Il Periophthalmus non fa parte della classe degli anfibi, come si potrebbe pensare, ma di quella dei pesci. Questi pesci, noti anche come mudskipper (saltafango) fanno parte della famiglia dei gobidi e comprendono circa 35 specie, di cui solo 15 sono quelle descritte accuratamente e conosciute in tutto il mondo. Tra queste troviamo il P.argentilineatus, P.barbarus, P.chrysospilos, P.gracilis, P.kalolo, P.magnuspinnatus, P.malaccensis, P.minutus, P.modestus, P.novaguineaensis, P.novemradiatus, P.spilotus, P. walailakae, P.waltoni e P.weberi.
Quasi tutte le specie di Periophthalmus vivono in acque salmastre, occupando quasi tutta la fascia territoriale che va dall’equatore ai tropici. Il tipico ecosistema è rappresentato dalle foci dei fiumi, meglio se in presenza di mangrovieti.
A causa dei continui cambiamenti della concentrazione del sale nell’acqua, legata ai fenomeni di marea, i perioftalmi vengono considerati pesci eurialini, come molte altre specie che occupano le medesime aree. In particolare, in queste zone, il flusso delle maree è così accentuato da creare periodi di acqua alta e periodi di secca.
Per questo motivo i Periophthalmus hanno adattato il loro corpo in modo da potersi muovere agevolmente anche all'asciutto: le pinne anteriori si sono trasformate in vere zampette con cui i pesci possono spostarsi sulla terraferma ed hanno adottato un sistema molto ingegnoso di respirazione immagazzinando l’acqua nella grossa bocca e nelle camere branchiali (per questo gli orifizi branchiali sono estremamente ridotti) per potersi ossigenare sulla terraferma senza polmoni. Inoltre, per lubrificare gli occhi che sono posti sulla sommità del capo, li ritraggono all'interno di esso.
Maestro di agilità, appollaiato su un ramo Ogni specie colonizza luoghi diversi. Il P.barbarus è l’unico a vivere in Africa occidentale, mentre gli altri occupano piccoli arcipelaghi, coste e grandi isole (Africa orientale, Arabia Saudita orientale, India meridionale, Malesia, Vietnam, Filippine, Indonesia, Giappone e Korea).
In natura questi simpatici pesci amano sostare sotto i raggi solari, mentre non amano molto restare in acqua. Il cibo più apprezzato dal Periophthalmus è il granchio, che viene catturato compiendo prodigiosi salti con l'ausilio della coda (anche 1,5 m). Altre prede gradite sono piccoli pesci, anellidi ed artropodi.
Quando la marea si alza i Periophthalmus, da predatori, si ritrovano nel ruolo di prede di varie specie di pesci; è questa la principale ragione della loro preferenza istintiva per l'ambiente asciutto. Non a caso quindi questi pesci preferiscono colonizzare i mangrovieti, sui cui rami e radici possono rifugiarsi anche in condizioni di "acqua alta".
Questi simpatici gobidi hanno un'indole piuttosto aggressiva a causa di una spiccata territorialità che compare nell'età adulta. Questa è particolarmente presente nei maschi, che segnalano l'occupazione del proprio territorio ai rivali usando i primi raggi della pinna dorsale come una "bandiera". I piccoli passano invece insieme tutte le ore della giornata senza manifestazioni combattive.
In particolare il P.barbarus da adulto è particolarmente "antisociale", divorando gli avannotti della propria specie ed arrivando addirittura a mangiare, quando affamato, esemplari di poco inferiori alla propria taglia.
Le dimensioni di questi pesci variano notevolmente a seconda della specie (dai 20 cm dei P.barbarus ai 5 cm dei P.novemradiatus). Riconoscere le varie specie di Periophthalmus non è difficile: i caratteri generali di ogni specie si distinguono dalla forma e colore della pinna dorsale e dalla colorazione e la grandezza del corpo che assumono in età adulta.
Vengono talvolta allevati negli acquari domestici.
In un lontanissimo passato, tra i 350 e 400 milioni di anni fa, un gruppo dei nostri antenati pesci cominciò a strisciare sulla terraferma. Dalle pinne che usavano per nuotare si svilupparono gradualmente arti robusti, in grado di sostenerne il peso. Le zampe posteriori si collegarono direttamente alle anche, che divennero più grosse. I pesci diventarono tetrapodi, animali a quattro zampe in grado di camminare, come rettili, anfibi e mammiferi.
