mercoledì 16 dicembre 2015

LO STRETTO DI MALACCA



Lo Stretto di Malacca è un passaggio marino dell'Oceano Indiano che separa l'isola indonesiana di Sumatra dalla costa occidentale della penisola malese.

Lo stretto mette in comunicazione il mare delle Andamane a nord con il mar Cinese Meridionale a sud. Ha una lunghezza di circa 800 km e una ampiezza che va dai 50 ai 180 km. All'estremità meridionale dello stretto sono poste le isole Riau.

Nello stretto defluiscono diversi fiumi. Dalla penisola malese vi sfocia il Perak, mentre i principali fiumi di Sumatra che vi defluiscono sono il Bila, il Barumun, il Rokan, il Siak e l'Kampar. I porti principali che vi si affacciano sono: Malacca, Georgetown e Singapore.

Lo stretto, una delle più antiche e importanti vie marittime al mondo, è la principale via di comunicazione tra l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico. Nel pressi di Singapore lo stretto si restringe con una ampiezza minima di 2,8 km rendendo la navigazione più difficile vista l'intensità di traffico. Le dimensioni massime delle navi che lo possono attraversare sono definite dal Malaccamax.

Nelle acque dello stretto sono stati riportati numerosi episodi di pirateria. Un altro problema per la navigazione è rappresentato dall'intenso fumo provocato dagli incendi sull'isola di Sumatra, che spesso riduce la visibilità fino a 200 metri, provocando il rallentamento del traffico marittimo.

La pirateria nello stretto di Malacca è un fenomeno risalente al XIV secolo, ma tuttora esistente, che mette a repentaglio il traffico navale mercantile che attraversa l'omonimo braccio di mare lungo circa 900 chilometri. In tempi recenti, le pattuglie coordinate delle forze dell'ordine di Indonesia, Malesia e Singapore, insieme all'accresciuta presenza di security privata a bordo delle navi, hanno provocato una netta riduzione della pirateria, secondo quanto riporta l'International Maritime Bureau (IMB).

La geografia dello stretto di Malacca rende la regione particolarmente suscettibile agli atti di pirateria. Era ed è un importante passaggio tra Cina e India, da sempre intensamente battuto dalle rotte commerciali. Oggi è luogo di transito delle rotte tra Europa, Canale di Suez, i paesi esportatori di petrolio del Golfo Persico e i porti dell'estremo oriente asiatico. Lo stretto è angusto e contiene migliaia di isole e foci fluviali che ne fanno un luogo ideale perché i pirati possano nascondersi e sfuggire alla cattura.

La posizione geografica dello stretto di Malacca lo rende un punto di transito importantissimo per riserve energetiche di vario tipo, dal petrolio al gas naturale e a materie prime come carbone o acciaio. Lo stretto costituisce uno snodo del traffico marittimo da Oriente a Occidente e rappresenta la via marittima più breve per il commercio tra attori situati nel Golfo Persico e quelli dei mercati asiatici, in particolare la Cina, il Giappone, la Corea del Sud e i Paesi del Pacific Rim. Secondo la United States Energy Information Administration lo stretto di Malacca è il secondo passaggio marittimo strategico per il trasporto di petrolio, secondo solo allo stretto di Hormuz. Alcuni studi dimostrano che, nel  2011, 15 milioni di barili di petrolio e derivati sono passati attraverso Malacca, ovvero circa un terzo del petrolio trasportato via mare. Più in generale, un terzo del commercio mondiale passa attraverso questo punto generando un traffico di 60000 navi all’anno che lo attraversano. Altri dati sottolineano come Paesi quali gli Stati Uniti e il Giappone o economie in forte crescita come la Cina e l’India sono in fase di incremento della propria dipendenza energetica dalla sicurezza dello stretto. L’area attorno a questo passaggio marittimo può essere descritta come un crocevia di culture e società etnicamente diverse ma in procinto di aumentare le proprie interconnessioni grazie anche alla crescente integrazione economica nella regione. In questo senso, lo stretto potrebbe rappresentare una notevole opportunità di sviluppo economico e sociale degli Stati che vi si affacciano. Alla base di tale sviluppo si situa non solo la capacità di mantenere pace e stabilità nella regione ma anche quella di garantire la sicurezza dello stretto potenzialmente sottoposto a minacce di diversa natura.



