lunedì 28 agosto 2017

PESCE VOLPE



Aristotele, nel suo Historia Animalia, parlava dello squalo volpe: il pensatore e scienziato greco descriveva questi squali come animali molto astuti, particolarmente abili nello sfuggire ai pescatori (ad esempio rompendo le lenze a morsi) e dall'abitudine di ingoiare i propri piccoli per proteggerli (credenza probabilmente basata sul ritrovamento di embrioni prossimi alla nascita all'interno del corpo di qualche femmina). Comportamenti del genere portarono Aristotele a ritenere questo squalo estremamente furbo e a chiamarlo perciò ἀλώπιξ (alopex, "volpe" in greco antico), da cui derivano sia il nome comune che quello scientifico di questo animale.

Lo squalo volpe comune è uno squalo piuttosto robusto con un tronco a forma di siluro e una breve testa larga. Il profilo dorsale della testa si curva in modo uniforme fino al muso conico appuntito. Gli occhi sono moderatamente grandi e privi di membrane nittitanti. La piccola bocca è arcuata e, a differenza degli altri squali volpe, ha solchi agli angoli. Ci sono 32 - 53 file di denti nella mascella superiore e 25 - 50 file di denti nella mascella inferiore; i denti sono piccoli, triangolari e dal bordo liscio, privi di cuspidi laterali.

Le cinque paia di fessure branchiali sono brevi, con il quarto e il quinto paio che si trovano sulle basi delle pinne pettorali. Le lunghe e falcate pinne pettorali si restringono in punte strettamente appuntite. La prima pinna dorsale è alta e posizionata più vicino alle pinne pettorali che alle pinne pelviche. Le pinne pelviche sono grandi quasi quanto la prima pinna dorsale e hanno lunghi pterigopodi sottili nei maschi. La seconda pinna dorsale e la pinna anale sono piccole, con la prima di queste posta davanti a quest'ultima.

Ci sono tacche a forma di mezzaluna sul peduncolo caudale alle origini superiore e inferiore della pinna caudale. Il lobo superiore della pinna caudale è enormemente allungato caratteristico degli squali volpe, lungo quasi quanto il resto dello squalo; il sottile lobo leggermente ricurvo presenta una tacca sul margine posteriore vicino alla punta.

La pelle è ricoperta da piccoli denticoli sovrapposti, ciascuno con tre creste orizzontali e da tre a cinque denti marginali. Questa specie è marrone violaceo metallizzato o grigio sul dorso, diventando più bluastro sui fianchi. Il ventre è bianco, che si estende sopra le basi delle pinne pettorali e pelviche; questa colorazione è in contrasto con quella dello squalo volpe pelagico, che è colorato su queste pinne. La linea di incontro tra la colorazione dorsale e ventrale è spesso irregolare. Ci può essere una macchia bianca sulle punte delle pinne pettorali.



Sono nuotatori attivi e forti; ci sono rari casi in cui saltano completamente fuori dall'acqua. Come i veloci squali della famiglia Lamnidae, lo squalo volpe comune ha una striscia di aerobici muscoli rossi lungo il fianco che sono in grado di contrarsi potentemente ed efficacemente per lunghi periodi di tempo. Inoltre, hanno muscoli dalla lenta ossidazione posizionati al centro del corpo e sistema di vasi sanguigni chiamato rete mirabilia, che permette loro di generare e mantenere il calore corporeo.

La temperatura all'interno dei muscoli rossi di uno squalo volpe comune è in media di 2 ° C superiore a quella dell'acqua di mare circostante, sebbene vi sia una significativa variazione individuale. A differenza dello squalo volpe pelagico e dello squalo volpe dagli occhi grandi, lo squalo volpe comune non ha una rete mirabilia orbitale che protegga i propri occhi e il cervello dalle variazioni di temperatura.

Nel Pacifico orientale, i maschi viaggiano di più rispetto alle femmine, arrivando fino all’isola di Vancouver nella tarda estate e inizio autunno. I giovani tendono a rimanere nelle calde nursery. Sembra che nel Pacifico orientale e nell'Indiano occidentale e forse altrove ci siano separate popolazioni con diverse caratteristiche biologiche; questa specie non compie spostamenti transoceanici.

Nell'Indiano nord - occidentale, maschi e femmine si segregano per posizione e profondità durante la stagione del parto da gennaio a maggio. Analisi del DNA mitocondriale hanno rivelato notevoli variazioni genetiche regionali all'interno degli squali volpe comuni in tutti e tre gli oceani. Questo conferma l'idea che, pur essendo molto mobili, gli squali provenienti da diverse aree raramente s'incrociano.

Gli squali volpe comuni sono abitanti sia delle acque continentali sia dell'oceano aperto. Essi tendono a essere più abbondanti in prossimità della terraferma, in particolare i giovani frequentano gli habitat costieri come baie. La maggior parte degli individui s’incontrano vicino alla superficie, ma questa specie è stata registrata ad almeno una profondità di 550 m.

