domenica 1 novembre 2015
IL DILUVIO UNIVERSALE
Hanno trovato i resti di un edificio sommerso oltre 7 mila anni fa dall’innalzamento del Mar Nero le cui acque invasero immensi territori dando poi vita al racconto biblico del Diluvio Universale. Li ha fotografati una sonda calata a circa 90 metri di profondità e a 12 chilometri dalla costa turca, da Robert Ballard, l’ esploratore che nel 1985 individuò il relitto del Titanic. La sonda Argo ha inviato alla nave di superficie immagini che mostrano un edificio rettangolare di circa 4 metri per 15 con mura formate da un impasto di fango e canne che si sono conservate grazie al fatto che le acque profonde del Mar Nero sono prive di ossigeno; condizione questa che ha permesso anche la conservazione di grosse tavole lavorate che probabilmente coprivano l’ edificio. L’ occhio di Argo è riuscito a fotografare anche manufatti di pietra inglobati nella fanghiglia del fondo. «La tipologia dell’ edificio e le caratteristiche dei manufatti di pietra - ha dichiarato Ballard - sono perfettamente coerenti con le caratteristiche osservate dagli archeologi nei villaggi neolitici della terraferma. Questo edificio a 90 metri di profondità dimostra che oltre 7 mila anni fa questi territori erano all’ asciutto e il cataclisma che li sommerse dette origine al racconto del Diluvio». Stesso entusiasmo da parte di Fredrik Hiebert, responsabile archeologico della spedizione. «Questa è una scoperta che imporrà di riscrivere la storia delle culture che si svilupparono in quel periodo in Europa, in Asia e nel Medio Oriente. L’ assenza di ossigeno che ha permesso la conservazione di materiali organici lascia sperare che si possano trovare anche ossa di animali e umane». La scoperta è stata fatta nel corso di una spedizione che sta operando nelle acque del Mar Nero in cerca di prove geologiche e archeologiche in grado di confermare una teoria avanzata nel 1997 da due ricercatori americani. Secondo i due studiosi, William Ryan del servizio geologico degli Stati Uniti e Walter Pitman della Columbia University, le più antiche narrazioni dei Sumeri relative a un grande diluvio e il successivo racconto biblico del Diluvio Universale, non sono frutto di pura fantasia, ma il «ricordo» di un cataclisma realmente verificatosi sulle coste del Mar Nero. Secondo gli studiosi, la catastrofe che sconvolse la vita delle popolazioni agricole che vivevano nelle fertili regioni costiere della Russia Meridionale, della penisola balcanica e sulle coste della Turchia settentrionale, fu l’ effetto ultimo di profondi cambiamenti climatico-geologici iniziati millenni prima. Circa 12 mila anni fa l’ ultima glaciazione era giunta al termine e il clima divenne sempre più caldo provocando lo scioglimento dei ghiacci polari; il livello degli oceani cominciò ad aumentare e il bacino Mediterraneo prese a colmarsi, rimanendo ancora separato dal lago d’ acqua dolce esistente dove oggi c’ è il Mar Nero. Attorno ai 7500 anni fa, però, le acque del Mediterraneo superarono la «diga» naturale in corrispondenza del canale del Bosforo e una cascata di acqua salata sempre più imponente iniziò a versare acque salate nel bacino del Mar Nero: il grande lago si alzò di livello dilagando nelle pianure fra i villaggi degli agricoltori neolitici. E per almeno 100 anni le acque avanzarono, sommergendo per sempre i villaggi. Interi popoli dovettero così abbandonare i loro territori alla ricerca di nuove terre: alcuni presero la via dell’ oriente, altri si diressero verso l’ Europa, portando così l’ agricoltura sempre più a occidente. Una catastrofe che cambiò l’ aspetto del pianeta e sconvolse la vita di genti che tramandarono per millenni il ricordo della tragedia, trasformata poi nel «mito» del Diluvio Universale. L’ ipotesi venne presentata con prove geologiche che spinsero Ballard e lo stesso National Geographic ad avviare la ricerca di testimonianze archeologiche che potessero confermare la sorprendente teoria.
