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venerdì 14 ottobre 2016

LA COSTA D'AVORIO



La Costa d'Avorio è uno Stato dell'Africa occidentale.

Confina ad ovest con la Liberia e la Guinea, a nord con il Mali e il Burkina Faso, ad est con il Ghana e a sud con il Golfo di Guinea.

Nell'ottobre 1985 il governo ivoriano chiese che il paese fosse conosciuto in ogni lingua come Côte d'Ivoire. Infatti, secondo la legge nazionale, il nome del paese non può essere tradotto dal francese. Malgrado ciò, com'è ovvio, il nome continua ad essere tradotto nelle varie lingue. La Costa d'Avorio fa, tuttavia, applicare con tenacia questa sua volontà in ambito ONU, dove il nome non è mai tradotto, neanche in inglese.

La Costa d'Avorio, ex colonia francese, ha ottenuto l'indipendenza nel 7 agosto 1960. Il suo presidente fondatore è stato Félix Houphouët-Boigny, in carica fino al 1993.

La storia degli imperi coloniali è dominata da due periodi fondamentali. Il primo periodo inizia alla fine del Quattrocento e si chiude alla fine del Settecento, il secondo si apre all'alba del XIX secolo e si prolunga fino al 1950. Il primo è caratterizzato da tentativi di espansione commerciale: dall'oltremare si importano merci di grande valore (oro, pietre preziose, spezie e schiavi) in quanto i costi di trasporto sono molto alti. La seconda fase invece prende piede con la rivoluzione industriale che abbassa i costi di trasporto e aumenta il consumo di materie prime. Fino al 1880, l'Inghilterra è dominatrice assoluta della corsa coloniale, seguita dai Paesi Bassi e dalla Francia. Dopo il 1880, la rivalità fra le potenze coloniali acquisisce una nuova dimensione, dopo la comparsa di nuovi concorrenti (Germania, Italia, Stati Uniti, Belgio e Giappone). La colonizzazione di estende dall'Africa subsahariana, ultima regione a subire l'espansione territoriale europea. La conquista dell'Africa nera, terminata intorno al 1913, segna, in pratica, la fine della spartizione della Terra. All'alba dell'era industriale, la colonizzazione interessa il 18% delle terre emerse e circa il 3% della popolazione. Intorno al 1938, momento del suo apogeo, s'impone sul 42% delle superfici e sul 32% degli abitanti del pianeta. L'esplorazione dell'Africa inizia nel ‘400, quando gli Europei cercano una via alternativa per le Indie, da dove importavano le spezie. Questo commercio, prima della conquista ottomana della Terra Santa, era in mano a mercanti italiani (in particolare genovesi). Così nel 1400, alcuni navigatori italiani, e poi portoghesi, cominciarono a esplorare la costa occidentale dell'Africa. Nel 1498, Vasco de Gama doppia il capo di Buona Speranza, aprendo quindi una via marittima diretta tra l'Europa e le Indie. Progressivamente gli Europei esplorano le coste dell'Africa e risalgono i grandi fiumi dove trovano mercati d'oro, pietre preziose, schiavi, avorio e caffè. Fino al XIX secolo, il continente africano presentava solo forme di colonialismo commerciale diffuso lungo le coste. Dal XIX secolo inizia il colonialismo moderno, voluto allo sfruttamento delle risorse dei paesi colonizzati. Ebbe inizio così la corsa alle colonie in Africa: le potenze europee (soprattutto Gran Bretagna e Francia) inviano militari per occupare i vasti territori africani nell'entroterra. Questi territori, secondo gli europei, formalmente non appartenevano a nessuno e venivano occupati sia con la forza, si con la diplomazia, con trattati coi capi delle tribù africane che in questa maniera cedevano sovranità alle potenze europee.

I portoghesi, seguiti da olandesi e francesi, iniziarono a commerciare con l'Africa occidentale nel Cinquecento ma la scarsità di porti naturali della Costa d'Avorio impedì una colonizzazione europea del suo territorio. L'unico commercio che si sviluppò nel Seicento fu quello dell'avorio, che condusse gli elefanti della zona all'estinzione, tanto che questo commercio all'inizio del Settecento cessò del tutto. A metà dell'Ottocento i Francesi istituirono i primi avamposti di Assimie e Grand-Bassam, stipulando dei trattati con i capi locali ai quali pagavano un dazio per l'uso della terra. La sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana (nel 1871) costrinse i francesi a ritirare le loro guarigioni militari dai loro avamposti nell'Africa occidentale, lasciandovi solo le comunità di mercanti. L'avamposto di Grand-Bassam fu affidato ad un armatore di Marsiglia, Arthur Verdier, che nel 1878 divenne il ministro residente (agente diplomatico) francese nella regione, col compito di restaurare i presidi militari per proteggere le installazioni commerciali. Nel 1885, Francia e Germania organizzarono una conferenza a Berlino per regolare la “corsa alle colonie” in Africa. Nel 1886 la Francia procede all'occupazione effettiva della Costa d'Avorio (chiamata in francese Côte-d'Ivoire). L'anno dopo il tenente Louis Gustav Binger, intraprese un viaggio d'esplorazione di due anni all'interno della Costa d'Avorio. Durante questo viaggio, egli negoziò quattro trattati con capi locali della Costa d'Avorio e nello stesso anno un suo agente (Laplène) negoziò altri cinque trattati che estesero l'influenza francese su tutto il paese fino al bacino del Niger. Nel 1889 anche la Gran Bretagna riconobbe la sovranità francese su quest'area e la Francia promosse Laplène a governatore del territorio. Nel 1893 la Costa d'Avorio fu proclamata una colonia francese e Binger, già capitano, fu nominato governatore. La capitale della colonia fu Grand-Bassam, successivamente trasferita a Bingerville, dal 1893 al 1896. Abidjan iniziò a svilupparsi e negli anni '30 diventò la città più importante della colonia. Accordi con la Liberia nel 1892 e con la Gran Bretagna nel 1893 permisero di fissare i confini occidentali e orientali della colonia, ma i confini settentrionali non furono fissati fino al 1947 perché i francesi speravano di annettere parti dell'Alto-Volta (attuale Burkina Faso) e del Sudan francese (attuale Mali) alla colonia della Costa d'Avorio. Il 10 marzo 1893 la Costa d'Avorio diventò colonia francese. Binger cominciò una serie di campagne militari contro Samari-Ture, fondatore dell'impero Luassdu che resistette ai francesi nell'Africa occidentale dal 1882 fino alla cattura nel 1898. Samari-Ture importava armi da fuoco moderne dalla colonia britannica del Sierra Leone. La conquista delle miniere d'oro di Buè (poste tra Mali e Guinea) gli permise di formare un esercito moderno con più di 30.000 soldati, organizzati su modello europeo. I francesi riuscirono a catturarlo solo nel 1898 e a pacificare la regione.

La Francia si interessò alla Costa d'Avorio intorno al 1840, persuadendo i capi locali a dare il monopolio dei commerci lungo la costa ai mercanti francesi. Successivamente, i francesi costruirono delle basi navali per tenere lontano gli altri mercanti e iniziarono una conquista sistematica dell'interno. L'occupazione fu ottenuta soltanto intorno al 1890 dopo una lunga guerra contro i Mandinka, originari per lo più del Gambia.Tra il 1900 e il 1911, la popolazione ivoriana fu vittima di un genocidio, riducendosi da 1,5 milioni a 160.000, a causa della schiavitù imposta dal colonialismo francese. La resistenza armata da parte dei Baoulé e di altri gruppi dell'est continuò fino al 1917. I francesi avevano un obiettivo prevalente: stimolare la produzione di generi per l'esportazione. In breve tempo furono avviate lungo la costa delle piantagioni per la produzione di caffè, cacao e olio di palma. La Costa d'Avorio divenne l'unico paese dell'Africa Occidentale con una apprezzabile popolazione di coloni; altrove, in Africa occidentale e centrale, i francesi e gli inglesi erano essenzialmente dei burocrati. Di conseguenza, un terzo delle piantagioni di cacao, caffè e banane erano nelle mani di cittadini francesi e un odiato sistema di lavoro forzato divenne la spina dorsale dell'economia. Nel 1900 i francesi introdussero la tassa del testatico, col che poterono iniziare una serie di lavori pubblici nella colonia. In breve tempo furono avviate lungo la costa delle piantagioni per la produzione di caffè, cacao e olio di palma. Durante la seconda guerra mondiale (1943) tutte le colonie dell'Africa occidentale passarono al potere di Charles de Gaulle. Fino al 1958, Parigi amministrava la Costa d'Avorio, nominandovi i propri governatori. Nel dicembre 1958, dopo un referendum, la Costa d'Avorio proclamò l'indipendenza.

Félix Houphouët-Boigny, figlio di un capo Baoulé, era destinato a diventare l'artefice dell'indipendenza della Costa d'Avorio. Nel 1944 fondò il primo sindacato agricolo dei coltivatori di cacao come lui. Irritati dal fatto che la politica coloniale favorisse i proprietari di piantagioni francesi, i coltivatori si unirono per reclutare lavoratori migranti per le loro aziende. Houphouët-Boigny assunse in breve un ruolo di rilievo e dopo solo un anno venne eletto al Parlamento di Parigi. Un anno dopo la Francia abolì il lavoro forzato. Man mano che Houphouët-Boigny iniziò ad apprezzare il potere e il denaro della sua nuova posizione, divenne più amichevole nei confronti dei Francesi, e lasciò gradualmente cadere le rivendicazioni più radicali. La Francia lo ricompensò facendolo diventare il primo Africano a diventare ministro in un governo Europeo.

Al momento della indipendenza della Costa d'Avorio nel 1960, il Paese era nettamente il più prospero dell'Africa Occidentale Francese, da qui proveniva infatti oltre il 40% alle esportazioni totali della regione. Quando Houphouët-Boigny divenne il primo Presidente della Costa d'Avorio, il suo esecutivo assicurò ai coltivatori prezzi elevati per stimolare ulteriormente la produzione. La produzione di caffè aumentò in modo significativo lanciando la Costa d'Avorio al terzo posto come volume totale esportato dopo Brasile e Colombia. Per il cacao avvenne lo stesso: già nel 1979 il Paese ne era il maggiore produttore mondiale, diventando ben presto anche il maggior esportatore africano di ananas e olio di palma. Tecnici francesi avevano pilotato da dietro le quinte questo programma, noto come il "miracolo Ivoriano". Se nel resto dell'Africa gli Europei venivano espulsi a seguito dei processi di indipendenza, in Costa d'Avorio al contrario aumentavano vistosamente. La comunità francese crebbe da 10000 a 50000 unità, la maggior parte dei quali insegnanti e consiglieri. Per 20 anni l'economia mantenne un tasso annuo di crescita di quasi il 10%: il maggiore fra i paesi africani non esportatori di petrolio.

Houphouët-Boigny governò con una fermezza definita da alcuni "pugno di ferro" e da altri "metodo paternalistico". La stampa non era indipendente ed era ammesso un unico partito politico. Houphouët-Boigny fu anche il maggior ideatore Africano di progetti faraonici. Fu aspramente criticato per avere utilizzato ingentissime risorse allo scopo di trasformare il suo villaggio, Yamoussoukro, nella nuova capitale. All'inizio degli anni ottanta l'economia ivoriana fu scossa dai contraccolpi della recessione internazionale e dalla siccità locale. Anche a causa del taglio indiscriminato degli alberi da alto fusto e della caduta del prezzo dello zucchero, il debito estero triplicò. L'eco dell'aumento della criminalità ad Abidjan arrivò sino in Europa. Il miracolo era finito.

Nel 1982 Laurent Gbagbo fondò in esilio il Fronte Popolare Ivoriano, ispirandosi al Partito Socialista Francese.

Nel 1990 centinaia di lavoratori civili scioperarono, insieme agli studenti che protestavano contro la corruzione istituzionale. L'agitazione forzò il governo ad accettare la democrazia multipartitica. Houphouët-Boigny divenne sempre più debole e morì nel 1993. Il suo successore fu Henri Konan-Bédié.

Nell'ottobre 1995 Bédié venne confermato alla presidenza con il 96% dei voti contro un'opposizione frammentata e disorganizzata. Il suo governo perse però in breve tempo il sostegno internazionale. Bédié favorì l'aumento della corruzione, causando la diffusione del malcontento anche all'interno dell'esercito. Mandò in prigione diverse centinaia di sostenitori dell'opposizione ma d'altro canto migliorò l'economia, almeno superficialmente, con la diminuzione dell'inflazione e un tentativo di eliminare il debito estero.

