lunedì 27 giugno 2016
LE ISOLE SARONICHE
Le isole Saroniche sono un arcipelago della Grecia, situate nell'omonimo golfo ed in parte attorno alla penisola dell'Argolide.
A parte la popolazione locale, le isole sono una popolare destinazione per i turisti provenienti dalla Grecia continentale, collegata con frequenti traghetti dal Peloponneso e dal Pireo.
L'arcipelago è formato da sette isole principali e diverse isole minori. Le isole sono situate principalmente nel golfo Saronico; le isole di Idra e Dokos, situate appena al largo delle coste dell'Argolide, sono spesso incluse nell'arcipelago.
La storia in quest' area è strettamente legata al mare. I nomi topografici sono parte della storia mitologica, ma i nomi degli abitanti si sono persi nel tempo. Salamina, all'ingresso del golfo di Eleusi, era strettamente legata con la sua vicina, Egina, fino a quando non fu annessa da Solone allo Stato di Atene.
Nel 480 aC, l'isola ha dato il nome ad una delle più grandi battaglie del mare nella storia del mondo tra la flotta greca e quella persiana. La forma triangolare del Mar Egeo, quasi al centro del Golfo Saronico, era un crocevia di culture e fazioni in conflitto da migliaia di anni. Da tempi antichi, le potenti forze navali erano in conflitto con Atene e, come ha detto Aristotele, sono stati un mal di testa permanente.
Tracce di tutti i periodi si possono trovare ancora oggi, come le mura e le fondazioni dell'età del bronzo, reperti micenei, classiche chiese pre-bizantine, rovine della città medievale e monumenti di storia antica greca.
Poros, di fronte alla costa settentrionale della penisola, Ermionidas, è sempre stata considerata l'isola di Poseidone, dove fu tenuto in grande riverenza.
Le ultime della serie delle isole Argosaroniche, Hydra e Spetses, sono meglio conosciute per la loro tradizione marittima moderna, ricchezza e prosperità, alla fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX. Durante questo periodo hanno monopolizzato il commercio marittimo e con i profitti hanno costruito fortezze e palazzi. Hanno preso parte attiva nella battaglia navale durante la Rivoluzione del 1821 per l'indipendenza.
L'isola più grande e popolosa è Salamina che contribuisce con più della metà della popolazione dell'arcipelago.
Le isole hanno in comune un mare pulitissimo e le coste incantevoli, la gradevole atmosfera insulare, gli abitanti ospitali, buone infrastrutture turistiche, i costumi locali, il rispetto dell’ambiente e numerose occasioni di divertimento.
Idra svetta sulle altre isole del Saronico per la caratteristica architettura, perfettamente armonizzata con l’ambiente naturale. Ciò le regala una singolarità ed un fascino particolari che, insieme al suo carattere cosmopolita, le strutture di alto livello, i lussuosi negozi, le gallerie d’ arte, i numerosi ristoranti, i locali di divertimento e le possibilità per sport nautici e vita notturna, l’hanno resa come una delle mete turistiche più frequentate in tutta la Grecia. A ovest della città odierna, gli scavi hanno portato alla luce un insediamento miceneo.
La città capoluogo è la pittoresca Idra, con la singolarità del suo insieme edilizio unito al paesaggio: kapetanospita, case dei capitani di mare in pietra, a due e tre piani, con i tetti di tegole sono costruite ad anfiteatro, attorno al porto su due spoglie colline. La maggior parte di queste case è stata restaurata e conserva l’arredamento e la decorazione interna: soffitti dipinti in legno, fontane di marmo e mobili d’epoca. Tra le località di interesse si consiglia il vecchio porto con le feritoie ed i cannoni. Le coste sono rocciose e scoscese.
Una spiaggia organizzata si trova a Mandraki, e altre magnifiche spiagge si trovano a Kaminia, Vlyhos, Molos, Bisti, Limnioniza ed Agios Nikolaos. Si consiglia di soggiornare a Idra durante la Pasqua, festa molto sentita e festeggiata con particolari usanze, mentre a giugno si organizzano le manifestazioni “Miaoulia”. Tra i vantaggi dell’isola c’è il divieto di circolazione dei veicoli a motore e si possono effettuare piacevoli escursioni in groppa agli asinelli. Infine, Idra è rinomata per i suoi deliziosi dolci di mandorle.
Un sottile lembo di mare separa l’isola di Poros da Galatà, sull’opposta costa peloponnesiaca della Trezenia. Secondo la mitologia su questa lussureggiante isola nacque Teseo.
L’incantevole omonima cittadina è il capoluogo e il porto dell’isola. Ad est del porto si trova la verdeggiante isoletta di Bourtzi, con un piccolo castello costruito nel 1827 per la sua protezione. Nell’interessante Museo Archeologico di Poros sono custoditi importanti reperti provenienti dall’isola e dall’antica Trezenia. Vicino al porto, verso Sud, si trova l’affascinante Askeli con un mare meraviglioso e la fitta pineta.
A nord di Poros si trovano Mikro e Megalo Neorio, belle spiagge sabbiose, dove i pini vengono bagnati dal limpido mare. Nella prima quindicina di luglio, si organizza la Settimana Nautica con manifestazioni artistiche ed esposizioni inerenti la storia marittima dell’isola.
In età storica l’isola di Salamina, per la sua posizione strategica a contatto con Atene, costituì il pomo della discordia tra Ateniesi e Megaresi. L’evento più importante del suo passato storico fu la battaglia navale tra la flotta greca e quella persiana, durante le Guerre Persiane, nel 480 a.C., che si concluse con la sconfitta dei Persiani.
L’isola è molto vicina alla capitale Atene e il suo capoluogo è Salamina o Koulouri. Nella città si trova un importante Museo Archeologico di Salamina, dove sono conservati i reperti provenienti dall’isola, e il Museo Etnologico che conserva costumi locali, arnesi, suppellettili, ecc..
La località più antica dell’isola è Ambelakia nel cui tratto di mare si svolse la storica battaglia navale di Salamina. La città è anche nota per aver dato i natali al poeta tragico Euripide.
Spetses è l’isola più meridionale dell’arcipelago delle isole Saroniche. Spetses fu abitata fin dalla prima età del Bronzo, tra il 2500 e il 2000 a.C., come testimoniano resti di mura, statuine ed utensili, rinvenuti in località Agia Marina.
La caratteristica città di Spetses è uno dei più eleganti e signorili capoluoghi insulari. Le sue case neoclassiche le donano un’atmosfera di vecchia “belle epoque“. Il cuore della piccola cittadina è la storica piazza di Dapia con i cannoni, a testimonianza delle battaglie contro i turchi ottomani. Spetses dispone di ottime infrastrutture turistiche e di molti locali di divertimento e ristoranti.
Offre, inoltre, possibilità di praticare sport nautici e molte opzioni per il divertimento notturno. In agosto si organizza il festival Anargyria, ricco manifestazioni culturali, e durante l’estate si tengono numerose rappresentazioni teatrali nell’antico teatro di Epidauro.
Angistri è una piccola isola che si trova nel cuore del golfo Saronico, molto vicina all’isola di Egina e non lontana da Atene, un vero e proprio paradiso lontano dal turismo di massa, ricco di vegetazione, con un mare splendido e spiagge molto curate.
Skala è il porto più importante dell’isola, dove trovare numerosi hotel, negozi e taverne, e qui attraccano i traghetti provenienti dal Pireo mentre Mylos, o Megalohori, a ovest del primo, è il secondo porto, dove attraccano i caicchi che collegano l’isola con Egina, e il cuore amministrativo di Angistri.
Quando l’isola di Egina era una grande centro mercantile, nel VI a.C., le arti, soprattutto la scultura, conobbero un notevole sviluppo nell’isola e i famosi vasi egineti di ceramica sono ancora oggi molto rinomati.
La città di Egina, capoluogo e porto dell’isola, è una cittadina attraente con case neoclassiche di vari colori. Interessante da visitare è la pittoresca chiesetta di Agios Nikolaos al porto, la cattedrale di Agios Demetrios, il Palazzo del Governo di Kapodistrias, sede oggi di una importante biblioteca. Vicino al porto, sulla pittoresca altura di Kolona, si trova una colonna dorica, l’unica conservatasi dal tempio di Apollo che si ergeva in questo luogo, risalente al VI secolo a.C..
Il Museo Archeologico di Egina conserva rilevanti reperti della zona. A 4 chilometri da Agia Marina, su una collina, è situato il più importante sito archeologico di Egina: il tempio di Afea, una divinità antichissima, protettrice dell’isola. È un tempio periptero, in stile dorico; nelle fondamenta, si distinguono vestigia di un tempio precedente.
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BRACCIOLI E SALVAGENTE
Il 40 per cento degli italiani non sa nuotare; solo il 32 per cento lo sa fare effettuando la corretta respirazione, che rende il nuoto più sicuro. Il 41 per cento riesce a mantenersi a galla con facilità in acqua profonda e soltanto il 35 per cento riesce a mantenere gli occhi aperti sott'acqua.