Il Diluvio sarebbe avvenuto in conseguenza di uno tsunami (1630 a.C.-1600 a.C.) causato dall'Eruzione minoica di Thera; sembra però che questa eruzione abbia colpito il Mar Egeo e Creta non toccando la Grecia.
Il Diluvio sarebbe avvenuto in conseguenza alla caduta di un meteorite nell'Oceano Indiano (3000-2800 a.C.) creando un cratere di 30 km, generando giganteschi tsunami e colpendo coste e isole. Un'altra ipotesi fa riferimento al presunto cratere corrispondente al lago Umm al Binni, nell'Iraq meridionale, causato probabilmente dalla caduta di un meteorite o di una cometa verso l'inizio della civiltà di Sumeri, cioè tra il 5000 e il 4000 a.C.
Il presunto impatto sarebbe quindi avvenuto in un periodo storico del quale i discendenti di quelle antiche popolazioni potevano aver memoria, e questo spiegherebbe un riferimento a questa catastrofe presente nell'Epopea di Gilgamesh, tanto più che il cratere si troverebbe proprio in una delle aree di nascita della civiltà sumera, circa 100 km a Est della città di Ur dei Caldei. Il fatto narrato nel poema, pur essendo un episodio mitologico, avrebbe fatto riferimento a una catastrofe realmente avvenuta in quella stessa zona alcuni millenni prima.
In questo caso l'impatto, che avvenne in un luogo a quel tempo sotto il livello del mare o comunque molto vicino alla costa, avrebbe provocato frequenti piogge nella zona per l'evaporazione dell'acqua e forse un'enorme tsunami, di cui si sarebbero trovate tracce in un deposito di sedimenti sabbiosi spesso più di due metri scoperto proprio a Ur. L'effetto di questo ipotetico tsunami in Mesopotamia sarebbe effettivamente paragonabile a quello del mitico diluvio universale, mentre è possibile supporre che le piogge abbiano portato prosperità e fertilità del terreno anche in una zona come quella del vicino Deserto Arabico.
Nella mitologia norrena, esistono due diluvi separati. Secondo l'Edda in prosa di Snorri Sturluson, il primo si ebbe all'alba dei tempi, prima che il mondo fosse creato. Ymir, il primo gigante, venne ucciso dal dio Odino e dai suoi fratelli Víli e Vé, e quando Ymir morì, perse così tanto sangue dalle sue ferite che annegò quasi l'intera razza di giganti, con l'eccezione del gigante di brina Bergelmir e di sua moglie. Essi scapparono su una nave e sopravvissero, divenendo i progenitori di una nuova razza di giganti. Il corpo di Ymir venne usato per formare la terra mentre il suo sangue divenne il mare.
Il secondo diluvio, nella linea temporale della mitologia norrena, è destinato ad accadere nel futuro durante il Ragnarök, la battaglia finale tra gli dei e i giganti. Durante questo evento apocalittico, Jormungandr, il grande serpente marino che giace nelle profondità del mare circondante Midgard, il regno dei mortali, salirà dagli abissi marini e si unirà al conflitto; questo causerà un'alluvione catastrofica che sommergerà la terra. Tuttavia, dopo il Ragnarök la terra rinascerà, e comincerà una nuova era per l'umanità.
Secondo il Lebor Gabála Érenn, un libro che racconta la mitologia irlandese, i primi abitanti dell'Irlanda, guidati dalla nipote di Noè, Cessair, vennero quasi tutti spazzati via da un'inondazione 40 giorni dopo aver raggiunto l'isola; si salvò soltanto una persona. Più avanti, dopo che il popolo di Partholon e Nemed ebbe raggiunto l'isola, ci fu un altro diluvio che uccise tutti gli abitanti tranne una trentina, che si sparsero per il mondo. Dato che i primi a scriverne la storia furono monaci cristiani (prima era tramandata oralmente), è possibile che i riferimenti a Noè siano stati inseriti nella storia, nel tentativo di cristianizzare il paese.