L'evoluzione degli arti dei tetrapodi è stata studiata a lungo e in notevole dettaglio, ma altri aspetti della conquista della terraferma sono ancora poco chiari.
Molti pesci si nutrono succhiando. Quando spalancano le fauci lo ioide, un osso a forma di cavallo, spinge sul fondo della bocca, espandendolo, e creando un flusso d'acqua che attira la preda all'interno. Anche le specie che mordono o sbocconcellano le loro vittime contano su questo sistema di suzione per ingoiare il cibo una volta che è entrato nella bocca. (I pesci hanno una "lingua", ma si tratta di un organo molto diverso dal nostro: di solito non può protendersi fuori dalla bocca e non serve a ingoiare, anche se a volte è provvisto di denti che contribuiscono alla masticazione).
La tecnica funziona perché i pesci sono sempre circondati dall'acqua.Sulla terraferma i tetrapodi, con un organo muscolare, spostano il cibo dalla bocca alla gola: la lingua, appunto. Krijn Michel dell'Università di Anversa ha provato una tattica diversa: si è messo a studiare un simpatico pesce, il perioftalmo atlantico (Periophthalmus barbarus). Questa piccola creatura - che somiglia a un fermaporta con le pinne e gli occhi a palla - vive nelle paludi di mangrovie dell'Africa orientale, dell'Oceano Indiano e del Pacifico occidentale. Come tutti i perioftalmi (detti per questo anche saltafango), passa sulla terraferma una sorprendente quantità di tempo. Si sposta trascinandosi sulle pinne e si accoppia, si nutre e combatte all'aria aperta.
Michel ha filmato con una telecamera ad altissima velocità perioftalmi atlantici che risucchiavano bocconi di gambero piazzati su una superficie asciutta. Riguardando i video, lo studioso ha notato un particolare curioso. Nei momenti in cui un perioftalmo si sporge in avanti e apre la bocca, una bollicina d'acqua si protende dalle fauci aperte. L'acqua si stende sul pezzetto di cibo; il pesce lo avvolge con la bocca per poi inghiottirlo insieme all'acqua. Insomma l'acqua agisce come una lingua - "una lingua idrodinamica", la chiama Michel - che consente al perioftalmo di risucchiare il cibo e poi mandarlo giù.
Michel ha dimostrato l'importanza di questa "lingua" mettendo i pezzetti di gambero su una superficie assorbente e poi filmando i perioftalmi con una telecamera a raggi X. Questa volta la "lingua" acquosa si asciugava, e i pesci riuscivano solo ad afferrare i gamberi senza poterli inghiottire. Nel 70 per cento dei casi dovevano tornare in acqua prima di poter mandare giù il boccone.
Ecco perché quasi sempre i perioftalmi si riempiono la bocca d'acqua prima di avventurarsi sulla terraferma. Portando con sé la loro "lingua" acquosa, si assicurano di poter inghiottire diversi bocconi prima di dover tornare in acqua. a differenza di un'altra specie, Channallabes apus o pescegatto anguilla, un siluriforme che si avventura anch'esso sulla terraferma ma non usa lo stesso trucco, e quindi deve sempre riimmergersi dopo aver afferrato la preda.
"Queste scoperte fanno pensare che ingoiare il cibo nell'aria potrebbe essere sempre stato un problema per i vertebrati durante la transizione dall'acqua alla terraferma", sommenta Beth Brainerd della Brown University. "Quando cominciarono a nutrirsi sulla terra, i primi tetrapodi hanno dovuto evolvere un nuovo sistema per spostare il cibo dalla bocca alla gola". Usarono una "lingua d'acqua", come il perioftalmo? Può darsi, ma non dimentichiamo che i perioftalmi sono pesci moderni, e non tetrapodi primitivi. Centinaia di milioni di anni di evoluzione li separano dai nostri antenati che colonizzarono la terraferma: al massimo possono darci qualche indizio sulle strategie che i tetrapodi potrebbero aver usato quando si trasferirono all'asciutto. La "lingua d'acqua" potrebbe essere stata una soluzione temporanea durante la trasformazione dell'osso ioide e l'evoluzione della lingua vera e propria. Una conferma viene da altre riprese compiute da Michel con la sua telecamera a raggi X: i movimenti che fa il perioftalmo mentre mangia sono più simili a quelli di un tritone che a quelli di un pesce. In pratica, nel perioftalmo lo ioide si muove come se ci fosse già una lingua muscolare attaccata.
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