Sia i braccioli che il salvagente, di sicuro supporto per i più piccoli ed allo stesso tempo per i genitori, che saranno anzitutto più tranquilli a lasciare il proprio bimbo in acqua ed al contempo un po’ più liberi, in quanto, non dovranno costantemente tenere in braccio i propri figli. Ma bisogna sapere che questi tanto amati ausili galleggianti non sono intercambiabili tra loro, ognuno di essi è particolarmente indicato ad un’età: i bambini dai 6 mesi in su è meglio che indossino il salvagente con mutandina in plastica applicata, che evita il fatto che possa scivolarci dentro. Ciò permette anche una comodità ed una stabilità che rende il bambino sicuro anche all’interno di un ambiente con il quale abbia poca dimestichezza.
Il classico salvagente è indicato invece dai due anni e mezzo in poi. Bisogna sceglierlo in base al peso ed alla corporatura del bambino. Il diametro non dovrà essere né troppo stretto, per non costringere il suo corpicino e rendere difficoltosi i movimenti, né troppo largo, per il rischio che possa togliersi pericolosamente in acqua.
I braccioli vanno scelti con cura della dimensione adatta e servono sicuramente nel passaggio dal salvagente alla tavoletta, che rappresenta l’ultimo stadio prima di imparare a nuotare del tutto.
Prima dell’acquisto, assicurarsi che gli oggetti siano sicuri e conformi al marchio CE,
gonfiare con cura a chiudere bene le valvole di salvagenti e braccioli.
domenica 26 giugno 2016
IL BAGNINO
Nel 1918 una circolare del Ministero dei Trasporti Marittimi e Ferroviari, imponeva alla Capitanerie di Porto del regno di fare obbligo a tutto il personale addetto agli stabilimenti balneari di comprovare l’idoneità nel nuoto, nella pratica del primo soccorso e della respirazione artificiale.
Le Capitanerie di porto si rivolsero alla S.N.S. che, dopo un propedeutico corso ed un esame di idoneità, rilasciava un brevetto di “Soccorritore di spiaggia”, antesignano del Bagnino di Salvataggio.
Si arriva successivamente ad ipotizzare la figura del Bagnino di Salvataggio che, vista la sua utilità, diventa, con Legge dello stato dei primi anni ’30, obbligatoria in tutti gli stabilimenti balneari.
Il Ministero delle Comunicazioni – Marina Mercantile con Foglio d’Ordine n. 43 del 6 maggio 1929 concede alla S.N.S. l’autorizzazione al rilascio del “certificato di abilitazione all’esercizio del mestiere di bagnino”.
Il bagnino di salvataggio è colui che vigila sulla sicurezza di chi frequenta piscine, stabilimenti balneari al mare o al lago.
Nello specifico deve:
prevenire gli incidenti in acqua o farvi fronte se avvenuti, mettendo in atto quelle tecniche di salvataggio e di primo soccorso acquisite nel corso di formazione e periodicamente aggiornate;
regolare le attività di balneazione vegliando sul comportamento degli utenti;
applicare e far rispettare le ordinanze della Capitaneria di porto o il regolamento della piscina;
verificare periodicamente la chimica delle acque nelle piscine e le condizioni igieniche dell'ambiente.
Le competenze acquisite nel corso di formazione gli consentono di intervenire in modo adeguato per praticare le tecniche di primo soccorso, anche in caso di asfissia e arresto cardiaco (Basic Life Support).
In Italia necessita dell'abilitazione dalla Società Nazionale di Salvamento di Genova, dalla Federazione Italiana Nuoto sezione salvamento, o dalla Federazione Italiana Salvamento Acquatico, ed ha compiti di soccorso verso chi si trova in situazione di pericolo in acqua.
Le prove devono essere sostenute in un tempo massimo di 8 minuti (le prove per il superamento del corso di assistente bagnino per la piscina hanno invece il tempo massimo di 5 minuti).
Primo soccorso e parte medica:
avere nozioni di primo soccorso valutate da un medico (ufficiale sanitario)
abilitazione a B.L.S. (basic life support in conformità agli standard della E.R.C. - European Resuscitation Council) e P.B.L.S. (pediatric basic life support).
Esistono anche dei corsi per la somministrazione dell'ossigeno e all'uso del defibrillatore semiautomatico, ciascuno di essi con esami a parte.
Spingere il pattìno in acqua e saltarci sopra, iniziando la voga verso il gavitello
Voga a banco o scia verso il gavitello posto a 70-100 metri dalla banchina
Inforcare la boa (avvicinamento da prua), agguantare e dimostrare di saper sollevare il gavitello
Voga a banco o scia di ritorno verso la banchina.
Rientrare posizionando i remi del pattino sugli scafi di prua e attraccare eseguendo un nodo a gassa d'amante all'estremità della cima legata alla barca e un nodo parlato attorno ad un palo dall'estremità opposta.
Durante la prova l'ufficiale della Capitaneria di porto può chiedere di effettuare una manovra a 360°. Nel caso il concorrente non sia in grado di eseguire le indicazioni sopra citate, la Capitaneria di porto si riserva il diritto di interrogare il concorrente su nodi marinareschi, meteorologia di base ed altri elementi di teoria.
La prova pratica segue le linee guida dell'ILS - International Life Saving, per questo il brevetto rilasciato dalla FIN è riconosciuto in tutti gli Stati facenti parte dell'ILS.
L'esame teorico pratico consiste in un colloquio con la commissione d'esame, oppure con la compilazione di un test a quiz. In seguito si procede all'esecuzione completa della sequenza BLS (Basic Life Support, rianimazione cardio-polmonare) con simulatore (manichino)
Il superamento della prova di salvataggio a nuoto, unitamente alle prove teoriche e di simulazione del protocollo BLS sul manichino, consentono il conseguimento del brevetto P (Pool - piscina).
La prova in mare è effettuata con l'ausilio dell'attrezzatura idonea, come il moscone di salvataggio o pattino. Consiste nel simulare un intervento raggiungendo un gavitello a circa 150 m da riva ed effettuare una doppia rotazione con l'imbarcazione intorno allo stesso senza mai toccarlo, ritorno e riposizionamento corretto del moscone (pattino).
Il superamento di questa prova, permette di estendere la validità del brevetto P, valido solo per le piscine, anche alle acque interne e alle spiagge marine. Il brevetto è denominato MIP (Mare, acque Interne, Piscina).
Il bagnino di salvataggio è un incaricato di pubblico servizio, non è un pubblico ufficiale.
Il bagnino di salvataggio è una professione che richiede particolare attenzione ed una discreta preparazione tecnica.
Chi desidera diventare bagnino di salvataggio deve frequentare un corso al termine del quale il candidato deve sostenere un esame che, se superato, permetterà di ottenere un brevetto. Con questo brevetto il candidato potrà operare all'interno delle piscine e nei parchi acquatici. Per poter lavorare in mare occorre sostenere un ulteriore esame.
Il termine "bagnino di salvataggio" viene usato solo ed esclusivamente per indicare i brevettati dalla Società Nazionale di Salvamento mentre il termine "assistente bagnanti" per i brevettati dalla FIN Salvamento. Entrambi i termini corrispondono alle stesse mansioni e agli stessi diritti/doveri. I rispettivi brevetti sono equipollenti.
Il bagnino di salvataggio vigila sull'incolumità dei bagnanti. Risponde, infatti, in prima persona della loro sicurezza, sia sotto il punto di vista civile sia penale. Dovrà, inoltre, mantenersi costantemente aggiornato e sempre in allenamento.
In Italia sono tre gli enti che possono preparare i futuri bagnini: S.N.S. (Società Nazionale di Salvamento), F.I.N. Salvamento (Federazione Italiana Nuoto, Sezione Salvamento) e F.I.S.A. (Federazione Italiana Salvamento Acquatico).
Per poter frequentare i corsi sono necessari determinati requisiti: età compresa tra i 16 e i 65 anni (dipende dalla didattica dell'ente), idoneità al nuoto, idoneità fisica (mediante un certificato rilasciato dal medico di famiglia).
Il candidato ritenuto idoneo deve poi presentare la domanda di partecipazione al corso, ricevute di pagamento delle quote, e una foto–tessera.
I Bagnini di Salvataggio possono fare molto per la sicurezza degli altri, non solo dal punto di vista professionale, ma anche di aiuto concreto e di solidarietà, vivendo un’esperienza unica, di apertura verso il prossimo.
I giovani, attraverso i corsi della S.N.S., sviluppano la loro crescita personale creandosi una mentalità di approccio attivo nel volontariato di Protezione Civile, maturando il senso di responsabilità nei confronti dell’ambiente, acquisendo il senso della cittadinanza solidale e attiva.
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sabato 25 giugno 2016
BUON COMPORTAMENTO IN SPIAGGIA
La battigia, ossia la striscia di sabbia di 5 metri dove arriva l’onda, è accessibile per tutti, anche laddove questa sia adiacente a uno stabilimento balneare. Chiunque, quindi, può transitare, sedersi, appoggiare gli abiti, stendersi senza che nessuno possa pretendere il pagamento di un biglietto, ticket… È, invece, vietato posizionare ombrelloni, sdraio, lettini… che possono intralciare il passaggio.
L'educazione e il rispetto delle regole in spiaggia sono fondamentali per trascorrere una buona vacanza e per il rispetto dei nostri mari e dell'ambiente che ci circonda: per il benessere personale, per la propria salute, e per il senso civico che accomuna l'uomo. Per questo, molto importante è il bon ton del turista balneare, della considerazione nei confronti della spiaggia e della località di cui si è ospiti.
