sabato 2 gennaio 2016
IL MAR TIRRENO
Il mar Tirreno è compreso fra la Corsica, la Sardegna, la Sicilia, la Calabria, la Basilicata, la Campania, il Lazio e la Toscana; è collegato al mar Ionio tramite lo Stretto di Messina ed è diviso dal mar Ligure dall'isola d'Elba, con il Canale di Corsica a ovest e il Canale di Piombino a est. Il confine fra mar Tirreno e mar Ligure è quindi costituito dalla linea immaginaria che congiunge Capo Corso all'isola d'Elba e al canale di Piombino, lungo il 43º parallelo. Questa suddivisione è ritenuta valida dall'Istituto Idrografico della Marina Militare Italiana, che usa perlopiù Mar Ligure nei portolani relativi alla costa toscana settentrionale.
Tuttavia nella percezione comune e secondo una tradizione radicata, prevale l'idea che il confine settentrionale tra il mar Ligure e il mar Tirreno sia situato alla foce della Magra, in Liguria, e che quindi tutta la costa toscana si affacci sul Tirreno. Questa versione tradizionale dei confini ha portato a varie conseguenze: vicino a Pisa negli anni trenta è stata fondata una località balneare denominata Tirrenia; il quotidiano di Livorno si chiama Il Tirreno e Viareggio e Castiglioncello sono popolarmente definite le Perle del Tirreno. Occorre tuttavia considerare che nelle carte dell'Ottocento il mare che bagnava la Toscana era talvolta chiamato semplicemente Mare Toscano.
L'Organizzazione idrografica internazionale, in un suo documento del 1953, adotta come confine la linea che congiunge Capo Corso (in Corsica) con l'isola Tinetto (nel golfo di La Spezia). Pertanto tutta la costa toscana e il golfo di La Spezia farebbero parte del mar Tirreno. Questo confine è in via di ridefinizione: infatti la stessa Organizzazione ha pubblicato nel 1985 una bozza del documento definitivo sui limiti dei mari che fa coincidere il confine sud-orientale del mar Ligure con quello lungo il 43º parallelo da Capo Corso a Piombino.
Il confine fra il Mar Tirreno e il Mar Mediterraneo è costituito dalla linea immaginaria che congiunge Capo Boeo a Marsala in Sicilia con Capo Teulada in Sardegna.
Prende il nome dall'antico popolo dei Tirreni (Tyrsenoi o Tyrrhenoi), meglio noti come Etruschi i cui territori nell'VIII secolo a.C. a nord si estendevano fino alla foce dell'Arno nei pressi di Pisa, e che nei due secoli successivi ampliarono il loro raggio d'azione fino alla foce del fiume Magra in Liguria, mentre a sud si estendevano fino alla Campania, detta per questo anche Etruria Campana.
Narra infatti lo storico greco Erodoto nelle sue Storie di come il re della Lidia (attuale Turchia occidentale) dopo anni di carestia avesse deciso di far emigrare una metà del suo popolo alla ricerca di una nuova patria. Guidati dal principe Tirreno, i Lidi sbarcarono quindi sulle coste occidentali della penisola italiana e, preso possesso della nuova terra, mutarono il loro nome in Tirreni dal nome dell'eroe eponimo che li aveva guidati. Costoro, secondo il racconto greco, non sarebbero altri che gli Etruschi. Dal loro nome greco fu quindi detto Tirreno il mare che dominarono per secoli (talassocrazia etrusca).
Secondo altre fonti, Tyrrhenoi sarebbe l'epiteto con il quale i greci chiamavano i pirati che nel mediterraneo occidentale abbordavano con piccole e veloci imbarcazioni chiunque vi si avventurasse.