Deucalione e Pirra, rispettivamente figli di Prometeo e Epimeteo, erano due anziani coniugi senza figli, scelti per salvarsi dal diluvio che sarebbe caduto sulla terra e quindi per far rinascere l'umanità. Su ciò che avviene dopo il diluvio esistono due versioni, che comunque portano allo stesso epilogo. Secondo la versione di Igino nelle Fabulae (153) i due coniugi hanno, come premio per la loro virtù, diritto a un desiderio, ed essi chiedono di avere con loro altre persone; Zeus consiglia allora ai due superstiti di gettare pietre dietro la loro schiena, e queste non appena toccano terra si mutano in persone, in uomini quelle scagliate da Deucalione, in donne quelle scagliate da Pirra. Invece secondo il racconto di Ovidio (Metamorfosi I, vv. 347-415) l'idea di gettare pietre deriva da una profezia dell'oracolo di Temi, che indicava ai due di lanciare dietro di loro le ossa della loro madre: essi comprendono allora che l'oracolo si riferisce alla Terra, ricordiamo che entrambi sono figli di Titani, e agiscono di conseguenza. Il mito è spesso collocato nell'Epiro, sull'Etna o in Tessaglia.
Il racconto biblico dell'Arca di Noè presenta delle somiglianze con il mito babilonese dell'epopea di Gilgamesh, che narra di un antico re di nome Utanapishtim che fu aiutato dal dio della giustizia e della saggezza, Ea, a costruire un'imbarcazione, nella quale avrebbe potuto salvarsi dal diluvio inviato dal Enlil. La più antica versione dell'epopea di Atraasis (di origine sumera) è stata datata all'epoca del regno del pronipote di Hammurabi, Ammisaduqa (tra il 1646 a.C. e il 1626 a.C.), ed ha continuato ad essere riproposta fino al primo millennio a.C.
La leggenda di Ziusudra, a giudicare dalla scrittura, potrebbe risalire alla fine del XVI secolo a.C., mentre la storia di Utnapishtim, che ci è nota grazie a manoscritti del primo millennio a.C., è probabilmente una variazione dell'epopea di Atraasis di origine sumera.
Le varie leggende mesopotamiche sul Diluvio hanno conosciuto una notevole longevità, tanto che alcune di esse sono state trasmesse fino al III secolo a.C.
Gli archeologi hanno trovato un considerevole numero di testi originali in lingua sumera, accadica e assira, redatti in caratteri cuneiformi. La ricerca di nuove tavolette prosegue, come la traduzione di quelle già scoperte.
Secondo un'ipotesi scientifica, l'evidente parentela tra la tradizione mesopotamica e quella biblica potrebbe avere come radice comune la rapida salita delle acque nel bacino del Mar Nero, oltre 7 millenni fa, a causa della rottura della diga naturale costituita dallo stretto del Bosforo.
L'epopea di Atraasis, scritta in accadico (la lingua dell'antica Babilonia), racconta come il dio Ea ingiunge all'eroe di Shuruppak di smantellare la propria casa, fatta di canne, e di costruire un battello per sfuggire al diluvio che il dio Enlil, infastidito dal rumore delle città, intende mandare per sradicare l'umanità.
Il battello deve disporre di un tetto "simile a quello di Apsû" (l'oceano sotterraneo di acqua dolce di cui Ea è signore), di un ponte inferiore e di uno superiore, e deve essere impermeabilizzato con bitume.
Athrasis sale a bordo con la sua famiglia e i suoi animali, e ne sigilla l'entrata.
La tempesta e il diluvio cominciano, "i cadaveri riempiono il fiume come libellule", e anche gli dei si spaventano.
Dopo 7 giorni il diluvio cessa, e Athrasis offre dei sacrifici. Enlil è furioso, ma Enki lo sfida apertamente, dichiarando di essersi impegnato alla preservazione della vita. Le due divinità si accordano infine su misure diverse, per regolare la popolazione umana.
Della storia esiste anche un'altra versione assira più tarda.