Per il rispetto dell'ambiente balneare è fondamentale la pulizia della spiaggia, per questo motivo bisogna evitare di sporcarla con i propri rifiuti, come bottiglie, pezzi di carta, scarti di cibo, e bisogna depositarli nei corrispettivi cestini, rispettando la raccolta differenziata.
Bisogna fare molta attenzione alle bandiere, esposte a distanza di 100 metri l'una dall'altra. Queste bandiere indicano e segnalano la situazione atmosferica del mare e il servizio attivo o no del bagnino di salvataggio. Per questo è molto importante rispettare le indicazioni delle bandiere che possono essere di tre tipi: Bianca, se il servizio di salvataggio è attivo e il clima è ideale per la balneazione; Rossa, se il tempo non è favorevole alla balneazione o il servizio del bagnino è disattivo; Gialla, in caso di forte vento, segnala l'obbligo di chiudere gli ombrelloni.
Per il rispetto degli altri bagnanti bisogna evitare di fare rumore, usare degli aggeggi elettronici ad alto volume, che potrebbero disturbare la quiete pubblica, come dispositivi mobili, radio. Oppure evitare di giocare con la palla, con le racchette, e altri tipi di giochi che potrebbero rovinare la tranquillità degli altri turisti.
In molte spiagge non è consentito portare i propri animali, ma qualora fosse consentito, bisogna sempre fare attenzione ai propri amici a quattro zampe: portarli al guinzaglio, evitare che disturbino gli altri bagnanti o sporchino la spiaggia. Inoltre, per il rispetto dell'ambiente, bisogna sempre raccogliere gli escrementi lasciati dai propri animali.
Nel caso si usufruisca di una spiaggia normale, non per nudisti, frequentata da differenti categorie di persone, dai bambini agli anziani, bisogna fare attenzione al proprio abbigliamento, che deve essere adeguato all'ambiente circostante.
Tutte le spiagge sono dotate di un’area apposita destinata alla balneazione che si estende per circa 300 metri dalla costa. Generalmente, la zona è delimitata dalle presenze di boe e può presentare dei passaggi, anch’essi delimitati da boe, per l’attracco di imbarcazioni, canoe, pedalò… All’interno di questa zona, è vietato entrare con barche a motore, moto d’acqua…
Una spiaggia, non una discarica. Una cannuccia impiega dai 20 ai 30 anni a decomporsi; un fazzoletto di carta 3 mesi, una bottiglia di vetro non si degrada mai completamente. Se avete portato il pic-nic in riva al mare, raccogliete gli avanzi (gettarli tra le onde non vale, il mare per definizione riporta a riva gran parte di ciò che ha inghiottito).
Attenti ai sacchetti di plastica. Basta un colpo di vento per farli finire in acqua, dove diventano trappole mortali per molti animali marini. Delfini, tartarughe marine e balenottere, per esempio, li scambiano per meduse, e nel tentativo di raggiungerli finiscono soffocati.
Fumatori sì, ma responsabili. Gettate i mozziconi in un apposito portacenere portatile (in commercio ne esistono di ogni tipo, e a prezzi contenuti; ma nel caso, è sufficiente un bicchierino di plastica, che poi getterete nella spazzatura). Una sola "cicca" di sigaretta può inquinare un metro quadrato di mare. E non dimenticate l'accendino ai piedi dell'ombrellone: ha tempi stimati di decomposizione che vanno dai 100 ai 1000 anni.
Se avete intenzione di entrare in acqua scegliete solamente creme contenenti filtri solari a base di minerali, come l'ossido di zinco. La maggior parte delle creme ad alta protezione, disciolte in acqua, danneggiano l'ecosistema marino, in particolare i coralli. Gran parte dei filtri chimici per raggi UVA e UVB scatena infatti virus e infezioni latenti nella zooxantella, un'alga unicellulare che vive in simbiosi con i coralli, contribuendo allo sbiancamento del reef.
Quando fate la doccia, sia in spiaggia che in barca, evitate di usare shampoo e bagnoschiuma (a meno che non usiate prodotti al 100% naturali): alcune sostanze in essi contenute risultano fortemente inquinanti per il mare. A voi sarà sufficiente un risciacquo per eliminare il sale dalla pelle.
Niente "souvenir". I pezzetti di corallo o di granito, le conchiglie e i gusci dei paguri che avete raccolto stavano meglio dov'erano prima: si tratta di patrimoni naturali e parti fondamentali dell'ecosistema che portati a casa sembrerebbero solo un macabro trofeo.
Non accendete fuochi in spiaggia o nella macchia mediterranea limitrofa. L'estate è la stagione degli incendi e alcuni di essi sono inavvertitamente causati da turisti distratti che perdono il controllo delle fiamme o lanciano nella vegetazione sigarette ancora accese.
Non catturate gli organismi marini che vivono sulle rocce, come granchi e molluschi bivalvi, né cavallucci e stelle marine. Ricordatevi che la pesca subacquea è vietata a distanze minori di 500 metri dalle spiagge dove siano presenti bagnati, e se siete pescatori dilettanti ricordatevi di ributtare in mare i piccoli pesci pescati (potreste comunque trovare altri passatempi più sostenibili e rispettosi della fauna acquatica, come lo snorkeling).
venerdì 24 giugno 2016
IL CANE AL MARE
Ad oggi non esiste una legge che regoli a livello nazionale l’accesso degli animali sul demanio marittimo. In mancanza di espresso divieto comunale e o della locale capitaneria per i nostri quattrozampe vale la regola generale dei luoghi pubblici: guinzaglio e o museruola ove prescritto.
In linea di massima si tenga presente che per poter vietare l’ingresso ai bagnanti che hanno con sé il proprio cane è necessario che i comuni emettano un’ordinanza di divieto e che tale divieto sia motivato. Essa inoltre deve specificare l’estensione oraria di tale divieto, deve essere firmata dal sindaco, da un assessore delegato o dal comandante dei vigili urbani, e deve essere pubblicata sugli albi pretori dei singoli comuni. In linea teorica se manca solo una di queste indicazioni l’ordinanza non dovrebbe essere considerata valida.
Secondo la legge il proprietario della spiaggia (ad esempio un campeggio ma in linea teorica anche uno specifico Comune, che ne è l’effettivo l’amministratore) può richiedere con le giuste motivazioni un permesso per rendere inaccessibile ai cani quel tratto di costa.
Questa opzione spiega l’esistenza delle “spiagge per cani”: cioè dei tratti di terreno in cui i cani possono sì entrare ma che fanno in realtà parte di tratti ben più lunghi in cui si è concesso il divieto di accesso.
C’è dell’altro, i cartelli che prevedono il divieto devono recare sul retro il numero dell’ordinanza comunale di riferimento e la relativa data di scadenza. Altrimenti, seppure in presenza di una ordinanza regolarmente firmata, il divieto è da considerarsi nullo.
I cani adorano fare il bagno e tuffarsi in mare, nel lago o in un fiume: il rapporto con l’acqua è spontaneo e naturale anche se ci sono razze più o meno predisposte. È importante, però, abituarli gradualmente in occasione dei primi bagni (che sia cucciolo o adulto) senza forzature che potrebbero causare shock e traumi e prendendo le dovute precauzioni. Anche stare in spiaggia con il proprio amico a quattro zampe è un’esperienza piacevole e divertente ma anche impegnativa: è importante rispettare le regole stabilite dai gestori dell’impianto balneare e, al medesimo tempo, prestare attenzione al benessere del cane.
Al primo approccio è bene portare il cane a fare il bagno in un luogo tranquillo dove non ci siano confusione e altri cani che potrebbero innervosirlo e agitarlo. Se possibile, è meglio entrare con lui in una zona dove l’acqua sia bassa, non fredda e dove la profondità aumenti gradatamente e, quando il cane comincia a bagnarsi le zampe, lodarlo con coccole e complimenti. Quindi percorrere a piccoli passi un breve tratto sempre più al largo, fino a quando non toccherà più con le zampe e sarà costretto a nuotare. I primi tempi evitare di fare bagni troppo lunghi e tenere il cane con un guinzaglio lungo senza mai lasciarlo libero fino a quando non si è certi che sia autonomo e responsabile: se il cane, infatti, si allontana troppo e non risponde ai richiami potrebbe essere difficile recuperarlo. Se non si è tranquilli e il cane è ai primi approcci con l’acqua meglio equipaggiarlo con un giubbotto di salvataggio per cani: in questo modo si potrà guidarlo e farlo sentire più al sicuro. Un consiglio utile è quello di portare con sé almeno un paio dei suoi giocattoli preferiti come una pallina: questo sia per stimolarlo a entrare in acqua lanciandolo e facendolo riprendere, sia per avere un oggetto che attiri la sua attenzione per tornare a riva nel caso si allontanasse troppo In ogni caso, non bisogna forzare o costringere il cane a entrare in acqua se non vuole, non mettergli la testa sotto per non intimorirlo, non entrare con il mare mosso e le onde o forti correnti marine.
Le razze definite “acquatiche” sono l’American Water Spaniel, il Barbet, il Cao de Agua Portugues, L’Irish Water Spaniel, il Lagotto Romagnolo, il Perro de Agua Espanol e loSpaniel Olandese. Altre che amano incredibilmente l’acqua e si fatica a tenerle lontano dal mare: Labrador Retriever, Golden Retriever, Terranova. I terranova, in particolare, per istinto si gettano in acqua: una naturale predisposizione che ha fatto di loro i “cani bagnino” ideali, addestrati per il soccorso e il salvataggio in mare. Le razze strutturalmente inadatte al nuoto sono il Bulldog e il Basset Hound che in acqua faticano a respirare a causa del torace largo e delle zampe corte.