La storia geologica del bacino è intimamente legata a quella di tutto il Mediterraneo, la cui origine va ricercata nell'ampia Tethis, delle più antiche età del Paleozoico. Le caratteristiche forme di questo antico bacino sono state esposte nelle linee generali; conviene notare la presenza, nell'area tirrenica, di un antico massiccio ercinico del quale oggi rimangono solo scarsi avanzi (Arcipelago Toscano, Sardegna, Calabria, Peloritani). Tale conformazione si mantiene quasi intatta fino al periodo del movimento alpino, manifestando notevoli e alterne vicende che interessano però più la zona periferica della Tethis e poco riguardano la zona mediterranea e in particolar modo la tirrenica, per la quale tuttavia secondo alcuni si hanno mutamenti notevoli che riguardano l'area siciliana, raggiunta dal mare. Nel Trias si notano le prime variazioni valevoli di questo mare che dànno luogo, nelle età successive, a trasformazioni più radicali per effetto di trasgressioni e regressioni successive, che portano alla scomparsa quasi totale delle zolle più antiche. In seguito al movimento orogenetico alpino si ha una nuova fisionomia del Mediterraneo, interessante più propriamente anche il bacino tirrenico che però non subisce, per la parte attualmente occupata da questo mare, modificazioni importanti, all'infuori di una più precisa delimitazione che va, nei successivi periodi, sempre più avvicinandosi a quella attuale, raggiunta nel Quaternario, durante il quale si manifestano poderosi fenomeni di sollevamento, specie sulle coste calabre (terrazzi fino a 1200 m.). Anche il clima del bacino ha subito variazioni notevoli, come lasciano supporre i numerosi e frequenti (Sicilia) resti di grossi mammiferi della fauna africana, che fanno pensare a ponti peninsulari sommersi in epoca a noi assai vicina, ma che non interessano il vero e proprio Tirreno. Recenti e di carattere del tutto locale sono invece i fenomeni vulcanici, di cui però si trovano imponenti e frequenti manifestazioni.
Le conoscenze sulle condizioni batimetriche del Tirreno non possono dirsi soddisfacenti nonostante le ripetute campagne oceanografiche italiane e straniere. Tra le prime sono particolarmente degne di ricordo quelle della R. Nave Washington al comando dell'ammiraglio Magnaghi (1881-91), accompagnate talora da ricerche talassografiche ricche di risultati, poi varie altre campagne dell'Istituto idrografico della R. Marina nel 1898-99, e nel 1901-03; tra le straniere la spedizione, magnificamente organizzata, della nave danese Thor.
Ciò nondimeno gli scandagli a grandi profondità sono assai scarsi: 27 soltanto superiori a 3000 m. e 16 superiori a 3500. Risulta in ogni modo che il Tirreno è uno dei bacini più profondi di tutto il Mediterraneo.
Lo zoccolo continentale che sostiene la piattaforma sulla quale poggiano la penisola italiana e la Sicilia da un lato e quella, assai più antica, su cui. si allineano Sardegna e Corsica presenta fianchi ripidissimi, che se non raggiungono i valori delle forti pendenze della costa marocchina del M. Esperico, sono tuttavia da ritenersi tra i massimi valori che si riscontrano nel Mediterraneo. Ne consegue uno sviluppo assai ristretto e angusto della fascia litorale di piccola e media profondità, interessante lo sfruttamento peschereccio; essa infatti si riduce assai fortemente, soprattutto là dove le coste sono alte e scoscese. Abbastanza ampia risulta verso N., dove affiorano le isole dell'Arcipelago Toscano. Il resto del Tirreno, cioè la zona centrale, è limitato da una ripida scarpata che porta rapidamente alla zona di massima profondità, solo interrotta dalle piattaforme di sostegno delle isole Pontine ed Eolie; mentre le Lipari sorgono su quella zona poco profonda che collega la Sicilia con l'Africa settentrionale.
I sedimenti che occupano questa parte del Mediterraneo sono stati studiati soprattutto per opera della spedizione danese. I caratteri generali si differenziano alquanto da quelli dei tipici sedimenti oceanici; presentano colore bruno chiaro, consistenza argillo-sabbiosa con circa il 50% di limo per i sedimenti lontani dalla terraferma; gli elementi inorganici sono in sovrabbondanza specialmente nelle sabbie, mentre scarsi e assai localizzati sono gli elementi vulcanici. La differenziazione per grandezza è legata, come in tutti i mari, alla distanza dalle coste e nei depositi di gran fondo vi è una preponderanza fortissima degli elementi con meno di 0,05 mm. di diametro. Carattere peculiare dei depositi mediterranei e soprattutto tirrenici, oltre alla presenza di elementi d'origine vulcanica, è l'alto tenore in CaCO3 e la presenza in una certa abbondanza di alcuni minerali caratteristici; il primo presenta delle variazioni locali, ma la percentuale è sempre molto forte e raggiunge una media che sta intorno al 50%, con oscillazioni più o meno grandi intorno a questo valore; i minerali più comuni sono calcite, gluconite, dolomite, pirite e gesso. La presenza di organismi è naturalmente evidente, benché non si raggiungano le alte percentuali degli oceani; vi sono notevolmente abbondanti i Foraminiferi e Pteropodi e anche abbastanza frequenti nelle zone di minor profondità sono le formazioni coralline, sia di C. rubrum, sia di altri generi: Desmophyllum, Dendrophyllia, Amphifellia, ecc.