L’area in cui si situa lo stretto di Malacca è potenzialmente vulnerabile ad una serie di minacce che potrebbero intaccarne la sicurezza: dalla instabilità politica in alcuni Stati limitrofi, alla competizione tra Stati regionali, alla pirateria e al terrorismo internazionale.  Lo stretto è noto per l’annosa presenza della pirateria oltre che per essere un punto di transito per numerosi tipi di mercato nero. Infatti, nell’area circostante lo stretto,  alcuni porti non propriamente sorvegliati favoriscono l’infiltrarsi di numerose minacce alla stabilità e sicurezza dello stretto. Il debole controllo da parte di alcuni governi dei Paesi che si affacciano sullo stretto e la marginalizzazione economica fomentata dalla crisi, porta alcuni individui a intraprendere la via del crimine, favorendo i mercati neri e pirateria.

La sua estensione geografica non permette un controllo governativo stabile in ogni area e la presenza di gruppi fondamentalisti islamici e separatisti costituisce un’ulteriore pressione per il governo centrale. Inoltre, all’instabilità sociale in territori come l’Indonesia si aggiunge la presenza di varie cellule terroristiche che fomentano i livelli di sicurezza. La minaccia di attacchi terroristici è stata paventata in alcune occasioni e molte analisi convergono sul fatto che un attacco terroristico abbia più probabilità di avere luogo in stretti con un livello di sorveglianza regionale e internazionale inferiore. A tutto ciò si aggiungano le dispute riguardanti l’area del Mare Cinese Meridionale che si fondano su questioni politiche, economiche e strategiche e aggiungono tensione ad un’area già potenzialmente a rischio di destabilizzazione. Lo Stretto di Malacca termina nel Mar Cinese Meridionale, un’altra via di comunicazione estremamente importante ma soggetta a dispute legate alla presenza di risorse come petrolio e gas naturale oltre che ad annose dispute territoriali. In particolare, il gruppo di isole Spratly e Paracel sono oggetto di contesa tra Cina, Vietnam, Malesia, Indonesia, Brunei e Filippine. La crescita economica della regione comporta anche il transito di notevoli quantità di petrolio, gas e materie prime attraverso quest’area. Il 25% del transito del commercio globale la percorre ogni anno ed è di per sé esplicativo dell’importanza del Mar Cinese Meridionale come estensione dello Stretto di Malacca.
Essendo Malacca il secondo stretto al mondo per traffico marittimo e importanza strategica, l’area circostante è soggetta a competizione non solo da parte di attori regionali. Anche attori globali come la Cina, gli Stati Uniti, il Giappone e l’India dipendono dalla sicurezza e controllo dello stretto in termini economici, geopolitici e strategici. Gli Stati Uniti, in quanto potenza marittima globale, vedono l’India e il Giappone come potenziali alleati nel gioco di bilanciamento contro l’ascesa della Cina. In questo modo diverse dinamiche intervengono nei rapporti tra poteri regionali e globali esercitando pressione anche su questi ultimi, in vista del dispiegamento di forze e interventi che garantiscano la sicurezza nello stretto. Essendo gli interessi di ciascuno stato abbastanza diversificati, vale la pena di inquadrare queste dinamiche nel dettaglio. Il Giappone ha un particolare interesse nell’invio di forze nello stretto di Malacca fondamentalmente perché circa l’80% del petrolio importato per uso nazionale proviene dal Medioriente e passa attraverso lo stretto come anche una consistente quantità di prodotti manifatturieri giapponesi che transitano verso l’Europa, l’Australi, il Medioriente e l’Africa. La sicurezza del Giapppone nello stretto si basa sulla sua forte alleanza con gli Stati Uniti, altro attore fondamentale nei giochi di potere nello stretto,  che naturalmente puntano a non essere estromessi ma anche a bilanciare la crescita di influenza di potenze emergenti come Cina e India.