Ci sono alcune regole che valgono per gli uomini e altre che servono a rendere piacevole il soggiorno in spiaggia del nostro cane.
Per evitare spiacevoli discussioni bisogna far fare i bisogni al cane prima di accedere alla spiaggia e riportarlo nello spazio apposito almeno ogni ora.
Mai dare da mangiare al cane prima di andare in spiaggia per evitare possibili congestioni: è importante che il cane entri in acqua cinque o sei ore dopo il pasto.
Evitare di portare il cane in spiaggia nelle ore più calde: il riflesso della sole in acqua può irritare gli occhi e arrossare la pelle. Preferire il mattino presto o il tardo pomeriggio.
Se non si è in una spiaggia attrezzata, munirsi di ombrellone per ripararlo dal caldo e dal sole e, in ogni caso, ogni due ore portarlo a fare una passeggiata al riparo dal sole. Portare con sé una ciotola per l’acqua dolce da bere.
Per le zone maggiormente delicate della pelle dei cagnolini, come le orecchie e la pancia, utilizzare un’apposita crema solare.
Se il cane dovesse ingerire acqua di mare mentre nuota o gioca portarlo subito a fare i bisogni: l’acqua di mare ha un effetto purgante quasi immediato. Attenzione anche alla sabbia: se ingerita può causare un blocco intestinale.
Terminata la giornata in spiaggia (se possibile prima di andare a casa) sciacquare abbondantemente il cane con acqua dolce (il sale può causare dermatiti e seccare il pelo) e verificare che l’interno delle orecchie sia ben asciutto.
martedì 14 giugno 2016
L'ALASKA
L'Alaska è uno Stato federato degli Stati Uniti d'America. Situato nella estremità nordoccidentale del continente nordamericano, confina a est con il Canada, a nord con il Mar Glaciale Artico e a ovest e a sud con l'oceano Pacifico.
Il toponimo Alaska è derivato dalla parola alaxsxaq (ah-lòk-shok) che ha come significato "grande paese" o "terraferma" nella lingua degli Aleutini o Unangan (come essi si chiamavano nella propria lingua).
I primi abitanti dell'Alaska furono quei popoli che durante le ere glaciali raggiunsero l'America attraverso lo stretto di Bering, reso percorribile grazie all'aumento delle acque ghiacciate. Furono tra questi i progenitori delle varie tribù amerinde dello Stato, ma è da ricordare che il passaggio fu sfruttato da tutti i progenitori delle civiltà precolombiane. Successivamente altre popolazioni, come gli inuit e gli Aleutini raggiunsero l'Alaska dal continente asiatico, probabilmente via mare. Fino all'800 alcune comunità aleutine e inuit vivevano nell'estremo oriente russo, e ancora oggi i discendenti degli inuit vivono a nord della Kamcatka.
In realtà dunque l'America non fu mai completamente isolata dall'Asia, e veniva continuamente raggiunta dalle popolazioni nomadi dell'estremo est asiatico. Tra i primi europei a raggiungere l'Alaska vi fu il danese Vitus Bering, che esplorò via mare, per conto dell'Impero russo, la zona sino al monte Saint Elias (1747).
Nel corso del Settecento alle rivendicazioni spagnole sull'Alaska fece seguito un viaggio esplorativo del navigatore italiano, al servizio iberico Alessandro Malaspina, che ripercorse la rotta del viaggio (forse leggendario) di Lorenzo Ferrer Maldonado, che nel tardo Cinquecento aveva cercato un passaggio a nord ovest partendo dal Messico. Questa spedizione, che il capitano di fregata prima e di vascello poi Malaspina comandava in qualità di commodoro, produsse una notevole mole di dati geografici, etnografici, botanici, naturalistici, geologici, e antropologici; questi lavori non sono ancora stati completamente pubblicati.
In seguito il territorio fu annesso all'Impero russo, che tuttavia lo colonizzò solo marginalmente (l'attività principale allora era la caccia alle lontre, alle foche e ad altri animali da pelliccia). Di fatto la regione divenne zona di commercio delle pellicce per le compagnie commerciali russe "Selikov" e "Golicov" che ebbero come base Kodiak dal 1784. Nel 1799 fu fondata la Compagnia russo-americana, autorizzata dallo zar Paolo I a commerciare fino al 52º parallelo nord. La regione rimase emarginata dalla vita politica ed economica dell'Impero russo: la maggior parte dei pochi russi che si trasferivano in Alaska preferiva tornare in Russia dopo essersi arricchiti.
La colonizzazione russa dell'Alaska si scontrò con altri due colonialismi: quello britannico e soprattutto quello spagnolo. Inoltre i Russi cercarono di estendere il loro dominio anche più a sud, con il tentativo di installare una colonia in California durante gli anni dieci del XIX secolo: il progetto non ebbe esito positivo e innervosì notevolmente le cancellerie spagnole.
Il commercio con gli indiani non era sempre pacifico, anzi molto spesso era basato sui ricatti degli europei nei confronti dei nativi, che rispondevano attaccando alcune piccole concessioni russe, con uno stato di guerra latente che si protraeva anche dopo la fine degli scontri. I nativi furono però definitivamente sconfitti verso la fine degli anni quaranta del XIX secolo. Agì come pacificatore dei conflitti l'attività dei missionari ortodossi, che riuscirono sia a convertire molti nativi, sia a convincere il governo locale russo a limitare le attività di saccheggio, ruberia e repressione armata nei confronti degli indigeni.
Nel 1867 gli Stati Uniti acquistarono l'Alaska dalla Russia per $ 7 200 000, (poco più di 4 dollari per km²). L'acquisto, passato alla storia con il nome di Alaska Purchase, fu gestito dal Segretario di Stato William H. Seward e venne ratificato dal Senato statunitense il 9 aprile 1867. Il passaggio di sovranità avvenne il 18 ottobre dello stesso anno. Il fatto non entusiasmò molto l'opinione pubblica statunitense di allora, che considerava l'Alaska un territorio inospitale e del tutto inutile (venne soprannominata "Follia di Seward" e "Ghiacciaia di Seward"). Ogni anno l'ultimo lunedì di marzo si ricorda l'avvenimento con il Seward's Day e il 18 ottobre con l'Alaska Day.
Nel 1884 divenne un distretto dell'Oregon. Nel 1898 in Alaska venne scoperto l'oro: questo fatto provocò una vera e propria invasione di cercatori d'oro, tra cui anche lo scrittore Jack London, e di conseguenza anche la colonizzazione del territorio. Altro oro venne scoperto nel vicino Klondike, territorio canadese, e l'Alaska fu utilizzata come base di partenza per i cercatori, e questo favorì la crescita delle prime città e delle prime strade nell'entroterra della regione sud-orientale, come collegamento verso lo Yukon.
Divenuta territorio autonomo nel 1912, il 7 luglio 1958 il presidente Eisenhower firmò l'Alaska Statehood Act che rese l'Alaska uno Stato degli USA a tutti gli effetti, entrando nell'Unione come il 49º stato il 3 gennaio 1959.
Nel 1968 fu scoperto il più grande giacimento di petrolio e di gas naturale di tutto il Nordamerica, sfruttato pienamente a partire dal 1977, quando un oleodotto lungo circa 1 300 km collegò i giacimenti al porto di Valdez.
Nel 1976 fu creato l'Alaska Permanent Fund, un fondo che investe una porzione delle entrate minerarie dello stato, incluse le entrate del Trans-Alaskan Pipeline System, a beneficio di tutte le generazioni di Alaskani. Al giugno 2003, il valore del fondo ammontava a 24 miliardi di dollari.
Si è proposto più volte di realizzare un ponte o un tunnel attraverso lo stretto di Bering (85 km), ma sia per ragioni economiche sia per ragioni strategico-militari questa idea non è mai stata portata avanti.
L'Alaska, le Hawaii e Porto Rico sono gli unici tre stati che non si trovano tra i 48 stati contigui degli Stati Uniti d'America. Inoltre l'Alaska è lo stato più esteso degli Stati Uniti (oltre 1 717 000 km²).
La geografia dello Stato può essere schematizzata attraverso una suddivisione in regioni:
L'Alaska Centro Meridionale è la regione costiera meridionale con villaggi, città e impianti industriali petroliferi;
La penisola di Alaska ospita piccoli insediamenti, acque interne, monti, ghiacciai e grandi foreste;
L'interno è più pianeggiante e percorso da grandi fiumi, come lo Yukon e il Kuskokwim; vi si trovano grandi estensioni di tundra artica;
La costa settentrionale è la parte più remota, inospitale e spopolata dello Stato.
Grazie anche alle numerose isole, le coste dell'Alaska superano i 54 700 km di lunghezza. La serie di isole che si estende a ovest della punta sudoccidentale dell'Alaska è nota come l'arcipelago delle Aleutine. Molte di queste isole ospitano vulcani attivi: per esempio, il monte Shishaldin (3 042 m) sull'isola di Unimak. La serie di vulcani raggiunge Mount Spurr, a ovest di Anchorage, sulla terraferma.
In Alaska si trova il monte Denali, la montagna più alta di tutto il Nordamerica, 6 194 metri. s.l.m..
