici e quella dei mufloni, importati e allevati alla riserva del Franco. Tra i volatili si annoverano quelli di passo, ma il più noto è il Gabbiano Reale. Numerosa la presenza dei rapaci come il Gheppio, Poiana, Falco Pellegrino, Corvo Imperiale. Comuni sono anche il Barbagianni, l’Assiolo, la Civetta e i Pipistrelli.

I mammiferi che vivono al Giglio sono il coniglio selvatico, molosso del testoni, muflone, orecchione, pipistrello comune, pipistrello di Schreibers, ratto, serotino comune, topo domestico.

Lungo i sentieri che sfiorano la macchia e passano all'interno dei boschi di lecci si possono vedere numerose lucertole che fuggono impaurite al passaggio degli escursionisti, come si può scorgere qualche raro e innocuo biacco in cerca di rifugio dietro qualche recesso delle rocce o nei terreni rigogliosi di vegetazione: biacco, lucertola sicula tirrenica, lucertola campestre, il Discoglosso Sardo e la Lacerta sicula tyrrenica fa parte di una razza endemica che si ritrova anche nella vicina isola di Giannutri.
Per gli anfibi possiamo ricordare un anuro la cui presenza, oltre che al Giglio, è riscontrata nelle altre zone dell'Arcipelago Toscano nonché all'Argentario, in Sardegna, in Corsica e nelle isole di Hyères di fronte alla Costa Azzurra.



Tra i molti insetti che popolano il Giglio possiamo trovarne uno di particolare interesse che, stranamente, vive principalmente nella lontana penisola Iberica: la Potoria Oblunga, raro e curioso scarabeo.

Nel mondo sottomarino figurano numerose specie ittiche che trovano in queste acque limpidissime e incontaminate il loro ambiente ideale per poter vivere e riprodursi. Diamo qui un piccolo elenco di alcune presenti sui fondali del Giglio che i pescatori e i subacquei ben conoscono: castagnola nera, castagnola rossa, cernia, dentice, grongo, murena, pesce spada, puntazzo, ricciola, sarago maggiore, scorfano, torpedine, triglia di scoglio.

Per i molluschi possiamo ricordare la presenza della lima, del polpo e della seppia, mentre gli avvistamenti della pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, un tempo molto diffuso sui fondali del Giglio, sono ormai un ricordo a causa della scomparsa totale di questa specie.

Al Giglio sono presenti circa 700 specie di piante e tra queste anche alcune comuni come il castagno, l'olivo, la vite, l'arancio, il limone e il fico.

Gli studi effettuati nel 1900 dal botanico Stefano Sommier hanno rivelato la presenza, fino ad allora sconosciuta, della Fumaria, del Cardo cefalanto, della Linaria delle capre, dell'Astragalo, della Valerianella microcarpa, del Gladiolo dubius e dell'Artemisia arbo­rescente.

Giglio Campese è un piccolo centro abitato a circa 5 km da Giglio Castello, adagiato sul versante occidentale e affacciato sul Golfo di Campese e caratterizzato dal famoso faraglione e dalla omonima Torre.
La prima costruzione risale al XVIII secolo ed è la caratteristica Torre del Campese realizzata per l’avvistamento di navi provenienti dal versante ovest dell’ isola, per darne immediato avviso al presidi di Giglio Castello. Questa torre è nota soprattutto per l’eroico respingimento di parte di una flotta di pirati, che dettero l’ultimo assalto all’ isola nel 1799.

In seguito all’ unità di Italia nel 1861 la torre fu demilitarizzata e ceduta a privati, tra i quali ricordiamo il noto Capitano Enrico Alberto d'Albertis, che amava qui riposare nelle pause tra un viaggio ed un altro. Attualmente la Torre è di proprietà di privati ed è utilizzata come residenza turistica.


Il Campese rimase poco popolato fino agli inizi ‘900 e vide un notevole impulso economico con l'apertura della miniera di pirite nel 1938, dalla quale molte famiglie isolane traevano sostentamento. L’attività estrattiva proseguì fino alla chiusura definitiva nel 1962, in seguito alle future modifiche societarie della Montecatini Società Generale per l'Industria Mineraria e Chimica.

