domenica 8 novembre 2015
LE BALENIERE
La nave baleniera nacque dall'evoluzione e dalle sistematizzazione della caccia della balena, originariamente concepita come un inseguimento effettuato da scialuppe che partivano da terra, inseguivano la preda e la riportavano a riva. Ciò inevitabilmente rendeva le operazioni venatorie poco flessibili e limitate agli spazi costieri, destinati ad un rapido depauperamento.
La necessità di introdurre nella caccia alla balena un vascello di dimensioni e velocità adeguate a sostenere la prova dell'alto mare si pose per la prima volta a partire del XV secolo, quando i Baschi, i primi in Europa a cacciare sistematicamente le balene, esaurita la disponibilità di cetacei nelle acque sottocosta, dovettero avventurarsi al largo. Si munirono pertanto di imbarcazioni potenti e alte sull'acqua, denominati karaka, della lunghezza di circa 20 metri. Successivamente tali imbarcazioni vennero rimpiazzate dalle caravelle, più manovrabili e dotate di maggiore capacità di stivaggio.
Fu tuttavia solo nel XVIII-XIX secolo che la baleniera, così come è stata immortalata da Melville e da scrittori e pittori contemporanei all'apogeo dell'età della caccia, trovò la sua forma definitiva. Si trattava inizialmente di imbarcazioni a un solo albero, ovvero sloops, i primi dei quali vennero armati a Nantucket nel 1715. In seguito, con l'ampliamento delle zone di caccia (precedentemente limitate al solo Atlantico), si passò a imbarcazioni più imponenti, con tre alberi, stazzanti 300-400 tonnellate. Caratteristica peculiare di questa imbarcazione era la sua notevole capacità di stivaggio, con la conseguenza di renderla piuttosto lenta. Lo scafo era solitamente rinforzato, con la possibilità di inspessire ulteriormente il fasciame laddove si prevedesse la necessità di cacciare nelle zone circumpolari (tratto questo tipico delle baleniere britanniche). Visti i lunghissimi tempi di navigazione (spesso fino a 3-4 anni per una circumnavigazione completa del globo) la nave era spesso rivestita di rame per prevenire l'effetto corrosivo dei parassiti e delle alghe. L'attrezzatura a bordo è leggera, necessitando per le manovre non più di 6 uomini (su un totale dell'equipaggio di circa 30-40 unità). Il ponte della nave era soggetto a rapido deterioramento vista l'azione di bollitura del grasso di balena e dello squartamento dei cetacei, effettuato con pale estremamente taglienti. All'arrivo nelle zone di caccia sul ponte principale veniva eretta una piattaforma di mattoni sulla quale erano poste grandi marmitte metalliche (in genere 2) e un recipiente di raffreddamento pieno d'acqua per cercare di limitare gli effetti del calore. Al termine della caccia, riempite le stive, il forno veniva demolito: questa circostanza era accompagnata da festeggiamenti dell'equipaggio. Le baleniere erano prevalentemente di colore nero, con una striscia bianca su entrambi i fianchi intervallata da riquadri neri (disegnati per simulare alla distanza la presenza di bocche da fuoco, onde prevenire in qualche misura attacchi).
Una svolta epocale nella caccia viene impressa dall'adozione degli ultimi ritrovati tecnologici. Risale al 1868 il primo impiego di una baleniera a vapore, la Spes et fides (armata da Svend Foyn), dotata di un cannone lancia-arpioni esplosivo, dotato di una gittata di 50 metri. Tale arma era progettata in modo tale che, all'impatto, gli uncini dell'arpione si aprissero a stella, rompendo una fiala di acido solforico. Quest'ultima incendiava una carica di polvere, che esplodendo provocava la morte del cetaceo colpito. La Spes et fides così attrezzata può dare la caccia anche alle balenottere azzurre, precedentemente non perseguitate perché troppo veloci e grandi e perché affondavano una volta uccise. Foyn risolve questo problema insufflando aria compressa nel ventre della balena.
La progressiva diminuzione del numero di balene nell'Atlantico settentrionale comportò, sul finire del XIX secolo l'abbandono delle stazioni baleniere. A tal proposito i cacciatori giunsero alla conclusione di varare navi officina, che non necessitavano la costruzione di costosi impianti a terra destinati a essere operativi per periodi troppo brevi per risultare economici, risultando preferibile effettuare tali processi a bordo. Ai primi del 900 i norvegesi furono i primi a varare simili vascelli, perfezionando altresì le tecniche venatorie e gli strumenti di caccia. Il primato tecnologico spetta però ai giapponesi, che giunsero a impiegare il sonar per primi sulle baleniere, al fine di rilevare la distanza e gli spostamenti dei cetacei.