Numerosi sono i fiumi e i laghi, tra questi ce ne sono più di tre milioni con una superficie di almeno 8 ettari. Gran parte del territorio dell'Alaska è gestito dal governo federale come foresta nazionale, parco nazionale, e rifugio naturale nazionale. Vi sono luoghi in Alaska che sono comune terreno pubblico demaniale (terreno del BLM) ma che sono probabilmente più spettacolari di molti parchi nazionali nei 48 stati. Molti dei parchi statali dell'Alaska sarebbero parchi nazionali se fossero in altri stati.
In gran parte dell'Alaska i servizi sono gestiti dalle cosiddette ANCSA corporations; le tredici più importanti operano a livello regionale, mentre ne esistono dozzine di locali.
L'Alaska ha un clima freddo che però si può suddividere in quattro aree:
la costa sud, in particolare Juneau (unica città in cui le massime medie di gennaio sono superiori a 0 °C, media: -8 °C/1 °C) che gode delle condizioni più miti dello Stato (già Anchorage, sempre sulla costa sud, che è situata circa al 60º parallelo ha una media di gennaio di -3 °C/-13 °C; le medie di luglio sono sui 15 °C) ma che è anche l'area più nevosa per l'oceano che fa accumulare umidità: gli accumuli medi raggiungono e spesso superano di gran lunga il Québec e Hokkaido (in cui cadono rispettivamente tra i 3, i 5 e i 7 metri) e in alcune parti arrivano a una media di 8 metri con copertura che va da 1–2 mesi di Juneau e la sua area e i 4–5 mesi dell'interno di Anchorage;
l'interno, che ha il clima che ci si aspetta dall'Alaska (Fairbanks ha una media di gennaio di -19 °C/-28,5 °C e di luglio di 12 °C/22 °C; tuttavia sono dati presi dal centro, dove vi è l'isola di calore urbana: altre località spesso sono più fredde e le medie di gennaio arrivano a -34 °C, più o meno quanto i più freddi luoghi dello Yukon, vicini a Old Crow) in cui le medie mensili sono sotto zero 8 mesi all'anno e si registrano le temperature più basse (-62,1 °C a Prospect Creek, ma notizie non ufficiali riportano dati più bassi) e più alte (38 °C a Fort Yukon, che d'inverno scende spesso sotto i -40 °C); la copertura nevosa dura da 6 a 7–8 mesi e i fiumi sono liberi dai ghiacci solo 4 mesi;
la costa occidentale, che ha inverni freddi (stretto di Bering gelato) ed estati fresche;
la costa artica, in cui le medie di gennaio sono -23 °C e i -30 °C e di luglio tra i 4 °C e i 6 °C (Barrow, la punta nord, ha a febbraio -21 °C/-31 °C, a luglio 1 °C/5 °C): le precipitazioni sono scarsissime sui 200–250 mm l'anno, la maggior parte in estate, il mare è gelato da ottobre a giugno con temperatura massima di 1 °C, la copertura nevosa rimane da settembre a inizio giugno, ma i residui si vedono tutto l'anno.
In Alaska sono state registrate temperature da record come il già citato primato di Prospect Creek, Fairbanks -62 °C, Chandalar -59 °C, Fort Yukon -58 °C e Barrow -53 °C.
Nel 2007 il prodotto interno lordo dell'Alaska è stato di 44 miliardi di $, che lo pone al 45º posto fra i 50 stati. Il reddito pro capite per l'anno 2007 è stato di 40 042 $ (15º negli Stati Uniti).
La pesca occupa un importante ruolo nell'economia dell'Alaska, e fornisce un ampio surplus destinato all'esportazione. In campo agricolo, a causa delle difficili condizioni climatiche, la produzione di latte e latticini, bestiame, verdure e vivai è appena sufficiente per il fabbisogno interno, tuttavia gran parte dei generi alimentari sono importati da regioni del mondo più adatte all'agricoltura. Anche l'industria manifatturiera è di proporzioni alquanto limitate, e anche i prodotti non alimentari sono in gran parte importati. I costi delle importazioni sono molto elevati a causa delle spese di trasporto e questo contribuisce a tenere alto il costo della vita nonostante i sussidi governativi per gli abitanti dello Stato.
Tuttavia, gran parte degli abitanti lavora per il governo o nel campo dell'estrazione e del trasporto delle risorse naturali: petrolio greggio, gas naturale, carbone, oro, metalli preziosi, zinco e altri minerali, legname e prodotti in legno. Un altro settore di impiego è in ambito militare a causa delle molte basi militari presenti nello stato. Il settore turistico è poco sviluppato ma in crescita per via della spettacolarità dei paesaggi naturali e per possibilità di effettuare escursioni anche grazie all'ausilio degli spostamenti in treno effettuati dalla Alaska Railroad e alle numerose crociere che fanno tappa nei maggiori porti.
In Alaska le comunicazioni sono assicurate in diverse maniere. La rete stradale non è molto sviluppata a causa della scarsità della popolazione, delle grandi distanze e della natura del suolo, per gran parte dell'anno ricoperto da ghiaccio o neve o formato da permafrost. Le strade sono presenti soprattutto nella parte meridionale dello Stato, la Alaska Highway unisce le città principali e lo stato al Canada. La capitale dello Stato non è collegata da strade e si può raggiungere solo tramite aerei o navi.
Sulla costa del Pacifico, molte località usufruiscono di un servizio navale per merci e passeggeri. Ancor più diffuso è il trasporto aereo, molte sono le linee aree locali e molto utilizzati sono gli idrovolanti che atterrano sui numerosi laghi.
Il mezzo di trasporto più usato nel periodo della corsa all'oro, la slitta trainati da cani, ormai è un mezzo folcloristico e sportivo. Molto popolare è la corsa con le slitte che si svolge a marzo per 1850 km tra Anchorage e Nome, la Iditarod Trail Sled Dog Race per ricordare l'impresa compiuta nel 1925 quando delle slitte riuscirono a raggiungere il piccolo villaggio di Nome per portare le medicine per combattere un'epidemia.
Tra i problemi della popolazione dell'Alaska bisogna ricordare l'alcolismo, causato soprattutto dall'isolamento di alcune comunità, dai lunghi periodi di buio invernale, dalle difficoltà negli spostamenti. In alcune zone l'alcol è addirittura vietato. L'alcolismo genera altri problemi come l'alto numero di suicidi, le violenze domestiche e la sindrome alcolica fetale nei bambini dovuta all'abuso di alcol da parte di donne in gravidanza, che genera nei bambini disfunzione in alcuni organi, basso peso alla nascita, ritardo nello sviluppo, e in alcuni casi epilessia.
La condizione di essere "terra di frontiera", con limitate regole etiche e fortissimi interessi economici in ballo e, per i critici, anche con scarsi controlli, ha portato come conseguenza a diversi fenomeni di "disinvoltura economico-politica" nel paese, con casi di corruzione, sperpero, e finanziamenti ritenuti clientelari, (buona parte del territorio sconfinato è di diretta competenza statale, ed è stato ampiamente e interessatamente concesso a grandi società private), è emblematica la figura del senatore Theodore Stevens (Zio Ted) coinvolto per decenni in tali generose concessioni; il ripetersi di tali fenomeni ha prodotto la definizione per l'Alaska, da parte degli altri Stati dell'Unione, di luogo della corruzione, e dello sperpero dei beni di proprietà comune. Nonostante la politica attuale dell'Alaska cerchi di limitare questi fenomeni, la consuetudine degli altri Stati dell'Unione di citare l'Alaska come luogo di eventi di questo tipo è ancora molto presente.
L'Alaska è l'unico stato degli Stati Uniti, fatta eccezione per il Colorado, in cui è consentito il possesso per uso personale di circa 30 grammi di marijuana.
L'inglese è la lingua più parlata, dall'89,7% della popolazione, il 5,2% è ripartito tra le più di venti lingue indigene, segue lo spagnolo con il 2,9%.
L'Alaska, così come gli Stati del nord Pacifico, è tra i meno religiosi degli Stati Uniti.
La città più popolosa dell'Alaska è Anchorage, con una popolazione di 291 826 abitanti (censimento 2010 Anchorage Municipality, Alaska American FactFinder).
Uno spazio immenso in gran parte selvaggio, sei mesi di luce e sei mesi di buio, un clima durissimo e una bellezza travolgente.
Sono solo alcune delle contraddizioni che si incontrano in Alaska e che forgiano il carattere di una società ai confini del mondo.
Gente dura, in gran parte immigrati, quella che vive in questo pezzo di Stati Uniti ai margini del Polo Nord e della storia.
Vivere in Alaska vuol dire confrontarsi con una natura prepotente e affascinante dove gli uomini reagiscono in modo complesso: con la passione per la natura e con l’alcolismo, con l’euforia dell’esploratore e la depressione del naufrago. Con la sua presenza quotidiana, quasi violenta, la natura gioca un ruolo assai più centrale che altrove nel disegnare la geografia dei rapporti sociali, dei comportamenti umani.
In Alaska si vive in città isolate, lontane da tutto. Basti pensare alla capitale, Juneau: non esistono strade o ferrovie che la colleghino con il resto del mondo. Non la si può lasciare via terra. Gli unici mezzi di comunicazione, a parte il telefono, la radio, la televisione, sono gli aerei o le navi. Intorno le grandi montagne, le foreste, le praterie, i ghiacciai, l’Oceano Pacifico. Un abitante su 50 possiede un aereo: per cercare in qualche modo di rispondere al bisogno di muoversi, di essere liberi di andare e venire, l’unico modo è volare. Il 30% del territorio è protetto, il rimanente è comunque selvaggio, dato che il mezzo milione di abitanti non è certo in grado di antropizzare la regione.