Nuova Dehli annovera circa il 50% dei suoi traffici commerciali in transito attraverso lo stretto di Malacca e ha ulteriormente concentrato i suoi sforzi politici verso l’Asia del Sud visto che è di suo vitale interesse che lo stretto rimanga sotto l’influenza di Paesi amici.

La Cina dipende fortemente dallo stretto per il trasporto di energia che cresce notevolmente di anno in anno. Il petrolio proveniente da Golfo Persico e Africa transita verso la Cina attraverso gli stretti di Malacca, Lombok o Makassar. Negli ultimi anni Pechino è stata molto attiva nel coltivare relazioni diplomatiche con i paesi litoranei, in particolare la Malesia. E’ chiaro che la crescita ed espansione di Paesi come la Cina passa e può essere regolata anche  attraverso il controllo delle sue forze navali attraverso lo stretto.

Per quanto riguarda l’Indonesia, lo stretto rappresenta un immenso valore per ragioni socio-economiche. La costa indonesiana è quella che si estende più a lungo sullo stretto. La maggior parte dei pirati nello stretto si pensa provenga dall’Indonesia e sia provocata anche dalla instabilità politica ed economica del Paese.

Infine, Singapore ha profuso apprezzabili sforzi contro la pirateria nello stretto  da cui passa una notevole quantità dei propri traffici commerciali. L’importanza della sicurezza nello stretto ha spinto Singapore a cercare una stretta collaborazione nel garantire la sicurezza con partner esterni, specialmente gli Giappone e gli Stati Uniti che hanno stretto maggiori legami di collaborazione a livello strategico ma anche incrementato le relazioni commerciali con Singapore, diventato il loro undicesimo partner commerciale.


Storicamente, la pirateria nello stretto di Malacca non era solo un'impresa lucrativa, ma anche un importante strumento politico. I governanti hanno fatto spesso affidamento sui pirati della regione per mantenerne il controllo. Un esempio fu il governo del sultano Parameswara, principe di Palembang nel XIV secolo. Fu attraverso la lealtà al principe delle bande pirata costituite dalla popolazione Orang Laut che Parameswara resistette ai tentativi di espansione dei regnanti vicini e giunse a fondare il Sultanato di Malacca. Tra il XV ed il XIX secolo le acque malesi giocarono un ruolo cruciale nelle lotte per il potere in Indocina. Oltre alle potenze locali, tra gli antagonisti figurarono anche le potenze coloniali del Portogallo, dei Paesi Bassi e dell'Impero Britannico. I fondali dello stretto di Malacca e del Mar Cinese Meridionale sono oggi il cimitero di numerosi relitti di navi perdute per via delle tempeste, degli arrembaggi pirata, delle battaglie e degli errori di navigazione.

È con l'arrivo dei colonizzatori europei – interessati al controllo del commercio delle spezie – tra il XVIII ed il XIX secolo che il fenomeno della pirateria vede un aumento. Secondo Charles Corn, autore di The Scents of Eden: A Narrative of the Spice Trade ("I profumi dell'Eden: Una storia del commercio delle spezie"):

« Le spezie in quell'epoca guidavano le economie mondiali come oggi fa il petrolio.»
L'aumentato traffico mercantile attraverso lo stretto e la povertà delle popolazioni locali spinsero molte persone a darsi alla pirateria, che a volte assunse anche la forma di una resistenza politica al colonialismo. Gli equipaggi pirata spesso erano composti da gente Lanun, nativa delle zone costiere della regione, ma vi erano anche pirati cinesi Han espulsi dalla Cina della dinastia Qing.

Nel 1830, le potenze coloniali presenti nella regione - inglesi e olandesi - si allearono contro le forze pirata. Tracciarono lungo lo stretto la linea di demarcazione anglo-olandese impegnandosi a combattere la pirateria ciascuno sul proprio lato della linea. Gli aumentati controlli e la superiore tecnologia di navigazione dei mezzi coloniali, unita a migliorate stabilità politica e condizioni economiche, portarono nel giro di circa quarant'anni ad una riduzione del fenomeno piratesco. La linea di demarcazione oggi è divenuta il confine marittimo tra Malesia e Indonesia nello stretto.

