In una delle località più remote, più fredde e più inaccessibili dell’Antartide orientale è sepolto un enigma. Si tratta di una catena di monti, vasta quanto le Alpi, interamente nascosta sotto una calotta di ghiaccio dello spessore di 4 chilometri. In superficie non si vede nulla, solo una sconfinata distesa di neve che appare piatta, anche se siamo a 4.100 metri di altezza. Sotto ci sono montagne che si estendono per 1.200 km, con picchi di oltre 3.000 metri.
Si chiamano monti Gamburtsev e sono stati scoperti per caso nel 1958 da ricercatori sovietici che compivano indagini sismiche alla superficie della calotta, per scoprire lo spessore del ghiaccio. Da allora non se ne sa molto di più, poiché nessuno li ha mai visti con i propri occhi né ha potuto analizzare il benché minimo campione di rocce. La loro silouhette misteriosa è stata osservata da strumenti - radar-altimetri, laser, magnetometri e gravimetri - trasportati da aeroplani.
La geologia sommersa dell’Antartide ha un’importanza cruciale nella formazione e nella dinamica delle calotte di ghiaccio: i monti Gamburtsev sarebbero le cime sulle quali ha iniziato a formarsi l’immensa calotta di ghiaccio che oggi ricopre il 98% del continente, svolgendo un ruolo fondamentale nella regolazione del clima planetario.
Là sotto, nelle profondità del mare, ci sarebbero qualcosa come 25 milioni di vulcani alti più di cento metri e almeno centomila alti più di un chilometro. E’ il risultato del primo censimento sui vulcani sottomarini eseguito dalla Oceanography Society statunitense in collaborazione con i ricercatori delle maggiori università americane.
Di questo mondo complesso e sorprendente si conosce solo l’uno per cento. Ma è certo che negli abissi degli oceani ci sono catene montuose che fanno impallidere quelle in superficie.
"Alcuni di questi vulcani superano l’altezza del monte Everest" ha spiegato Hubert Staudigel, della Scripps Institution of Oceanography. Per fortuna non tutti i vulcani sono in attività, anzi la maggior parte è addormentata se non addirittura spenta. Ma la loro natura geologica è importante per capire come si sviluppino le quantità di magma che provengono dal mantello terrestre e che in parte arrivano in superficie.
Per studiare i fondali marini, gli scienziati hanno utilizzato navi oceanografiche dotate di ecoscandaglio. I dati sono poi stati trasmessi ai satelliti che hanno rilevato vulcani sottomarini alti più di 1.500 metri. Ne sono stati trovati almeno 13mila.
La maggior parte si trova vicino alle "dorsali oceaniche", le fratture lunghe 40mila chilometri che s’incontrano in mezzo agli oceani e che separano due zolle contigue, oppure lungo la cosiddetta "Cordigliera di fuoco". Altri ancora, come alle Hawaii, si trovano su grosse risalite di magma che addirittura fuoriescono dal mare. Alcuni di questi si elevano dai fondali per oltre 11mila metri.
L’interesse verso i vulcani sottomarini non è solo di natura geologica e scientifica. Queste montagne sommerse sono importanti anche per le quantità di materiali depositate sulle loro pendici. Si tratta di ingenti quantità di ferro e manganese, solfuri e solfati, fosfati e altri elementi economicamente sfruttabili. Alcuni sono molto rari sulla Terra, come ad esempio il cobalto, il tungsteno, il molibdeno, il platino, il titanio e il torio. Tutti materiali utilizzati nei pannelli fotovoltaici, nelle batterie elettriche, nei reattori nucleari e nella produzione di leghe. Anche per questo serviva un censimento generalizzato.
Oltre ai ben noti Stromboli, Etna e Vesuvio esistono anche vulcani sommersi nei mari italiani: in particolare se ne contano 13 nel Mar Tirreno e nel Canale di Sicilia.
Il bacino del Tirreno costituisce la zona più profonda del Mediterraneo, raggiungendo la profondità di 3.800 metri. La sua origine temporale viene fatta ricondurre ad oltre 10 milioni di anni fa in contemporanea con il sollevamento dei monti della catena appenninica, ed è caratterizzata da rilievi di tipo vulcanico sommersi: alcuni di questi sono ancora attivi come testimonia l'emissione di gas, altri sono estinti.
I più conosciuti di tali vulcani sono il Marsili e il Vavilov. Il primo costituisce il più grande vulcano europeo, misurando circa 50 chilometri in lunghezza e 20 in larghezza, per un'altezza di circa 3.000 metri. Presenta una morfologia complessa derivante dalla presenza di numerosi edifici vulcanici accorpati di varie dimensioni, e in tempi recenti non è mai stato osservato in eruzione; la sua attività viene comunque testimoniata dalla circolazione di fluidi che depositano sul fondale marino composti chimici quali solfuri di piombo, zinco e rame. Il Vavilov invece misura 2,7 chilometri di altezza, 30 in lunghezza e 15 in larghezza, e viene considerato attualmente inattivo. Altri vulcani sottomarini tirrenici degni di nota sono il Palinuro, Glabro e Alcione.
Degne di nota sono le Isole Eolie: in quest'area tutti i principali edifici vulcanici sono arrivati ad emergere dal mare e formano le sette splendide isole dell'arcipelago (oltre al cratere di Stromboli con le sue tre bocche in perenne attività esplosiva ci sono Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina e Vulcano).
Al di fuori dell'area tirrenica attività vulcanica diffusa si riscontra nel Canale di Sicilia. In questa zona tettonicamente attiva sono state originate le isole di Pantelleria e Linosa, oltre a vari edifici vulcanici sottomarini. Tra questi merita di essere ricordata l'Isola Fernandea, emersa nel 1831 a seguito di attività vulcanica e subito contesa dal Regno delle due Sicilie, Inghilterra e Francia. Il moto ondoso la distrusse nel giro di pochi mesi, e la natura si fece beffe delle liti degli uomini.
Nessun commento:
Posta un commento
Eseguiamo Siti e Blog a prezzi modici visita: www.cipiri.com .