Negli anni a seguire, che coincisero anche con il boom economico in Italia, il Campese intraprese uno sviluppo basato sul turismo. Cosi il centro abitato aumentò le sue unità, furono costruiti appartamenti, i primi negozi e il residence sul versante del promontorio del Franco, fino allo sviluppo odierno che lo ha reso l'insediamento turistico più importante dell'isola, con la sua ampia spiaggia e l’invidiabile mare cristallino.

La sua posizione geografica rivolta verso ovest, permette un' esposizione solare prolungata rispetto agli altri centri abitati, ed in più rende visibili tramonti mozzafiato che riverberano nel Golfo di Campese, in particolare nei periodi estivi si protraggono oltre le nove di sera, dando quindi a questa fantastica località ben sedici ore circa di luce solare.

Giglio Campese è dunque, soprattutto in estate un centro balneare con un' ampia e caratteristica spiaggia granulosa, frequentata da turisti e amanti delle immersioni.

Il borgo medievale di Giglio Castello, affascinante per la struttura imponente delle sue mura (XI sec), appare ancora più suggestivo se si segue il percorso lungo i camminamenti tra feritorie e trioni (torrioni), o si esplorano i suoi vicoli sbalzati e interrotti da scale e baschetti (tipiche terrazze con gradini esterni alle abitazioni). Il caratteristico ingresso principale, a tre porte addossate a ciclopici massi di granito, testimonia ancora oggi i tempi delle incursioni piratesche e le signorie dominanti, come mostra lo stemma mediceo sull’ultima arcata.

Alla sommità del borgo, in Piazza XIII novembre si staglia l’imponente Rocca Pisana del XII sec. In posizione dominante, sul lato ovest, si erge la Chiesa di S. Pietro Apostolo, restaurata nel Settecento in tipico stile tardo-barocco, ma risalente almeno al XV sec.

All’interno della chiesa si possono ammirare oggetti di pregevole fattura, quali due originali acquasantiere sostenute da basamenti provenienti dalla villa dei Domizi Enobarbi di Giglio Porto (I-II sec d. C.). L’altare maggiore è di marmo policromo del XI secolo, mentre il presbiterio è impreziosito dai busti di San Mamiliano (a destra) e di San Pietro Apostolo (a sinistra).

Sulle cappelle laterali tre belle tele dei fratelli Nasini (XVII sec.). Di particolare interesse la Cappella del Crocefisso, nella parete destra, dove si conservano oggetti di grande valore artistico e devozionale, provenienti dalla Cappella di Papa Innocenzo XIII, che ne fece dono, nel 1725, al suo segretario Olimpio Miliani, nativo del Giglio. Qui si possono ammirare dipinti del Seicento di scuola veneta e fiorentina, calici, ostensori, tutti in argento cesellato, del XVII e XVIII sec.

Notevoli sono il reliquiario con il velo della Madonna, quello appartenuto a Urbano VIII con ostensorio, e le reliquie si San Giuseppe e di Urbano I. In primo piano la reliquia d’argento del 1724 con l’ulna destra di San Mamiliano, di profonda venerazione da parte dei Gigliesi. Al centro della teca attrae, per la sua delicatezza, il piccolo e pregevolissimo crocifisso d’avorio attribuito al Giambologna (XVI sec.).

A fianco della Cappella, le armi saracene, con impugnatura in argento e intarsi d’oro, testimoniano ancora la fuga precipitosa dei saraceni (tunisini) dopo l’ultimo assalto del 1799.

Uscendo dalla Chiesa, sotto il piazzale, si può notare una cisterna contrassegnata da un pozzo con colonne squadrate e trabeazione in granito. Progettata da Alessandro Nini ai primi dell’Ottocento, fu un dono di Ferdinando III Lorena per consentire ai Gigliesi un’adeguata riserva d’acqua in caso di un successivo assedio, dopo quello terribile ed eroico del 1799. Una passeggiata intorno all’abitato fortificato offre, a sua volta, una vista mozzafiato sulle isole di Giannutri, Corsica, Elba e su un bel tratto della costa continentale.

Giglio Porto è adagiato sul versante orientale dell’ Isola del Giglio, ed è il primo insediamento che si vede dalle navi traghetto provenienti da Porto Santo Stefano, ma di sicuro fu anche il primo insediamento civile dell’ isola, risalente all’ epoca romana. Si evince da svariati testi storici e testimonianze archeologiche, che in quel periodo fu realizzato un molo in granito lungo 179 braccia (circa 120 mt) per sopperire all’ intensa attività marittima, e ne furono cancellati i resti in seguito ai restauri nel 1796.