Al contrario di Houphouët-Boigny, che fu molto attento nell'evitare ogni forma di conflitto etnico lasciando l'accesso alle posizioni di potere a tutti i cittadini indipendentemente dalla provenienza, Bedié enfatizzò il concetto di "ivorianità" (Ivoirité) tramite il quale escluse dalle elezioni presidenziali Alassane Ouattara, suo principale rivale e candidato dell'opposizione, usando come pretesto le sue presunte origini dal Burkina Faso. La decisione dell'esclusione di Ouattara infiammò l'opposizione, in gran parte sostenuta dagli Ivoriani del nord. Reagendo all'esclusione del suo candidato migliore, l'opposizione boicottò in maniera massiccia lo scrutinio e denunciò la manovra. Poco dopo, il presidente Bédié allontanava il generale Gueï, capo dell'esercito, dopo che quest'ultimo aveva rifiutato di impegnare le sue truppe contro l'opposizione.

Quattro anni dopo essere stato allontanato, cioè il 24 dicembre 1999, il generale Robert Gueï, alla testa di un gruppo di soldati, rovesciò il governo di Henri Konan Bédié. Accolto come un riparatore dei torti dalla popolazione, il generale Gueï promise di ridurre il crimine e la corruzione; i generali fecero pressioni per introdurre severe misure di austerità economica, e auspicarono una società meno dispendiosa, anche attraverso campagne di sensibilizzazione lungo le strade. L'esercito instaurò il 4 gennaio 2000 un Comitato di Salute Pubblica con il compito di condurre al più presto a libere elezioni nel paese.

Il 1º agosto 2000 la Costa d'Avorio si dotò di una nuova costituzione, approvata dall'86% degli elettori ivoriani in occasione di un plebiscito popolare condotto nel mese precedente. Grazie alla nuova costituzione, il generale Gueï, su modello del suo predecessore, Henri Konan Bédié, decise a sua volta di invocare il concetto di ivorianità per escludere Alassane Ouattara dalla corsa elettorale per una seconda volta. Il generale Gueï e Laurent Gbagbo, candidato del Fronte Popolare Ivoriano, si trovarono allora ad essere i soli candidati alla presidenza del paese.

L'elezione, tenutasi nell'ottobre del 2000, non fu né pacifica né democratica: la vigilia delle elezioni fu segnata da agitazioni sia tra le file dell'esercito che tra i civili. Il tentativo di brogli elettorali da parte di Guéi portò a un sollevamento popolare, che causò la morte di 180 persone e la sua rapida sostituzione con il vincitore delle elezioni, Gbagbo. Appena eletto, il presidente Gbagbo respinse la legittimità politica di Alassane Ouattara, capo del RDR (raccolta dei repubblicani) scatenando violente proteste nel nord del paese.

Il 19 settembre 2002, truppe di ribelli provenienti dal nord guadagnarono il controllo di gran parte del paese. L'ex presidente Guéi rimase ucciso nei combattimenti. Una prima tregua con i ribelli, che godevano del pieno appoggio della popolazione del nord, prevalentemente musulmana, si rivelò di breve durata e ripresero i combattimenti per conquistare le principali zone di coltivazione del cacao. La Francia inviò delle truppe per il rispetto dei confini della tregua; milizie irregolari, comprendenti signori della guerra e combattenti provenienti dalla Liberia e dalla Sierra Leone, approfittarono della crisi per impossessarsi di parte delle regioni occidentali.

Nel gennaio 2003, il presidente Gbagbo e i capi dei ribelli firmarono degli accordi per la creazione di un governo di unità nazionale. Il coprifuoco fu tolto e le truppe francesi ripulirono il confine occidentale del paese, che era fuori controllo. Ma i problemi centrali rimasero e nessuna delle due fazioni riuscì a realizzare i propri obiettivi.

Da allora, il governo di unità nazionale si è dimostrato estremamente instabile. Nel marzo 2004, 120 persone furono uccise durante un raduno dell'opposizione. Un rapporto sull'accaduto concluse che le uccisioni erano state premeditate. Nonostante i mediatori delle Nazioni Unite fossero sul posto, le relazioni tra Gbagbo e l'opposizione continuarono a deteriorarsi.

Il 31 ottobre 2010 si sono svolte nuove elezioni presidenziali: tra i candidati vi erano Alassane Ouattara, candidato del Raggruppamento dei Repubblicano, e Laurent Gbagbo, candidato del Fronte Popolare Ivoriano, che ottennero al primo turno rispettivamente il 32,08% e il 38,02%. Il 28 novembre si è svolto il ballottaggio, al termine del quale la Commissione elettorale indipendente ha dichiarato vincitore Alassane Ouattara con il 54,10% dei voti. Gbagbo, contestando il risultato a lui avverso, non ha lasciato la Presidenza nonostante le innumerevoli pressioni provenienti anche dall'estero. Con il fallimento di tutte le trattative diplomatiche si è così giunti ad un nuovo sanguinoso scontro tra opposte fazioni che ha percorso tutto il paese. Dopo l'intervento di truppe francesi (su mandato ONU a seguito della risoluzione 1975 votata quasi all'unanimità), l'11 aprile 2011 Gbagbo viene arrestato e consegnato alla Corte Penale Internazionale dove è detenuto con l'accusa di crimini contro l'umanità. Lo stesso giorno il Consiglio Costituzionale proclama Alassane Ouattara nuovo Presidente della Costa d'Avorio.

La lingua ufficiale della Costa d'Avorio è il francese che è parlato da circa il 70% della popolazione, mentre per il restante 30% la lingua baulé, dioula e agni sono le più diffuse.



La religione tradizionale è il cristianesimo, diffuso in circa il 37% ( 30% della popolazione è cattolico mentre il restante 7% è protestante. A seguire, religioni più professate sono l'islam con il 28% e quella animista con il 25%. Il restante 10% pratica altre religioni o si dichiara ateo.

Area di popolamento abbastanza recente e piuttosto limitato a causa soprattutto delle non favorevoli condizioni ambientali offerte dalla foresta, la cui estensione era un tempo assai superiore all'attuale, la Costa d'Avorio fu presumibilmente alle origini abitata da genti pigmoidi, cacciatori e raccoglitori, stanziate nella fascia forestale e di cui esistono ancora modestissimi gruppi. Furono le successive immigrazioni di genti sudanesi dedite all'agricoltura a originare i primi consistenti nuclei stabili. L'attuale popolazione ivoriana è molto eterogenea, essendo mancato un processo di fusione dei differenti gruppi, molti dei quali sono presenti anche nei Paesi limitrofi; è composta da akan (42%), voltaici (18%), mande del Nord (17%), krou (11%), mande del Sud (10%), altri (2%). Prevalgono numericamente gli anyi e i baulé, appartenenti al grande gruppo degli akan; affini perciò agli ashanti del Ghana, donde giunsero, sono in prevalenza concentrati nelle regioni centrorientali del Paese. Tra gli altri i gruppi principali sono: i mande, d'origine sudanese, che vennero dal bacino del Niger e si stabilirono nell'area savanica occidentale; i senufo e i lobi, anch'essi sudanesi ma appartenenti al gruppo “voltaico” e che abitano invece la regione delle savane orientali; le varie popolazioni genericamente denominate kru (gueré, dan, dida ecc.), stanziate nella regione forestale di SW, dalla Liberia al corso del Bandama e tra le quali vengono talvolta inclusi anche i cosiddetti “lagunari”, giunti da E e concentrati appunto nella fascia delle lagune, dove tradizionalmente praticano la pesca. Mancano dati precisi riguardo alla passata consistenza demografica del Paese; si ritiene però che la popolazione sia stata lungamente stazionaria e che sin verso la prima metà del sec. XIX si aggirasse sui 2 milioni di abitanti. Negli ultimi quarant'anni del Novecento i valori numerici appaiono essersi quadruplicati, oltre che a causa dell'elevata natalità, sia per effetto del diminuito indice di mortalità, conseguente alle migliorate condizioni igienico-sanitarie e alla lotta condotta contro le molte e gravi malattie endemiche, sia per la forte immigrazione dai Paesi confinanti. Il Paese ospita infatti un elevatissimo contingente di stranieri, soprattutto africani, che provengono dai Paesi vicini (Burkina, Mali, ecc.). La densità della popolazione (65 ab./km²) è tra le più elevate dell'area guineana; le zone di più fitto insediamento sono quella centrale e quella meridionale attorno ad Abidjan, città che, essendo stata in passato la capitale, è stato un forte polo di attrazione demografica. Il tradizionale insediamento del villaggio, comunque, è ancora molto diffuso, anche se nel 2006 già il 46% della popolazione era urbanizzato. Nel frattempo con un fenomeno tipico di tutto il continente africano, dovuto inizialmente all'avvento coloniale, sono nate città sulla costa ma anche nell'interno, nella zona delle foreste e nella savana. Altri centri importanti sono Bouaké, tradizionale centro economico-culturale dei baulé, che ha registrato un notevole sviluppo grazie anche all'installazione di nuove industrie e Yamoussoukro, villaggio natale di Houphouet-Boigny, scelto nel 1983 dall'allora presidente come nuova capitale del Paese. Sorge a 220 km a NW di Abidjan, in corrispondenza di un importante nodo stradale per la Guinea e il Burkina. La scelta della nuova capitale era servita ad alleggerire la pressione demografica su Abidjan, divenuta insostenibile.

Le colture industriali, il cacao principalmente, sono state la chiave del miracolo ivoriano e continuano a essere la principale risorsa del Paese. Il settore primario contribuisce per il 25,4% alla formazione del PIL (2008) e impiega il 49% della forza lavoro. D'altro canto il settore sconta le sensibili fluttuazioni della domanda sul mercato internazionale e i programmi governativi volti ad aumentare esponenzialmente le superfici coltivate hanno fatto sì che vaste porzioni di foresta andassero distrutte e si sviluppasse, nelle zone settentrionali, un preoccupante processo di desertificazione. Il principale prodotto di esportazione è il cacao che rappresenta l'80% delle esportazioni, seguono il caucciù (la cui produzione è aumentata notevolmente durante gli anni di guerra e la conseguente crisi del cacao) e il caffè, di cui è il terzo produttore africano (2007). Il panorama agricolo comprende anche banani, ananas, cotone, palme da olio, canna da zucchero ecc. I principali prodotti agricoli destinati al consumo locale sono la manioca e alcuni cereali, coltivati con metodi decisamente arretrati sia nelle regioni centrosettentrionali, come il miglio, il sorgo e il mais, sia nella fascia meridionale, come il riso. L'altra grande risorsa della Costa d'Avorio è il patrimonio forestale, già soggetto però a un eccessivo sfruttamento che ne ha ridotto l'importanza economica. Una carente politica di riforestazione ha visto scendere, nell'arco di un ventennio, le aree forestali che, nel 2008, comprendevano il 32,7% della superficie del Paese. Le foreste danno legname assai pregiato, mogano soprattutto; anche in questo settore la Costa d'Avorio è tra i maggiori produttori africani, che in parte alimenta varie segherie locali, ma che essenzialmente viene esportato verso i mercati europei e nordamericani. § L'allevamento è invece assai meno sviluppato. Nelle aree savaniche centrosettentrionali sono presenti ovini e caprini, oltre ai bovini, mentre un poco ovunque si allevano animali da cortile; si deve però ricorrere all'importazione per soddisfare il fabbisogno interno.  Rilevante è la pesca: Abidjan è il maggiore centro per la pesca del tonno dell'Africa.

Il settore secondario impiega solo il 14% della forza lavoro, ma produce quasi il 28% del PIL (2008). L'industria si è sviluppata, come accennato, grazie ai guadagni provenienti dall'agricoltura e fin dai primi anni dopo l'indipendenza ha visto nascere manifatture alimentari e industrie per la lavorazione di legno e cotone. Tra gli altri impianti sono alcuni cementifici alcuni zuccherifici. Una grande raffineria di petrolio e stabilimenti metallurgici e meccanici si trovano a Vridi (periferia di Abidjan). Abidjan e l'area circostante rappresentano la zona di maggior concentrazione industriale dello Stato; questa crescita, avvenuta senza predisporre organici piani regolatori, ha provocato un fortissimo esodo rurale verso la città ex-capitale e quindi un forte squilibrio territoriale, tanto che sono aumentati gli sforzi del governo per determinare un più omogeneo sviluppo del Paese mediante il decentramento delle nuove attività industriali. La Costa d'Avorio possiede modeste risorse minerarie: alcuni giacimenti di diamanti, piccole riserve di ferro, bauxite, oro e gas naturale. Nel 1995 sono entrati in produzione i giacimenti petroliferi off shore la cui produzione è in costante crescita. La produzione di energia elettrica è sopratutto di origine idrica: sono in funzione diversi impianti idroelettrici sui fiumi Bia, Bandama, Comoè e Cavalla.