La specie venne descritta scientificamente per la prima volta dal naturalista francese Pierre Joseph Bonnaterre, il quale nel 1788 la classificava nel suo Tableau encyclopédique et méthodique des trois règnes de la nature col nome di Squalus vulpinus. Il nome scientifico della specie deriva dal latino vulpes, col significato di "volpe". In seguito, la specie venne riclassificata e ascritta al genere Alopias da Rafinesque, col nome di Alopias macrourus ("dalla grande coda"): tuttavia, secondo le regole dell'ICZN, il nome valido rimase quello più assegnato per primo in termini cronologici, ed essendo stato appurato che lo squalo volpe non era strettamente imparentato con le altre specie del genere Squalus il nome scientifico assegnato alla specie divenne Alopias vulpinus.

Si tratta di grandi nuotatori solitari, che percorrono instancabilmente gli oceani alla ricerca di cibo: sebbene sia possibile osservarli in coppie o in gruppetti, tali assembramenti sono il più delle volte dovuti alla presenza di un'abbondante fonte di cibo nelle vicinanze. A volte questi squali possono essere osservati mentre si esibiscono in salti e acrobazie fuori dall'acqua, similmente a quanto osservabile in molti cetacei: si pensa che questo insolito comportamento abbia la stessa funzione del breaching di questi ultimi, oppure abbia un qualche ruolo nella lotta contro i parassiti.
Fra i parassiti di questa specie finora descritti figurano varie specie di copepodi (nove specie del genere Nemesis, che colpiscono le branchie, Gangliopus pyriformis, Bariaka alopiae e Kroeyerina benzorum), il protozoo Giardia intestinalis, i cestodi Paraorygmatobothrium exiguum e Sphyriocephalus tergetinus, e (anche se eccezionalmente) Campula oblonga.

Sebbene si tratti di un predatore posto all'apice della catena alimentare, lo squalo volpe (ed in particolare gli esemplari giovani) può cadere preda di altri squali di maggiori dimensioni: alcune popolazioni di orca, inoltre, sono state osservate cacciare attivamente esemplari di questa specie al largo della Nuova Zelanda.

Una leggenda comune fra i pescatori vede lo squalo volpe come inseparabile amico-nemico del pesce spada: i due animali sarebbero soliti affrontarsi a colpi di coda e spada, e spesso collaborerebbero nella caccia alle balene. Qui i resoconti diventano discordanti: mentre in una versione lo squalo volpe distrarrebbe la preda nuotando in cerchio attorno ad essa e fendendo l'acqua con la coda, permettendo al pesce spada di infilzare indisturbato un punto vulnerabile della balena, nell'altra il pesce spada si piazzerebbe verticalmente al di sotto della balena, mentre lo squalo volpe, saltando sul dorso di quest'ultima e martellando con la coda, la spingerebbe a infilzarsi sulla spada. Altri racconti descrivono lo squalo volpe come cacciatore solitario di cetacei, che aggredirebbe tagliando loro grossi pezzi di carne con la coda.
Tuttavia, né lo squalo volpe, né tantomeno il pesce spada possiedono una dentizione adatta a sopraffare balene e a nutrirsi della loro carne: probabilmente, tali racconti hanno avuto origine da avvistamenti di orche (la cui alta pinna dorsale potrebbe essere stata confusa con la pinna caudale di uno squalo volpe, e che effettivamente annoverano fra le proprie prede anche le balene) nei pressi di qualche balena uccisa e dal ritrovamento di rostri di pesce spada conficcati nel corpo di qualche balenottera, probabilmente dovuti a qualche incidente causato dalle scarse doti di frenata di questo pesce.

La quasi totalità (fino al 97%) della dieta dello squalo volpe è costituita da piccoli pesci ossei pelagici gregari, come aringhe, sgombri, aguglie, pesci serra e pesci lanterna. Di tanto in tanto essi si cibano anche di prede di maggiori dimensioni (come i sauri), così come di calamari e di altri invertebrati pelagici.
Gli squali volpe tendono ad essere abbastanza selettivi ed abitudinari per quanto riguarda le prede, concentrandosi su poche specie, ma divenendo più opportunisti nei periodi caldi, dovuti all'influenza di El Niño: ad esempio, le popolazioni californiane di squalo volpe si nutrono principalmente della sardina Engraulis mordax, ma durante i periodi più caldi cacciano anche altre prede solitamente occasionali, come Sardinops sagax, Merluccius productus, Scomber japonicus e anche invertebrati come Loligo opalescens e Pleuroncodes planipes.