Giglio Porto, fu nell’ arco della storia, abbandonato e ripopolato a più riprese, poiché vivere nei pressi della costa in molti periodi storici risultava essere pericoloso a causa delle frequenti scorribande piratesche, ed iniziò la sua strada verso lo sviluppo attuale a partire dalla metà del  XVIII° d.C.

Giglio Porto è oggi un piccolo centro abitato molto caratteristico, con casette colorate e strette tra loro, a formare vicoli e viottoli, disposte parallele su tutto il versante che si affaccia sul mare, i due caratteristici fari che troneggiano sui rispettivi moli e l’antica Torre del Saraceno (1596).



Il 23 luglio del 2014 fa la Costa Concordia se n’è andata per sempre dal Giglio, diretta a Genova nel suo ultimo viaggio verso la demolizione. Dietro di sé ha lasciato un fondale disastrato e una montagna di detriti da recuperare. Il gigante naufragato in quel disgraziato «inchino» del 13 gennaio 2012 , se n’è stato per due anni e mezzo nelle acque di Punta Gabbianara, nelle immediate vicinanze del porto della piccola isola toscana.

Per permetterne la rotazione, necessaria al rigalleggiamento, sul granito del Giglio sono stati piantati 21 piloni dal diametro di due metri per nove di profondità, sui quali, poi, sono state fissate sei piattaforme d’acciaio larghe fino a 40 metri. Intorno al relitto sono stati collocati 11 blocchi per le torri di ancoraggio.

E poi, per creare una solida base d’appoggio, sono stati sistemati 12mila metri cubi di sacchi simili a grandi materassi contenenti una speciale malta cementizia (i cosiddetti «grout bag»), per un peso totale di 25mila tonnellate. Erano necessari a riempire il vuoto tra due speroni di roccia, uno a poppa e uno a prua, su cui poggiava il relitto prima della rotazione. Tutto questo, adesso, verrà smantellato.

Dopo le operazioni preliminari avviate a dicembre del 2014, a gennaio 2015 si è iniziato a raccogliere i detriti dal fondo: l’80 per cento è stato già rimosso. Poi, ad aprile, si è passati a togliere i «materassi» di cemento, e adesso si sta già procedendo al taglio delle piattaforme.

Con quasi 3mila adesioni tra sommozzatori professionisti e sportivi di tutta Italia, si è costituita nel luglio 2014 l'Associazione nazionale memoriale della Concordia, subito dopo la rimozione del relitto e in seguito all’iniziativa di un comitato di cittadini del Giglio che avevano preso a raccogliere firme perché le piattaforme non venissero smantellate.

«Queste strutture hanno uno loro utilità – dice il presidente – sono paragonabili alle barriere artificiali che in altri Paesi vengono costruite appositamente per promuovere la biodiversità marina. Già ci sono coralli, madrepore, banchi stanziali di ricciole. Lasciandole al loro posto, avrebbero potuto dar vita a una vera e propria capitale mondiale della subacquea in grado di attrarre fino a 40mila immersioni all’anno. Le attività di rimozione, invece, porteranno solo altri danni ambientali». Il Consiglio comunale del Giglio, nell’agosto 2014, aveva approvato una mozione per il mantenimento delle piattaforme.

Ma il ministero dell’Ambiente, a cui spettava l’ultima parola, ha deciso per lo smantellamento, confermando la decisione presa in conferenza dei servizi. «Bisogna comunque ricordare – dice il sindaco dell’isola, Sergio Ortelli – che le piattaforme sono state progettate per durare non più di vent’anni, e quindi potrebbero diventare un pericolo, con il rischio di crolli. Adesso, poi, ci si è accorti che alcuni sacchi di cemento sono finiti sotto la struttura in acciaio e l’unico modo per rimuoverli è liberare il fondale dalle piattaforme».

Col tempo, le strutture di acciaio potrebbero rilasciare sostanze nocive, come gli ioni ferrosi derivanti dalla corrosione delle acque. Su questo punto c’è stata anche un’interrogazione parlamentare da parte dei senatori Cinque Stelle Girotto e Castaldi. Ma non mancano voci di docenti di ecologia che ne ritengono auspicabile il mantenimento sul fondale.

