Visualizzazione post con etichetta uragani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta uragani. Mostra tutti i post
lunedì 22 febbraio 2016
MAR DEI CARAIBI
Il nome "Caraibi" deriva dai Caribe, uno dei gruppi indiano-americani dominante nella regione al momento del contatto europeo nel corso del tardo XV secolo. Dopo la scoperta dell'America nel 1492, ad opera di Cristoforo Colombo, il termine spagnolo Antille è stato comunemente assegnato alle terre che si affacciavano su questi mari, pertanto ad oggi "mar delle Antille" è l'alternativa più comunemente utilizzata per indicare il mar dei Caraibi in varie lingue europee, dopotutto nel corso del primo secolo dalle scoperte geografiche, il predominio spagnolo fu indiscusso.
I primi abitanti delle isole delle Antille furono i Taino, tribù sedentarie con fede religiosa politeista che si distinguevano per essere buoni agricoltori, pescatori e lavoratori della ceramica. La loro lingua derivava da quella degli arawak, famiglia che li precedette essendo migrata verso il Sud America da circa 3000 anni. All'epoca delle scoperte, i Carib, abili come guerrieri e navigatori, provenienti prevalentemente dalla regione del fiume Orinoco, occupavano integralmente i territori dei Taino.
Il mar dei Caraibi fu un corpo d'acqua sconosciuto per le popolazioni eurasiatiche fino al 1492, quando Cristoforo Colombo divenne il primo europeo a solcare queste acque nel tentativo di trovare una rotta verso l'India. A quel tempo l'emisfero occidentale, era sconosciuto agli europei. Dopo la scoperta delle isole da parte di Colombo, l'area è stata rapidamente colonizzata da più civiltà occidentali. A seguito della colonizzazione delle isole dei Caraibi, il mare adiacente è diventato una zona animata per la marina europea, in quanto base commerciale, luogo di scambio e rotta per il trasporto dei più svariati prodotti, e questo commercio attirò anche la pirateria.
Le monarchie cattoliche permisero nel 1495 a tutti i propri sudditi di imbarcarsi nelle navi dirette verso le Indie occidentali appena scoperte, ma spesso gli equipaggi, privi di un'adeguata preparazione, divennero facile preda per i "lupi di mare". Lungo le coste dei Carabi, nel corso del tempo, presero a svilupparsi importanti punti commerciali e importanti fiere (come quella di Portobello). L'attacco dei pirati contribuì alla costruzione di fortificazioni lungo i porti, come a Cartagena de Indias e a L'Avana.
Poco dopo la sua scoperta, questo mare attirò l'interesse delle corone inglesi e francesi, le quali successivamente inviarono la loro marina per conquistare nuovi territori. I francesi si impadronirono di alcune isole quali Martinica e Guadalupa, gli inglesi con il tempo di Antigua, Montserrat, Barbados e Giamaica, tutti territori sottratti ai possedimenti dell'Impero spagnolo nei Caraibi. Nel 1625 prese forma sull'isola di Tortuga una base dove corsari e bucanieri si associarono per attaccare le imbarcazioni dalle colonie spagnole. Da Tortuga partivano le spedizioni per gli assedi contro le città costiere che durarono fino a tutto il secolo XVII. Un'altra famosa roccaforte pirata fu istituita nel porto giamaicano di Port Royal nel 1656, e rimase tale fino alla sua parziale distruzione ad opera di un terremoto verificatosi il 7 giugno 1692. Alcuni dei pirati più temuti furono Henry Morgan, Francesco Nau detto l'Olonese, e Barbanera.
Dal secolo XIX buona parte delle colonie e delle realtà politiche affacciate sul mar dei Caraibi iniziarono a diventare paesi indipendenti, anche se attualmente alcuni possedimenti francesi, britannici e olandesi rimangono sotto l'amministrazione europea. Nelle sue acque sono presenti 22 territori insulari e 12 paesi. Cuba fu l'ultimo paese ad ottenere l'indipendenza dalla Spagna nel 1898.