La bilancia commerciale si è mantenuta attiva (si è notato un decremento globale e rimane, in seguito alle difficoltà dell'economia del Paese, un consistente debito estero (13.938 ml $ USA nel 2007), grazie al notevole peso delle esportazioni; esse poggiano sui prodotti agricoli e forestali (caffè, cacao, legname, banane, cotone, frutta fresca ecc.), benché un discreto ruolo comincino a svolgere taluni prodotti industriali e minerari. Oltre alla Francia, gli scambi si svolgono soprattutto con Paesi Bassi, Stati Uniti, Nigeria e Germania. Molto sviluppate, se comparate agli altri Paesi del continente, sono le vie di comunicazione. La Costa d'Avorio possiede una linea ferroviaria che da Abidjan attraversa da S a N tutto il Paese, proseguendo poi nel Burkina Faso; ma è sulla rete stradale, che nel 2004 si estendeva per 80.000 km di cui ca. 6.500 asfaltati, una delle migliori dell'Africa occidentale, che si svolge la maggior parte dei traffici. Scarso rilievo hanno invece le vie navigabili interne; i tratti inferiori dei fiumi e le lagune costiere sono però usati per i trasporti locali. Infine il Paese può contare, a sostegno dei sempre più vivaci scambi con l'estero, sull'attivissimo porto di Abidjan, di San Pedro e di Tabou, al confine con la Liberia. Esistono una quindicina di aeroporti: quello internazionale si trova nella capitale. A partire dagli anni Settanta del Novecento, si è promosso molto il turismo, creando anche un apposito ministero, tanto che negli anni precedenti alla guerra civile si erano registrati fino a 300.000 ingressi all'anno.

L'arte della Costa d'Avorio si contraddistingue per le peculiarità delle varie popolazioni che la abitano.
Per i Baulé e per i Guro la produzione artistica è strettamente collegata sia alle esigenze agricole sia alla tradizionale religione ancestrale e quindi tipiche sono sia le maschere, raffiguranti animali legati all'alimentazione, sia quelle rappresentanti figure umane impreziosite da elementi simbolici, come il sole, la fecondità e la potenza.
Per gli Agni, invece, le sculture in terracotta, rappresentanti teste o figure di antenati illustri rappresentano la massima espressione artistica.

Le guerre civili che ancora all'inizio del sec. XXI dilaniano il Paese hanno bloccato in gran parte i rapporti con il resto del mondo e lo sviluppo ulteriore di una 'cultura' moderna così come viene comunemente intesa. Fortunatamente le produzioni artigianali e artistiche, che sono sempre state straordinarie, restano tra le migliori di questa parte del continente: maschere e statue di legno intagliato o di rame, stoffe dipinte con motivi geometrici e animali, strumenti musicali. Tra le feste, molto suggestive sono quelle legate al periodo di carnevale. Uno dei carnevali più importanti del continente è quello di Bouaké, una sorta di festa dell'amicizia che dura circa una settimana. Particolarmente interessante è la Fête de l'Abissa a Grand Bassam (ottobre), in occasione della quale si onorano i defunti. Altro evento notevole è la Festa delle Maschere, che si svolge vicino a Man nel mese di febbraio: danzatori e maschere delle regioni circostanti si riuniscono qui, a testimoniare la grande importanza che le maschere mantengono per l'etnia dan. Per quanto riguarda la musica, ha assunto una risonanza internazionale il reggae di Alpha Blondy (nome d'arte di Seydou Koné), nato a Dimbokro nel 1953. Le aree dichiarate patrimonio dell'umanità dall'UNESCO sono parchi nazionali.

Nella grande varietà delle tradizioni culturali è possibile ravvisare, a grandi linee, alcune concezioni comuni a tutto il Paese. Le tante ricorrenze sono spesso riferibili a momenti della vita familiare o della vita del villaggio, in genere connesse con le stagioni e i lavori agricoli e collegate a musiche, danze e all'impiego di maschere . Molto famose sono le danze sui trampoli dei giovani dan che si svolgono nei villaggi di montagna; i partecipanti danzano su trampoli alti tre metri, indossando maschere e travestimenti spaventosi. Altro spettacolo molto particolare è quello a cui si può assistere in alcuni centri come Bloleu e Diourouzon, dove alcuni uomini organizzano esibizioni come giocolieri utilizzando delle bambine. La donna conserva il semplice costume tradizionale (pagne) ma è ampiamente affermato l'abbigliamento europeo. L'alimentazione si incentra su un piatto di base, di solito riso, attiéké (manioca) o fufu (igname), integrato da una “salsa” di arachidi, o di noci oppure di melanzane, arricchito talvolta con della carne. La pietanza tradizionale è pollo o faraona cotti con verdure in una pentola di terracotta (kedjenou). Altro piatto molto popolare è l'aloco, a base di banane fritte nell'olio di palma.

La Costa d'Avorio presenta il caso di una cultura nazionale in gestazione. La varia tradizione orale conserva la sua vitalità, ma ha perso le radici rituali e sta per ridursi a folclore. Molti studiosi, dei quali A. J. Amon d'Aby è il più illustre, cercano di salvarne il patrimonio evitando però di ridurlo a reperto archeologico. La scolarizzazione in lingua francese ha prodotto una nuova cultura, in cui gli apporti della civiltà occidentale si sono sovrapposti o fusi con le culture autoctone, e la lingua francese stessa si evolve sotto l'influsso delle lingue vernacolari. La produzione scritta del Novecento appare, nel suo insieme, di buon livello. Il teatro è il genere più ampiamente rappresentato, con drammi storici e commedie satiriche. Si segnalano le opere di Essoi Adiko, Joseph Miezan Bognini, Amadou Koné, Charles Zegono Nokan, Bernard Zadi Zaouru, che sono anche poeti e prosatori. Ma su tutti campeggia Bernard B. Dadié, le cui opere ben rappresentano le tendenze letterarie nazionali: da un lato l'esaltazione dei grandi eroi del passato, dall'altro la satira dei costumi e la critica morale o sociale della vita contemporanea. A Dadié si deve inoltre il primo romanzo, Climbié (1956). La poesia, pur cantando l'amore, la natura e l'angoscia della morte, è dominata dal tema della libertà, ed è spesso strumento di denuncia delle ineguaglianze sociali, rimanendo sempre nell'ambito della négritude. A partire dagli anni Sessanta del Novecento il romanzo ha subito un processo di maturazione non solo contenutistica, con l'immissione di una più esatta valutazione della realtà sociale, ma anche formale. Nei decenni successivi lo sviluppo letterario è stato potenziato da due case editrici operanti ad Abidjan, che incoraggiano la narrativa e promuovono ricerche nel campo della tradizione orale. Il romanzo raggiunge la piena maturità e prevale sugli altri generi, con una produzione quantitativamente impressionante che affronta tutti i temi della società. Vanno ricordati Ahmadou Kourouma (1927-2006), che con Monné, outrages et défis (1990; Monné, oltraggi e provocazioni) ha ottenuto una larga e meritata fama internazionale per lo stile personalissimo; Jean-Maria Adiaffi, scrittore assai originale (La carte d'identité, La carta d'identità, 1980); e poi G. Oupoh, T. Dem, I. B. Koulibaly (Les deux amis, I due amici, 1978), P. Yao Akoto. La narrativa si è arricchita con le opere di Jérôme Carlos e con i novellisti P. Demanois, J. C. Guenaman e Bandama Maurice, il cui libro Le fils de la femme mâle (1993; Il figlio della donna uomo) è stato coronato dal Gran Premio letterario dell'Africa nera. Avvincenti ricerche letterarie, inaugurate da Niangoran Porquet e A. Touré con il lancio della griotique (sintesi teatrale dell'arte del narratore, del poeta e del drammaturgo), continuano con B. Zadi, A. Kodé e L. A. Kanié. Nel mondo letterario contemporaneo fanno spicco Tanella Boni (n. 1954), che insegna in università in Francia: scrittrice, poetessa, critica letteraria e d'arte, è osservatrice attenta e attiva del mondo femminile africano.

La Costa d'Avorio riunisce una sessantina di etnie (malinké, senoufo, lobi, dan, krou, baoulé, akan...) ed ognuna di esse possiede ricche usanze e molteplici riti iniziatici. Sul piano artistico, queste etnie, in particolare i dan e i baoulé, hanno prodotto maschere e statue di rara bellezza, che oggi figurano tra le opere più quotate sul mercato artistico africano. A parte i malinké e i dioula, convertiti all'islamismo, la maggior parte delle etnie sono animiste, ossia venerano un dio unico presente in modo diffuso nell'insieme dell'universo. Anche i culti si basano su una serie di intermediari di natura concreta, come geni, antenati, dei secondari, al fine di captare le influenze benefiche e di tenere lontane le potenze maligne. Bisogna assistere alle cerimonie iniziatiche e alle feste rituali, costellate di danze al suono di tam tam, flauti e zucche utilizzate come strumenti, come per esempio i riti di Poro, dell'etnia sénoufo, o la danza dei trampolieri, nel paese di Yacouba. Le feste tradizionali possono essere legate ai raccolti (festa dell'ignam), all'iniziazione a una nuova fascia d'età, a occasioni come funerali, eccetera. Ogni etnia possiede le sue tradizioni e per questo le feste hanno un calendario molto variabile. Per quanto riguarda i costumi, i villaggi della savana presentano un'organizzazione sociale molto rigida. Ogni individuo ha il suo posto all'interno di una serie di legami familiari e dello spirito di clan. All'interno di queste gruppi, la solidarietà tra i membri, la sottomissione al capo e il rispetto dei tabù sono regole assolute. Per tale motivo un visitatore non può entrare in un villaggio e ancor meno in una casa, senza essere stato invitato dal capo villaggio, con il quale avrà preso contatto in precedenza, attraverso la mediazione di una guida.

Il gruppo etnico principale vi giunse in epoca piuttosto recente, dalle zone vicine: il popolo Kru migrò dalla Liberia attorno al 1600; i Senoufo e i Lubi vi giunsero scendendo verso sud dal Burkina Faso e dal Mali. Bisogna aspettare il XVIII e XIX secolo perché vi giungesse anche il popolo Akan, inclusi i Baoulé, che emigrarono dal Ghana nell'area orientale del paese, insieme ai Malinké, migrati nello stesso periodo dalla Guinea verso il nordovest della Costa d'Avorio.

La Costa d'Avorio si è qualificata per la prima volta nella sua storia ai Mondiali di calcio nel 2006, nell'edizione disputata in Germania, concludendo le qualificazioni in testa al Gruppo 3 della Zona Africana, davanti al Camerun. Ai Mondiali, si è piazzata terza nel proprio gruppo, in un girone non facile, mancando così il passaggio agli ottavi di finale; precisamente, dopo aver perso di misura le prime due partite, sempre per 2-1, contro le forti nazionali di Argentina e Paesi Bassi, ha vinto per 3-2 l'ultima partita contro la Serbia e Montenegro. Successivamente, la selezione ivoriana è riuscita a qualificarsi anche ai Mondiali del 2010 in Sudafrica, vincendo il proprio gruppo di qualificazione. Anche stavolta la Costa d'Avorio ha trovato un girone non facile, finendo insieme a Brasile, Portogallo e Corea del Nord: e di nuovo è arrivata terza, pareggiando 0-0 col Portogallo, perdendo 1-3 col Brasile e vincendo 3-0 la Corea del Nord e dunque è stata eliminata. Durante le qualificazioni al mondiale di Brasile 2014 chiude in testa il suo girone ed avanza agli spareggi contro il Senegal che sconfigge 3-1 nella gara di andata per poi pareggiare 1-1 il ritorno. Centra così la sua terza qualificazione consecutiva alla fase finale di un mondiale di calcio. Stavolta viene inserita in un girone più abbordabile con Colombia, Grecia e Giappone. L'esordio è positivo: dopo aver chiuso in svantaggio il primo tempo sconfigge per 2-1 la nazionale giapponese ottenendo per la prima volta una vittoria all'esordio. Nella seconda giornata contro la più quotata Colombia viene sconfitta di misura per 2-1, restando tuttavia al secondo posto del girone. Un pareggio contro la Grecia le permetterebbe la prima storica qualificazione agli ottavi di finale. Dopo essere passata in svantaggio nel primo tempo, pareggia nel secondo, ma un rigore concesso ai greci al minuto 93 e trasformato da Samaras li condanna per la terza volta consecutiva all'eliminazione al primo turno. Ha vinto l'edizione della Coppa d'Africa 2015 battendo in finale il Ghana dopo i calci di rigore.

Dal golfo di Guinea a S la Costa d'Avorio si spinge a N sino agli altopiani sudanesi; presenta una morfologia non molto complessa, così come semplice è la struttura geologica. Il Paese poggia infatti su uno zoccolo di rocce precambriane (scisti, gneiss, quarziti, graniti), con prevalenza di affioramenti granitici nelle regioni settentrionali e occidentali, e di vaste formazioni scistose in quelle sudorientali. La fascia costiera orientale infine presenta una copertura sedimentaria del Cenozoico, con limitate sovrapposizioni alluvionali più recenti. Prevalgono le aree pianeggianti e le distese tabulari; il prolungato processo di erosione ha logorato ovunque i rilievi. Si possono distinguere tre principali regioni fisiche: una fascia pianeggiante meridionale, che penetra profondamente nell'interno ed è sovrastata da vari dossi, la cui quota non supera i 200 m; una zona centrale, con cime isolate relativamente più elevate (monte Tiguititi, 604 m) e che a W è accidentata dalle propaggini del massiccio dei monti Nimba (monte Tonkoui, 1189 m), estremo tratto orientale dell'ampia dorsale guineana; infine una regione settentrionale di alteterre, con altitudine media di 350-500 m, che formano vaste distese tabulari separate le une dalle altre da ripide scarpate e sovrastate anch'esse nella sezione occidentale da affioramenti granitici (monte Tiouri, 914 m). La costa, che si sviluppa per 550 km, è per lo più rocciosa a W, dato che qui i rilievi si spingono sino al mare, bassa e sabbiosa a E, dove presenta sino al confine con il Ghana una caratteristica serie di lagune (di Ébrié, Aby ecc.) che formano uno specchio d'acqua pressoché ininterrotto per quasi 350 km.