La leggenda di Ziusudra, scritta in sumero, è stata ritrovata nei frammenti di una tavoletta di Eridu. Essa narra di come lo stesso dio Enki avvertì Ziusudra, («egli ha visto la vita», in riferimento al dono di immortalità che gli fu concesso dagli dei), re di Shuruppak, della decisione degli dei di distruggere l'umanità ad opera di un diluvio, il passaggio con la spiegazione di questa decisione è andato perduto. Enki incarica allora Ziusudra di costruire una grande nave, ma le istruzioni precise sono andate anch'esse perdute. Dopo un diluvio di sette giorni, Ziusudra procede ai sacrifici richiesti e si prostra poi di fronte ad An, il dio del cielo, ed Enlil, il capo degli dei. Riceve in cambio la vita eterna a Dilmun, l'Eden sumero.
L'epopea babilonese di Gilgamesh racconta le avventure di Utanapishtim (in realtà una traduzione di «Ziusudra» in accadico), originario di Shuruppak. Ellil (equivalente di Enlil), signore degli dei, vuole distruggere l'umanità con un diluvio. Il dio Ea (equivalente di Enki) consiglia ad Uta-Napishtim di distruggere la sua casa di canne e di utilizzarne il materiale per costruire un'arca, che deve caricare con oro, argento, e la semenza di tutte le creature viventi e anche di tutti i suoi artigiani. Dopo una tempesta durata sette giorni ed altri dodici giorni passati alla deriva sulle acque, l'imbarcazione si arena sul monte Nizir. Dopo altri sette giorni Uta-Napishtim manda fuori una colomba, che ritorna, poi una rondine, che torna indietro anch'essa. Il corvo, alla fine, non ritorna. Allora Uta-Napishtim fa sacrifici agli dei a gruppi di 7. Quelli sentono il profumo delle libagioni e affluiscono "come le mosche". Ellil è infuriato che gli umani siano sopravvissuti, ma Ea lo rimprovera: "Come hai potuto mandare un diluvio in questo modo, senza riflettere? Lascia che il peccato riposi sul peccatore, e il misfatto sul malfattore. Fermati, non lasciare che accada ed abbi pietà". Uta-Napishtim e sua moglie ricevono allora il dono dell'immortalità, e se ne vanno ad abitare "lontano, alla foce dei fiumi".
Nel III secolo a.C. Berosso, gran sacerdote del tempio di Marduk a Babilonia, redasse in greco una storia della Mesopotamia (Babyloniaka) per Antioco I, che regnò dal 323 a.C. al 261 a.C. L'opera è andata perduta, ma lo storico cristiano Eusebio di Cesarea, all'inizio del IV secolo, ne trasse la leggenda di Xisuthrus, una versione greca di Ziusudra ampiamente simile al testo originale. Eusebio riteneva che l'imbarcazione fosse ancora visibile "sui monti corcirii d'Armenia; e la gente gratta il bitume con il quale essa era stata rivestita all'esterno per utilizzarlo come antidoto o amuleto »."
Il protagonista del racconto biblico, che occupa il settimo e l'ottavo capitolo della Genesi, è Noè. Incaricato da Dio di costruire un'arca per raccogliere tutti gli animali terrestri, all'inizio della catastrofe si rifugia all'interno dell'imbarcazione con la moglie, i figli e le loro mogli. Per quaranta giorni e quaranta notti la tempesta ricopre la superficie terrestre, fin sopra a tutte le montagne più alte; dopo quaranta giorni Dio fa cessare vento e pioggia e le acque cominciano a ritirarsi dopo centocinquanta giorni. L'arca - sempre secondo il racconto biblico - si arena sul Monte Ararat: Noè decide quindi di lasciare andare un corvo per capire se le acque si sono abbassate completamente. L'uccello però non fa più ritorno, così decide di impiegare una colomba. La prima volta torna indietro perché non trova una superficie dove posarsi; al secondo tentativo fa ritorno portando un ramo d'ulivo in bocca, a significare che la terra è nuovamente visibile; la terza volta la colomba non torna, e Dio ordina a Noè di scendere dall'arca mentre nel cielo appare uno sfolgorante arcobaleno, segno della nuova alleanza tra Dio e gli uomini.