L'International Maritime Bureau (IMB) riferisce nel 2006 che gli attacchi pirata nel mondo sono calati per il terzo anno consecutivo. Nel 2006 sono stati registrati 239 arrembaggi, contro il 276 dell'anno precedente. Un andamento analogo si è registrato nello stretto di Malacca, dove gli attacchi sono scesi dai 79 del 2005 ai 50 del 2006. Ciò nonostante, nel 2004 lo stretto era il teatro del 40% degli episodi di pirateria nel mondo. Nell'ottobre 2007 l'IMB riporta che l'Indonesia ha continuato ad essere la nazione più soggetta ad azioni pirata, con 37 attacchi dal gennaio precedente, anche se il dato è in miglioramento se confrontato con gli stessi nove mesi dell'anno precedente.

Oltre a pattuglie navali ed aeree, la lotta alla pirateria richiede un investimento tecnologico. Ad esempio, il report del 2006 dell'IMB riferisce che dal luglio 2004 le navi con stazza superiore alle 500 tonnellate devono dotarsi di sistemi di allarme a bordo che includano sistemi di localizzazione della nave in tempo reale. Inoltre, la federazione degli armatori asiatici (Federation of Asian Shipowners' Associations - Fasa) ha varato un database che fornisce informazioni aggiornate sugli episodi di pirateria conosciuti come parte di un accordo tra 14 diversi stati. Secondo la segreteria permanente del ministero dei trasporti di Singapore:

« La pirateria è un problema transnazionale e questa è la prima volta che viene costituito un organismo internazionale al solo scopo di occuparsi del problema della pirateria in Asia.»
Episodi di pirateria particolarmente violenti possono assurgere alla ribalta dei mass-media, tuttavia l'impatto economico diretto è limitato se paragonato al volume dei commerci globali dell'area. Generalmente, il bottino dei pirati si limita al contenuto delle stive, a parti delle macchine e al denaro e ai beni personali degli equipaggi. È invece consistente l'impatto indiretto, soprattutto quello dovuto ai costi aggiunti della sicurezza e all'aumento dei premi assicurativi.

Un esempio fu dato dai Lloyds di Londra che, sottolineandone la cattiva reputazione negli anni più recenti, dichiararono lo stretto un'area ad alto rischio aumentando i premi di un ulteriore 1% del valore del carico, decisione rientrata dopo che Singapore e Indonesia misero in campo le loro pattuglie marittime e aeree.

Gli attacchi pirata non hanno fermato le circa 50.000 navi che annualmente solcano le acque dello stretto e che rappresentano il 40% circa del traffico mercantile globale. Lo stretto di Malacca continua ad essere la rotta più importante delle petroliere in viaggio dal Medio Oriente ai mercati dell'Asia orientale.

Secondo l'IMB, la maggioranza dei pirati contemporanei è di origine indonesiana, anche perché la marina indonesiana tra quelle della regione è la meno attrezzata per contrastare la pirateria. I pirati moderni possono ricadere essenzialmente in tre categorie: pirati in cerca di profitto facile, pirati affiliati al crimine organizzato o pirati associati con organizzazioni terroristiche, secessionistiche o politicamente motivate.

I primi sono generalmente criminali per opportunità. Cercano bersagli facili e rapinano le navi e gli equipaggi. Quelli appartenenti a reti organizzate attaccano con maggiore pianificazione e organizzazione e mirano a grandi cargo e al sequestro degli equipaggi per estorsione. Le organizzazioni pirata legate a gruppi terroristici hanno un modo di operare simile, ma le loro azioni sono finalizzate al finanziamento delle attività terroristiche e alla possibilità di fare interventi politici.

Nel 2004 le tre nazioni della regione - Indonesia, Malesia e Singapore - hanno aumentato gli sforzi per pattugliare lo stretto. Mentre Singapore invoca l'aiuto internazionale, Indonesia e Malesia si oppongono ad un intervento straniero. Il fenomeno è particolarmente acuto in Indonesia, dove nel 2004 si sono verificati 93 dei 325 attacchi registrati nel mondo, contro 9 nelle acque della Malesia e 8 in quelle di Singapore.