Data la generale morfologia del territorio – sorta di piano inclinato da N a S – il sistema idrografico del Paese poggia su corsi d'acqua, pressoché paralleli, defluenti dagli altopiani settentrionali all'Atlantico; i maggiori sono il Sassandra, il Bandama, il Comoé e il Cavally, che segna in parte il confine con la Liberia: tutti hanno il corso interrotto da rapide e sono perciò scarsamente utilizzabili per la navigazione. La Costa d'Avorio nordoccidentale tributa però al fiumeNiger, cui apportano le loro acque, tramite il Bani, il Bagoé e il Baoulé.

Per la sua posizione, tra i 4º e i 10º di lat. N, la Costa d'Avorio ha un clima di transizione tra il subequatoriale e il tropicale; fondamentalmente esso trae origine dall'alternanza nel corso dell'anno degli influssi delle masse d'aria continentali e di quelle oceaniche, queste ultime però sempre meno marcate man mano che si procede verso Nord. Nella regione meridionale si hanno di conseguenza piogge abbondanti (2000-2500 mm annui, con punte massime persino di 5000 mm nella zona costiera occidentale), che cadono in due stagioni, da maggio a luglio e da settembre a ottobre, cui si alternano quelle secche; le temperature sono invece costantemente elevate, con medie annue sui 27 ºC. Nell'area settentrionale le precipitazioni diminuiscono a 1000 mm e nell'estremo NE persino a 700 mm annui, concentrate in un'unica stagione piovosa, da maggio a ottobre, cui si contrappone quella secca, durante la quale fa sentire il suo influsso l'harmattan, vento secco d'origine sahariana. La zona settentrionale, infine, è caratterizzata da precipitazioni sensibilmente meno abbondanti, che raggiungono in media i 1200 mm annui. In rapporto all'alternanza delle due stagioni, le temperature variano notevolmente durante l'anno; anche le escursioni giornaliere sono particolarmente accentuate arrivando, durante la stagione secca, fino a 20-25 °C.

In relazione alle condizioni climatiche il paesaggio vegetale presenta in tutta la parte meridionale del Paese la foresta pluviale, ricca di essenze pregiate da ebanisteria (mogano soprattutto), tra una profusione di liane e una grande varietà di palme. La foresta si prolunga verso N con sottili fasce ai margini dei corsi d'acqua, in un ambiente già dominato dalla savana, che è prevalentemente arborata nella zona centrale, caratterizzate da alberi come il lingué (Afzelia africana), il teli (Erythrophloeum guineense), l'iroko e la samba; nelle zone più aride dell'estremo settentrione predomina la savana erbacea e arbustiva, con piante come la noce di karité. Sciacalli, iene, pantere, elefanti, ippopotami, numerose varietà di scimmie, e molti altri mammiferi sono ampiamente diffusi. Tra i rettili abbondano coccodrilli e serpenti velenosi come vipere, mamba e molti altri. La deforestazione e l'inquinamento delle acque costituiscono i problemi ambientali più gravi a cui il Paese deve far fronte. Le sue foreste, in passato le più grandi dell'Africa occidentale, sono state quasi interamente distrutte. Inoltre liquami domestici e rifiuti chimici, agricoli e industriali avvelenano le sorgenti d'acqua. La superficie protetta copre complessivamente il 20,4% del territorio, all'interno della quale si individuano otto parchi nazionali e tre aree dichiarate patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO, e sono: il Parco nazionale Taï (1982), la riserva naturale del Monte Nimba (1981) e il Parco Nazionale di Comoè (1983). Purtroppo le ultime due aree sono state inscritte nella lista dei patrimoni mondiali in pericolo.





sabato 2 luglio 2016

LE ISOLE GIAPPONESI



Hokkaido è la più settentrionale delle quattro isole principali dell'arcipelago giapponese e la meno sviluppata. Il termine "Hokkaido" letteralmente significa "via per il mare settentrionale", ma originariamente veniva chiamata Ezo (o Yezo) ed era abitata principalmente dagli indigeni Ainu.

L'isola è caratterizzata da una natura selvaggia (ospita più di 60 vulcani che rappresentano oltre il 10% dei vulcani di tutto il mondo) e da inverni rigidi in rapporto alla latitudine; Hokkaido attira amanti della natura e degli sport invernali nei mesi più freddi, ciclisti, campeggiatori ed escursionisti da giugno a settembre. L'isola di Hokkaido è la maggiore produttrice agricola di tutto il Giappone.

Tutta l'isola è un'unica prefettura il cui capoluogo è Sapporo.

Escludendo i suoi laghi, l'isola di Hokkaido ha un'estensione di 78.719 km², fatto che la rende la 21ª isola più grande del mondo.

L'isola di Hokkaido costituisce la parte più settentrionale dell'arcipelago giapponese, nei pressi della Russia. Le sue coste si affacciano sull'Oceano Pacifico ad est ed a sud, sul mare di Okhotsk a nord e sul mar del Giappone ad ovest. A nord lo stretto di La Pérouse la separa dall'isola russa di Sachalin.

È un'isola di origine vulcanica: le montagne sono concentrate nella parte centrale dell'isola, addolcendosi in pianure che si stendono fino alle coste. Hokkaido è inoltre assai sismica. Per esempio l'epicentro di un terremoto di magnitudo 8 avvenuto il 23 settembre 2003, si trovava molto vicino all'isola.

La prefettura di Hokkaido comprende anche altre isole minori, quali Rishiri, Okushiri, e Rebun. L'isola è coperta per il 71% da foreste e per il 16% da terreni agricoli.

Hokkaido è conosciuta per le sue estati relativamente fresche e secche (che attirano numerosi turisti) e per i suoi inverni rigidi in rapporto alla latitudine sotto al 45º parallelo. La temperatura media di agosto (tra le minime e le massime) è di circa 22 °C, mentre quella di gennaio varia dai -4 °C ai -12 °C, in ragione dell'altitudine sul livello del mare e dell'esposizione. In pieno inverno (dicembre-gennaio) le tempeste di neve, portate dai gelidi venti siberiani che scendono centinaia di chilometri trovando ben pochi ostacoli, sono frequenti.

Nei mesi freddi, il mare di Okhotsk gela severamente ed in gran parte, rendendo la navigazione impossibile su tutta la costa settentrionale. I pescatori devono interrompere quindi le loro attività fino al disgelo che tendenzialmente ad inizio aprile è quasi completato.

Hokkaido era originariamente la terra del popolo Ainu. Permangono infatti le tracce della lingua ainu nel toponimo dell'isola, così come per quelli di numerose città tra cui lo stesso capoluogo Sapporo, e di parecchie specie d'alberi e d'animali (per esempio, ezomatsu, ovvero il pino di Hokkaido). L'origine degli Ainu è tuttora dibattuta; la teoria più diffusa li fa venire dal continente asiatico, probabilmente legati ai popoli mongoli. Effettivamente, nel sud di Hokkaido, degli studi archeologici hanno messo in evidenza la presenza di tribù risalenti al Periodo Jomon, probabilmente originari dell'Asia, da 8000 a 6000 anni fa, i cui discendenti potrebbero essere gli Ainu. Nel nord di Hokkaido s'istallarono le popolazioni di Ochotsk sei o sette secoli avanti Cristo.

Dal VII al XII secolo coabitavano le culture sedentarie ed agricole di Okhotsk e Satsujin, che si mescolarono in alcuni luoghi. Tuttavia, gli originari di Okhotsk scomparirono o furono assorbiti dai Satsujin nel XII secolo, formando infine il popolo Ainu.

Lo stabilimento dei primi Giapponesi in Hokkaido avvenne nel 1600 con decine di migliaia di pescatori, mercanti e contadini, ma nel complesso, l'isola resto alquanto spopolata fino al XIX secolo, con una popolazione di 50000 o meno abitanti, intanto però gli immigrati giapponesi avevano superato in numero gli aiuno, che avevano cominciato a diminuire dal XVI secolo. Hokkaido fu a lungo chiamata Yeso, Ezo o Ezochi fino alla Restaurazione Meiji.

Poco dopo la guerra Boshin del 1868, un di fedeli di Tokugawa, comandati da Takeaki Enomoto, dichiarò l'indipendenza dell'isola sotto il nome di Repubblica di Ezo, ma la ribellione fu sedata nel maggio 1869. L'effettiva integrazione di Hokkaido nel Giappone, all'epoca chiamato Impero giapponese, avvenne con la Restaurazione Meiji, a partire dal 1868, a causa delle preoccupazioni circa l'espansione russe in Estremo Oriente. La regione fu divisa in undici province : Tokachi, Hidaka, Ishikari, Kitami, Kushiro, Nemuro, Teshio, Oshima, Shiribeshi, Iburi e Chishima per le isole Curili del sud. Nel 1882, le province di Hokkaido si fusero per formare tre prefetture: Hakodate, Sapporo e Nemuro, le quali si unirono a loro volta nel 1886.

La commissione di colonizzazione fu creata per favorire il popolamento dell'isola, i cui abitanti aumentarono fortemente al sud e nella città di Sapporo, scelta per ospitare il governo centrale nel 1885. Dal 1875, dei soldati-coloni si stabilirono in cambio di terre al centro, all'est ed al nord. Nel 1900, 600 000 coloni giapponese risiedevano in Hokkaido. L'integrazione degli immigrati avvenne in tre tappe: l'instabilità della nuova società nel periodo Meiji; il radicamento e l'affermazione di un'identità locale tra il 1910 e il 1955 circa; infine una fase di delocalizzazione, come d'altronde in tutto il Giappone, e di forte urbanizzazione, a significare che i localismi si stavano facendo da parte.

Durante gli anni 1930, l'isola aveva beneficiato della modernizzazione intensiva, della rivoluzione industriale, della nascita della risicoltura, degli aiuti occidentali e specialmente americani, cosicché la maggior parte del territorio era completamente occupato, eccetto le terre più ostili a nord ed ad est, con le grandi città tra cui Sapporo e Otaru.

Dopo la Seconda Guerra mondiale, circa cinque milioni di coloni tornarono dalla Corea e dalla Manciuria, in modo che a partire dal 1950 la popolazione delle zone più abitate si spingesse sistematicamente nelle aree poco popolate del nord e dell'est.

Hokkaido occupa il primo posto nel settore primario del Giappone, specialmente per la produzione di riso e di pesce. L'insieme del settore è molto sviluppato: allevamento, agricoltura, pesca.

Sebbene l'industria leggera sia egualmente rappresentata (in particolare carta, birra e produzione alimentare), la maggior parte dei posti di lavoro si trova nel settore dei servizi. Il turismo è molto importante per l'economia, particolarmente durante l'estate, la cui frescura attrae turisti (fa molto caldo nel resto del Giappone durante questo periodo dell'anno). In inverno, sono le stazioni sciistiche a prendere il sopravvento, ad esempio si svolsero a Sapporo i Giochi olimpici invernali del 1972.

L'unico collegamento terrestre di Hokkaido col resto del Giappone è il tunnel Seikan. La maggior parte dei viaggiatori arriva sull'isola mediante aeroplano. Il principale aeroporto è quello di Chitose, chiamato Aeroporto di Shin-Chitose, a sud di Sapporo. Tokyo-Chitose è linea più frequentata del Giappone con quarantacinque voli giornalieri, operati da tre società.

Si può anche andare a Hokkaido con il traghetto, a partire dai porti di Sendai e Niigata.

La rete ferroviaria all'interno di Hokkaido è molto sviluppata, ma alcune città sono accessibili solo in bus o in automobile.

La regione di Hokkaido è stata spunto per l'ideazione della regione del mondo Pokémon di Sinnoh.

Honshu è l'isola più grande del Giappone. Honshu in giapponese vuol dire appunto Provincia principale. Su Honshu sono ubicate, oltre la capitale Tokyo, alcune fra le città più grandi e importanti del paese: Hiroshima, Kawasaki, Kobe, Kyoto, Nagoya, Nara, Osaka, Sendai, Yokohama.



Nei suoi confini amministrativi, ha una superficie di 231.090 km², inclusi 155 km² di acque interne. Senza le isole minori, la superficie di Honshu è di 227.414 km², il che ne fa la 7ª più estesa isola del globo.