Precedentemente al diluvio universale 1/3 dell'umanità perse la vita in un'altra alluvione. Una delle cause principali della punizione fu il peccato di molti animali accoppiatisi tra loro anche se di specie differente a cui si riferisce il versetto: ...e la Terra era corrotta infatti, imitando i peccatori, anche il cane peccava unendosi con i lupo ed il gallo con l'anatra; un altro grave peccato fu la perdita sulla terra del seme maschile. I peccati furono l'idolatria, l'omicidio, l'immoralitá (alcuni individui possedevano due donne, una per aver figli e l'altra per soddisfare le proprie passioni; commettevano poi adulterio scambiandosi le mogli) ed infine il furto infatti anche i giudici erano corrotti non rispettando le leggi ed i tribunali (Bereshit Rabbah).
Tra gli animali rimasti vivi non vi furono animali ibridi inoltre i pesci non vennero puniti perché rimasti "innocenti".
Longanime, Dio attese molto la Teshuvah di quella generazione, prima di punire con il diluvio, persino concedendo dei giorni di grande bellezza perché rinsavissero e si pentissero ma questo non avvenne: furono soprattutto nel periodo di lutto per la morte di Matusalemme a cui Dio volle dare onore e per cui attese ancora.
Inoltre, prima di esso, tutte le montagne erano ricoperte di alberi e vegetazione.
Le acque sgorgarono anche dalle riserve sotterranee e, mischiatesi persino al Ghehinnom, esse sciolsero la carne dei peccatori per l'enorme calore delle stesse e bruciarono anche le loro ossa; inizialmente essi cercarono di impedire che l'acqua fuoriuscisse dalle fonti ponendo i loro figli come ostacolo, essi non si pentirono neanche durante l'ultimo momento in cui stava per manifestarsi la giustizia divina: furono tanto sfacciati ed iniqui da dire a Noè che l'acqua non sarebbe giunta nemmeno al loro collo e che ne avrebbero fermato la fuoriuscita con i loro talloni.
La tradizione spiega che essi non resusciteranno durante l'era messianica nemmeno per ricevere la punizione della vergogna.
Dio mantenne tre fonti d'acqua calda zampillante come ricordo: una è in Tiberiade. (Bereshit Rabbah 33, 4; Matanot Kehunà)
Le fonti di quanto sopraccitato sono tratte dal testo "Il Midrash racconta. Libro Bereshit. Parte I" edito da Mamash.
Il Corano racconta una storia simile a quella ebraico-cristiana del diluvio della Genesi, le maggiori differenze sono che solo Noè e pochi seguaci laici entrarono nell'arca. Il figlio di Noè (uno dei quattro) e sua moglie rifiutarono di entrare nell'arca pensando di poter affrontare il diluvio da soli. L'arca coranica si posò poi sul monte Judi, tradizionalmente identificato con una montagna vicino Mossul nell'odierno Iraq; il nome pare derivi dal nome locale del popolo curdo del luogo, anche se questo non è certo.
Ben diversa invece la storia del crollo della diga di Ma'rib in Yemen e la susseguente inondazione, di cui parla lo stesso Corano, che avrebbe innescato mutamenti profondi nel tessuto antropico dell'Arabia, col mescolamento delle tribù arabe settentrionali e meridionali.
Il mito del diluvio è presente nel Satapatha Brahmaa (I, 8, 1). Manu incontra un pesce mitico nell'acqua che gli era stata portata per lavarsi. Esso gli promette di salvarlo se egli, a sua volta, lo salverà. Manu conserva il pesce in un vaso, poi lo porta al mare. Si costruisce un battello e, nell'anno predetto dal pesce, avviene il diluvio. Il pesce nuota verso il battello di Manu e aggancia il suo corno all'imbarcazione conducendola fino alla montagna del nord. Manu è l'unico essere umano sopravvissuto. Pratica l'ascesi e compie un sacrificio dal quale, dopo un anno, nasce una femmina e da lei egli procreò questa posterità, che è la posterità di Manu (op. cit.).