Nel 1903 Panamá si separò dalla Colombia. Il 15 agosto 1914 venne inaugurato il canale artificiale di Panamá che collegò il mar dei Caraibi con l'oceano Pacifico, e che venne amministrato dagli Stati Uniti fino al 31 dicembre 1999.
Il 12 dicembre 2001, i capi di Stato e di governo dei paesi membri dell'Associazione degli Stati caraibici, si riunirono sull'isola di Margarita (Venezuela), ed adottarono la Dichiarazione di Margarita, "riconoscendo il mar dei Caraibi come un patrimonio comune nella regione, e un bene inestimabile a cui dare priorità alla conservazione, con l'obiettivo della "costruzione di una identità stessa dei Caraibi." Si impegnarono "a stabilire una più ampia zona di cooperazione dei Caraibi".
Il Mar dei Caraibi è un mare situato sulla Placca caraibica. Si stima abbia un'età compresa tra i 160 e i 180 milioni di anni e si sia formato da una frattura orizzontale che ha diviso il supercontinente chiamato Pangea nel corso dell'era Mesozoica. La superficie del Mar dei Caraibi è suddivisa in 5 bacini separati da alcune catene montuose sottomarine. La pressione esercitata dalla placca sudamericana nella regione orientale dei Caraibi, rende l'arcipelago delle Piccole Antille caratterizzato da forte attività vulcanica (l'eruzione vulcanica del La Pelée nel 1902, fu la causa del maggior numero di vittime nel corso del ventesimo secolo, con quasi 30.000 morti).
L'Oceano Atlantico si collega con il Mar dei Caraibi attraverso l'Anegada Passage tra le Piccole Antille e le Isole Vergini e il Canale Sopravento situato tra Cuba e Haiti. Il canale dello Yucatán collega il Mar dei Caraibi con il Golfo del Messico tra la Penisola dello Yucatán in Messico e Cuba.
Il punto più profondo è la depressione delle Isole Cayman che arrivano a toccare i 7.686 metri sotto il livello del mare.
Sono localizzate due fosse oceaniche: la fossa delle Cayman e la fossa di Porto Rico. L'area è a forte rischio sismico. Dati storici mostrano che nel corso degli ultimi 500 anni si sono verificati nella zona dodici terremoti con una magnitudo superiore a 7,5.
In media la salinità del mar dei Caraibi è di 35 - 36 parti per mille, la temperatura superficiale è nell'ordine di 28 °C., mentre nel fondo marino, l'acqua raggiunge una temperatura di 4 °C.
Le correnti caraibiche trasportano notevoli quantità di acqua dall'Oceano Atlantico orientale attraverso le Piccole Antille per salire verso nord-ovest uscendo nel Golfo del Messico attraverso il canale dello Yucatán. Mediamente tra il 15 e il 20% delle acque dolci che entrano nel Mar dei Caraibi proviene dall'estuario del Orinoco e dei fiumi amazzonici, trasportata verso nord-ovest dalle correnti caraibiche.
Nella zona che si estende dal nord della Colombia verso il Nicaragua è presente durante quasi tutto l'anno una corrente circolare che ruota in senso antiorario. Questa corrente è generata dalle precipitazioni abbondanti nella regione, che può anche ridurre la temperatura e la densità delle acque, fornendo alcuni nutrienti quali azoto, fosforo utili alla vita vegetale.
Il bacino idrografico del Mar dei Caraibi è uno dei più grandi del mondo. Il fiume più lungo che sfocia in questo mare è il Magdalena che, sorgendo sul Massiccio Colombiano, attraversa la Colombia per una lunghezza di circa 1.540 km. Il Maddalena, a sua volta, riceve le acque di altri importanti fiumi come il Cauca e il Cesar.