Le proprietà fisico-chimiche del Tirreno sono legate a due fattori principali: da un lato l'intima e stretta relazione con il restante bacino mediterraneo e con le sue peculiari caratteristiche e dall'altro con le sue condizioni idrografiche. La mancanza di corsi d'acqua d'importanza e di entità tale da influire sul complesso di queste proprietà risulta evidente; anche i maggiori tributarî del Tirreno (Arno, Tevere, Volturno, ecc.) esercitano solo un influsso locale. Alcune proprietà fisiche, quali la trasparenza e il colore, cui è collegata intimamente anche la penetrazione delle radiazioni calorifiche e luminose, sono influenzate sia dall'assenza di forti apporti di acque dolci, sia dalla povertà della vita planctonica. Per la trasparenza sono state fatte misure già da tempo per opera sopra tutto di Secchi e Cialdi, dalle cui osservazioni risulta che il valore massimo per il Tirreno è di m. 42,5.
La zona di Capri è naturalmente tra le più trasparenti di tutto il Mediterraneo, superata solo dalla trasparenza del mare di Rodi. Il colore, misurato con la scala Forel, è paragonabile ai primi gradi, essendo nettamente azzurro (2-3 Forel), alquanto meno intenso di quello del bacino orientale (Creta e Cipro).
Strettamente legata alla trasparenza e al colore è la penetrazione delle radiazioni nelle acque, i cui studî sono stati ripresi per il mare di Capri recentemente dal Vercelli, il quale ha potuto dimostrare che, sia per la penetrazione totale sia per quella a varie lunghezze d'onda, si debbono modificare in parte i dati acquisiti. Secondo il Vercelli il limite massimo per la penetrazione della radiazione solare totale è di 500-600 metri; per la penetrazione selettiva le sue ricerche avrebbero stabilito che le radiazioni più penetranti non sono le violette, bensì quelle della zona del verde.
In diretta relazione con i due fattori su menzionati, oltre che con le condizioni climatiche del bacino mediterraneo, sono le condizioni di temperatura, che nelle linee generali sono comuni a quelle del Mediterraneo. Per quanto riguarda la temperatura di superficie si osserva che essa nell'inverno è alquanto superiore nelle medie a quella dell'aria sovrastante, mentre nella stagione estiva avviene il contrario. È questa una delle nozioni risultanti dalle abbastanza numerose osservazioni fatte dall'epoca di Marsigli fino ad oggi. Per il Tirreno si osserva che tali valori possono toccare 2°-3° di eccedenza nell'estate (marzo-settembre) in favore della temperatura dell'aria, mentre nell'inverno (ottobre-aprile) avviene il contrario con valori anche di 5°-6 (Napoli: superficie 13°,2, aria 5°,8). Ancor più caratteristico è il comportamento della temperatura in profondità, riconosciuto già da Aimé per tutto il Mediterraneo e così enunciato: "la temperatura minima degli strati profondi del Mediterraneo è uguale alla media delle temperature invernali in superficie". E ciò è comprensibile quando si tien conto che alla massima profondità dello stretto di Gibilterra corrisponde nell'Atlantico un livello termico con valori non inferiori a quelli invernali di superficie del Mediterraneo. L'andamento quindi della curva delle temperature in profondità, salvo variazioni locali e temporanee, si abbassa gradualmente da un massimo di superficie, influenzato dalle variazioni stagionali, fino a un minimo che oscilla intorno a 13°,2-13°,7.