Nell’area del naufragio ci sono praterie di posidonia e un’elevata densità di molluschi di pinna nobilis; è costante, nell’area del Giglio, la presenza di mammiferi marini. Durante le operazioni di rimozione della nave è stata svolta una costante attività di monitoraggio e analisi delle acque, con rilievi di flora e fauna e valutazioni dell’impatto acustico dei lavori sulla vita dei cetacei. Una volta partito il relitto, è stato previsto un nuovo piano di controllo dell’area, coordinato dall’osservatorio di monitoraggio ambientale per il naufragio della Concordia istituito presso la Regione Toscana.

Adesso, però, tutta l’attenzione è concentrata sulla rimozione dei sacchi, che «in parte si sono lacerati sotto il peso della nave», come ammette il sindaco Ortelli. Proprio per questo, secondo Ruggeri i «grout bag» andavano tolti «utilizzando container con coperchi in profondità, e non sollevandoli fino in superficie, col rischio di dispersione delle polveri». L’ingegner Bartolotti spiega che «i materassi di cemento, col tempo, si sono compattati fino a formare un unico blocco. La rimozione di questi mesi ha richiesto quindi l’intervento di una benna. Ma non c’è stata nessuna dispersione di polveri».

Un inconveniente non previsto, questo, se si pensa che i sacchi erano stati dotati fin dall’inizio di appositi occhielli con cui essere agganciati e rimossi. Il 15 luglio, poi, durante le operazioni, un manicotto idraulico si è rotto, causando lo sversamento in mare di olio vegetale biodegradabile. Il primo cittadino dell’isola rassicura sul fatto che «le analisi delle acque stanno danno valori confortanti», come si legge anche nelle relazioni inviate dai tecnici all’osservatorio regionale. Quanto ai piloni, verranno tagliati sul filo della roccia, e la parte inglobata resterà nel cuore del granito.

I lavori, prevede Bartolotti, «termineranno nel gennaio 2016, condizioni atmosferiche permettendo», ma il monitoraggio ambientale proseguirà per altri anni ancora. All’operazione lavorano in 150 tra tecnici, operai, sommozzatori. Tutto quello che viene raccolto viene portato nelle discariche selezionate di Piombino e Talamone, dove si procede alla separazione dei materiali. Dalla Concordia, però, sono fuoriusciti 110mila metri cubi di detriti che durante il naufragio, e nel periodo successivo ad opera delle correnti, sono andati ben al di là dell’area della Gabbianara.

Lo scorso anno, ad esempio, era possibile osservare sulla spiaggia nella cala dell’«Acqua del prete», targhe delle cabine o cestini di lavastoviglie. «Gli oggetti che vengono a galla sono raccolti regolarmente da squadre di volontari – dice il sindaco Ortelli –, è previsto che anche la Micoperi svolga controlli di questo tipo». Certo, le profondità e le correnti non aiutano la realizzazione di un recupero dei detriti che ancora si muovono sui fondali intorno all’isola. Secondo Ruggeri, questo è un lavoro che richiederà anni e che si potrebbe realizzare col coinvolgimento dei club sportivi di sommozzatori. Il primo cittadino è convinto che «per la primavera 2016 la comunità del Giglio si sarà lasciata tutto questo alle spalle». Dall’Associazione memoriale, intanto, pensano ad azioni legali.

Il sindaco di Giglio è convinto che entro la primavera del 2016 i cittadini finalmente si lasceranno tutto alle spalle.

Ma ottimismo e spot elettorali a parte, una pulitura quasi totale dei fondali e della superficie richiederà comunque degli anni e anche il coinvolgimento di sommozzatori dilettanti, al di là di società ben pagate per farlo; le quali lavorano solo nei tempi previsti dai contratti.

Da quando la Concordia è affondata alcuni bar sul porto hanno aumentato le vendite del 700% durante le operazioni di recupero della nave. Alcuni turisti prendevano il traghetto dalla vicina costa, attraccavano al porto dell’isola per poi ripartire sul solito mezzo, solo per scattare una foto dell’enorme leviatano abbattuto. Questo è avvenuto tutti i giorni dell’anno, almeno fino al completo recupero.

Intanto la piattaforma ogni giorno produce tonnellate di materiale rimosso, la spazzina dei mari rimuoverà anche le ultime briciole fino a quando anche questa sarà smantellata. Rimarrà allora solo il ricordo di un terribile incidente, che tuttavia non potrà essere rimosso, neanche con tanta solerzia.






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