Altri fiumi che si gettano nei Caraibi sono: Unare, Tocuyo, Catatumbo e Chama in Venezuela; Ranchería, Sinú e Atrato in Colombia; San San, Chagres (Canale di Panamá) e Changuinola a Panamá; Grande, Prinzapolca e Huahua in Nicaragua; San Juan al confine tra Nicaragua e Costa Rica, che collega il Lago Nicaragua ai Caraibi; Segovia al confine tra Honduras e Nicaragua; Patuca, Sico, Ulua e Aguán in Honduras; Motagua in Guatemala, Belize in Belize; Rio Hondo in Messico; Cauto a Cuba; Yaque del Sur, Ozama e Macoris nella Repubblica Dominicana; Negro in Giamaica e Grande de Patillas a Porto Rico.
Il lago di Maracaibo è collegato ai Caraibi attraverso il Golfo del Venezuela, e rappresenta il più grande lago del Sud America con una superficie di 13.820 km², oltre ad essere uno dei più antichi della Terra.
Il clima dei Caraibi è influenzato dalle correnti oceaniche del Golfo e Humboldt. La posizione del mare tropicale aiuta a conservare l'acqua ad una temperatura moderatamente alta, variando durante l'anno tra i 21° e 32,2 °C.
I Caraibi sono luogo di formazione di uragani. La stagione degli uragani va da giugno a dicembre, e con maggiore presenza tra agosto e settembre. In media ogni anno si formano circa il 9 tempeste tropicali e 5 raggiungono la forza di uragano. Secondo il Centro Nacional de Huracanes nei Caraibi si sono verificati 385 uragani tra il 1494 e il 1900. La correnti d'aria che si sviluppano sulla costa occidentale dell'Africa, nel loro percorso attraverso l'Oceano Atlantico, possono diventare tempeste tropicali e uragani, in particolare nelle zone di bassa pressione della regione orientale dei Caraibi.
Fra i più devastanti uragani registrati si ricordano: l'uragano San Calixto II tra il 10 e il 16 ottobre 1780, abbattutosi tra le Piccole Antille, Porto Rico, Repubblica Dominicana e Florida, provocando tra i 22.000 e i 24.000 morti; e l'uragano Mitch, che originatosi tra le coste della Colombia e l'America Centrale si diresse verso la penisola dello Yucatán e successivamente la Florida tra il 22 ottobre e il 5 novembre 1998, provocando tra gli 11.000 e i 18.000 morti.
Gli uragani sono un problema che si verifica annualmente sulle isole dei Caraibi. La loro natura distruttiva si abbatte anche sulle barriere coralline a causa del depositato di grandi quantità di sabbia, fango, rocce e sedimenti.
Spiagge di sabbia rosa, bianca o del colore grigio brillante frutto di antiche eruzioni vulcaniche. Spiagge che sembrano non aver mai visto un essere umano e altre brulicanti di attività, animate e rumorose a ogni ora del giorno e della notte.
Pink Beach (Barbuda). Questa spiaggia dell’isola di Barbuda è la meraviglia “in rosa” di tutti i Caraibi. Il New York Times, poco più di un anno fa, l’ha inserita nelle 6 spiagge da vedere assolutamente prima di morire. Tutta la costa occidentale presenta, a tratti, sabbie dalle sfumature rosate, ma nessuna eguaglia questa piccola meraviglia rosa. Conosciuta anche col nome di Eleven Mile Beach, la spiaggia si distingue dalle altre caraibiche, spesso sottili striscioline di sabbia fra la vegetazione e il mare, per la notevole ampiezza, dove viene amplificata la sensazione di essere completamente soli. Come raggiungerla? Con le barche a vela che ogni giorno salpano da Antigua.
Seven Mile Beach (Grand Cayman). Un nastro di morbida spiaggia immacolata, tra i più suggestivi del pianeta, ha dato notorietà a Grand Cayman, la più grande e abitata delle isole dell’arcipelago omonimo. Seven Mile, la spiaggia caraibica per eccellenza, si stende per poco meno di 10 chilometri lungo la costa occidentale dell’isola (parte a Nord di George Town, la capitale), tra condomini e alberghi esclusivi.