Per cacciare le proprie prede, lo squalo volpe si serve della lunga coda per fendere l'acqua, compattando così i banchi e potendosi nutrire agevolmente attraversandoli senza farli disperdere: spesso quest'azione viene svolta in coppie o in piccoli gruppi, che tuttavia non sono precostituiti ma si incontrano casualmente sul luogo del banchetto.
Nell'immaginario collettivo lo squalo volpe utilizza la lunghissima coda per menare fendenti e scudisciate sulle prede. A supporto di tale credenza vi sarebbero alcuni avvistamenti di squali intenti a compiere questo gesto: nell'inverno 1865 l'ittiologo irlandese Harry Blake-Knox avrebbe osservato uno squalo volpe dilaniare a colpi di coda e poi mangiare una strolaga maggiore (testimonianza questa giudicata poco verosimile, poiché si ritiene che la coda dello squalo volpe non possieda muscolatura sufficiente ad esercitare una forza tale da provocare lesioni sul corpo delle prede), mentre il 14 aprile 1923 un altro esemplare lungo attorno ai due metri colpì con la coda degli Atherinopsis californiensis sotto gli occhi dell'oceanografo W. E. Allen. Inoltre, il fatto che non sia raro trovare questi squali impigliati agli ami dei palamiti per la coda lascia supporre che ciò avvenga quando l'animale tenta di colpire con la coda le prede prese all'amo.

Si tratta di squali ovovivipari: la femmina dà alla luce un numero di piccoli che va da due a sette (nelle popolazioni del Pacifico le nidiate contano solitamente un numero pari di piccoli, mentre nelle popolazioni dell'Atlantico tale numero è solitamente dispari). L'accoppiamento avviene solitamente nei mesi estivi, dimodoché la femmina partorisca in un periodo favorevole dell'anno (marzo-giugno nelle popolazioni californiane, mesi estivi in quelle mediterranee, gennaio-maggio in quelle indo-pacifiche), mentre la femmina ritorna a nord per passare l'estate. Durante la gestazione (che dura circa nove mesi) gli embrioni praticano l'ovofagia, nutrendosi delle uova non fecondate che la madre periodicamente produce. L'embrione assume le uova intere, in quanto i piccoli denti sono ricoperti da tessuto e diventano funzionali solo poco prima della nascita, probabilmente per evitare che i piccoli possano ferire la madre durante la gestazione.

Il fatto che siano state individuate aree di nursery per i piccoli nel sud della California e della Spagna fa pensare che il parto avvenga in aree accuratamente scelte dalle femmine in tutto l'areale occupato dalla specie. Alla nascita i piccoli sono insolitamente grandi, misurando fino a 160 cm di lunghezza (un terzo degli adulti) per un peso di 5–6 kg. Essi crescono a ritmo molto veloce (fino a mezzo metro l'anno) durante i primi anni di vita: la crescita tende poi a stabilizzarsi con l'età, fino a raggiungere valori medi di una decina di centimetri l'anno negli adulti. Attorno ai tre anni, i piccoli lasciano le aree di nursery (site in acque basse e calme, come baie e lagune) e si avventurano in mare aperto.
La maturità sessuale viene raggiunta ad età e dimensioni che sembrano essere differenti sia nei due sessi che nelle varie popolazioni: i maschi generalmente maturano attorno ai 5 anni d'età (2,6-3,4 m di lunghezza) in tutto l'areale occupato dalla specie, mentre le femmine maturano alcuni anni più tardi, a una lunghezza che va dai 2,6 m (Baja California) ai 4,5 m (Oceano Indiano).

Sebbene non si conosca con esattezza la speranza di vita dello squalo volpe, comparando le dimensioni di questa specie con quelle delle altre due specie (che vivono in media 20-30 anni) è stato stimato che lo squalo volpe possa vivere fino a 43 anni o anche di più.

Si tratta di una specie diffusa in tutti i mari temperati e subtropicali del mondo: nell'Atlantico lo si trova ad ovest dal Newfoundland alle Antille e in Brasile e Argentina, mentre ad est è diffuso dallo Skagerrak al Ghana. Nell'Oceano Indiano lo si trova dal Sudafrica all'Indonesia e nell'Oceano Pacifico lo squalo volpe è osservabile dal Giappone alla Nuova Zelanda a ovest e dalla Columbia Britannica al Cile ad est: è inoltre diffuso anche fra le varie isole del Pacifico, specialmente alle Hawaii. Lo squalo volpe è invece assente dal Mar Baltico, dal Mar Rosso e dal Golfo Persico, così come dalle acque circumpolari: lo si trova invece abbastanza di frequente nel Mediterraneo (specialmente nel Golfo del Leone), dove sembrerebbe essere stata addirittura identificata un'area di nursery lungo la costa spagnola, oltre che in almeno una parte del Mar Nero.
La sua così ampia diffusione è dovuta al fatto che gli squali volpe sono animali estremamente mobili che sono soliti compiere lunghe migrazioni, nella maggior parte dei casi dovute allo spostamento delle prede (che seguono le correnti oceaniche) e solitamente dirette verso l'Equatore durante l'inverno e verso i poli durante l'estate. I maschi sembrano essere più propensi a percorrere lunghe distanze rispetto alle femmine, mentre i giovani non compiono spostamenti di una certa entità almeno fino al raggiungimento della maturità. La popolazione residente nella porzione occidentale dell'Oceano Indiano tende altresì alla stanzialità, mostrando separazione dei sessi in base alla differente profondità occupata, segregazione che appare tanto più evidente durante i mesi in cui le femmine partoriscono.
Nonostante questa grossa tendenza a compiere grandi spostamenti, gli squali volpe di differenti popolazioni raramente si accoppiano fra loro: questa caratteristica è emersa dalle analisi del DNA mitocondriale, che hanno evidenziato un marcata variabilità genetica fra le popolazioni di squalo volpe dei tre oceani.

