Ma le rive cambiano con le stagioni e col tempo. Durante le mareggiate invernali, le alte onde prelevano sabbia, e la spiaggia raggiunge il suo equilibrio nella bella stagione, quando i sedimenti ritrovano il loro posto.
Le dune attuali sono un’eredità del passato: si sono formate tra l’era quaternaria e l’inizio del nostro millennio. All’epoca le condizioni erano più favorevoli alla produzione di sedimenti, grazie a un clima più freddo, alla presenza di numerosi ghiacciai che esercitavano una potente azione abrasiva sui massicci rocciosi, e alla disgregazione meccanica delle rocce sotto l’effetto del gelo intenso, anche alle basse latitudini.
Oggi la situazione è cambiata radicalmente. La produzione di sedimenti è diminuita in modo considerevole e le piccole quantità prodotte hanno molta difficoltà ad arrivare sino al mare, bloccate dai corsi d’acqua, ed intrappolati dalle vecchie fosse di estrazione di sabbia. L’allineamento delle dune perpendicolari al litorale, a forma di spina di pesce, i porti e la costruzione di canali che collegano gli stagni al mare, bloccano la redistribuzione dei sedimenti da parte delle correnti e aumentano localmente l’erosione costiera. Le dune vivono quindi sul terreno che hanno conquistato, ma anche questo è messo in discussione da un lento aumento del livello del mare provocato su scala planetaria dalle attività umane, ed aggravate dall’aumento dell’intensità e della frequenza delle bufere. L’arretramento dei litorali sabbiosi è un fenomeno generale che interessa tutto il mondo e nessuna spiaggia fa eccezione.
Le dune sono dei cumuli di sabbia formate dai venti. Venuti da lontano, essi sollevano la sabbia e la spostano sino a dove incontrano un ostacolo ( vegetale, roccia, fabbricati, ecc… ). Trattenuta dalle piante, la sabbia forma dei cumuli che si riuniscono per formare una duna, più o meno parallela alla riva. Di fronte al mare, sulle dune costiere, due piante giocano un ruolo fondamentale per la creazione delle dune: la gramigna delle spiagge e l’ammofila ARENARIA; entrambe hanno bisogno di essere ricoperte di sabbia per svilupparsi perché rizomatose. Più indietro, sulla duna fissa, si incontrano altre piante dette stabilizzatrici, poi macchie di ginepri e di arbusti.
La conservazione – o il restauro – della vegetazione dunaria è quindi di fondamentale importanza per la preservazione e consolidamento di questa eredità. Elementi importanti dei paesaggi dei litorali, le dune non proteggono sole le rive, ma costituiscono uno schermo che preserva dagli spruzzi la vegetazione e le colture delle terre coltivate dell’interno. La circolazione dei veicoli, il calpestio umano, le costruzioni, gli incendi, sono altrettanti fattori che concorrono alla loro degradazione ed alla loro eliminazione.
Le dune riuniscono delle condizioni di vita molto particolari ed estreme ( substrato sabbioso, aridità superficiale, venti e spruzzi, continua erosione dei granelli di sabbia…. ) le piante e gli animali che le popolano si sono adattati a queste condizioni. Sulle dune mediterranee si incontrano sia piante diffuse in altre regioni del Mediterraneo o dell’Atlantico, ( l’ammofila, il cardo eringio, il giglio di mare, ecc….. ), sia specie endemiche rare o in pericolo di estinzione, come l’armeria fasciculata o la buglossa sarda. Il ginepro rosso, albero delle dune in regressione su tutte le coste mediterranee, è presente ancora sottoforma di rimboschimento.
Insetti come i formicaleoni, la cui larva scava una trappola ad imbuto nella sabbia, o i coleotteri sono assoggettati alle dune. La lucertola campestre, il rospo smeraldino e la calandrella sono frequenti.
Le Spiagge Bianche costituiscono un tratto di circa quattro chilometri del litorale sabbioso del comune di Rosignano Marittimo in Toscana, tra le frazioni di Rosignano Solvay e il centro della frazione di Vada. Bagnate dal Mar Ligure, si trovano all'estremo lembo settentrionale della costa della Maremma.
L'insolito colore della sabbia, motivo per cui la spiaggia viene paragonata alle coste tropicali, è conseguenza di anni di lavorazione e degli scarichi di carbonato di calcio da parte di un impianto del gruppo Solvay, situato a Rosignano Solvay, a circa un chilometro dalla costa. La sodiera, che risulta essere la più grande d'Europa, venne costruita nel 1912 nei pressi della spiaggia, cominciando la sua attività nel 1914, producendo, oltre il carbonato di sodio, acqua ossigenata, polietilene, cloruro di calcio, bicarbonato di sodio e acido cloridrico. L'accesso alla spiaggia è dato da una piccola collina, che fino al 1983 (ma tenuta aperta fino al 1986) fungeva da discarica di scarti di produzione e di rifiuti domestici.