Alla pattuglia multinazionale si sono aggiunte nel 2006 la Marina e la Guardia Costiera dell'India. L'India sta anche realizzando una pattuglia di droni per monitorare il Mare delle Andamane, adiacente allo stretto di Malacca.

Dal 2009 la cooperazione intergovernativa ha drasticamente ridotto il fenomeno. Sebbene la pirateria sia stata certamente una fonte di preoccupazione in passato in questa tratta di mare, con fino a settantacinque attacchi documentati nel 2000, il numero dei casi è andato diminuendo a partire dal 2005.



Nello Stretto di Malacca sembrano essersi verificati episodi inquietanti.

Uno in particolare, tuttora irrisolto, riguardò un mercantile olandese, la SS Ourang Medan, che nel giugno 1947 stava attraversando quelle acque quando improvvisamente lanciò un segnale di pericolo alle navi vicine. Il messaggio recitava testualmente: “tutti i funzionari, tra cui il capitano sono morti e si trovano in sala nautica e sul ponte. Forse tutto l’equipaggio è morto”. Dopo una pausa il messaggio riprese per concludersi così: “Sento che sto per morire, aiutatemi”.

Una nave americana, la Silver Star, si trovava nelle vicinanze ed avendo captato il macabro messaggio fece rotta verso l’Ourang Medan per indagare. Una volta saliti a bordo gli uomini della Silver Star constatarono come l’intero equipaggio (oltre ad un cane) fosse effettivamente morto; per di più ciascun membro mostrava un’espressione terrorizzata in volto. Eppure non furono riscontrati segni di colluttazione né alcun tipo di disordine sulla nave. Lo scafo inoltre era perfettamente in ordine, eppure tutti i membri dell’equipaggio erano morti.

La Silver Star provò poi a trainare l’Ourang Medan verso il porto più vicino, ma un incendio si sviluppò nella stiva numero 4 del mercantile che in breve tempo fu scosso da alcune esplosioni e affondò, portando con sé i suoi segreti nel fondo dell’Oceano Indiano. Nel corso degli anni sono state fatte varie ipotesi per spiegare l’incidente: dalla ipotesi che il mercantile trasportasse acido solforico e che il suo equipaggio sia morto avvelenato dalle esalazioni venefiche fuoriuscite da fusti rotti, a quella che la nave, partita da qualche porto cinese minore, fosse diretta in Costa Rica trasportando un carico di contrabbando di cianuro di potassio e nitroglicerina o anche scorte di guerra di gas nervini.

Non mancano coloro che sostengono che il vascello sia rimasto vittima di un incontro ravvicinato del terzo tipo con un Ufo, conclusosi in modo drammatico (cosa che potrebbe spiegare come mai molti dei cadaveri visti dall’equipaggio della Silver Star avesse una postura inconsueta, con le braccia tese verso l’alto quasi in segno di aiuto). Fatto sta che la parte iniziale dello Stretto di Malacca, dove navigava l’Ourang Medan, è tra i dodici triangoli vili di Sanderson. Una coincidenza inquietante, tanto più che anche il volo Malaysia Airlines MH-370, scomparso con 239 persone a bordo nel marzo 2014 e mai più ritrovato, secondo alcune ricostruzioni si sarebbe trovato a sorvolare quella stessa area prima di far perdere per sempre le proprie tracce.



La Moschea dello Stretto di Malacca (chiamata Masjid Selat Melaka in lingua locale malay) è una moschea contemporanea realizzata sull’isola di Malacca (pulau Melaka), un isolotto artificiale collocato a ridosso della città di Malacca.

Costruita direttamente sulla spiaggia, non si tratta dell’unica moschea “galleggiante” del paese o del mondo musulmano, ma è un motivo architettonico ricorrente nell’edilizia religiosa islamica contemporanea. Quando la marea è alta vi è l’illusione che la moschea galleggi poggiando direttamente sull’acqua.

La moschea è stata ufficialmente inaugurata nel 2006 in presenza del re della Federazione della Malesia lo Yang di-Pertuan Agong.



Nessun commento:

Posta un commento

Eseguiamo Siti e Blog a prezzi modici visita: www.cipiri.com .