Le navi baleniere attualmente armate raggiungono una lunghezza media di 30-40 metri, giungendo fino a un massimo di 60, per una stazza di 500 tonnellate. Si tratta di navi estremamente robuste e maneggevoli, propulse da motori diesel a 6 cilindri, capaci di raggiungere velocità massime di 18 nodi. L'equipaggio della baleniera coopera attivamente con la nave officina, che accoglie le carcasse dei cetacei uccisi (i quali, una volta abbattuti vengono muniti di radiotrasmittente per localizzarli, previa insufflazione d'aria per evitare l'affondamento) recuperati da apposite scialuppe a motore. La nave officina è un'imbarcazione di dimensioni colossali, dotata di una vastissima stiva con piano inclinato ove vengono raccolte le balene. La sua stazza si aggira sulle 20-30000 tonnellate, con un equipaggio che può giungere fino a 400 uomini. Attualmente le principali flotte baleniere sono detenute da Russia (ove i derivati della caccia colmano le carenze del settore chimico) e dal Giappone (dove invece la balena rientra nella normale dieta locale).
La caccia alla balena ha origini antiche risalenti almeno al 6000 a.C., ma si sviluppò soprattutto dal XVI Secolo nell'oceano Atlantico e dal XIX Secolo nell'oceano Pacifico. Fra i primi balenieri commerciali furono i Baschi, mentre fra i più numerosi furono gli statunitensi, di cui il più famoso è sicuramente Herman Melville, autore del romanzo Moby Dick.
Nel XIX secolo il prodotto principale delle balene era il grasso, che veniva convertito in un olio usato per le lampade, ma l'intero animale veniva utilizzato, compresi i fanoni, per corsetti, e l'olio fragrante del capodoglio per profumi. In tempi moderni l'uso principale è la carne, che è un prodotto tipico e spesso prediletto di molte località con lunghe tradizioni baleniere, compresi il Giappone, l'Islanda, e molte popolazioni indigene, comprese negli Stati Uniti e nel Canada.
L'uomo iniziò presumibilmente ad inserire le balene nella sua dieta in tempi molto antichi: la scoperta di un dente di capodoglio nel giacimento paleolitico di Bédeilhac-et-Aynat (Ariège) sembrerebbe avvalorare questa tesi. Tuttavia, vista l'impossibilità pratica di realizzare strumenti idonei alla caccia anche in acque basse, è probabile che si limitasse a recuperare balene arenate sulla spiaggia.
Eppure non è da escludere, sulla base dell'osservazione delle tecniche di caccia degli Aleuti e degli Eschimesi, effettuate mediante l'uso di punte intagliate avvelenate, che gli uomini primitivi facessero altrettanto, seguendo con imbarcazioni l'animale agonizzante. In ogni caso la caccia delle origini era intrapresa in prossimità della costa. Il più antico metodo di caccia conosciuto con certezza è quello consistente nel sospingere le balene a riva. L'operazione veniva eseguita piazzando parecchie barche di piccole dimensioni tra la balena e il mare aperto, cercando di spaventarla con rumori e forse con lance e frecce. Solitamente questo metodo era usato per piccole specie, come il globicefalo (Globicephala melaena), beluga (Delphinapterus leucas), il narvalo (Monodon monoceros).
Successivamente si adoperava un'ancora galleggiante legata ad un arpione, nella speranza che la balena si stancasse abbastanza da poter essere avvicinata e uccisa. Molti popoli del mondo cacciavano le balene in questo modo, inclusi gli Inuit, i Nativi Americani e i Baschi del Golfo di Guascogna. Fonti archeologiche trovate a Ulsan nella Corea del Sud provano che ancore galleggianti, arpioni e lenze venivano usate fin dal 6000 a.C.
All'inizio del Medioevo, documenti scritti scandinavi riferiscono di una tecnica di caccia denominata grind: gli uomini, a bordo di piccole imbarcazioni, sospingevano branchi di piccoli cetacei negli stretti fiordi costieri, fino a farli giungere in acque basse. A quel punto venivano uccisi con delle lance.
Solamente nel IX secolo, presso i Baschi, la caccia alla balena diventa un'attività rilevante, continuativa e non circoscritta al consumo locale e di sussistenza. Nel golfo di Biscaglia infatti, per sei mesi l'anno le femmine di balena franca si recavano per partorire, approfittando delle acque calde ivi presenti. Delle vedette si appostavano nei periodi autunnali in punti elevati sul mare, segnalando la presenza di gruppi con tamburi, campane o falò. Delle imbarcazioni leggere venivano a quel punto messe in acqua, all'inseguimento delle prede. Queste, una volta raggiunte, venivano colpite ed uccise con un tridente, indi trascinate a riva e squartate. I Baschi acquistano esperienza nella caccia e ne fanno il centro della loro economia. Empori commerciali che vendono sottoprodotti della balena, quali la lingua, richiestissima e prelibata o il grasso, che viene salato e distribuito in tutta la Francia, sorgono sulle coste basche.
Verso il XV secolo tuttavia la caccia indiscriminata condotta lungo le coste della Biscaglia determinò un impoverimento delle aree di caccia tradizionali, spingendo i Baschi a mutare le loro tecniche tradizionali e spostarsi più a largo. A bordo di imbarcazioni adatte ad affrontare il mare aperto (prima le caracche, poi le caravelle), si spingono nel nord Atlantico, fino alle isole Faer Oer. Gli equipaggi di questi velieri erano composti perlopiù da stranieri, della Frisia e della Normandia in primis. I Baschi si limitavano all'arpionamento e allo squartamento delle prede.
