mercoledì 8 giugno 2016

LA GIORNATA DEGLI OCEANI



L'impegno delle Nazioni Unite nella giornata mondiale degli Oceani è rivolto quest'anno soprattutto ai rifiuti, e in primis alla plastica. Si stima che ogni anno finiscano in acqua circa otto milioni di tonnellate di plastica. Rifiuti che si rimpiccioliscono gradualmente e vengono assimilati da numerosi organismi marini entrando in circolo nella catena alimentare (di cui fa parte anche l’uomo che si nutre di pesce). Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno su Proceedings of the National Academy of Sciences, fino al 90 per cento degli uccelli marini di tutto il mondo ha residui di plastica nelle viscere.

Pesca eccessiva e insostenibile, distruzione degli ecosistemi marini e riscaldamento delle acque sono i gravi problemi del nostro Mediterraneo secondo il Wwf. Un chiaro  segno del malessere del nostro mare è la grande diffusione delle meduse: mentre prima si registravano picchi di presenza di meduse ogni 10-15 anni oggi abbiamo cadenze annuali.

Un oceano pulito significa vivere in un pianeta più sano: questo è l’importante messaggio diffuso dalle Nazioni unite in occasione della Giornata mondiale degli oceani 2016. Il focus di quest’anno è l’inquinamento delle acque causato dalla plastica, fattore che ha avuto un forte impatto sia sugli ecosistemi che sulla fauna marina. Alcune tra le conseguenze più drammatiche dovute all’inquinamento sono lo sbiancamento delle barriere coralline, tra cui la Grande barriera australiana, e il cambiamento nella catena ecologica marina. Uno studio pubblicato di recente su Science ha permesso di evidenziare che alcune larve, cresciute in un ambiente marino saturo di plastica, hanno iniziato a modificare le proprie abitudini alimentari, preferendo la plastica al plancton. Comportamenti che conducono queste specie alla morte.

Secondo le stime attuali, ogni anno finiscono nel mare circa otto milioni di tonnellate di plastica, numeri sono destinati a duplicare nei prossimi vent’anni e a quadruplicare entro il 2050.

È come se, ogni minuto, venisse scaricato nei mari un camion pieno di plastica. Nonostante le raccomandazioni dei Governi, che premono per sistemi di riciclaggio più efficienti, i dati non sono incoraggianti: solo il 5% della plastica prodotta viene poi riciclata correttamente, il 40% finisce in discarica e un terzo finisce negli ecosistemi sensibili, tra cui gli oceani.

Gli oceani non sono solo una fondamentale risorsa ambientale, ma economica: in termini di risorse e industrie, gli oceani garantiscono oggi il 5% del Pil mondiale, generando circa 3mila miliardi di dollari l’anno.

Gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, garantiscono la sopravvivenza di 3 miliardi di persone e generano circa 3 mila miliardi di dollari all'anno in termini di risorse e industrie, il 5% del Pil globale. Salvaguardare la loro salute è dunque essenziale per assicurare non soltanto la sopravvivenza delle specie che li abitano, ma anche la nostra. E la priorità, sottolinea l'Onu, è ridurre la quantità di plastica che viene gettata in mare, quantificata in circa 1,09 milioni di chili ogni ora, 8,8 milioni di tonnellate ogni anno. Soltanto nel nostro Paese la plastica rappresenta fino all'80 per cento dei rifiuti in mare aperto e sulle coste.



I danni di queste isole galleggianti di plastica sono spaventosi. I primi a farne le spese sono gli animali marini, che ingeriscono soprattutto i sacchetti, credendoli prede. La diminuzione nel Mediterraneo delle tartarughe dipende in gran parte dalla plastica, le Caretta caretta si cibano di meduse e scambiano le buste per cibo o finiscono impiglate in fili di plastica. Mancando le tartarughe marine, aumentano le meduse, con uno scompenso generale della catena alimentare che porta al progressivo depauperamento di tutta la fauna. Alcuni studi hanno inoltre accertato che, indirettamente, anche noi finiamo per "nutrirci di plastica", o meglio delle sostanze tossiche che la compongono. I pesci ingeriscono infatti quelli che gli esperti chiamano "coriandoli di plastica" e mangiando le loro carni assimiliamo microframmenti con sostanze tossiche.

L'Onu auspica una azione globale per ridurre l'uso della plastica, così come raccomandato anche dal World Economic Forum che nel suo dossier "La nuova economia della plastica - Ripensare il suo futuro"  dello scorso gennaio, aveva sottolineato che è prioritario trovare un nuovo modello di utilizzo degli imballaggi e delle plastiche in genere. L'usa e getta provoca infatti una perdita per l’economia pari a 80-120 miliardi di dollari l’anno, il 95% del valore materiale di questi imballaggi. Trovare efficaci sistemi di riciclo e riutilizzo, riducendo il rilascio dei rifiuti nell'ambiente, farebbe dunque bene non soltanto agli oceani, ma all'economia in generale.
  
Non c'è Paese che possa dirsi innocente nell'azione di soffocamento degli oceani con la plastica, ma ci sono economie che incidono più di altre sullo stato di salute dei nostri mari. Cina, Filippine, Thailandia, Vietnam e Indonesia, da soli, sono responsabili per il 60% della plastica che ogni anno finisce negli oceani e sempre il rapporto del World Economic Forum prevede che se non ci sarà un deciso cambio di rotta entro il 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci.




Nessun commento:

Posta un commento

Eseguiamo Siti e Blog a prezzi modici visita: www.cipiri.com .