A causa degli scarichi della Solvay, compreso dunque il mercurio, che viene rilasciato in lavorazione attraverso l'elettrolisi, ed altri inquinanti, le Spiagge Bianche sono tra le più inquinate d'Italia e la pesca nelle acque limitrofe è estremamente ridotta. Inoltre, questo tratto di costa è tra i 15 siti costieri più inquinati del Mar Mediterraneo, secondo l'United Nations Environment Programme, il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente. Il problema è stato significativamente risolto a partire dagli anni 2000; nel 2010 infatti è stata ultimata l'eliminazione del mercurio dal ciclo di fabbricazione Solvay, a seguito della conversione dell'impianto all'elettrolisi a membrana avvenuto a partire dal 2008; tuttavia gli scarichi a mare, ad eccezione del mercurio, e la produzione di cloro non sono mutati e vengono riversate in mare ogni anno oltre 100.000 tonnellate di rifiuti. Ciononostante, anche negli anni precedenti alla conversione dell'industria, questo tratto di costa è stato premiato più volte con la Bandiera Blu. Le Spiagge Bianche rimangono comunque una delle mete balneari più frequentate della Toscana.
La sabbia negli occhi irrita, ma com’è rilassante sotto i piedi! Nei fondali ce n’è in gran quantità, ma abbonda anche negli aridi deserti. Molti animali rifuggono da essa mentre altri si sentono a casa. È spesso considerata una seccatura ma, se non ci fosse, la vita moderna sarebbe quasi impossibile.
La sabbia è formata da particelle di minerali, roccia, o terra, e il componente più comune è il quarzo. Vette che un tempo erano roccia sono diventate sabbia a causa dell’erosione.
La sabbia è spesso il prodotto della furia degli oceani. Le onde si frangono contro le scogliere, e queste collisioni finiscono per staccare placche di roccia. Parti di roccia molto grosse soccombono all’attacco a oltranza, frantumandosi in vari pezzi che ricadono nella spuma dei frangenti. Il mare che ribolle smussa i bordi affilati e forma massi tondeggianti. Il moto costante li consuma gradatamente fino a farli diventare ciottoli che a loro volta sono sbriciolati in particelle ancora più piccole: la sabbia. A volte il mare porta via la sabbia, ma in molti luoghi le onde la depositano sulla riva, creando spiagge immacolate.
Quando alla furia degli oceani si unisce il freddo, l’acqua ghiacciata resta intrappolata nella roccia formando cunei di ghiaccio che spaccano i sassi. L’azione di rottura prosegue riducendo grossi massi di roccia in pezzi sempre più piccoli, che alla fine diventano sabbia.
Ha una parte importante anche il vento, che solleva i granelli di sabbia e li spinge contro le rocce. L’abrasione produce altra sabbia. Strati di roccia spessi decine e decine di metri cedono all’azione naturale della sabbia. Intanto il vento disperde la sabbia ottenuta, stendendola sul deserto come un tappeto.
Nel corso dei millenni questi processi abrasivi hanno prodotto innumerevoli tonnellate di sabbia.
Ciò che mangiamo e ciò che beviamo dipende in buona parte dalla sabbia. In un modo o nell’altro, tutto il cibo proviene dalla vegetazione della terra. La sabbia insieme al limo e all’argilla, suoi parenti stretti, fornisce i minerali di cui le piante hanno bisogno. Inoltre permette all’aria e all’acqua di circolare nel terreno. In questo modo le radici delle piante riescono ad assorbire le sostanze nutritive con facilità.
Nelle profondità della crosta terrestre si trovano formazioni geologiche denominate falde acquifere. Sono composte da vasti strati di sabbia e altri minerali porosi e contengono acqua, che filtra forse da migliaia d’anni. Gli scienziati calcolano che in questi invisibili “barattoli d’acqua” sia contenuta una quantità d’acqua dolce 40 volte superiore a quella contenuta in tutti i laghi e i fiumi della terra. Le sorgenti attingono dalle falde per il loro prezioso liquido, che sostiene la vita di milioni di persone.
La sabbia è di vari colori. In paesi diversi si può trovare sabbia nera come il carbone, bianca come la neve, porpora, grigia, rossa, arancione, gialla e di molte altre tonalità. Certi tipi di sabbia includono frammenti di conchiglie. Alcuni sono talmente affascinati dalla varietà di colori e di consistenza della sabbia che hanno iniziato a collezionarla. Pur di arricchire la loro collezione molti non esitano a inginocchiarsi (per raccogliere campioni di sabbia in boccette di vetro), a negoziare scambi e a viaggiare per trovarla. Sono i cosiddetti arenofili, cioè “amanti della sabbia”.
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