Bayahibe (Repubblica Dominicana). La bianchissima spiaggia del piccolo villaggio di pescatori di Bayahibe si trova all’interno del Parco Nazionale dell’Este: sabbia finissima, mare cristallino, palme di un verde intenso convivono armoniosamente con le piccole abitazioni caraibiche. Non a caso, questa parte della Repubblica Dominicana è considerata la più bella di tutto il Paese. Si raggiunge in due ore di pullman da Santo Domingo e, in un’ora, dall’Altos de Chavòn.
Seven Mile Beach (Giamaica). Regina della linea costiera occidentale dell’isola è la spiaggia vicina a Negril: 6 chilometri di sabbia finissima (il nome inganna, dato che supera di poco le 4 miglia) e, alle spalle, la palude Great Morass, che si estende per 16 chilometri e costituisce il secondo ecosistema palustre della Giamaica. Qui si trovano i coccodrilli americani e la riserva naturale della Palma Reale. Le zone umide sono oggi protette poiché contribuiscono al ciclo di crescita e formazione delle spiagge coralline.
Anegada (British Virgin Islands). La spiaggia che copre interamente la circonferenza dell’isola di Anegada (11 miglia), è una delle meno conosciute dell’arcipelago delle Isole Vergini Britanniche. Per raggiungere Anegada, a 15 chilometri da Virgin Gorda, occorre un giorno di navigazione su una delle barche a vela che si noleggiano nelle grandi isole circostanti. Sempre il New York Times la ritiene una delle più belle dei Caraibi e consiglia la passeggiata da Cow Wreck Bay, a nord-ovest di Baia Loblolly, fra greggi di capre e bar dove bere l’immancabile rum punch.
Flamenco Beach (Porto Rico). Vieques è sicuramente l’isola sulla costa orientale di Porto Rico più conosciuta e frequentata. Ma delle Spanish Virgin Island è Culebra che vanta la spiaggia più bella: Flamenco Beach, un’ampia mezzaluna quasi perfettamente simmetrica di sabbia bianca, incornicia una baia azzurra di acque calme come quelle di una piscina. Per raggiungerla occorre prendere i battelli che salpano ogni giorno dalla città di Fajardo (a poco più di un’ora di auto dalla capitale San Juan). Giunti sull’isola, basta prendere un taxi e in pochi minuti ci si ritrova in paradiso.
Grace Bay (Turks e Caicos). Tutta la costa nord di Providenciales, porta d’accesso all’arcipelago di Turks e Caicos, è un’immensa spiaggia con una sfumatura di colori che spaziano dall’indaco al turchese. Ma il meglio sta tutto nei 20 chilometri di Grace Bay, dove si danno convegno gli appassionati di immersioni: al largo ben 12 punti segnalati regalano nuotate tra cernie, dentici e pesci chirurgo. Indimenticabile la vacanza se si alloggia al Regent Palm Turks and Caicos , resort di lusso all-suite con terrazza privata, spa e giardino.
Per la sua enorme estensione il mare dei Caraibi è tra i maggiori al mondo, e raggiunge presso le isole Cayman l’impressionante profondità di 7.686 metri. Tutta l’area del mar dei Caraibi, a causa della presenza delle correnti oceaniche del Golfo e di Humboldt, ha una temperatura dell’acqua sempre abbastanza alta, che in taluni casi supera i 32°. Le isole caraibiche, specie in corrispondenza della nostra stagione estiva, sono interessate da uragani e tempeste tropicali.
mercoledì 2 dicembre 2015
L'OCEANO PACIFICO
L'Oceano Pacifico è il più grande oceano del mondo, occupa circa un terzo della superficie terrestre e si estende su una superficie di circa 179 milioni di chilometri quadrati. Si estende per circa 15.500 chilometri dal Mar di Bering nell'Artico a nord fino ai margini ghiacciati del mare di Ross nell'Antartide a sud. Il punto più largo si trova a circa cinque gradi di latitudine nord tra l'Indonesia e le coste della Colombia. Si considera invece lo Stretto di Malacca come limite occidentale dell'oceano, nel quale è situato anche il luogo più basso della superficie terrestre, la Fossa delle Marianne.