Tali peculiari condizioni termiche, insieme con quelle idrografiche più volte ricordate, influiscono fortemente anche sulle proprietà chimiche, specialmente la salinità. I valori di salinità del Tirreno, se non toccano i massimi del Mediterraneo, raggiungono tuttavia valori notevoli, soprattutto in alcune zone. È noto che la salinità del Mediterraneo, escluso il M. Nero, aumenta da occidente verso oriente; il Tirreno, appartenendo al bacino occidentale e in ampia comunicazione con esso, ha valori intorno al 38‰, che aumentano lievemente in profondità (38,5‰) e che manifestano variazioni locali, soprattutto in presenza di fattori adatti, come apporti di acque dolci, comunicazioni con gli altri bacini, ecc. Le altre caratteristiche chimiche oceanografiche, come il contenuto in O2, equilibrio dei carbonati, nitrati, fosfati, e chimico-fisiche (pH) presentano un quadro che è stato studiato abbastanza a fondo nelle spedizioni danesi (1908-1910) e in ricerche successive. Mentre il comportamento dell'O2 si è dimostrato del tutto regolare e legato strettamente a fattori ambientali, che ne determinano la capacità di disciogliersi in seno alle acque, l'equilibrio dei carbonati presenta un quadro assai complesso e collegato da un lato alle condizioni dell'atmosfera sovrastante e alla relativa ricchezza di carbonati dei sedimenti marini e dall'altro alle particolari condizioni biologiche di questo mare. Più stretto legame ancora con i fenomeni vitali presenta la caratteristica povertà di questo mare, come di tutto il Mediterraneo, in nitrati e fosfati, già riconosciuta per le ricerche eseguite sia dai Danesi, sia da altri studiosi. Tuttavia essendo tali questioni ancora, almeno per quanto riguarda le ricerche, oscure, il Conseil permanent pour l'exploration de la Mer Méditerranée, per interesse soprattutto di uno studioso italiano, il Brunelli, ha posto tali ricerche all'ordine del giorno.
Per quanto riguarda la dinamica marina le condizioni del Tirreno vanno messe in rapporto con quelle di tutto il Mediterraneo. Sull'ampiezza e altezza delle onde esistono osservazioni sporadiche, le prime riportate dal Marsigli, già ricordato. Le onde non raggiungono, per ragioni diverse, i valori degli oceani; tuttavia si hanno esempî di onde assai notevoli, registrati in periodi di forti tempeste. Maggiori e più sistematiche osservazioni si hanno per le maree, delle quali si sono occupati varî autori. Se il quadro complessivo del Mediterraneo è quindi abbastanza chiaro, mancano osservazioni panticolareggiate per le coste del Tirreno. Dagli studî teorici e dai dati esistenti risulta che le oscillazioni di alta e bassa marea sono ridottissime per le coste tirreniche (Civitavecchia, cm. 21; Ischia, cm. 16; Gaeta, cm. 15; Napoli, cm. 21; Pizzo, cm. 15; Tropea, Lipari, Capo Peloro, Milazzo, cm. 20; Palermo, cm. 15; Messina, cm. 12); i massimi valori si raggiungono presso Porto S. Stefano e Piombino.
Alcuni cenni più diffusi merita l'illustrazione del sistema circolatorio del Tirreno. Ricerche abbastanza numerose, benché molto localizzate, sono state fatte da varî studiosi, tra i quali Marinelli, Platania, Vercelli. Secondo gli accertamenti eseguiti rimane assodata l'esistenza di una corrente, influenzata, come il Vercelli ha dimostrato, dai moti peculiari dello Stretto di Messina, che corre lungo le coste della penisola italiana da SE. verso NO., e che subisce spostamenti locali dovuti allo sbocco dei fiumi con formazione di correnti secondarie in senso opposto; essa si fa maggiormente sentire con i venti del IV quadrante nel canale di Piombino, dove raggiunge velocità da 1,5-2,5 miglia orarie. Secondo G. Dainelli, O. Marinelli e G. Stefanini esisterebbero moti di deriva, dovuti a venti predominanti, più che vere e proprie correnti, che, dove sono state accertate, hanno valori piuttosto bassi. Tuttavia a completare la conoscenza del ciclo delle correnti del Tirreno mancano quasi totalmente le osservazioni lungo le coste della Corsica e della Sardegna, dove tale problema dovrebbe vieppiù complicarsi, dato lo scambio di acque attraverso le Bocche di Bonifacio. Come si è già avvertito, il sistema circolatorio innestato su quello generale del bacino, ma abbastanza autonomo, data l'individualità del Tirreno, risente l'influenza dei venti stagionali predominanti. Mancano i forti venti occidentali; nel periodo estivo predominano quelli deboli di SE., NE. e E., alternati con periodi di calma, mentre le spiagge sono soggette al meccanismo delle brezze. Nell'inverno forti venti di SE. imperversano tra Piombino e Civitavecchia accompagnati da basse pressioni. Lungo le coste della Campania meridionale e della Calabria forti venti di terra nella stagione invernale possono recare danni alla navigazione costiera.