Le città principali sono Juneau, Anchorage e Fairbanks, per il resto si tratta di paesini o piccole comunità indigene a distanze enormi l’una dall’altra.
Malgrado il reddito dello stato sia il più alto d’America, la durezza delle condizioni di vita viene dimostrato dal più alto tasso di suicidi degli States. Il costo della vita è molto alto e nonostante il governo abbia predisposto diversi incentivi economici, l’età media degli abitanti del “Grande Nord” è la più bassa del continente, 25 anni: perché appena risparmiato il gruzzolo necessario, molti fanno i bagagli e scappano verso climi più caldi, più umani.
Impossibile immaginare di visitare l’intera regione nel corso di un viaggio per via delle dimensioni, dei costi, della difficile organizzazione. La maggior parte dei turisti si avvia alla scoperta dell’Alaska percorrendo la Marine Highway, ovvero il labirinto di canali, isole e fiordi che compone l’Inside Passage. A bordo di grandi navi da crociera, traghetti e barche a vela, il viaggio tipo di svolge da Anchorage fino a Vancouver, in Canada, e permette di riassumere gran parte del paesaggio sia naturale che umano che rende unica questa parte del globo.
Durante il periodo primaverile, che paradossalmente coincide con l’apice della tendenza al suicidio, si moltiplicano le feste, i balli, i concerti. Uno stratagemma imparato dai nativi per combattere il “cabin shock”, la depressione da letargo che colpisce proprio alla fine del lungo inverno.
Basta uscire dai sobborghi, lasciarsi alle spalle i centri commerciali, per cancellare ogni memoria da provincia americana.
domenica 12 giugno 2016
IL PESCE CARABINIERE
Il pesce carabiniere conosciuto come donzella è diffuso nel mar Mediterraneo e nell'oceano Atlantico orientale dalla Manica all'Africa centrale.
La donzella vive in piccoli gruppi, più femmine con un solo maschio e quando questo viene meno prenderà il suo posto la femmina più vecchia.
Il corpo è lungo e affusolato, con muso appuntito e scaglie molto piccole. I denti sono sottili e aguzzi e quelli anteriori sono inclinati in avanti. Sia la pinna dorsale che quella anale sono lunghe ed hanno un’altezza uniforme. Nel maschio i primi due raggi spinosi della pinna dorsale sono invece più lunghi. Il maschio adulto raggiunge una lunghezza di 25 centimetri, mentre la femmina non supera generalmente i 18 centimetri. Anche per quanto riguarda la colorazione esiste una netta distinzione fra maschi e femmine e fra individui che vivono a basse profondità e quelli che si trovano invece a profondità maggiori. Le femmine e gli esemplari giovani (si è recentemente accertato che la donzella è ermafrodita proterogina e quindi i giovani sono tutti di sesso femminile e solo in seguito diventano maschi) hanno una macchia blu sull’opercolo, mentre una striscia gialla longitudinale percorre tutto il corpo dal naso alla pinna caudale. Il colore di fondo è invece un bruno olivastro negli esemplari che non scendono sotto i 20 metri di profondità, mentre in quelli che si trovano in acque più profonde assume una dominante sempre più rossa man mano che ci si immerge. Visti nel loro habitat apparentemente hanno tutti un colore simile perché, in realtà, l’aumento del rosso nella colorazione del pesce, compensa la diminuzione della quantità di luce rossa che penetra nell’acqua. Il maschio è invece caratterizzato da una striscia arancione a zig zag lungo i fianchi, da una macchia nera sotto la pinna pettorale e da una macchia nera e arancione sui raggi dorsali allungati. Accanto a queste caratteristiche di base, la colorazione delle Donzelle presenta però una varietà davvero indescrivibile dove i colori sfumano uno nell’altro e si presentano diversi con il cambiare della luce.
La Donzella si riproduce in estate e depone uova sferiche e galleggianti. Il suo cibo preferito sono piccoli pesci, crostacei e molluschi che stritola con i suoi denti robustissimi.
La Donzella è uno dei pesci più comuni nel Mediterraneo e la si può trovare un po’ ovunque: da pochi metri a un massimo di 120 metri di profondità. In ogni modo predilige gli scogli ricoperti da alghe e le grandi praterie di posidonie. Gli individui giovani svolgono un importante lavoro sociale: quello di pulitori, liberano cioè gli altri pesci dai parassiti. Il pesce che deve essere pulito si avvicina al centro di pulitura dove, con le Donzelle giovani, si possono trovare anche altri Labridi, come il Tordo codanera. Qui attirano l’attenzione dei pulitori stando fermi con le pinne distese e gli opercoli spalancati. Pulitori o no, le Donzelle lavorano comunque solo di giorno: di notte e nelle fredde giornate invernali spariscono dalla circolazione e si seppelliscono nella sabbia lasciando sporgere solo la testa.
Generalmente non è soggetto a pesca specifica vista la scarsa qualità delle carni, adatte solo a zuppe di pesce (ad esempio il cacciucco livornese), abbocca comunque voracemente a esche animali di ogni tipo causando spesso non poco disturbo a chi si vuole dedicare alla pesca di specie più pregiate.
venerdì 10 giugno 2016
IL PESCE CARDINALE
Il neon cardinale è un pesce d'acqua dolce appartenente alla famiglia Characidae.
Questo pesce vive in corsi d'acqua che scorrono nella foresta, in acque scure dalla corrente piuttosto debole. In questi corsi d'acqua si trovano molti residui vegetali che rendono l'acqua leggermente acida. La zona di origine nello specifico è il Brasile (Rio Negro), la Colombia occidentale e il Venezuela (Orinoco).
E' lungo circa 4 cm e una banda rossa attraversa tutto il corpo. E' sottile e allungato. Il dorso è grigiastro e ha una linea orizzontale azzurro elettrico, lunga tutto il corpo, che riflette molto la luce, anche se meno del Neon. La pancia è bianca. Le pinne sono trasparenti e piccole. La bocca è piccola.
Il dimorfismo sessuale non è molto evidente, le femmine sono appena più grandi dei maschi e hanno la pancia un più rotonda, sono però differenze impercettibili.
È una specie che forma gruppi anche molto ampi.
La sua dieta è composta da vermi, copepodi e larve di insetti (Chironomidae).
È oviparo e la fecondazione è esterna. Non ci sono cure verso le uova.
È allevato comunemente negli acquari a partire dal 1970, anche se quasi tutti gli esemplari in commercio provengono dalla cattura in natura perché non si riproduce frequentemente in cattività.
mercoledì 8 giugno 2016
LA GIORNATA DEGLI OCEANI
L'impegno delle Nazioni Unite nella giornata mondiale degli Oceani è rivolto quest'anno soprattutto ai rifiuti, e in primis alla plastica. Si stima che ogni anno finiscano in acqua circa otto milioni di tonnellate di plastica. Rifiuti che si rimpiccioliscono gradualmente e vengono assimilati da numerosi organismi marini entrando in circolo nella catena alimentare (di cui fa parte anche l’uomo che si nutre di pesce). Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno su Proceedings of the National Academy of Sciences, fino al 90 per cento degli uccelli marini di tutto il mondo ha residui di plastica nelle viscere.
Pesca eccessiva e insostenibile, distruzione degli ecosistemi marini e riscaldamento delle acque sono i gravi problemi del nostro Mediterraneo secondo il Wwf. Un chiaro segno del malessere del nostro mare è la grande diffusione delle meduse: mentre prima si registravano picchi di presenza di meduse ogni 10-15 anni oggi abbiamo cadenze annuali.
Un oceano pulito significa vivere in un pianeta più sano: questo è l’importante messaggio diffuso dalle Nazioni unite in occasione della Giornata mondiale degli oceani 2016. Il focus di quest’anno è l’inquinamento delle acque causato dalla plastica, fattore che ha avuto un forte impatto sia sugli ecosistemi che sulla fauna marina. Alcune tra le conseguenze più drammatiche dovute all’inquinamento sono lo sbiancamento delle barriere coralline, tra cui la Grande barriera australiana, e il cambiamento nella catena ecologica marina. Uno studio pubblicato di recente su Science ha permesso di evidenziare che alcune larve, cresciute in un ambiente marino saturo di plastica, hanno iniziato a modificare le proprie abitudini alimentari, preferendo la plastica al plancton. Comportamenti che conducono queste specie alla morte.
Secondo le stime attuali, ogni anno finiscono nel mare circa otto milioni di tonnellate di plastica, numeri sono destinati a duplicare nei prossimi vent’anni e a quadruplicare entro il 2050.
È come se, ogni minuto, venisse scaricato nei mari un camion pieno di plastica. Nonostante le raccomandazioni dei Governi, che premono per sistemi di riciclaggio più efficienti, i dati non sono incoraggianti: solo il 5% della plastica prodotta viene poi riciclata correttamente, il 40% finisce in discarica e un terzo finisce negli ecosistemi sensibili, tra cui gli oceani.
Gli oceani non sono solo una fondamentale risorsa ambientale, ma economica: in termini di risorse e industrie, gli oceani garantiscono oggi il 5% del Pil mondiale, generando circa 3mila miliardi di dollari l’anno.
Gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, garantiscono la sopravvivenza di 3 miliardi di persone e generano circa 3 mila miliardi di dollari all'anno in termini di risorse e industrie, il 5% del Pil globale. Salvaguardare la loro salute è dunque essenziale per assicurare non soltanto la sopravvivenza delle specie che li abitano, ma anche la nostra. E la priorità, sottolinea l'Onu, è ridurre la quantità di plastica che viene gettata in mare, quantificata in circa 1,09 milioni di chili ogni ora, 8,8 milioni di tonnellate ogni anno. Soltanto nel nostro Paese la plastica rappresenta fino all'80 per cento dei rifiuti in mare aperto e sulle coste.
I danni di queste isole galleggianti di plastica sono spaventosi. I primi a farne le spese sono gli animali marini, che ingeriscono soprattutto i sacchetti, credendoli prede. La diminuzione nel Mediterraneo delle tartarughe dipende in gran parte dalla plastica, le Caretta caretta si cibano di meduse e scambiano le buste per cibo o finiscono impiglate in fili di plastica. Mancando le tartarughe marine, aumentano le meduse, con uno scompenso generale della catena alimentare che porta al progressivo depauperamento di tutta la fauna. Alcuni studi hanno inoltre accertato che, indirettamente, anche noi finiamo per "nutrirci di plastica", o meglio delle sostanze tossiche che la compongono. I pesci ingeriscono infatti quelli che gli esperti chiamano "coriandoli di plastica" e mangiando le loro carni assimiliamo microframmenti con sostanze tossiche.
L'Onu auspica una azione globale per ridurre l'uso della plastica, così come raccomandato anche dal World Economic Forum che nel suo dossier "La nuova economia della plastica - Ripensare il suo futuro" dello scorso gennaio, aveva sottolineato che è prioritario trovare un nuovo modello di utilizzo degli imballaggi e delle plastiche in genere. L'usa e getta provoca infatti una perdita per l’economia pari a 80-120 miliardi di dollari l’anno, il 95% del valore materiale di questi imballaggi. Trovare efficaci sistemi di riciclo e riutilizzo, riducendo il rilascio dei rifiuti nell'ambiente, farebbe dunque bene non soltanto agli oceani, ma all'economia in generale.
Non c'è Paese che possa dirsi innocente nell'azione di soffocamento degli oceani con la plastica, ma ci sono economie che incidono più di altre sullo stato di salute dei nostri mari. Cina, Filippine, Thailandia, Vietnam e Indonesia, da soli, sono responsabili per il 60% della plastica che ogni anno finisce negli oceani e sempre il rapporto del World Economic Forum prevede che se non ci sarà un deciso cambio di rotta entro il 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci.
venerdì 3 giugno 2016
L'AQUILA DI MARE
L'aquila di mare è un pesce cartilagineo della famiglia Myliobatidae, diffuso anche nel Mediterraneo e comune nell'Adriatico.
Il suo corpo ha la classica forma discoidale, con il diametro orizzontale più largo di quello verticale; misura fino a 1,5 m di larghezza e 2,5 m di lunghezza. La testa sporge dal muso e la coda, a forma di frusta, è lunga più del doppio del corpo e presenta una spina dorsale munita di ghiandola velenifera. La pelle è liscia e ricoperta di muco scivoloso. Come le razze possiede due pinne laterali molto ampie e appuntite, leggermente arcuate, la ricorda delle ali falcate (da cui il nome scientifico).
Il colore dipende dall’habitat nel quale è inserito e spazia dal marrone, al grigio al colore giallastro. L’aquila di mare ha denti disposti su sette file.
L’habitat, oltre che sul colore, incide sulle dimensioni. L’aquila di mare in alcuni luoghi può raggiungere i due metri di lunghezza ed i due quintali di peso. Conduce la sua esistenza in acque dalle caratteristiche alquanto diversificate:Mar Mediterraneo, Atlantico orientale, mari della Scozia. A volte si spinge fino al mare della Norvegia. Si tratta di una specie costiera che vive a basse profondità piuttosto che in mare aperto e spesso nuota a livello della superficie. Viene pescato nell’Adriatico, anche con pesca di costa ma soprattutto con tecniche di pesca subacqua.
L’aquila di mare si nutre di piccoli molluschi che trova sul fondo e si muove in modo lento, portandosi anche in superficie e compiendo persino balzi fuori dall’acqua.
L'aquila di mare è ovovivipara e pertanto partorisce individui che hanno già l'aspetto degli adulti.
Viene pescata, soprattutto nell'Adriatico, ma la carne molle e viscosa non risulta particolarmente appetibile, limitandone il consumo localmente e agli esemplari appena pescati.
mercoledì 1 giugno 2016
LA TASMANIA
La Tasmania è uno Stato dell'Australia, con capitale Hobart. È costituito dall'isola omonima e da alcune isole minori, ed è posto circa 240 km a sud rispetto alla parte orientale del continente australiano (attraverso lo stretto di Bass).
I primi ad abitare la Tasmania furono gli aborigeni tasmaniani: alcune testimonianze preistoriche dimostrano che i loro antenati vi giunsero non più tardi di 35.000 anni fa, quando ancora la Tasmania non era un'isola (la definitiva separazione dall'Australia avvenne infatti non più di 10.000 anni fa).
All'arrivo degli europei all'inizio dell'Ottocento la popolazione degli aborigeni tasmaniani ammontava a circa 5000 individui. A causa dell'isolamento geografico, la società tasmaniana era tra le più arretrate tra le società primitive. Il contatto con i coloni europei fu fatale per i tasmaniani: nell'arco di un decennio si produsse un conflitto che degenerò in un vero e proprio genocidio della popolazione tasmaniana da parte dei coloni europei. Gli ultimi tasmaniani furono confinati presso l'isola di Flinders , andando incontro all'estinzione nella seconda metà dell'Ottocento.
L'ultima tasmaniana di sangue puro è generalmente considerata Truganini (1812-1876).
Il primo europeo ad avvistare la Tasmania fu, il 24 novembre 1642, l'esploratore olandese Abel Tasman, il quale battezzò la nuova terra "Anthoonij van Diemenslandt", dal nome del finanziatore della sua spedizione, Anthony van Diemen, governatore delle Indie Orientali Olandesi. I britannici ne abbreviarono poi il nome, ribattezzando l'isola "Terra di Van Diemen".
Il capitano inglese James Cook avvistò nuovamente l'isola nel 1777 e a lui seguirono molti altri esploratori europei, alcuni dei quali arrivarono a sbarcarvi.
Il primo insediamento britannico, voluto soprattutto per impedire ai francesi di rivendicare l'isola, risale al 1803: fu infatti in quell'occasione che un piccolo corpo di spedizione, partito da Sydney sotto la guida del luogotenente John Bowen, si stanziò a Risdon Cove, sulla riva orientale del fiume Derwent.
Nel 1804 si ebbe un nuovo insediamento, Sullivan's Cove, fondato dal capitano David Collins, 5 km più a sud del primo, sulla riva del Derwent. Mentre Risdon venne successivamente abbandonata, Sullivan's Cove si sviluppò (fino a diventare in seguito la capitale dell'attuale Stato) e fu ribattezzata Hobart Town o Hobarton (poi abbreviata in "Hobart"), dal nome del segretario coloniale dell'epoca, Lord Hobart.
I primi colonizzatori britannici erano soprattutto galeotti e guardie carcerarie, giunti per coltivare nuove terre. Nuovi insediamenti di galeotti furono creati negli anni successivi: Port Arthur, a sud-est, e Macquarie Harbour, sulla West Coast.
Il 3 dicembre 1825 la Tasmania, ancora nota come Terra di Van Diemen, fu dichiarata colonia separata dal Nuovo Galles del Sud.
La Tasmania è un concentrato di bellezza, di cose da vedere e da fare. Sessantaduemila chilometri quadrati sembrano pochi, ma sono moltissimi se si pensa solo ai 19 parchi nazionali che racchiudono. In brevi cifre, circa la metà dell'Isola è coperta di foresta "nativa"; i tre grandi parchi nazionali del Sud-Ovest, Cradle Mountain-Lake St Clair, Southwest e Franklin Gordon Wild River, un continuum che l'Unesco ha scelto tra le sue aree World Heritage, coprono un'area paragonabile all'Abruzzo o alla Campania.
Prende il nome da Abel Tasman, il navigatore olandese che la scoprì (1642).
I principali centri urbani della Tasmania sono la capitale Hobart e le città di Glenorchy e Clarence, oltre alle cittadine di Launceston, nella parte settentrionale dell'isola, e di Devonport e Burnie, in quella nord-occidentale.
Il governo regionale della Tasmania ha anche in carico l'amministrazione dell'isola subantartica di Macquarie.
Circa il 37% del suo territorio fa parte di riserve, parchi naturali o aree protette, e questa caratteristica ha portato l'isola a promuoversi e presentarsi come importante meta turistica e naturalistica.
La Tasmania è bagnata a nord dallo Stretto di Bass, a est dal Mar di Tasman e a sud e ovest dall'Oceano Indiano. I monti più alti sono Legges Tor 1.573 m e Ossa 1.617 m.
Le uniche isole dello Stato sono: le Isole del Re e le Isole Furneaux. I fiumi principali sono: Arthus e Derwent. I laghi principali sono: Gordon, Great e Pedder.