Il numero delle isole che contiene l'oceano Pacifico (25.000) è superiore al numero delle isole di tutti gli oceani messi insieme.
Lungo i bordi di tutto l'oceano si trovano molti mari e tra questi: il mar Cinese orientale, il mar del Giappone, il mar di Sulu, il mar di Tasmania e il mar Giallo. L'oceano è inoltre unito all'oceano Indiano ad ovest con lo Stretto di Malacca e con l'oceano Atlantico ad est con lo Stretto di Magellano.
Questo oceano deve il suo nome all'esploratore portoghese Ferdinando Magellano, che lo chiamò così per il mare molto calmo che trovò durante la sua traversata dallo Stretto di Magellano fino alle Filippine. Nonostante ciò, in molti periodi dell'anno numerosi tifoni e uragani colpiscono le isole del Pacifico, mentre la presenza di molti vulcani causa spesso terremoti e tsunami che in passato hanno devastato numerosi atolli e distrutto diverse città.
La profondità media dell'oceano Pacifico è 4270 metri, e il fondo oceanico è relativamente uniforme, nonostante esistano grandi montagne sottomarine estremamente ripide e con una cima piatta.
La parte occidentale del fondo consiste invece di numerosi archi montagnosi che emergono dalla superficie e che cono considerate gruppi di isole, come ad esempio le isole Salomone e la Nuova Zelanda. Essendo il bacino idrografico del Pacifico relativamente piccolo ed essendo questo oceano immenso, i sedimenti sono di origine autogenica o pelagica, mentre quelli terrigeni sono confinati in zone limitate vicino alla terraferma.
La temperatura dell'acqua nel Pacifico varia dal punto di congelamento nelle zone polari fino a circa 29°C vicino all'equatore, dove l'acqua è anche meno salata a causa delle abbondanti precipitazioni equatoriali durante l'anno. Invece, più a nord delle latitudini temperate la salinità torna a scendere.
L'acqua in superficie circola generalmente in senso orario nell'emisfero nord, ma in senso antiorario nell'emisfero sud. La Corrente Equatoriale Nord gira verso nord vicino alle Filippine, e mentre parte delle sue acque si muove verso nord con il nome di Corrente Auletiana, il resto torna a sud e si unisce alla Corrente Equatoriale. La corrente Auletiana si divide quando raggiunge il Nordamerica e forma la base della circolazione in senso antiorario nel Mare di Bering. Il suo braccio meridionale è chiamato Corrente della California e si diffonde lentamente verso sud. La Corrente Equatoriale Sud, scorrendo verso ovest lungo l'equatore, si sposta verso sud ad est della Nuova Guinea, gira ad est alla latitudine di 50 gradi sud, e si unisce alle correnti principali del Pacifico del Sud, tra cui la Corrente Circumpolare Antartica che compie l'intero giro del globo. Quando si avvicina alle coste cileni, la Corrente Equatoriale Sud si divide: un ramo sorpassa il Capo Horn e finisce nell'Atlantico, mentre l'altro gira a nord per formare la Corrente del Perù (o di Humboldt).
Tutta l'Australia, la Nuova Zelanda e la Nuova Guinea subiscono l'influenza climatica del Pacifico, tranne le zone più interne. Si possono comunque distinguere cinque diverse regioni climatiche: la zona ovest, the trades, la regione dei monsoni (nel Pacifico occidentale, tra il Giappone e l'Australia), la regione dei tifoni (nelle parti occidentali e sud-occidentali del Pacifico) e the doldrums. Sono presenti nelle latitudini intermedie grandi variazioni stagionali di temperatura, dovute a flussi d'aria in movimento verso ovest. Infatti vicino all'equatore le temperature sono costanti durante tutto l'anno.
