giovedì 7 aprile 2016

L'ISOLA DI JAVA



Giava è  l'isola più popolosa al mondo e la tredicesima più estesa.
L'isola di Giava si affaccia a sud sull'Oceano Indiano mentre a nord è bagnata dal Mar di Giava che è parte dell'Oceano Pacifico. Giava è percorsa da una catena montuosa vulcanica che comprende 121 vulcani, dei quali 25 ancora in attività. Il territorio è caratterizzato a nord da pianure alluvionali e a sud da aspri rilievi.

Giava è conosciuta anche per l'uomo di Giava, una serie di resti fossili di Homo erectus ritrovati nelle vicinanze del fiume Brantas nella parte orientale dell'isola. Due milioni di anni fa, le piogge nelle isole della Sonda e sul plateau del Digul furono molto consistenti, e permisero il prosperare di una folta vegetazione tropicale. A sua volta ciò permise a molte culture preistoriche di emergere, come evidenziano i molti ritrovamenti fossili in questa regione.

Ci restano molte prove dei passati regni di Giava, ad esempio i celebri templi buddhista di Borobudur e indù di Prambanan. In effetti, la cultura giavanese e la lingua stessa sono stati pesantemente influenzate dalle culture e dalle lingue del subcontinente indiano. Nel VI e VII secolo nacquero a Giava e Sumatra svariati regni che riuscirono poi a controllare le acque dello Stretto di Malacca. Gli stessi regni prosperarono con l'aumentare del commercio marino tra Cina e India e oltre. In questo periodo, scienziati dall'India e dalla Cina visitarono i regni lontani allo scopo di tradurre testi religiosi e letterari.

Il più importante tra i regni indù fu il regno Majapahit con base nella parte centrale di Giava, da dove governava una larga parte di quella che è ora conosciuta come Indonesia occidentale. Il nome dell'impero Majapahit è ancor oggi evocato dagli odierni dirigenti indonesiani per promuovere l'unità e la legittimità dello Stato. I resti di questo regno passarono sotto l'egida di Bali durante il XVI secolo quando i regni islamici della parte occidentale dell'isola guadagnarono potere.

I primi "evangelizzatori" musulmani vennero chiamati Wali Songo, i nove ambasciatori. Alcuni tra loro erano di origini cinese, portando alle speculazioni sull'influenza di Zheng He nei commerci nello stretto di Malacca. Molte delle loro tombe sono ancora ben conservate, e spesso oggetto di pellegrinaggio. La maggiori caratteristiche dell'Islam che sono adottate a Giava sono mescolate con credenze indigene di lunga data, e hanno un sapore decisamente locale. Ad esempio, la leggenda di Nyai Roro Kidul venne creata mescolando le credenze comuni sulla sponda meridionale di Giava alle influenze islamiche.

La Compagnia Unita delle Indie Orientali (VOC) stabilì il suo centro amministrativo e commerciale a Batavia (oggi Giacarta). Questa capitale, insieme ad altre città costiere come Semarang e Surabaya, fu il cuore delle attenzioni olandesi durante la maggior parte del periodo coloniale. Il VOC mantenne il controllo sull'interno montuoso dell'isola attraverso un sistema di stati indigeni suoi clienti come il Mataram.

Nel contesto delle guerre napoleoniche, Giava fu l'ultima delle colonie olandesi e francesi dell'Asia e dell'Oceano Indiano ad essere investita da una spedizione britannica, partita dal Raj Britannico in India: essa sbarcava il 30 luglio 1811 sull'isola e progressivamente sloggiava i franco-olandesi dalle loro posizioni, sino alla resa finale, avvenuta il 18 settembre seguente (Guerra anglo-olandese per Giava). Seguirono cinque anni di occupazione britannica, sinché, nel 1816, l'isola venne resa a neonato Regno Unito dei Paesi Bassi, ai sensi del Trattato anglo-olandese del 1814.

Nel XIX secolo il governo olandese assunse il controllo diretto dei territori prima appartenenti alla Compagnia Unita delle Indie Orientali. Verso la metà del XIX secolo attuò la politica di cultuurstelsel e cultuurprocenten, che diede l'avvio a diffuse povertà e carestie. Un autore olandese, Douwes Dekker, scrisse con lo pseudonimo di Multatuli un romanzo dal titolo Max Havelaar per protestare contro queste condizioni, e in cambio i movimenti sociali e politici, sdegnati da questa protesta, diedero come risultato la politica etica, tramite la quale alle élite giavanesi veniva data la possibilità di avere un'educazione di stampo olandese a Giava o negli stessi Paesi Bassi. È da questa élite che provennero i maggiori leader nazionalisti. Formarono il nucleo del nuovo governo quando l'Indonesia divenne indipendente nel 1949.