Una catena montuosa altamente vulcanica attraversa l'isola per il lungo. La cima più alta è quella del Monte Fuji (3778 m s.l.m.), seguita da alcune cime delle Alpi giapponesi.

Honshu conta oltre 103 milioni di abitanti (2003), concentrati soprattutto nelle pianure a disposizione, in particolare nella pianura del Kanto, dove il 25% della popolazione totale risiede nella Grande Area di Tokyo, che include Tokyo e Yokohama, Kawasaki, Saitama e Chiba città. È stata la più popolosa isola della Terra fino alla metà degli anni ottanta quando fu superata da Giava (Indonesia), caratterizzata da un più alto tasso di crescita demografica.

Come nella maggior parte della nazione, l'industria si trova lungo la fascia che parte da Tokyo, lungo le città costiere meridionali di Honshu, tra cui Kyoto, Osaka, Nagoya, Kobe e Hiroshima, e parte della cintura Taiheiyo. L'economia lungo la costa nord-occidentale del Mar del Giappone proviene in gran parte dalla pesca e dall'agricoltura; Niigata è nota come un importante produttore di riso. La pianura del Kanto e Nobi producono grandi quantità di riso e verdure, esportate verso tutto il Giappone. Yamanashi è famosa per la frutticoltura, e Aomori è nota per le sue mele.

I centri storici più importanti sono Kyoto e Narae Kamakura. L'isola è nominalmente suddivisa in cinque regioni e contiene 34 prefetture, compresa quella metropolitana di Tokyo. Le regioni sono Chugoku (occidentale), Kansai (del sud, a est di Chugoku), Chubu (autonomo), Kanto (orientale), e Tohoku (nord). Alcune isole minori sono incluse all'interno di queste prefetture; principalmente sono: isole Ogasawara, Sado Island, Izu Oshima e Awaji Island.

Il punto più settentrionale sulla Honshu è la punta della penisola Shimokita in Oma, Aomori. All'estremo sud si trova a Cape Kure Kushimoto, Wakayama. L'isola è delimitata ad est da Todogasaki a Miyako, Iwate e ad ovest da Bishanohana a Shimonoseki, Yamaguchi. Si estende su più di otto gradi di latitudine e 11 gradi di longitudine.

Venerdì 11 marzo 2011 nella zona nord-orientale dell'isola di Honshu in Giappone si verifica una violenta scossa di magnitudo 9,0, il più grande sisma registrato nello Stato nipponico. La scossa viene registrata dai sismografi alle 14:45, ora locale, a una profondità di 24,4 km a più di 500 km dalle coste giapponesi. La violenta scossa, che causa molti danni e l'incendio a una centrale nucleare, provoca uno tsunami, che si abbatte sulle coste giapponesi con onde alte 10 metri. Le autorità, stilando il numero provvisorio delle vittime e dei dispersi, annunciano che le previsioni non sono incoraggianti: si parla di almeno 1000 morti e migliaia di sfollati.

Shikoku è la più piccola e meno popolosa tra le quattro maggiori isole dell'arcipelago giapponese. È situata nella parte meridionale ed è vicina al Kyushu e allo Honshu.

Shikoku letteralmente significa quattro province (shi=quattro, koku=paesi), che nell'antichità erano: Sanuki, Awa, Iyo, e Tosa. Dall'era Meiji (1862) queste sono diventate prefetture. Oggi si chiamano Kagawa, Tokushima, Ehime e Kochi.

Il monte Ishizuchi, con i suoi 1982 metri, è la cima più elevata dell'isola.

Lo Shikoku è collegato allo Honshu da tre ponti. Sul ponte Seto Ohashi("il grande ponte di Seto"), terminato nel 1988, transita la ferrovia.

La maggioranza della popolazione (poco più di quattro milioni di abitanti) risiede nei capoluoghi delle quattro prefetture: Kochi, Matsuyama, Tokushima, Takamatsu.

Kochi è la città capoluogo della prefettura omonima (320.000 abitanti circa) situata alla foce del fiume Monobe, nella baia di Tosa. Notevole il castello che domina dall'alto.

Matsuyama, capoluogo della prefettura più orientale (Ehime), è anch'essa famosa per il castello e per le fonti termali (Dogo Onsen) in cui tradizionalmente per secoli si sono bagnati nobili, persone comuni ed anche, in stanze a loro riservate, l'imperatore e i membri della famiglia imperiale.

Lo Shikoku ha moltissimi templi che erano tradizionalmente meta di pellegrinaggi buddhisti. Il pellegrinaggio consisteva nel giro degli 88 templi. Ancor oggi viene compiuto con tutti i mezzi. La tradizione vuole che il pellegrinaggio sia stato istituito da un antico monaco buddhista, Kukai, originario dello Shikoku. Secondo la leggenda, il monaco apparirebbe ancora oggi ai pellegrini.

Nei pressi di Kotohira è interessante la serie di templi, edificati sul monte Konpira. Una lunga e imponente scalinata, fiancheggiata da migliaia di steli, conduce ad un tempio dedicato ai viaggiatori nel quale è possibile vedere numerosi ex voto di varie epoche.

Lo Shikoku è sempre stato piuttosto isolato e quindi ha conservato più a lungo le caratteristiche originarie del Giappone soprattutto riguardo alla vegetazione ed anche ad alcune tecniche costruttive.

Una delle più affascinanti descrizioni dello Shikoku "perduto" si deve ad Alex Kerr uno scrittore statunitense che per molti anni, a partire dal 1970, ha vissuto in uno sperduto villaggio di montagna vicino Oboke.
Il libro è stato scritto in giapponese e successivamente tradotto in inglese sotto la supervisione dell'autore. L'edizione italiana è uscita col titolo: Il Giappone e la gloria, Feltrinelli 1999.

Kyushu è la terza, in ordine di grandezza, tra le quattro maggiori isole dell'arcipelago giapponese. È situata nella parte sud-occidentale ed è vicina allo Shikoku e allo Honshu. Sulla costa sud-occidentale dell'isola è situata la città di Nagasaki, capitale dell'omonima prefettura. È considerato il luogo di nascita della civiltà giapponese. Nell'antichità era anche conosciuto sotto il nome di Kyukoku, Chinzei e Tsukushi-no-shima. L'antica regione di Saikaido consiste dell'isola di Kyushu e di quelle che lo circondano. Il nome della regione, Kyushu significa "nove provincie".

L'isola è prevalentemente montuosa, e il più alto vulcano attivo giapponese, il Monte Aso (1592 m), si trova su Kyushu. Ci sono molti altri segni dell'attività tettonica, incluse numerose aree ricche di sorgenti calde. La più celebre di queste si trova a Beppu, lungo la costa orientale, e attorno al Monte Aso, nella zona centrale di Kyushu.

La regione di Kyushu è una regione stabilita politicamente che consiste di sette prefetture su Kyushu, e della Prefettura di Okinawa più a sud.

La principale città dell'isola è Fukuoka. Con una popolazione approssimativa di 1,4 milioni di abitanti è uno dei principali poli commerciali, con un grande aeroporto internazionale e una delle cinque borse valori in Giappone. Kitakyushu (prefettura di Fukuoka) è un altro importante centro (poco meno di un milione di abitanti), soprattutto nel campo dell'industria pesante. Kumamoto e Kagoshima sono la terza e quarta città più grandi con più di 500.000 abitanti. Nagasaki possiede uno dei più antichi porti internazionali, che è stato la sola porta di accesso al Giappone per gli stranieri durante il Periodo Edo, dalla metà del XVI secolo fino alla metà del diciottesimo.

I principali prodotti agricoli sono riso, tè, tabacco, patate dolci e soia; c'è anche un'abbondante produzione di seta. L'isola è nota per la produzione di differenti tipi di ceramiche tra le quali Arita, Imari, Satsuma e Karatsu. L'industria pesante è concentrata nel nord, attorno alle città di Kitakyushu, Nagasaki e Oita e include industrie chimiche e meccaniche.

Nella serie Pokémon, la regione di Kyushu è l'ispirazione della fittizia regione di Hoenn, luogo dove si svolgono gli eventi nei videogiochi della Terza generazione.



mercoledì 1 giugno 2016

LE ISOLE SANDWICH



Le Isole Sandwich Australi sono un arcipelago disabitato situato nell'Oceano Atlantico meridionale, appartenente politicamente al territorio d'oltremare britannico della Georgia del Sud e Sandwich Australi, ma rivendicato dall'Argentina.

Scoperte da James Cook nel 1775, vennero così denominate in onore del IV conte di Sandwich. L'aggettivo "australi" o "meridionali" fu aggiunto in seguito per distinguerle dalle Isole Sandwich (le attuali Isole Hawaii).

Le Sandwich Australi sono situate a oltre 500 km a SE della Georgia del Sud, e sono composte da 11 isole principali di origine vulcanica e da numerosi scogli ed isolotti circostanti. L'arcipelago si sviluppa in direzione N-S, disegnando un leggero arco con concavità verso ovest.

Le tre isole più grandi - Saunders, Montagu e Bristol - sono situate al centro della catena; a nord si trovano i gruppi minori delle Traversay Islands e delle Candlemas Islands, mentre a sud il gruppo più estremo è chiamato Southern Thule. La maggiore elevazione è il Mount Belinda (1.370 m), sull'isola di Montagu.

Le Sandwich Australi sono sempre state disabitate, fatta eccezione per una stazione di ricerca argentina situata sull'isola di Thule dal 1976 al 1982. Oggi sulle isole si trovano stazioni meteorologiche automatiche (su Thule e Zavodovski).

Georgia del Sud e Isole Sandwich Meridionali formano un territorio d'oltremare britannico nel Sudatlantico, a sudest delle isole Falkland. Questo territorio è amministrato dal Governatore delle Falkland in qualità di Commissario.

L’isola principale Georgia del Sud è circondata dalle isole Pickergill, Welcome, Willis, Annekov, Bird e Cooper. L’isola principale è pure orlata da delle formazioni rocciose come le Clerke Rocks, Shag Rocks e la Black Rock. Delle isole Sandwich Meridionali fanno parte (elencate da nord a sud) le isole Traversay (Lesko, Visokoi e Zavodovski), le isole Candelmas (Candel mas e Vindication), l’isola Saunder, l’isola Montagu, l’isola Bristol e all’estremità sud l’arcipelago Thule con le tre isolette Bellingshausen, Cook e Thule.
Il paesaggio montuoso, frastagliato e in gran parte coperto dal ghiaccio rende le isole poco abitabili. Sull’isola Georgia del sud 11 montagne superano i 2.000 metri di altezza e la più alta il Mt. Paget di 2.934 metri. L’isola è lunga 160 chilometri a larga 30, per una superficie totale di 3.756 km² sulla quale si trovano più di 160 ghiacciai, molti dei quali si estendono fino al mare.

La costa meridionale è esposta ai venti orientali e pertanto più fredda, vi si abbattono più tempeste ed è nel complesso molto inospitale. La costa settentrionale è riparata dalle montagne che riparano dai venti, il clima qui è molto più gradevole e le baie sono più tranquille. Alcune delle isole Sandwich Meridionali sono di origine vulcanica, e vi si trovano ancora alcuni vulcani attivi.



Grytviken, l’unica località della Georgia Meridionale ospita solamente alcuni ricercatori del British Antarctic Survey in una stazione lì vicino presso il King Edward Point. Occasionalmente vi sono dei turisti che visitano la tomba del leggendario esploratore Ernest Shackleton oppure il piccolo museo che era parte dell’ex stazione di ricerca Walfang. Una seconda stazione di ricerca è ubicata sull’isola Birdi.
Le isole rappresentano l'habitat ideale per una incredibile fauna. Vi abitano pinguini reali, foche, leoni ed elefanti marini. L'osservazione degli animali costituisce naturalmente il centro di ogni viaggio sull'isola.

La sovranità sulla Georgia del Sud e isole Sandwich meridionali è contesa fin dalla scoperta delle isole. Attualmente l'area è rivendicata dall'Argentina (dove sono chiamate Islas Georgias del Sur y Islas Sandwich del Sur), la disputa si è acuita durante la Guerra delle Falkland nel 1982 e rimane tuttora irrisolta.
Da sottolineare circa queste isole è che costituiscono lo Stato con meno abitanti al mondo, infatti secondo alcune fonti sono abitate da sole trenta persone

Il potere esecutivo appartiene alla regina ed è esercitato dal Civil Commissioner, posizione ricoperta dal Governatore delle isole Falkland. All'Assistente del Commissioner sono affidati i compiti politici e la gestione delle licenze di pesca, vi è inoltre un Operations Manager incaricato degli aspetti amministrativi legati al territorio.