Le caratteristiche della regione climatica dei monsoni sono venti che soffiano dall'interno del continente verso l'esterno durante l'inverno e in direzione opposta durante l'estate.
Inoltre nell'oceano si estendono anche due grandi aree di bonaccia: una al largo delle coste dell'America Centrale, l'altra nelle acque equatoriali del Pacifico occidentale, ma entrambi si distinguono per la loro umidità, notevole copertura nuvolosa, deboli venti e frequenti bonacce.
La linea dell'Andesite (la linea immaginaria dei vulcani attivi della terra) è la principale caratteristica geologica del Pacifico. E' infatti la linea che separa le rocce profonde ed ignee del Pacifico centrale, per lo più basiche, dalle zone continentali parzialmente sommerse composte da rocce ignee acide. La linea coincide con il bordo occidentale di tutte le isole al largo della California e passa a sud delle isole Aleutine, ad est della penisola Kamchatka, le isole Kurili , il Giappone, le isole Marianne, l isole Solomon e la Nuova Zelanda. prosegue anche sopra profonde fosse come la fossa delle Marianne e la fossa delle Filippine. La maggior parte delle fosse più profonde si trova accanto ai margini della piattaforma continentale del Pacifico occidentale.
Una parte del sistema mondiale di dorsali sottomarine, il Rialzo Est del Pacifico, si trova lungo il bacino orientale.
Per quanto riguarda invece tutte le estensioni orientali dei continenti dell'Asia e dell'Australia si può dire che si trovano completamente al di fuori della linea dell'Andesite.
All'interno dello spazio delimitato dalla linea dell'Andesite si trovano la maggior parte delle fosse profonde, delle montagne vulcaniche sottomarine tipiche del bacino del Pacifico Centrale, dove le lave basaltiche scorrono lentamente dalle fratture per formare enormi montagne di tipo vulcanico. Fuori dalla linea dell'Andesite invece i fenomeni vulcanici sono di tipo esplosivo ed il cerchio di fuoco ha la maggior concentrazione mondiale di vulcani esplosivi.
L'estensione più grande di terra all'interno dell'oceano Pacifico è il continente australiano, che ha un'area leggermente più piccola di quella dell'Europa. A una distanza di 3 200 km, in direzione sudest, si trova il grande gruppo di isole della Nuova Zelanda.
Quasi tutte le altre isole del Pacifico si trovano tra 30 gradi di latitudine nord e 30 di latitudine sud, dall'Asia sudorientale all'isola di Pasqua. Il resto del Bacino del Pacifico non contiene in pratica terraferma. Il grande triangolo della Polinesia, che unisce le Hawaii, l'isola di Pasqua e la Nuova Zelanda, contiene al suo interno i gruppi delle Marchesi, le Samoa, Tonga. A nord dell'equatore e ad ovest della linea di cambio di data si trovano le numerose piccole isole della Micronesia, incluse le Kiribati, le isole Caroline, le isole Marshall, e le isole Marianne. Nell'angolo sudovest del Pacifico si trovano le isole della Melanesia, dominate dalla Nuova Guinea. Altri gruppi importanti nella Melanesia includono le isole Bismarck, le Figi, la Nuova Caledonia, le isole Salomone e Vanuatu. Questa suddivisione in Polinesia, Micronesia e Melanesia, vecchia del 1831 (Jules Dumont d'Urville), non corrisponde alle realtà bio-geografiche: le due zone ora riconosciute dagli scienziati sono l'Oceania vicina e l'Oceania lontana, zone che corrispondono a realtà diverse dal punto di vista botanico, zoologico e anche umano e culturale.
Le isole del Pacifico sono di quattro tipi fondamentali: isole continentali, isole alte, barriere coralline, e piattaforme coralline rialzate. Le isole continentali si trovano fuori dalla Linea dell'Andesite e includono la Nuova Guinea, le isole della Nuova Zelanda e le Filippine. Queste isole sono fisicamente associate con i continenti vicini. Le isole alte sono di origine vulcanica, e possono contenere dei vulcani attivi. Tra queste le Hawaii e le isole Solomon.