Con l'istituzione di Giacarta come capitale, e le radici giavanesi della maggior parte delle figure politiche indonesiane, quest'isola rimane politicamente ed economicamente dominante sul resto del Paese. Mentre larga parte rurale dell'isola è molto povera, le aree urbane di Giava sono tra le più ricche e sviluppate regioni dello Stato. Entrambi i presidenti Sukarno e Suharto, che hanno governato l'Indonesia per un periodo totale di 49 anni dal momento dell'indipendenza, erano di Giava.

Questa predominanza politica è sfociata in un risentimento da parte di alcuni residenti dell'isola. Il conosciuto e rispettato autore indonesiano Pramoedya Ananta Toer suggerì che la capitale indonesiana venisse spostata al di fuori dell'isola di Giava, così da liberare il movimento nazionalista indonesiano del suo carattere "Giava-centrico".

Parlando in generale, le tre maggiori culture di Giava rappresentano le tre zone geografiche principali dell'isola: quindi ovest, centro ed est. Nella zona centrale, nelle città reali di Yogyakarta e Surakarta, i sultani contemporanei spingono i loro alberi genealogici fino ai regni islamici precoloniali che governarono la regione, rendendo queste zone importanti miniere di cultura classica giavanese. Le arti classiche di Giava comprendono la musica gamelan e gli spettacoli di marionette wayang.

Giava fu il luogo di molti regni influenti per la regione del sud-est asiatico, e, come risultato di ciò, molte opere letterarie sono state scritte da autori giavanesi, ad esempio Ken Arok e Ken Dedes, la storia dell'orfano che usurpò il trono del re e sposò la regina dell'antico regno di Giava, e traduzioni di Ramayana e Mahabarata. Pramoedya Ananta Toer è un famoso autore contemporaneo, che ha scritto molte storie basandosi sulla sua personale esperienza di vita e prendendo molti elementi dal folklore e dalle leggende del luogo.

A Giava sorge la capitale dell'Indonesia, Giacarta. Sono popolari destinazioni turistiche la città di Yogyakarta, un enorme monumento a forma piramidale dedicato a Buddha conosciuto come il Borobudur, e Prambanan, il maggior tempio indù dell'isola. Giava ha una densità di abitanti tra le più alte al mondo, e vi abita circa il 60% della popolazione complessiva dello Stato indonesiano. A partire dagli anni settanta, il governo indonesiano ha attuato dei programmi di trasmigrazione (indonesiano transmigrasi) finalizzati a reinsediare la popolazione di Giava su altre isole meno popolose dell'arcipelago. Questo programma ha ottenuto diversi risultati, e può esser ritenuto causa di molti eventi di tensione etnica e violenza tra la popolazione nativa e i "colonizzatori".

La maggior parte degli abitanti è musulmana. Ridotte enclave indù sono sparse su tutta l'isola e questa religione prevale lungo la costa orientali nei dintorni di Bali, specialmente vicino alla città di Banyuwangi. Ci sono anche piccole comunità cristiane, principalmente relegate nelle città principali: alcune zone rurali della Giava centrale hanno forti influenze cristiane. Comunità buddiste sono anche presenti nelle principali città, soprattutto tra gli Indocinesi.



L'economia di Giava si basa soprattutto sull'agricoltura: principali prodotti sono il riso, base dell'alimentazione locale, e il mais; più modesta la produzione di manioca, patate, ortaggi, legumi, arachidi, soia e frutta. Colture d'esportazione sono invece il tè, il caffè, il tabacco, la palma da cocco e da olio, la canna da zucchero, il caucciù e le spezie; la cinchona (albero della china), coltivata tra i 1500 e i 1800 m, ha perso molta della sua importanza. Oltre alla pesca e allo sfruttamento forestale (teak, mogano, ebano, sandalo), altre risorse sono l'allevamento del bestiame (bufali, bovini) e l'estrazione di petrolio (giacimenti di Rembang e Wonokromo, raffineria a Wonokromo) e manganese; a Giava sono concentrate quasi tutte le industrie dell'Indonesia, che comprendono impianti siderurgici, meccanici, cantieristici, tessili, chimici, farmaceutici, petrolchimici, alimentari, del tabacco, del cemento e della gomma.