Sulle isole non vi è popolazione permanente; i due istituti britannici di presidio, quello militare e quello scientifico, svolgono autonomamente i loro compiti di gestione, con avvicendamento del personale sotto controllo del governo britannico. Le relazioni diplomatiche sono gestite direttamente dal Foreign Office. Occupate dagli argentini durante la guerra delle Falkland nel 1982, vennero riconquistate dai britannici durante l'Operazione Paraquet, e da allora i territori celebrano il giorno della liberazione (14 giugno).

Poiché la popolazione della Georgia del Sud e isole Sandwich meridionali è davvero ridottissima, a causa del clima rigido e alla distanza dal continente, l'attività economica è molto limitata. Le entrate del territorio derivano da:
erogazione di licenze di pesca
turismo sotto forma di oneri di attracco richiesti alle navi
emissione di francobolli prodotti e stampati nel Regno Unito.

Agli inizi del XX secolo, alcune renne provenienti dalla Norvegia, furono introdotte nella Georgia del Sud. Oggi questa popolazione è costituita da circa 2600 esemplari suddivisi in due distinte mandrie. Sebbene l'immagine di una renna compaia sulla bandiera e sullo stemma del Territorio, questo animale, privo di predatori naturali, rischia di essere eradicato dall'isola a causa dei danni che arreca all'ambiente.


domenica 8 maggio 2016

LA THAILANDIA



La Thailàndia è uno Stato del sud-est asiatico, confinante con Laos e Cambogia a est, golfo di Thailandia e Malesia a sud, con il mare delle Andamane e la Birmania a ovest e con Birmania e Laos a nord.

La Thailandia è nota anche come Siam che fu il nome ufficiale della nazione fino al 24 giugno 1939 e venne anche utilizzato dal 1945 fino all'11 maggio 1949, data della definitiva assunzione dell'attuale denominazione.

La parola Thailandia deriva da thai aggettivo che significa "libero" o "indipendente" nella lingua thailandese. Alcuni abitanti, e in particolare la considerevole minoranza cinese, continuano a usare il nome Siam.

Testimonianze di ritrovamenti archeologici confermano che la regione era già abitata nel paleolitico, circa 40.000 anni fa. Le prime civilizzazioni che si stanziarono risentirono dell'influenza della cultura indiana, fra queste il regno "pre-khmer" di Funan, che si affermò circa 2.000 anni fa, e le città-Stato Dvaravati, fondate principalmente dal popolo mon, che nacquero attorno alla metà del I millennio con il declino di Funan e diffusero il Buddhismo. In seguito l'Impero Khmer, nato nell'odierna Cambogia, si espanse ai danni dei principati Dvaravati, conquistò buona parte del territorio dove adesso c'è la Thailandia e diffuse nuovamente l'Induismo.

Il dibattito accademico sulla provenienza dei popoli tai è ancora in corso. Ad ogni modo, sulla base di studi linguistici, negli ultimi decenni vari studiosi hanno sostenuto che i popoli tai provengono da un'area che oggi appartiene alla regione cinese del Guangxi. Sotto la spinta di altri popoli provenienti da nord, nel I millennio i tai avrebbero cominciato un processo di migrazione verso sud. Nel corso dei secoli successivi si sarebbero stabiliti in tutta l'Indocina settentrionale, arrivando fino all'odierno Stato indiano dell'Assam. Una delle prime etnie di questi popoli furono i tai yuan, fondatori nel 638 nell'odierna Thailandia del Nord del piccolo Regno di Hiran, che cadde sotto l'influenza Dvaravati. Avrebbe in seguito raggiunto l'autonomia diventando prima il Regno di Ngoenyang e, alla fine del XIII secolo, il potente Regno Lanna. Altri tai finirono per stanziarsi nel bacino del Chao Praya, nel centro dell'odierna Thailandia.

Nel XIII secolo emerse tra i popoli tai quello dei siamesi, gli odierni thai, che si ribellarono ai Khmer e crearono nel 1238 il Regno di Sukhothai, del cui periodo ancora oggi possiamo vedere i resti. Nel 1350 il principe thai Uthong fondò il Regno di Ayutthaya, che nel 1431 saccheggiò Angkor, capitale dell'Impero Khmer, e nel 1438 annesse il Regno di Sukothai. In questo periodo, il Buddhismo Theravada divenne il credo predominante. Alla fine del XIII secolo, il re di Sukhothai Ramkhamhaeng introdusse l'odierno alfabeto thai, mutuato dall'antico khmer. Sukhothai prima, ma soprattutto Ayutthaya dopo, divennero potenze di primo piano nel sudest asiatico.

Fiorì la raffinata cultura siamese, che risentiva delle arti indiane e khmer, la locale architettura tradizionale si sarebbe sviluppata fino all'assimilazione della cultura occidentale nel XIX secolo. Nel 1511 vi furono i primi contatti con gli europei, quando l'ambasciatore portoghese Duarte Fernandes giunse ad Ayutthaya. In seguito il regno si arricchì grazie agli scambi commerciali, in particolare con la Cina, il Giappone, la Francia e con la Compagnia olandese delle Indie orientali. Si è stimato che Ayutthaya fosse attorno al 1700 la più popolosa città del mondo con circa un milione di abitanti. Alla crescita culturale ed economica si accompagnarono grandi progressi nel campo della medicina.

La prima grande crisi del regno fu nel 1569, dopo che già nel 1551 era diventato uno stato vassallo dei re birmani della dinastia di Taungù. Il tentativo di emancipazione fu punito dal grande conquistatore birmano Bayinnaung, che aveva sottomesso in precedenza il Regno Lanna. Fu il primo a espugnare Ayutthaya e deportò l'intera famiglia reale siamese a Pegu, la sua capitale. Il trono fu affidato a Maha Thammarachathirat, re di Sukhothai e alleato di Pegu. Alla morte di Bayinnaung l'impero che aveva creato si sfaldò e i siamesi riacquistarono l'indipendenza con il re Naresuan.

Nei decenni successivi Ayutthaya tornò a espandersi, arrivando a occupare diversi sultanati islamici della penisola malese, alcuni porti birmani nel mare delle Andamane, penetrando in Cambogia e a nord. Conflitti interni legati principalmente alla successione al trono e un senso di appagamento per i successi passati contribuirono a fiaccare lo Stato, e nel 1767 Ayutthaya fu espugnata e rasa al suolo dai birmani. Ebbe così fine il regno a 417 anni dalla sua fondazione.

Il paese, non occupato capillarmente dai birmani impegnati a respingere le invasioni cinesi a nord, cadde nel caos e si spaccò in sei territori in mano a locali signori della guerra. Il generale Taksin dell'esercito di Ayutthaya, fuggito miracolosamente all'assedio della capitale, prese il controllo della zona a est di Bangkok. Nel giro di pochi mesi riorganizzò i siamesi e riuscì a cacciare gli invasori birmani nel novembre del 1767.

Date le difficoltà di ricostruire la disastrata Ayutthaya, spostò la capitale 70 km più a sud, a Thonburi, riunificò il Siam e fu incoronato sovrano del Regno di Thonburi nel 1768. Tale regno, di cui fu l'unico monarca, durò solo quindici anni. Nel periodo in cui fu re, lo Stato espanse sensibilmente i territori conquistando il Regno Lanna, i regni laotiani di Champasak, Vientiane e Luang Prabang e assoggettando la Cambogia. Fu con la vittoria sul Regno di Vientiane che venne annesso l'Isan, l'odierna Thailandia del Nordest.

Nel 1782, Taksin fu rovesciato da una ribellione interna e Chao Phraya Chakri prese il suo posto. Fondò il Regno di Rattanakosin, detto anche Regno del Siam, e la dinastia Chakri che ancora oggi guida la Thailandia con re Rama IX. Chao Phraya Chakri dopo la morte ricevette il nome postumo di Rama I. Spostò la capitale sulla sponda opposta del fiume, nell'allora piccolo villaggio di Bangkok, che ribattezzò Rattanakosin e trasformò in una sontuosa città, promosse la riorganizzazione dello Stato e la rinascita della cultura siamese.

Tutti gli stati confinanti, la Birmania (Myanmar), il Laos, la Cambogia e la Malesia, furono in seguito oggetto della colonizzazione europea a differenza del Siam. Solamente nel 1826, grazie a un accordo commerciale, la corona britannica ottenne considerevoli privilegi, stabilendo una certa influenza sul paese, che nonostante ciò non venne mai colonizzato. Per preservare l'indipendenza i siamesi dovettero concedere diversi territori alla Francia e al Regno Unito. Laos e Cambogia, che erano stati vassalli del Siam, divennero parte dell'Indocina francese, mentre lo Stato Shan a nord entrò a far parte della Birmania colonizzata dai britannici. Anche diversi sultanati tributari del Siam situati nel nord dell'odierna Malesia furono ceduti ai britannici.

Rama IV, che regnò dal 1851 al 1868, avviò la modernizzazione del Paese con l'aiuto di alcuni consiglieri europei e il figlio Rama V (Chulalongkorn), suo successore, ne continuò l'opera rinforzando lo Stato e creando solide élite. Fu grazie alla politica di questi due sovrani che il Siam mantenne l'indipendenza.

Le grandi spese per modernizzare il paese e la grave depressione che seguì il crollo di Wall Street del 29 ottobre 1929 diedero il via a un periodo di instabilità politica. Durante il regno di Rama VII, il colpo di Stato del 1932 pose fine alla monarchia assoluta e diede inizio alla monarchia costituzionale. Nel 1935, il re abdicò in forte contrasto con il governo dei militari, che a suo dire utilizzavano il potere in maniera autocratica senza badare alla voce del popolo.

Con il nuovo re Rama VIII che aveva solo 9 anni, furono nominati dei reggenti e il potere passò nelle mani dei militari; in particolare fu il nazionalista Plaek Phibunsongkhram che monopolizzò la scena politica fino al 1957, quando accusato di frode fu esiliato in Giappone. Con l'avvento dei militari ebbe inizio una lunga serie di colpi di Stato che tuttora mettono in pericolo l'unità del paese, rimasto comunque compatto nell'amore per la casa reale. Il 24 giugno 1939 il Siam cambiò il nome in Thailandia, che vuol dire "Terra degli uomini liberi". Il cambio del nome fu voluto dai militari nazionalisti che erano al potere e che vedevano di cattivo occhio la provenienza cinese del nome Siam.

Durante la seconda guerra mondiale la Thailandia si schierò a fianco delle potenze dell'Asse e, approfittando dell'occupazione tedesca della Francia, nell'ottobre del 1940 intraprese la guerra franco-thailandese contro l'Indocina francese. Dopo sei mesi di combattimenti la pace fu siglata e, con l'intermediazione dei giapponesi, il 9 maggio 1941 la Thailandia si vide riconosciuti alcuni dei territori ceduti ai francesi da Rama V a inizio secolo. Con la sconfitta del Giappone dovette però restituire tali territori nel novembre del 1947. Verso la fine del conflitto, le cui sorti stavano premiando gli sforzi alleati, il movimento nazionale anti-giapponese costrinse Phibunsongkhram alle dimissioni da primo ministro e il paese riprese il nome Siam nel 1945. In seguito, il dittatore uscì indenne dai processi per crimini di guerra.

Nel 1946 venne misteriosamente assassinato a Bangkok Rama VIII e ascese al trono il giovane fratello Bhumibol Adulyadej Rama IX, il quale è a tutt'oggi il capo di Stato vivente in carica da più tempo al mondo. Questo sovrano gode di un notevole prestigio sia interno sia internazionale e ha assicurato al paese una certa stabilità politica anche nei momenti di maggiore turbolenza. Nel 1947, un colpo di Stato organizzato da Phibunsongkhram depose il primo ministro, un ufficiale di Marina già nel movimento anti-giapponese, e rimise al potere le vecchie gerarchie militari dell'anteguerra. L'8 aprile 1948 Phibunsongkhram ottenne il suo secondo mandato di primo ministro e l'11 maggio 1949 il paese riprese il nome di Thailandia.

Negli anni successivi fu sviluppata la collaborazione con il governo degli Stati Uniti sia in funzione anti-comunista, concedendo l'utilizzo delle strutture aeroportuali all'aeronautica americana per le sue missioni nel Laos e nel Vietnam del Nord, sia in campo economico, con forti investimenti statunitensi nel paese. La guerriglia comunista anti-governativa in Thailandia nacque negli anni Sessanta e fu stroncata dall'esercito negli anni Ottanta. Particolarmente brutale fu la repressione del movimento studentesco, che avvenne dopo 3 anni di governo democratico. Il feroce massacro dell'Università Thammasat compiuto contro i manifestanti il 6 ottobre 1976, provocò la morte di oltre 100 persone (46 secondo la polizia di Bangkok) e il ferimento e l'arresto di molte altre. Nella stessa giornata vi fu un nuovo colpo di Stato che rovesciò il governo del Partito Democratico e consegnò il potere all'ala estrema dei nazionalisti filo-monarchici.