Nella versione riportata nel Bhagavata Puraa (VIII, 24, 7 e segg.) il diluvio sopraggiunge durante il sonno di Brahma. Anche qui la rivelazione degli eventi spetta ad un pesce che poi diventerà lungo un milione di miglia. Per miracolo l'arca della salvezza è concessa al re e al capo dei sacerdoti. Il pesce mitico è un avatara di Visnu.
Nelle leggende delle tribù aborigene che abitarono le Isole Andamane, le persone divennero remissive ai comandi dati loro. Puluga, il dio creatore, cessò di far visita a loro e senza avvertimenti mandò una devastante inondazione. Solo quattro persone sopravvissero: due uomini, Loralola e Poilola, e due donne, Kalola e Rimalola, che ebbero la fortuna di trovarsi su canoe. Quando scesero a terra scoprirono di aver perso il fuoco e tutti gli esseri viventi erano morti. Puluga allora ricreò gli animali e le piante, ma non diede loro ulteriori istruzioni, e non restituì loro il fuoco.
Esistono molte fonti di leggendarie alluvioni nell'antica letteratura cinese. Alcune appaiono come un diluvio mondiale, ma molte versioni vengono reportate come inondazioni locali - un certo numero di esse ha come tema l'alluvione causata da dei ostili; altre sono basate su eventi storici.
Shu Jing, o Libro della Storia, probabilmente scritto attorno al 500 a.C. o prima, inizia con l'Imperatore Yao mentre affronta il problema delle acque alluvionali che hanno "raggiunto i cieli". Questo è il contesto per l'intervento del famoso Da Yu, che riuscì con successo a controllare le acque. E fondò poi la prima dinastia cinese. La traduzione dell'edizione del 1904 datò il diluvio cinese al 2348 a.C. circa, calcolando che questo fu lo stesso anno del diluvio biblico.
Shan Hai Jing, i Classici delle Montagne & Mari, si conclude con il regnante cinese Da Yu che spende dieci anni a controllare un diluvio le cui acque alluvionali avevano raggiunto il cielo.
Chu Ci, il Liezi, Huainanzi, Shuowen Jiezi, Siku Quanshu, Songsi Dashu, e altri libri, come pure molte leggende popolari, contengono tutti riferimenti ad una donna di nome Nüwa. Nüwa riparò i cieli dopo la grande alluvione o calamità, e ripopolò il mondo con le persone. Esistono molte versioni di questa leggenda.
Le antiche civiltà cinesi concentrate attorno al Fiume Giallo, vicino alla odierna Xian, credevano che le alluvioni del fiume fossero causate da draghi (rappresentanti dei) che vivevano nel fiume, quando si arrabbiavano per gli errori commessi dagli uomini.
Nelle tradizioni del popolo Batak, stanziato nell'odierna Sumatra, la terra poggiava su di un enorme serpente chiamato Naga-Padoha che un giorno, stanco del pesante fardello scaricò la terra in mare. Il Dio Batara-Guru sostituì il serpente con una montagna per salvare la propria figlia, che divenne la capo-stipite della razza umana. La terra successivamente venne rimessa sulla testa del serpente.
Secondo la leggenda di Khun Borom, fondatore delle stirpi tai, le trasgressioni degli esseri umani furono punite dal Re degli Spiriti Celesti Phya Theng con una devastante alluvione. I sopravvissuti raggiunsero il Cielo a bordo di un'imbarcazione galleggiante ed ottennero il perdono da Phya Theng. Tornati sulla terra si moltiplicarono generando il caos e Phya Theng inviò il figlio Khun Borom a civilizzarli.
Si venne a creare una razza superiore che si suddivise in diversi gruppi etnici, tra cui i principali furono i siamesi nell'odierna Thailandia Centrale, i laotiani nel Laos e nella Thailandia del Nordest, i lanna nella Thailandia del Nord, gli shan in Birmania e i dai nel sud della provincia cinese dello Yunnan e nel Vietnam del Nord.