L'isola ha coste prevalentemente alte e rettilinee a Sud, pianeggianti e frastagliate a Nord, ed è attraversata in tutta la sua lunghezza da un sistema di rilievi comprendenti oltre un centinaio di vulcani (Pangrango, 3019 m; Cereme, 3078 m; Slamat, 3428 m; Sumbing, 3371 m; Lawu, 3265 m; Semeru, 3676 m, la vetta più elevata dell'isola; Raung, 3332 m), separati da fasce pianeggianti o da depressioni, che a N si aprono in una vasta e fertile pianura. I fiumi sono generalmente brevi, ma ricchi di acque; il più importante è il Solo, che attraversa la pianura settentrionale. Il clima dell'isola è di tipo equatoriale, caldo-umido, con deboli escursioni termiche e abbondanti precipitazioni; nella sezione orientale è però più secco per l'influenza dei venti di SE, provenienti dall'Australia. La vegetazione, un tempo ricchissima e costituita dalla foresta equatoriale, è stata sostituita quasi ovunque dalle colture. Il Parco nazionale di Ujung Kulon, all'estremità nord occidentale dell'isola, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO (1991).

Giava possiede il repertorio più ricco di resti di Homo erectus dell’Asia sud-orientale. Dal Pleistocene inferiore e medio provengono i reperti di Sangiran, Modjokerto, Trinil (1,8-1 milioni di anni fa); dal Pleistocene superiore quelli della valle del Solo (Ngandong, Sambungmacan, Ngawi: datazione più recente ma controversa). Le industrie litiche di G. appartengono per lo più alla cultura Pacitaniana (ascrivibile ai gruppi più recenti di Homo erectus), ma è stata rinvenuta un’industria litica anche negli antichi depositi di Bapang a Ngebung (risalente fino a 1 milione di anni fa). In età olocenica (6000 anni fa) comparvero a G. nuovi tipi di strumenti (industria ‘microlitica’), rinvenuti nei dintorni di Bandung. Complessi funerari di rilievo appartengono all’età iniziale dei Metalli (Anyar, Plawangan, Kradenanrejo). Per questo periodo, e anche in seguito, i numerosi manufatti in bronzo della cultura vietnamita Dong Son (imponenti tamburi decorati) e le ceramiche indiane d’importazione testimoniano l’entità dei commerci con queste regioni. A partire dal 5°-7° sec. d.C. sono attestati tratti culturali indiani (scrittura, architettura, religione, organizzazione socio-politica): a Bogor, Cibuaya, Batujaya e Banten Girang. I monumenti religiosi in pietra sono situati sull’altopiano di Dieng e a Gedong Songo (fine 7° sec.).

Alla dinastia buddhista Sailendra (8° sec.) appartengono i candi (santuari) Cangal e Sewu e il gigantesco stupa Borobudur; alla dinastia induista dei Sanjaya il candi Prambanane, il candi Sambisari (9° sec.). Ricerche intensive, anche recenti, hanno riguardato soprattutto la città di Trowulan (14°-16° sec.; templi, complessi palaziali, abitazioni).

L’arte di Giava subì fortemente l’influenza di quella indiana (Gupta, Pala e Pallava) soprattutto nel periodo della formazione, pur presentando, nella sua evoluzione, opere indipendenti e originali dal punto di vista iconografico. I più antichi monumenti in pietra pervenuti sono due semplici templi dedicati a Siva, dell’inizio dell’8° sec., quando il potere politico e culturale giavanese era al centro dell’isola. Maggiore interesse hanno i santuari scivaiti sull’altopiano di Dieng, dell’inizio del 9° secolo. Sebbene appartengano a un identico tipo architettonico (il candi, monumento funebre connesso con il culto degli antenati), i templi di Dieng presentano articolate e numerose varianti sia nella struttura di base sia nella decorazione scultorea. Le immagini di divinità, provenienti dai templi di Dieng, hanno linee semplici e severe.