All'inizio degli anni Ottanta prese il potere una fazione dell'esercito vicina al re, ma di natura più democratica. Il nuovo governo contribuì alla pacificazione nazionale, concedendo l'amnistia ai ribelli comunisti che abbandonavano la lotta armata, e promuovendo l'economia, facendo diventare il paese una delle tigri asiatiche del settore. Un nuovo colpo di Stato dell'ala reazionaria dell'esercito pose fine nel 1991 alla riconciliazione nazionale. Un'imponente dimostrazione anti-governativa nel 1992 portò a un nuovo massacro della folla conosciuto come maggio nero, in cui persero la vita 52 persone e molte furono torturate o fatte scomparire. L'intervento del re pose fine alla rivolta e il governo golpista rassegnò le dimissioni, consegnando il potere a un esponente del Partito Democratico.

I conservatori del Partito della Nuova Aspirazione vinsero le elezioni del 1996 ma l'anno successivo furono travolti dalla crisi finanziaria asiatica. Il governo tornò al Partito Democratico di Chuan Leekpai, che ottenne un finanziamento dal Fondo Monetario Internazionale e stabilizzò la valuta.

Nel 2001, con la vittoria nelle elezioni del partito di Thaksin Shinawatra, i militari persero il controllo dei poteri legislativo ed esecutivo, questo portò a uno spaccamento della popolazione e a una radicalizzazione dello scontro fra i sostenitori del nuovo governo da una parte, entusiasti per le riforme populiste di Thaksin in favore dei poveri, e i conservatori dall'altra, guidati dai vertici delle forze armate, dalla nobiltà e dalla ricca borghesia. Questi ultimi si trovarono a pagare il prezzo maggiore per le riforme di Thaksin e cominciarono a opporsi con vigore al governo.

Il 26 dicembre 2004 un terremoto con epicentro a Sumatra (Indonesia) provocò uno tsunami che raggiunse le isole e le coste thailandesi causando oltre 5.000 vittime nel paese e centinaia di migliaia in tutto il mondo. L'accentuarsi dell'instabilità politica sfociò nel nuovo colpo di Stato del settembre 2006. La presa del potere da parte dei militari avvenne senza vittime, con l'assenso del re e di una larga parte della popolazione. Il primo ministro Thaksin fu incriminato con diverse accuse, tra cui la corruzione e il conflitto di interessi, e si vide costretto a rifugiarsi in esilio all'estero.

Durante il suo mandato Thaksin si era creato un grande seguito, promuovendo iniziative in favore della popolazione, tanto che nelle elezioni del dicembre 2007 vinse il partito del suo protetto Somchai Wongsawat. Le elezioni furono sospettate di brogli, nel novembre dell'anno successivo gli oppositori al Governo provocarono gravi disordini e in segno di protesta occuparono l'aeroporto di Bangkok causando gravi disagi anche a cittadini stranieri. Il 2 dicembre 2008, la Corte Costituzionale riconobbe il partito di maggioranza colpevole di brogli e lo sciolse, bandendo per cinque anni dalla vita politica Somchai Wongsawat e altri capi del partito.

Il potere rimase nelle mani di un partito controllato dai militari, ma visto che questo cambio al vertice avvenne per via gerarchica e non attraverso regolari elezioni, i sostenitori di Thaksin, le camicie rosse legate al neonato Fronte Unito per la Democrazia contro la Dittatura, non si diedero mai per vinti. Nel 2010 provocarono l'acutizzarsi della già grave crisi politica e sociale reclamando maggiori diritti, libertà e giustizia sociale, ma soprattutto la fissazione di nuove elezioni. Le massicce manifestazioni di aprile vennero brutalmente represse dall'esercito e i violentissimi scontri provocarono 87 morti, tra cui alcuni militari, e 1.378 feriti.

Le elezioni furono in seguito fissate per il 3 luglio del 2011, e videro il largo successo del partito di opposizione Pheu Thai, che ha ottenuto 265 seggi alla Camera. Tale partito è guidato da Yingluck Shinawatra, sorella minore di Thaksin, che è divenuta il nuovo primo ministro in un governo di coalizione. Dopo alcuni mesi di dure proteste anti-governative, che chiedevano le dimissioni del primo ministro perché rappresentava gli interessi del deposto fratello, nel maggio del 2014 Yingluck è stata destituita dalla Corte Costituzionale. L'accusa è stata "abuso del potere politico a fini personali", per aver rimosso dall'incarico nel 2011 l'ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale e averlo sostituito con un proprio parente. Con tale sentenza sono stati destituiti anche tutti gli altri ministri in carica quando successe il fatto.



Con l'acutizzarsi della tensione, il 20 maggio 2014 l'esercito ha dichiarato una legge marziale con l'intento di trovare una soluzione alla crisi. Il provvedimento è stato l'anticamera del colpo di Stato che i militari thailandesi hanno effettuato il successivo 22 maggio. La costituzione è stata soppressa, il governo ad interim è stato sciolto, è entrato in vigore il coprifuoco sul territorio nazionale dalle 22 alle 5 e i dimostranti di entrambi gli schieramenti sono stati invitati a disperdersi. L'intervento militare è avvenuto dopo che, a partire dall'inizio delle proteste in novembre, 28 persone hanno perso la vita e 700 sono state ferite in scontri e attentati collegati alle proteste. Si tratta del 19º tentativo di colpo di Stato nel Paese dopo l'istituzione della monarchia costituzionale nel 1932.

La mattina del 23 maggio, il comandante in capo dell'esercito Prayuth Chan-ocha, guida del colpo di Stato, si è auto-proclamato primo ministro ad interim della Thailandia e ha convocato 23 leader politici nazionali nonché 114 esponenti delle dimostrazioni dei mesi precedenti. All'incontro ha partecipato Yingluck, che è stata tratta in arresto assieme ad alcuni familiari e a molti dei politici e attivisti presenti.

In Thailandia come negli altri paesi dell'area, è tuttora in vigore la pena di morte per l'omicidio, per il traffico di droga e per altri reati gravi. Un reato che viene punito con particolare durezza è quello di lesa maestà, che prevede pene dai 3 ai 15 anni di carcere per ogni singolo "insulto" a un membro della casa reale.

La Thailandia, l’antico Siam, la terra del sorriso. Uno dei paesi più amati dai viaggiatori di tutto il mondo, almeno stando alle classifiche delle destinazioni turistiche più in voga che ogni anno la vede ai primissimi posti.

E una volta messo piede sul suolo thailandese si capisce subito perchè: sia che si atterri nella caotica ma affascinante Bangkok, sia che si arrivi in un paradiso tropicale come Phuket, Krabi o Ko Samui, la Thailandia riuscirà a colpire fin dal primo sguardo grazie alla sua esplosione di colori, odori, sapori e alla gentilezza degli abitanti, sempre pronti a dare una mano o a regalare un sorriso con la loro semplicità e umanità.

Bangkok è la città più famosa della Thailandia nonché la Capitale del Paese. Frenetica, trafficata e caotica, la città non manca di certo di fascino ed attrattive. Gli amanti del mare possono fare un tuffo e prendere il sole a Ko Samet, l’isola più vicina alla Capitale. Gli appassionati di storia e cultura possono perdersi nelle sue strade e nei suoi musei. Per chi è a caccia di esotismo e tradizioni antiche, Chinatown e Yaowarat sono il luogo perfetto da visitare. Bangkok è il Centro culturale, politico e commerciale della Thailandia, una città che negli ultimi dieci anni si è trasformata in un luogo moderno. Con oltre 400 templi buddisti, con i suoi magnifici palazzi ed edifici decorati condiversi stili architettonici, la città offre ai visitatori numerose attrattive culturali e tantissimi divertimenti. Fra i punti di interessi ricordiamo: il Wat Arun (Tempio dell’Aurora), il Palazzo Reale, il Tempio Phra Kaeow, il Tempio Mahathat, il tempio Wat Trimit, il Wat Po, il complesso dei palazzi Bang Pa In. Numerose sono le aree commerciali, come il mercato notturno di Pahtphong, i negozi di Sukhumvit e Silom.

Ayutthaya si trova a circa 70 km da Bangkok ed è una delle mete preferite dai turisti che raggiungono la Thailandia. Il Parco storico di Ayutthaya è inserito nella lista dei Patrimoni dell’Umanità protetti dall’Unesco. Vi si trovano numerosi templi: Wat Phraram, probabilmente il tempio più antico  della città, Wat Ratchaburana, Wat Scri Samphetl, Wat Yai Chai Mongkhon. Saccheggiata e data alle fiamme dagli invasori birmani del XVIII secolo, le rovine di Ayutthaya rimangono un ricordo di quella che veniva considerata la più bella città dell’Oriente e sono considerate patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco.

Phuket si trova a quasi 900 km a sud di Bangkok ed è l’isola più grande del Paese con spiagge di sabbia bianca, rocce calcaree, ampie e tranquille baie e rigogliose foreste. L’ospitalità varia da alberghi lussuosi a semplici bungalow, mentre per il tempo libero sono disponibili sport acquatici, pesca subacquea, golf, trattamenti in spa ed eccellenti ristoranti. La più alta concentrazione di resort si trova a Patong Beach, che è anche centro per lo shopping e la vibrante vita notturna. A dus di Patong si trovano le spiagge di Karon e Kata.

Un’ora a nord di Phumket si trova Khao Lak che, con la sua spiaggia lunga 12 km, è meta ideale per unsoffirno tranquillo nonché paradiso per gli amanti delle immersioni. Khao Lak è il punto di partenza per raggiungere i meravigliosi paradisi subacquei delle isole Similan e Surin e si trova a breve distanza da aree incontaminate dove è possibile fare trekking, rafting e safari a dorso di elefanti in mezzo alla giungla.

A Sud di Bangko, Koh Samui è uno dei luoghi di maggior richiamo turistico balenare del Mar Cinese Meridionale e la più grande delle isole dell’arcipelago Samui. Le spiagge e le località balneari più frequentate sono concentrate sul lato orientale e offrono opportunità di divertimento e di svago. A sud si trovano belle spiagge e baie incontaminate, mentre l’interno è ricco di bellezze naturali, con rigogliosi paesaggi, cascate e pittoreschi villaggi.

A Koh Samet la natura regna incontrastata. L’isola è ricca di bellissime spiagge, un mare cristallino ed una vegetazione lussureggiante. Le coste orientale e settentrionale sono un susseguirsi di belle spiagge separate da promontori rocciosi, mentre la costa occidentale è principalmente rocciosa. Il sud dell’isola è caratterizzato da una bella barriera corallina.

Le aspre e selvagge montagne della provincia di Kanchanaburi  segnano il confine naturale con la vicina Myanmar. Tra esotici paesaggi dominati dalla giungla scorre il leggendario fiume Kwai, teatro dei conflitti tra i giapponesi e le forze alleate durante la seconda guerra mondiale. Nel capoluogo si può visitare il ponte sul fiune Kwai, parzialmente distrutto al termine della guerra e oggi portato alla forma di un tempo.

A meno di un’ora di volo da Bangkok, la “rosa del Nord” Chiang Mai, è la più importante città del Nord dalla caratteristica architettura religiosa traboccante di antichi templi e di testimonianze culturali, una città dal fascino antico, che si può cogliere tra le strade della città vecchia, all’ombra dei templi, che risalgono alla fine del 1200, e fino al Monte Doi Suthep, dove sorge il Palazzo reale. Verso Nord, poco prima del Triangolo d’Oro, la regione montuosa dove convergono i confini di Thailandia, Laos e Myanmar, si trova la città di Chiang Rai.

Con i suoi 513.120 km² di superficie, la Thailandia è il 51º stato del mondo per estensione. È paragonabile per dimensioni alla Spagna.

Il paese è sede di distinte regioni geografiche. La Thailandia del Nord è montagnosa e ospita il Doi Inthanon, il rilievo più alto del paese con i suoi 2.576 metri; una serie di catene montuose la separa a ovest dalla Birmania e il fiume Mekong fa da confine a nordest con il Laos. La Thailandia del Nordest, chiamata anche Isan, è costituita dall'altopiano di Khorat; anch'essa è separata dal Laos a nord e a est dal Mekong, mentre una serie di basse catene montuose ne segnano i confini meridionale e occidentale. A sud dell'Isan, la catena dei monti Dângrêk segna il confine con la Cambogia.

Il centro della nazione è dominato dalla valle in gran parte pianeggiante del fiume Chao Phraya, che si getta nel golfo del Siam; la parte occidentale è contrassegnata da catene montuose che fanno da confine con la Birmania e quella orientale dai monti Cardamomi, che demarcano il confine con la Cambogia. La Thailandia del Sud si estende lungo la penisola malese, che è attraversata dalla catena dei monti Titiwangsa e ha il suo punto più stretto nell'istmo di Kra, nei pressi di Ranong, dove termina a sud il confine tra la Thailandia e la Birmania.

Sul golfo del Siam e sul mare delle Andamane sono presenti molte isole dotate di attrezzature turistiche all'avanguardia, che rappresentano una delle principali fonti di ricchezza del paese.