Secondo gli antichi abitanti della regione del Jakun, la terra era solo una sottile crosta su un abisso d'acqua. Il Dio Pirman spezzò la crosta, inondando e distruggendo il mondo. In precedenza, Pirman aveva creato un uomo e una donna e li aveva messi in salvo su un'imbarcazione coperta di legno di pulai. Quando la nave finalmente si fermò, la coppia si ritrovò su di una terra smisurata. Il sole non era ancora stato creato e quando si fece la luce, videro sette arbusti di rododendro e sette ciuffi d'erba sambau. La donna concepì un maschio che nacque dal polpaccio destro e una femmina da quello sinistro, dai quali sarebbe discesa tutta l'umanità.
Secondo la leggenda dei Temuan, i peccati degli abitanti di una delle 18 tribù Orang Asli della penisola malese, fecero arrabbiare gli dei e gli antenati che li punirono con un'alluvione, il celau (tempesta della punizione). Solo due persone della tribù Temuan, Mamak e Inak Bungsuk, sopravvissero al diluvio scalando un albero sulla Gunung Raja (Montagna Reale), che divenne il luogo di nascita e la casa ancestrale della tribù Temuan.
Secondo alcuni aborigeni australiani, durante l'era dei sogni una gigantesca rana bevve tutta l'acqua del mondo dando inizio a una grande siccità. L'unica maniera per far terminare la siccità era quella di farla ridere. Dopo che ci avevano provato tutti gli animali australiani, ci riuscì un'anguilla. La rana si svegliò, cominciò a tremare, la sua faccia si rilassò, e alla fine scoppiò in una risata che risuonò come un tuono. L'acqua eruppe dalla sua bocca in un enorme inondazione che riempì tutti i fiumi e ricoprì la terra. Solo le montagne più alte erano visibili, come isole in mezzo al mare. Molti uomini e animali annegarono. I pellicani all'epoca erano completamente neri, mutarono il colore usando argilla bianca e passarono da isola in isola in una grande canoa, a salvare altri animali neri. Da quei tempi, il pellicano è bianco e nero in ricordo della grande alluvione.
Secondo la tradizione dei Ngati Porou, una tribù maori della costa est della Nuova Zelanda, Ruatapu si arrabbiò quando il padre Uenuku elevò il fratello minore Kahutia-te-rangi a un rango più alto del suo. Ruatapu invitò Kahutia-te-rangi e un grande numero di giovani di alto rango nella sua canoa, e li portò in mare dove li annegò. Egli chiamò gli dei del mare e li inviò a distruggere la terra con un'inondazione. Mentre lottava per non annegare, Kahutia-te-rangi invocò delle megattere (paikea in Maori) per portarlo in salvo. Fu l'unico sopravvissuto del diluvio e prese il nome Paikea.
Diverse storie di alluvioni e diluvi si sono tramandate nella tradizione orale dei polinesiani, anche se nessuno di essi raggiunge le proporzioni del diluvio biblico.
Gli abitanti di Ra'iatea narrano che i due amici Te-aho-aroa e Ro'o stavano pescando e accidentalmente svegliarono il dio dell'oceano Ruahatu con i loro ami da pesca. Arrabbiato, il dio disse loro che avrebbe fatto scomparire Ra'iatea sotto il mare. Te-aho-aroa e Ro'o chiesero perdono, e Ruahatu li avvertì che l'unico modo per salvarsi era quello di portare le loro famiglie sull'isolotto di Toamarama. Questi così fecero, durante la notte l'isola scivolò sotto l'oceano e riaffiorò il mattino successivo. Nessuno sopravvisse ad eccezione delle due famiglie, che eressero sacri marae (templi) dedicati al dio Ruahatu.
Una leggenda simile è presente a Tahiti, secondo cui l'intera isola affondò nell'oceano ad eccezione del monte Pitohiti, dove una coppia di esseri umani riuscì a fuggire con i propri animali e a sopravvivere.