La pesca nel Tirreno, specialmente con l'attuale sviluppo della pesca meccanica o di altura, è alquanto aumentata rispetto a qualche anno addietro. Tuttavia è sempre limitata per la piccola estensione della piattaforma continentale sfruttabile - tra 0 e 250 m. in media di profondità - e ancor diminuita dalle zone non dragabili. Pur essendo il Tirreno un mare povero da questo punto di vista, la pesca per l'operosità solerte degli abitanti costieri è oggetto di un'attività multiforme, per strappare al mare i suoi tesori. Tipica del Tirreno è la lampara, mestiere che i pescatori napoletani e pozzolani nelle loro stagionali peregrinazioni hanno ampiamente diffuso. Le coste verso cui tale migrazione si dirige sono soprattutto le limitrofe coste laziali, toscane e calabre. Alcuni centri come Porto S. Stefano, Port'Ercole, Civitavecchia, Napoli, Palermo, ecc., sono tra i più importanti mercati e centri pescherecci del Tirreno; in nessun piccolo centro mancano però abitanti che dalla pesca non traggano almeno parte del loro necessario.
Le vie di navigazione e di traffico del Mediterraneo passano in parte per il Tirreno, in parte invece sfuggono da esso per toccare i porti degli altri bacini. Dalla poderosa corrente di traffico che entra per Gibilterra un'aliquota notevole fa capo a Napoli, secondo porto di movimento della Penisola. Non estraneo a tale movimento rimane Palermo, mentre gli altri porti sono di esclusiva e quasi assoluta importanza regionale. Regolari servizî giornalieri o settimanali solcano questo mare per collegare le grandi e piccole isole col continente; esistono pure alcune regolari linee aeree e alcune isole sono collegate al continente da cavi sottomarini.
I fiumi che lo formano soprattutto a regime torrentizio. I principali, da nord a sud, sono l'Ombrone, il Tevere, il Garigliano e il Volturno.
Oltre alle isole maggiori che ne delimitano approssimativamente i confini, il Tirreno è caratterizzato dalla presenza di più di un arcipelago.
Nella parte settentrionale si hanno le isole dell'arcipelago Toscano (Elba, Pianosa, Montecristo, Giglio, Giannutri e Formiche di Grosseto), eccetto la Gorgona e la Capraia che sono bagnate dal Mar Ligure. Nel 1996 le isole dell'arcipelago Toscano sono entrate a far parte del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano, grazie al quale sono salvaguardate le sette isole maggiori dell'arcipelago e i fondali con tutta l'importante fauna. È attualmente il più grande parco marino d'Europa.
Nella parte centrale del Tirreno si trova invece l'arcipelago Pontino (o isole Ponziane), del quale fanno parte Ponza, Palmarola, Gavi, Zannone, Ventotene e Santo Stefano. Di fronte alla città di Milazzo in Sicilia si trovano invece le isole Eolie: Stromboli, Alicudi, Filicudi, Lipari, Salina, Vulcano e Panarea.
Un altro arcipelago siciliano è quello delle Egadi, sito a ovest rispetto a Trapani e composto da tre isole: Levanzo, Favignana e Marettimo.
Sulla costa nordorientale della Sardegna si trova l'arcipelago della Maddalena, composto dalle due isole principali di La Maddalena e Caprera e da un gran numero di isolotti minori; alcuni chilometri più a sud si trovano l'imponente sagoma di Tavolara e l'isola di Molara.
Sono infine da annotare le quattro isole non facenti parte di arcipelaghi, ovvero Capri, Procida, Ischia e Ustica.
In tutti i casi cui si è accennato il turismo gioca un ruolo molto importante a causa della scarsa urbanizzazione dei luoghi; spesso si è avuto quindi un afflusso di massa che ha trasformato le isole in siti assai affollati.
Per la posizione isolata più di un'isola ha ricoperto ruoli di penitenziario (Pianosa, Santo Stefano) o di luogo ospite di esuli volontari ed esiliati per motivi politici (Napoleone all'isola d'Elba, Augusto e Tiberio a Capri, Sandro Pertini e Altiero Spinelli a Santo Stefano).
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