Il clima locale è di tipo tropicale e caratterizzato dalla presenza dei monsoni. Tra metà maggio e settembre si assiste a un monsone sudoccidentale caratterizzato da grande piovosità, caldo e nuvolosità. Tra novembre e metà marzo si assiste invece al manifestarsi di un monsone asciutto e freddo di nordest. La parte peninsulare meridionale è invece calda e umida. Accanto alla capitale Bangkok, le città principali sono Chiang Mai, Pattaya, Nakhon Ratchasima, Khon Kaen, Udon Thani, Nakhon Sawan, Chiang Rai, Surat Thani, Phuket town e Hat Yai (Provincia di Songkhla).

Il clima della Thailandia è molto peculiare, perché può essere suddiviso in tanti microclimi. Questo a causa della particolare forma geografica del paese che si sviluppa in senso meridiano. Le temperature variano in ragione delle zone. Ad esempio, nella Thailandia centrale, settentrionale e orientale la stagione fredda va da metà ottobre a gennaio, durante la quale le temperature scendono fino ai 15 °C. La stagione calda intercorre tra febbraio e aprile con temperature che arrivano anche a 40 °C. Infine la stagione delle piogge ha inizio a giugno e termina a ottobre con temperature che arrivano a toccare anche lo zero. Nelle aree meridionali la stagione fredda è più breve, dal momento che il monsone che soffia sulle regioni che si affacciano sul Mar delle Andamane fa sì che le piogge terminino un paio di mesi dopo rispetto al resto del Paese.

Il clima della Thailandia è tropicale monsonico e vi si possono distinguere tre stagioni:

un periodo fresco e asciutto, da novembre a febbraio, quando soffia il monsone nord-occidentale;
un periodo molto caldo, da marzo a metà maggio;
la stagione delle piogge, da maggio a novembre, determinata dal monsone sud-occidentale.
Nella parte più meridionale della Thailandia la stagione delle piogge è ancora più prolungata .

La popolazione è prevalentemente rurale, si concentra quindi nelle zone di campagna, dove attualmente vive circa il 40% della popolazione. La densità è di 35 abitanti per chilometro quadrato. La Thailandia conta circa 66 milioni di abitanti. Tra il 1960 e il 1970 le numerose nascite hanno portato a un'età media di 25/30 anni.

L'etnia Thai fa parte della grande famiglia dei Tai-Kadai i cui stanziamenti si estendevano dall'Assam all'isola di Hainan, e dal Sichuan al sud dell'odierna Thailandia. Ne fanno parte anche gli Ahom nell'Assam, gli Shan nella Birmania settentrionale, i Lao in Laos e in Thailandia, i Tày in Laos e Vietnam, i Nung in Vietnam, e i Dai e gli Zhuang in Cina. Questi popoli hanno in comune l'origine della lingua, alcune tradizioni e feste, e professano quasi tutti il Buddhismo Theravada.

Il popolo dei Thai si suddivide in quattro grandi sottogruppi: Thai centrali, nord-orientali (anche detti "Isan"), settentrionali e meridionali. I Thai centrali hanno a lungo dominato il paese dal punto di vista politico, economico e culturale, pur rappresentando solo 1/3 circa dell'intera popolazione ed essendo così di poco superati in numero dai Thai nord-orientali. A seguito dei processi di scolarizzazione e di formazione di un'identità nazionale, oggi gran parte dei thailandesi parla, accanto ai propri dialetti locali, anche la lingua thailandese ufficiale che è quella dei Thai centrali.

La principale minoranza non-Thai è rappresentata dai cinesi, che hanno storicamente giocato un ruolo molto importante nell'economia, specie se rapportato alla loro consistenza numerica. Molti di essi sono ormai perfettamente assimilati alla cultura thailandese e hanno perciò abbandonato il loro centro principale, la Chinatown di Bangkok.

Altri gruppi etnici minoritari sono i malesi (lungo il confine meridionale), i mon, i khmer e alcune tribù delle colline. Con la fine della guerra in Vietnam, molti vietnamiti trovarono rifugio in Thailandia, specie nelle regioni nord-orientali.

Stando all'ultimo censimento (2000), il 95% circa dei Thai professa il buddhismo Theravada. Seguono i musulmani (4,6%), concentrati nel sud del Paese e rappresentati in particolare dalla minoranza malese. I cristiani, soprattutto cattolici, costituiscono invece lo 0,75% della popolazione. Nelle città vi sono infine esigue minoranze di sikh e hindu, nonché una piccolissima comunità ebraica risalente al XVII secolo. Tra i membri delle varie etnie tribali, la fede principale è l'Animismo.

Lingua nazionale è il thai, scritto con un proprio alfabeto. Numerosi e molto diffusi sono i dialetti thai, nel nord-est del paese è diffusa la lingua isan, molto simile a quella lao, sia l'una sia l'altra sono mutualmente intelligibili con il thailandese. Le minoranze etniche utilizzano i propri idiomi (soprattutto mon e khmer). Sebbene sia ampiamente insegnato nelle scuole, l'inglese non è molto diffuso, specie nelle regioni più remote.

La Thailandia è suddivisa in 76 province. La capitale Bangkok è dal 1975 una zona con lo statuto speciale di metropoli affidata all'Amministrazione metropolitana di Bangkok. Viene considerata come la 77ª provincia, poiché è amministrata allo stesso livello delle province. Il sistema di suddivisione amministrativa in 77 province è quello ufficiale adottato dal dipartimento governativo dell'Istituto Reale di Thailandia.

Le città principali della Thailandia sono Bangkok, con 5,7 milioni di abitanti, Nonthaburi (270mila), Nakhon Ratchasima (174.000), Chiang Mai (174.000), Hat Yai (157.000) e Udon Thani (155.000).

La Thailandia è una dittatura militare in seguito al colpo di Stato del maggio 2014. Il potere è nelle mani di una giunta militare diretta dal generale golpista Prayuth Chan-ocha. La giunta ha imposto la Legge marziale in tutto il Paese da maggio 2014 ad aprile 2015.

Nel corso del 2013 il tasso di disoccupazione è risultato inferiore all'1%.
Quasi il 70% dell'intera popolazione thailandese è costituito da agricoltori, che coltivano una terra alluvionale così ricca che la Thailandia è al primo posto nel mondo per l'esportazione di tapioca, al secondo per quella di riso e di caucciù, al terzo per quella di ananas in scatola. Inoltre questo paese è tra i principali esportatori di zucchero, granoturco e stagno. In via di sviluppo sono l'industria dell'abbigliamento e l'elettronica. In via di incremento il turismo internazionale che si concentra, in particolar modo, nella zona costiera.

La moneta locale è il Baht thailandese, che nel 1997 venne pesantemente svalutato in seguito a una grave crisi economica, dando il via a un effetto domino che fu una delle cause della famosa crisi delle "tigri asiatiche".

Tradizionalmente la pesca viene fatta sulla tipica imbarcazione, la Kolae.

Gli sviluppi in agricoltura dal 1960 hanno sostenuto la transizione della Thailandia verso un'economia industrializzata. Nel 2008 l'agricoltura, silvicoltura e pesca hanno contribuito 8,4 per cento del PIL; nelle zone rurali, i lavori agricoli forniscono lavoro. La Thailandia è uno dei primi esportatori mondiali di riso, e un grande esportatore di gamberetti. Altre coltivazioni includono noci di cocco, mais, gomma, soia, canna da zucchero e tapioca.

Nel 1985 la Thailandia ha designato il 25 per cento della sua superficie per la protezione delle foreste e del 15 per cento per la produzione di legname. Le foreste sono state scelte per la conservazione e la ricreazione della fauna e della flora, mentre le foreste di legname sono disponibili per il settore forestale. Tra il 1992 e il 2001 le esportazioni di tronchi e legname sono aumentate da 50.000 a 2.000.000 di metri cubi all'anno.

L'epidemia di influenza aviaria regionale contratta della Thailandia dal settore agricolo nel 2004 e lo tsunami del 26 dicembre dello stesso anno hanno devastato il settore della pesca west-coast. Nel 2005 e nel 2006 il PIL agricolo è calato del 10%.

Nel settore agricolo il riso è l'alimento base, ed è coltivato nelle pianure del Chao Phraya e del Mekong. Mais e manioca sono gli altri due prodotti coltivati nel paese. Banane, caffè, tabacco, ananas, canna da zucchero e iuta sono le colture da piantagione principali, mentre la ricca vegetazione della Thailandia fornisce vari tipi di legname pregiato, come il teak, il sandalo, il sapan e l'ebano.

Nel 2007 l'industria ha contribuito con il 43,9% del PIL, impiegando il 14% della forza lavoro. L'industria è cresciuta a un tasso medio annuo del 3,4% nel periodo 1995-2005. Il sottosettore più importante del settore è la produzione, che rappresentano il 34,5% del PIL nel 2004.

La Thailandia sta diventando un centro per la produzione di automobili per l'Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) di mercato. Nel 2004 la produzione di automobili ha raggiunto 930.000 unità, più del doppio di quanto nel 2001. Toyota e Ford sono attive in Thailandia, e l'espansione del settore automobilistico ha aumentato la produzione di acciaio nazionale. L'industria elettronica della Thailandia è frenata dalla concorrenza di Malesia e Singapore, mentre quella tessile la concorrenza di Cina e Vietnam.

La Thailandia esporta prodotti elettronici, caucciù e autoveicoli. Vestiario e calzature, diamanti e preziosi, derivati del petrolio, in aggiunta a riso, crostacei e molluschi, sono gli altri prodotti più esportati dalla Thailandia.

Il turismo contribuisce in modo significativo all'economia thailandese, e l'industria turistica ha beneficiato del deprezzamento del baht e della stabilità della Thailandia. Gli arrivi turistici nel 2002 sono stati di 10,9 milioni di persone con un aumento del 7,3% rispetto all'anno precedente (10,1 milioni nel 2001).

Il turismo fornisce un contributo grande per l'economia della Thailandia (circa il 6% del PIL). I turisti vengono in Thailandia per una serie di motivi, in primo luogo per la bellezza delle sue spiagge, ma anche Bangkok ha visto un forte aumento del turismo negli ultimi anni.

Nel 2007 circa 14 milioni di turisti hanno visitato la Thailandia. Il settore del turismo comprende il turismo sessuale, anche se la prostituzione è illegale in Thailandia. Il numero di turisti nel 2009 è stato stimato in circa 14 milioni, in calo del 4% rispetto al 2008.

Lo sport nazionale thailandese è la muay thai, arte marziale praticata dai tempi di Re Naresuan nel 1560 d.C. La muay thai è oggi praticata in molti Paesi al mondo.

Tradizionalmente, uno degli aspetti più importanti della vita thailandese è rappresentato dalle feste, spesso di carattere religioso, legate al ciclo annuale della coltivazione del riso oppure concernenti la commemorazione dei membri della casa reale o dei re del passato.

Tradizionalmente, tutti i cittadini di sesso maschile trascorrono un periodo della loro vita in un monastero. Oltre ai monaci di professione, esistono quindi anche i monaci laici che trascorrono nel convento solo un determinato periodo della loro vita, generalmente da una settimana a pochi mesi. In passato la durata del noviziato era tipicamente di tre mesi, di solito coincidenti con i mesi estivi, che sono i più piovosi. Durante questo periodo il giovane thailandese vive isolato dal mondo con la sola compagnia degli altri novizi monaci: la permanenza in convento serve per apprendere gli elementi teologici essenziali del buddhismo, per imparare a disprezzare le vanità di questo mondo e a meditare sulla felicità che attende i buoni e gli onesti nell'aldilà.

Al momento di entrare in convento, gli aspiranti monaci vengono rapati completamente e vestiti con grandi sai di colore arancione, che portano avvolti alla vita e annodati sulla spalla sinistra. Sia i monaci permanenti sia quelli temporanei sono tenuti a vivere esclusivamente degli oboli dei fedeli. Ogni giorno prima dell'alba essi escono dal monastero e vanno a fare la questua per le vie dei villaggi e della città.

Al termine del periodo di noviziato, se un giovane si è particolarmente distinto, può chiedere di restare nel convento per un ulteriore periodo: ciò gli creerà una posizione di grande rispetto nei confronti dei suoi concittadini. Al termine di sei mesi di noviziato, un novizio può chiedere di essere consacrato monaco: in tal caso deve fare voto di castità e rinunciare a ogni bene terreno.

Tradizionalmente i monaci hanno una funzione importantissima nella vita pubblica, in particolare per il loro ruolo in ogni cerimonia civile o religiosa.

Abitualmente il giovane esce dal convento dopo i primi tre mesi di noviziato: egli è allora un khon suk o uomo maturo, a differenza di coloro che non sono vissuti in ritiro nel convento e che restano khon dip, ossia uomini a metà. Un khon dip si trova senz'altro in una situazione di inferiorità rispetto a un khon suk: è guardato con disprezzo dai suoi vicini e di solito non può nemmeno esercitare alcun diritto spettante agli uomini maturi che hanno fatto il loro tirocinio in un convento.