Le guerre tra la Spagna e la Francia nel XVI secolo rendono la Baskonia zona di guerra e mettono in difficoltà le attività dei locali. Contemporaneamente la caccia comincia ad essere praticata in maniera consistente da Inglesi e Olandesi, i quali, avvalendosi di esperti Baschi, apprendono in breve tutti i segreti del mestiere, salvo poi rispedirli in patria una volta apprese le tecniche della caccia e della lavorazione.
La concorrenza spietata comporta una estensione delle aree di caccia sino alla Groenlandia: gli Olandesi costruiscono sulle coste dello Spitzbergen stazioni di caccia attrezzate, fornite di magazzini e centri di lavorazione e commercializzazione dei prodotti ottenuti dalla balena. Si tratta di villaggi che nella stagione della caccia giungono ad accogliere diverse migliaia di persone, risultando pressoché deserti nel resto dell'anno. La stazione baleniera più importante fu Smeerenburg che, fondata nel 1623, raggiunse il suo apogeo negli anni 30 del XIX secolo, arrivando ad ospitare in una stagione circa 300 baleniere per un numero di persone intorno alle 18000 unità.
La diminuzione e l'allontanamento delle balene franche dalle acque del nord Atlantico segnerà tuttavia il declino dell'industria baleniera olandese, determinando l'abbandono delle stazioni di caccia.
Nel 1800, nel Massachusetts, iniziò a svilupparsi la caccia alle balene; in particolar modo a New Bedford (Massachusetts) e nella vicina isola di Nantucket. Negli anni '20 dello stesso secolo, partì la famosa Baleniera Essex, comandata dal capitano Pollard e dal primo ufficiale Owen Chase. Dopo aver ucciso un branco di balene, fu avvistato un grosso Capodoglio, che fu attaccato, ma che, dopo essersi tolto i ramponi di dosso, cozzò contro la nave.
Invece di andare alla ricerca di isole vicine (presumibilmente abitate da cannibali) si diressero verso le coste del Sud America e stettero circa cento giorni in mare. Finite le pochissime provviste, iniziarono a cibarsi dei compagni periti nel viaggio. Erano in 21 alla partenza su 3 scialuppe, ma alla fine, si salvarono in 5 tra cui il cap.Pollard e il primo ufficiale Chase; ci furono due dispersi (su un'isola trovata). Questo fu l'unico incidente documentato sul naufragio di navi da parte di balene, ma potrebbe non essere l'unico.
A Nantucket e New Bedford, si continuò l'attività della caccia anche nei primi anni del Novecento, ma furono sempre meno i ragazzi che rischiavano la vita in un mestiere molto pericoloso. Oggi la caccia alle balene è vietata internazionalmente.
La crisi di fine secolo fu dovuta principalmente da due grandi eventi: la nascita dell'industria petrolifera e la guerra civile americana. Fino a quel momento l'olio di balena era l'unico combustibile per le lampade, ma venne sostituito in fretta con il kerosene, un sottoprodotto della lavorazione del petrolio. Inoltre, durante la guerra civile l'esercito dei Confederati affondò numerose navi per la caccia alle balene nella costa orientale. L'America non rimase al passo con gli altri stati che ammodernarono sempre di più le proprie tecniche, tanto che all'inizio del 20° secolo possedeva solo quaranta navi adibite alla caccia alle balene.
Oggi la caccia delle balene è vietata nella maggior parte del mondo, ma in molti paesi i cacciatori continuano indisturbati la loro caccia, in particolare in Giappone, dove il governo ha fatto sapere che il Giappone non fermerà la caccia alle balene nonostante un divieto della Corte dell'Aia.
La caccia alla balena è sorgente di molte controversie e dispute diplomatiche internazionali. Al momento è limitata alla ricerca e alla sussistenza di limitate popolazioni indigene.
Molti paesi della Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC) si oppongono alla caccia commerciale, citando sia i numeri delle balene, bassi in confronto al numero esistente prima del XIX Secolo, e anche l'industria turistica che presenta le balene come attrazione, oltre che la simpatia che le balene, come la maggior parte dei cetacei, riscuotono nelle popolazioni.
Inoltre, vi sono sostituti pratici per ciascuno dei prodotti che in secoli passati si potevano solo ottenere dalle balene.
Altri paesi della Commissione citano l'aumento nel numero di balene, e soprattutto di alcune specie di balene, da quando la caccia commerciale alle balene fu sospesa nel 1986 (quando fu sospesa a causa della riduzione nel numero delle balene dovuta alla caccia stessa, e anche per motivi politici). Questo aumento, e gli usi tradizionali delle balene, soprattutto la carne, vengono addotte come giustificazione per riprendere la caccia alle balene, almeno per alcune specie più abbondanti.
Questa decisione viene presa ogni anno dalla Commissione Internazionale Baleniera.
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