Nel sud della parte centrale di Giava si trovano vari monumenti buddhisti, il più importante dei quali è il Borobudur (800 ca.). Ispirato al buddhismo della scuola Mahayana, il Borobudur è uno stupa (struttura caratterizzata da elementi campaniformi) di dimensioni colossali, con una serie di terrazze concentriche e digradanti a piramide, costruito su una collina nella valle del Kedu. Sormontato da un grande stupa centrale, è ornato da 1300 rilievi relativi al Buddha storico, immagini assise di Dhyani Buddha, 72 stupa minori con statue del Buddha. Oltre che una rappresentazione simbolica della montagna cosmica (Meru), il Borobudur è anche uno yantra, cioè un cammino d’iniziazione.

Degli inizi del 10° sec., o poco più antico, è il grandioso complesso scivaita di Lara Djonggrang, presso Prambanan. Su una vasta terrazza quadrata, circondata da muri, sorgono otto candi, di cui il maggiore dedicato a Siva è fiancheggiato da quelli, minori, consacrati a Brahma e Viu. Dalla metà del 10° sec. agli inizi del 13° i resti architettonici sono scarsissimi. All’inizio dell’11° sec. è attribuito il ‘bagno’ di Belahan, edificio a cielo aperto, con un bacino rettangolare in parte tagliato nella roccia del monte, considerato il monumento funerario del re Erlangga. Gli edifici del periodo di Singhasari (13° sec.) presentano strutture completamente diverse da quelle tipiche di G. centrale. In essi (candi Kidal, Sawentar, Djago, Singhasari) è molto più sentito lo sviluppo verticale; l’edificio è interrotto a metà dell’altezza da un forte aggetto di tutto il corpo architettonico, su cui hanno particolare spicco le modanature. Al periodo di Majapahit appartiene il complesso scivaita di Panataran (14°-15° sec.), con l’interessante ‘tempio delle date’ (1369), coperto da una piramide a diversi piani che sembra poggiare sulle teste mostruose (kala) che ornano il sommo delle porte. Notevoli i rilievi con storie del Ramayaa e di Krishna che decorano il tempio principale.

A partire dalla seconda metà del 15° sec., sotto l’influsso crescente dell’Islam, l’arte giavanese mostra un progressivo declino, anche se i primi edifici musulmani presentano strutture affini a quelle della tradizione indo-giavanese (minareto della moschea di Kudus, cimitero e moschea di Sendangduwur). Le caratteristiche stele tombali (maesan), diffuse nel 16° sec., pur rilevando l’origine iranica si adeguano ben presto alla tradizione locale.

A Giava fiorirono sempre le arti minori: il batik, dai disegni assai complessi di grande effetto decorativo; i kris; le marionette del teatro wayang (delle ombre), in cuoio, legno o pergamena dipinti o dorati, raffiguranti personaggi del Ramayaa in forme stilizzate.

La musica giunse, presso i Giavanesi, a uno sviluppo più notevole che presso gli altri popoli dell’Indonesia. Molto complessa è l’orchestra giavanese detta gamelan, che comprende 24 musicisti con 13 tipi di strumenti. Vi predominano le percussioni (analoghe al gong); i flauti (suling) sono costruiti con il bambù; le viole con la noce di cocco. Si praticano due specie di gamme (scale): una (del modo slendro) a 5 gradi distanti circa un semitono, e una (del modo pelog) a 7. Si distinguono con precisione vari motivi rituali, con i quali, per esempio, si salutano gli ospiti all’arrivo, alla partenza, o si iniziano le feste, o conviti ecc. La loro tradizione classica risale al Regno Mataram sotto il sultano Agong (17° sec.).

Le danze, caratterizzate dal fatto che in esse non si muovono mai i piedi, hanno carattere rituale e sono curate con lungo impegno; danzatrici e danzatori sono di nobile origine.

La fossa  di Giava è una fossa dell’Oceano Indiano e si trova a Sud dell’isola, in una regione fortemente sismica e vulcanica, dove si attua la subduzione della zolla indo-australiana al di sotto di quella euro-asiatica. Profondità 7450 metri.

Mare di Giava è delimitato dalle isole maggiori Giava, Sumatra, Borneo e dalle minori dell’arcipelago della Sonda. Si estende per circa 1000 km in lunghezza e 600 in larghezza. Comunica con il Mar Cinese Meridionale per mezzo dello Stretto di Karimata, con il Mar di Celebes a mezzo dello Stretto di Makassar, con il Mar di Banda mediante il Mare di Flores, con l’Oceano Indiano attraverso piccoli stretti. È poco profondo (media, 70 m; max 102 m). Sviluppata la pesca, anche di spugne e coralli. Estrazione di petrolio e gas naturale.




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