Gli squali volpe mostrano un maggiore attaccamento alle acque costiere rispetto alle due specie congeneri, tenendosi generalmente a ridosso della piattaforma continentale e rivelandosi piuttosto difficili da osservare a più di 30 km dalla costa: i giovani individui addirittura eleggono a propria dimora le acque poco profonde, come baie e insenature, dove trovano riparo dai predatori.
Sebbene la maggior parte degli avvistamenti siano avvenuti nei pressi della superficie, sono stati ripresi squali volpe fino a profondità di 550 m e probabilmente questa specie può spingersi anche a profondità maggiori. Mentre durante il giorno rimangono a più di 100 m di profondità, durante le ore notturne gli squali volpe risalgono a profondità minori per trovare il cibo.

A dispetto delle dimensioni abbastanza ragguardevoli, gli squali volpe non costituiscono un pericolo per l'uomo in quanto esso non è visto come potenziale fonte di cibo: si tratta di animali che ad ogni modo vanno avvicinati con cautela in quanto capaci di infliggere profonde ferite coi denti e di spezzare le ossa con la potente coda. Tale potenziale pericolosità viene però annullata dal fatto che questi squali si rivelino abbastanza timidi e risultino difficili da osservare per i subacquei.
Sino ad oggi sono stati registrati un solo attacco all'uomo e quattro a barche (probabilmente dovuti ad individui pescati accidentalmente e particolarmente battaglieri), oltre a una presunta aggressione a un apneista neozelandese. Circola infine un racconto riguardante un pescatore statunitense decapitato da un colpo di coda di uno squalo volpe di 5 m.

L'uomo, invece, costituisce un pericolo concreto per questo squalo: gli squali volpe cadono infatti abitualmente vittima dei palamiti e dei sistemi di pesca utilizzati per catturare i pesci spada, specie nell'Atlantico. Oltre alla pesca accidentale, esiste un fiorente business che riguarda la pesca dello squalo in generale e minaccia anche questa specie: la pelle viene trattata e commercializzata sotto forma di cuoio, la carne viene commercializzata salata o affumicata per il consumo umano, l'olio estratto dal fegato viene utilizzato in farmaceutica e cosmetica, ma il pezzo pregiato sono le pinne, che vengono pagate a peso d'oro sui mercati asiatici in quanto ingrediente principe della zuppa di pinne di pescecane. Perfino negli Stati Uniti sussisteva una flotta di imbarcazioni preposte alla pesca dello squalo volpe, che nel 1982 arrivò a contare 228 imbarcazioni, garantendo un pescato annuo di 1091 tonnellate: attualmente la pesca allo squalo volpe appare in netta diminuzione, soprattutto a causa del drastico calo del numero di esemplari nella zona.

Lo squalo volpe rappresenta inoltre un ambitissimo trofeo per i pescatori sportivi, in quanto ritenuto (assieme allo squalo mako) un fiero avversario molto difficile da sopraffare: la pesca sportiva a questo squalo viene praticata soprattutto in California, Sudafrica e Nuova Zelanda.

Tutti questi fattori hanno fatto sì che lo status delle tre specie del genere Alopias venisse modificato nel 2007 dall'IUCN, passando da "dati insufficienti" a "vulnerabile". Per evitare di intaccare troppo le popolazioni, come accaduto in California, e per permettere a quelle rimanenti di riprendersi numericamente, alcuni governi hanno imposto precise regolamentazioni sia per ciò che concerne la quantità che le dimensioni degli squali volpe catturabili, in alcuni casi dichiarando fuorilegge la pratica della pesca al solo fine di ottenere le pinne. Simili provvedimenti si sono dimostrati benefici, in quanto ad esempio la popolazione californiana di squalo volpe ha mostrato un incremento annuo compreso fra il 4 ed il 7%.






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