La Tasmania ospita numerose specie endemiche. Va però detto che l'arrivo dell'uomo bianco ha notevolmente danneggiato la fauna originaria. Le specie più note sono il tilacino e il diavolo della Tasmania. Il primo, un marsupiale simile ad un lupo noto anche come "tigre della Tasmania", è ormai da considerarsi estinto a partire dagli anni trenta dello scorso secolo. Il secondo, dall'aspetto simile ad un piccolo cane molto combattivo, è invece seriamente minacciato da un'epidemia scoppiata nel 2005.
Nell'isola si trovano molte specie di uccelli rintracciabili in tutta l'Australia. Vi sono però 12 specie endemiche, tra cui un Rallide inadatto al volo. Era anche presente una specie endemica di emù, estintasi intorno alla metà dell'Ottocento.
Sono inoltre presenti 11 specie di rane, di cui tre diffuse solo in Tasmania (tra cui il Bryobatrachus nimbus, scoperto solo di recente).
Il 24 settembre 2007 è stato varato un programma volto a sterminare la popolazione di volpi rosse, importate dall'Europa, che minacciano seriamente le specie locali.
Un luogo dalla natura selvaggia e incontaminata che offre ai visitatori alcune delle spiagge e delle località marine più belle del globo.
Oltre alle spiagge, però la Tasmania ha un’offerta turistica davvero ricca di natura grazie ai suoi diversi siti naturali diventati patrimonio dell’UNESCO e i suoi numerosi ed enormi parchi naturali. All’interno dei principali centri abitati invece è possibile rimanere ancora in contatto con la vita reale e popolare di tutti i giorni. Non è difficile, per esempio, imbattersi in uno dei tantissimi farmers market in cui coltivatori e produttori locali offrono i frutti del proprio lavoro a cittadini e turisti in perfetto stile km0.
A circa 47 km da Queenstown nella Tasmania occidentale si trova una veduta mozzafiato della valle del Fiume Franklin. Per poter godere di questa spendida vista è necessario percorrere un breve itinerario pedonale di circa 3 km. Dopo una breve e facile salita si raggiunge una pedana da cui si può godere della vista sulla natura selvaggia che impera nell’area in cui i fiumi Franklin e Collingwood si incontrano. Affacciati da lassù sentirete l’emozione di respirare a pieni polmoni l’aria del cuore più selvatico della Tasmania.
Lo spray tunnel fu scavato per permettere ai lavoratori delle miniere della zona, di superare con facilità le insidie delle colline abitate da natura incontaminata.
Lungo la costa nord dell’isola australiana, vicino George Town, sin dagli inizi del 1800 il flusso della navigazione delle imbarcazioni nel fiume Tamar era regolato e guidato dall’interno di una graziosissima costruzione chiamata “Low Head”, di fianco alla quale nel 1888 è stato costruito anche un caratteristico faro. Low head è storicamente dotato di un sistema di avvertimento contro la nebbia.
All’interno del piccolo edificio in cima al monte Nelson, costruito nel 1811, è possibile fare un tuffo nel passato e ripercorrere la storia coloniale australiana grazie ad esposizioni e pannelli informativi. Vicino c’è anche una comoda area picnic dove trascorrere qualche ora di relax e serenità a pochi passi dalla città.
Il Riddle of Spiky bridge è un piccolo ma caratteristico ponticello costruito con muratura a secco nella prima metà del XIX° secolo. Il piccolo ponte, così insolito a queste latitudini, si trova a circa 7,5 km a sud di Swansea sulla costa orientale della Tasmania.
LE ISOLE SANDWICH
Le Isole Sandwich Australi sono un arcipelago disabitato situato nell'Oceano Atlantico meridionale, appartenente politicamente al territorio d'oltremare britannico della Georgia del Sud e Sandwich Australi, ma rivendicato dall'Argentina.
Scoperte da James Cook nel 1775, vennero così denominate in onore del IV conte di Sandwich. L'aggettivo "australi" o "meridionali" fu aggiunto in seguito per distinguerle dalle Isole Sandwich (le attuali Isole Hawaii).
Le Sandwich Australi sono situate a oltre 500 km a SE della Georgia del Sud, e sono composte da 11 isole principali di origine vulcanica e da numerosi scogli ed isolotti circostanti. L'arcipelago si sviluppa in direzione N-S, disegnando un leggero arco con concavità verso ovest.
Le tre isole più grandi - Saunders, Montagu e Bristol - sono situate al centro della catena; a nord si trovano i gruppi minori delle Traversay Islands e delle Candlemas Islands, mentre a sud il gruppo più estremo è chiamato Southern Thule. La maggiore elevazione è il Mount Belinda (1.370 m), sull'isola di Montagu.
Le Sandwich Australi sono sempre state disabitate, fatta eccezione per una stazione di ricerca argentina situata sull'isola di Thule dal 1976 al 1982. Oggi sulle isole si trovano stazioni meteorologiche automatiche (su Thule e Zavodovski).
Georgia del Sud e Isole Sandwich Meridionali formano un territorio d'oltremare britannico nel Sudatlantico, a sudest delle isole Falkland. Questo territorio è amministrato dal Governatore delle Falkland in qualità di Commissario.
L’isola principale Georgia del Sud è circondata dalle isole Pickergill, Welcome, Willis, Annekov, Bird e Cooper. L’isola principale è pure orlata da delle formazioni rocciose come le Clerke Rocks, Shag Rocks e la Black Rock. Delle isole Sandwich Meridionali fanno parte (elencate da nord a sud) le isole Traversay (Lesko, Visokoi e Zavodovski), le isole Candelmas (Candel mas e Vindication), l’isola Saunder, l’isola Montagu, l’isola Bristol e all’estremità sud l’arcipelago Thule con le tre isolette Bellingshausen, Cook e Thule.
Il paesaggio montuoso, frastagliato e in gran parte coperto dal ghiaccio rende le isole poco abitabili. Sull’isola Georgia del sud 11 montagne superano i 2.000 metri di altezza e la più alta il Mt. Paget di 2.934 metri. L’isola è lunga 160 chilometri a larga 30, per una superficie totale di 3.756 km² sulla quale si trovano più di 160 ghiacciai, molti dei quali si estendono fino al mare.
La costa meridionale è esposta ai venti orientali e pertanto più fredda, vi si abbattono più tempeste ed è nel complesso molto inospitale. La costa settentrionale è riparata dalle montagne che riparano dai venti, il clima qui è molto più gradevole e le baie sono più tranquille. Alcune delle isole Sandwich Meridionali sono di origine vulcanica, e vi si trovano ancora alcuni vulcani attivi.
Grytviken, l’unica località della Georgia Meridionale ospita solamente alcuni ricercatori del British Antarctic Survey in una stazione lì vicino presso il King Edward Point. Occasionalmente vi sono dei turisti che visitano la tomba del leggendario esploratore Ernest Shackleton oppure il piccolo museo che era parte dell’ex stazione di ricerca Walfang. Una seconda stazione di ricerca è ubicata sull’isola Birdi.
Le isole rappresentano l'habitat ideale per una incredibile fauna. Vi abitano pinguini reali, foche, leoni ed elefanti marini. L'osservazione degli animali costituisce naturalmente il centro di ogni viaggio sull'isola.
La sovranità sulla Georgia del Sud e isole Sandwich meridionali è contesa fin dalla scoperta delle isole. Attualmente l'area è rivendicata dall'Argentina (dove sono chiamate Islas Georgias del Sur y Islas Sandwich del Sur), la disputa si è acuita durante la Guerra delle Falkland nel 1982 e rimane tuttora irrisolta.
Da sottolineare circa queste isole è che costituiscono lo Stato con meno abitanti al mondo, infatti secondo alcune fonti sono abitate da sole trenta persone
Il potere esecutivo appartiene alla regina ed è esercitato dal Civil Commissioner, posizione ricoperta dal Governatore delle isole Falkland. All'Assistente del Commissioner sono affidati i compiti politici e la gestione delle licenze di pesca, vi è inoltre un Operations Manager incaricato degli aspetti amministrativi legati al territorio.
Sulle isole non vi è popolazione permanente; i due istituti britannici di presidio, quello militare e quello scientifico, svolgono autonomamente i loro compiti di gestione, con avvicendamento del personale sotto controllo del governo britannico. Le relazioni diplomatiche sono gestite direttamente dal Foreign Office. Occupate dagli argentini durante la guerra delle Falkland nel 1982, vennero riconquistate dai britannici durante l'Operazione Paraquet, e da allora i territori celebrano il giorno della liberazione (14 giugno).
Poiché la popolazione della Georgia del Sud e isole Sandwich meridionali è davvero ridottissima, a causa del clima rigido e alla distanza dal continente, l'attività economica è molto limitata. Le entrate del territorio derivano da:
erogazione di licenze di pesca
turismo sotto forma di oneri di attracco richiesti alle navi
emissione di francobolli prodotti e stampati nel Regno Unito.
Agli inizi del XX secolo, alcune renne provenienti dalla Norvegia, furono introdotte nella Georgia del Sud. Oggi questa popolazione è costituita da circa 2600 esemplari suddivisi in due distinte mandrie. Sebbene l'immagine di una renna compaia sulla bandiera e sullo stemma del Territorio, questo animale, privo di predatori naturali, rischia di essere eradicato dall'isola a causa dei danni che arreca all'ambiente.
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