Nelle Hawaii, Nu'u e Lili-noe sopravvissero ad un'inondazione rifugiandosi sulla cima del Mauna Kea. Nu'u fece sacrifici alla luna, alla quale aveva erroneamente attribuito la sua salvezza. Kane, il dio creatore, discese sulla terra su di un arcobaleno, e spiegò a Nu'u il suo errore, e accettò il suo sacrificio.
Nelle Isole Marchesi, il dio della guerra Tu si rattristò per i rimproveri ricevuti dalla sorella Hii-hia. Le sue lacrime passarono attraverso il cielo fino al mondo di sotto e crearono un torrente di pioggia che portò via tutto sul suo cammino. Solo sei persone sopravvissero.
Nella mitologia Mi'kmaq, il male e la cattiveria tra gli uomini crebbero al punto che essi cominciarono a uccidersi tra di loro. Questo causò un grande dispiacere al dio-creatore-sole, che pianse lacrime che divennero pioggia, sufficienti a creare un diluvio. Le persone tentarono di salvarsi salendo su canoe di corteccia, ma solo un uomo vecchio e una donna sopravvissero e popolarono la terra.
Secondo la mitologia hawaiana gli dèi fecero venire un grande diluvio e solo Nu'u si salvò costruendo una grande nave dove furono ospitati tutti gli animali.
Nella mitologia Caddo, quattro mostri crebbero in altezza e potenza fino a che non raggiunsero il cielo. A quel tempo, un uomo udì una voce che gli ordinò di piantare una canna vuota. Egli così fece, e la canna crebbe alta molto in fretta. L'uomo entrò nella pianta con sua moglie e una coppia di tutti gli animali buoni. Le acque si alzarono, e coprirono tutto tranne la cima della canna e le teste dei mostri. Una tartaruga quindi uccise i mostri, le acque si placarono e i venti asciugarono la terra.
Nella mitologia Hopi, le persone disobbedirono molte volte al loro creatore Sotuknang. Egli distrusse il mondo la prima volta col fuoco, poi col gelo, e lo ricreò entrambe le volte per le persone che ancora seguivano le sue leggi, che sopravvissero nascondendosi sottoterra. Quando le persone divennero corrotte e bellicose per la terza volta, Sotuknang li portò dalla Donna Ragno, ed ella tagliò canne giganti e riparò le persone nelle cavità dei gambi. Sotuknang quindì causò una grande inondazione, e le persone galleggiarono sulle acque nelle loro canne. Le canne quindi si posarono su di una piccolo pezzo di terra, e le persone emersero, con tanto cibo quanto ne avevano all'inizio. Le persone viaggiarono con le loro canoe, guidati dalla loro saggezza interiore (che si dice derivò da Sotuknang). Viaggiarono verso nord-est, passando per isole sempre più grandi, fino a che non raggiunsero il Quarto Mondo. Quando raggiunsero il Quarto Mondo, le isole si inabissarono nell'oceano.
Nel manoscritto azteco chiamato Codice Borgia (Codice Vaticano), si racconta della storia del mondo diviso in età, l'ultima terminò con un grande diluvio per mano della dea Chalchitlicue.
Nella mitologia inca, Viracocha distrusse i giganti con una grande inondazione, da cui si salvarono soltanto due persone, all'interno di caverne sigillate, che poi ripopolarono la terra.
Nella mitologia del popolo maya-quiché (e nel Popol Vuh) si parla di un Gran Diluvio di pioggia nera, inviato dal dio Haracan per distruggere gli uomini di legno.
Nella mitologia Mapuche, la leggenda di Trenten Vilu e Caicai Vilu racconta che una battaglia tra due mitici serpenti provocò una grande inondazione; e successivamente creò il mondo Mapuche così come lo conosciamo.
Nella mitologia Muisca, il dio Chibchacún causò l'inondazione dell'altopiano di Bogotá. Il dio superiore Bochica ritornò dal suo esilio volontario, cavalcando un arcobaleno, e asciugò la pianura aprendo la cascata del Tequendama con un colpo del suo bastone sulle rocce. Quindi punì Chibchacún obbligandolo a portare la terra sulle sue spalle. Ogni volta che si scrolla le spalle causa un terremoto.
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