Gli altri due tipi di isole sono il risultato del lavoro dei coralli. Le barriere coralline sono strutture subacquee che sono state costruite dai coralli sopra la lava basaltica sotto la superficie dell'oceano. Una delle più grandi è la Grande barriera corallina, al largo dell'Australia nordorientale. Un secondo tipo è quello di una piattaforma corallina rialzata, che è in genere un po' più grande. Ne sono esempi Banaba e Makatea nel gruppo di Tuamotu nella Polinesia francese.
In tempi preistorici vi furono importanti migrazioni umane nel Pacifico, prima tra tutte quella dei Polinesiani da Tahiti fino alle Hawaii e la Nuova Zelanda. L'oceano fu visto per la prima volta dagli Europei all'inizio del XVI secolo, prima da Vasco Núñez de Balboa (1513) e poi da Ferdinando Magellano, che attraversò il Pacifico durante la sua circumnavigazione (1519-22). Per il resto del XVI secolo, l'esplorazione fu condotta principalmente dalla Spagna, con navi che raggiungevano le Filippine, la Nuova Guinea e le isole Solomon. Durante il XVII secolo la scena fu dominata dagli olandesi; Abel Janszoon Tasman scoprì nel 1642 la Tasmania e la Nuova Zelanda. Il XVIII secolo vide l'esplorazione russa in Alaska e nelle isole Aleutine, i francesi in Polinesia, e gli inglesi con tre viaggi del capitano James Cook.
L'imperialismo crescente del XIX secolo risultò nell'occupazione della maggior parte del Pacifico da parte delle potenze occidentali. La nave esploratrice HMS Beagle portò importanti contributi scientifici negli anni 1830, con a bordo Charles Darwin. Un'altra nave famosa fu la HMS Challenger. Anche se gli Stati Uniti presero le Filippine nel 1898, nel 1914 il Giappone controllava la maggior parte del Pacifico occidentale, e occupò molte altre isole durante la Seconda guerra mondiale. Alla fine della guerra, l'oceano era dominato dalla marina militare americana.
Il Pacifico comprende diciassette stati indipendenti: Australia, Figi, Giappone, Kiribati, le isole Marshall, Micronesia, Nauru, Nuova Zelanda, Palau, Papua Nuova Guinea, Filippine, Samoa, le isole Salomone, Taiwan (disputata dalla Repubblica Cinese), Tonga, Tuvalu e Vanuatu. Undici di queste nazioni sono totalmente indipendenti solo dal 1960. Le isole Marianne del Nord hanno un proprio governo, ma dipendono dagli Stati Uniti per la politica estera, e le isole Cook e Niue hanno una relazione simile con la Nuova Zelanda. Inoltre nel Pacifico si trova lo Stato americano delle Hawaii e numerosi territori e possessioni di Australia, Cile, Francia, Giappone, Nuova Zelanda, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Lo sfruttamento delle risorse minerarie del Pacifico è ostacolato dalle grandi profondità dell'oceano. Nelle acque basse al largo delle coste australiane e neozelandesi, vengono estratti gas naturale e petrolio, mentre le perle vengono raccolte o coltivate lungo le coste di Australia, Giappone, Nuova Guinea, Nicaragua, Panama e Filippine, anche se si tratta di un'industria in declino. La risorsa maggiore del Pacifico sono i suoi pesci. Le acque costiere dei continenti e delle isole più temperate forniscono salmoni, sardine, pesce spada e tonno, più numerosi crostacei. Nel 1986, le nazioni che fanno parte del Forum del Sud Pacifico hanno dichiarato l'area libera dal nucleare, nel tentativo di fermare gli esperimenti nucleari e di prevenire lo stoccaggio delle scorie nucleari nel Pacifico.
Iscriviti a:
Post (Atom)