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lunedì 14 marzo 2016

L'INQUINAMENTO DELLE CROCIERE



Si sa che in estate la meta preferita da tantissimi turisti è il mare, e non solo visto dalla riva. Nell’ultimo ventennio il settore delle crociere ha registrato un vero e proprio boom, con un aumento del 400% solo in Italia; ogni anno nel mondo si contano circa 20 milioni di passeggeri.

Sono cresciute anche le dimensioni delle navi, ormai vere e proprie città galleggianti con tanto di quartieri diversificati e attrazioni impensabili a bordo (come un vero parco naturale a cielo aperto, con tanto di giardini tropicali).

Questo tipo di vacanza può però produrre un importante impatto ambientale.

Ma a rischio ci sono anche, più in generale, spiagge, riserve naturali e ambienti marini protetti, da cui queste navi dovrebbero tenersi a giusta distanza. Inoltre un tema molto delicato riguarda lo smaltimento dei rifiuti prodotti a bordo: con quale rispetto delle regole e coscienza viene operato dagli armatori e dai lavoratori a bordo, e con quale efficacia avvengono i controlli?

I problemi di sostenibilità ambientale non sono però gli unici: “La criticità maggiore è il tipo di turismo massificante, poco attento a luoghi e popolazioni locali”, sottolinea Roberto Furlani, responsabile ufficio turismo del Wwf. È noto che moltissime crociere offrono pacchetti in cui la visita alle città toccate, spesso patrimoni culturali di altissimo pregio, dura una manciata di ore, il tempo di scattare qualche foto e comprare un souvenir. Anche l’impatto sulla terraferma è notevole: centinaia ma più spesso migliaia di turisti che, concentrati in un brevissimo lasso di tempo e in contesti a volte anche molto piccoli, si affrettano alla ricerca di uno scorcio, un ristorante, un negozietto a basso costo, spingendo l’economia del luogo verso la perdita delle tradizioni locali e quindi l’omologazione.

Si potrebbe pensare che scegliendo navi più piccole l’impatto ambientale si riduca di conseguenza, ma non è proprio così, in quanto il consumo di carburante, e quindi le emissioni inquinanti, calcolati per passeggero sono più alti.

L’alternativa più amica dell’ambiente è rappresentata dalla navigazione a vela. Non necessariamente in solitaria: esistono velieri che possono portare anche un paio di centinaia di passeggeri. Ma ovviamente i prezzi sono molto più alti e non accessibili a tutti.

Questi giganti del mare ospitano per giorni, se non per settimane, migliaia di persone, trasformandosi a tutti gli effetti in piccole città galleggianti, con bar, lavanderie, farmacie, spa, piscine, laboratori fotografici e tutti i problemi di smaltimento dei rifiuti di un piccolo centro abitato.
La rete di associazioni ambientaliste Friends of the earth stila tutti gli anni il Cruise ship report, che analizza il grado di rispetto dell'ambiente delle principali compagnie mondiali.

Queste gigantesche città galleggianti, con migliaia di cabine, piscine, casinò, discoteche e ristoranti inquinano come 14.000 automobili.

Complessivamente, le navi da crociera oceaniche producono almeno il 17% delle emissioni totali di ossidi di azoto, contribuendo a più di un quarto delle emissioni totali di ossidi di azoto nelle città portuali e le zone costiere.



In più, i rifiuti delle navi da crociera influenzano negativamente la capacità di recupero degli ecosistemi marini, distruggendo le barriere coralline.

Se mai sceglierete di imbarcarvi in uno di questi giganti marini sappiate che le vostre emissioni di CO2 potranno essere fino a 1000 volte superiori rispetto ad un viaggio in treno.

Le enormi quantità di cibo e bevande consumati sulle navi da crociera, insieme con le acque di lavanderia, della piscine, delle strutture sanitarie, dei laboratori fotografici, dei centri termali, vengono scaricate in mare, contaminando i pesci e la vita marina, e rappresentando un pericolo per le persone (per i consumatori di pesce, i bagnanti, i surfisti e gli appassionati di sport acquatici). Inoltre, pesci, molluschi e barriere coralline possono morire a causa dell’eccesso di azoto e fosforo causati dal liquame delle navi, che determinano la crescita eccessiva delle alghe e la conseguente riduzione dei livelli di ossigeno presenti nelle acque.

Una nave da crociera da 3.000 persone genera 210.000 litri di acque reflue settimanale – abbastanza per riempire 10 piscine, e 1 milione di litri di acque grigie, ovvero altre 40 piscine piene di rifiuti. Una nave da crociera è pari a 50 piscine piene di rifiuti altamente inquinanti che possono essere scaricati nei nostri oceani ogni settimana.

Come fa una nave da crociera la gestione delle acque reflue? Ci sono 3 metodi principali: 1) Le navi da crociera possono utilizzare i cosiddetti Marine Sanitation Devices (Msd), una tecnologia obsoleta che, secondo l’Epa, produce reflui che spesso contengono significative quantità di batteri fecali, metalli pesanti e sostanze nutritive in eccesso rispetto agli standard Usa di qualità dell’acqua. 2) Le navi da crociera possono utilizzare le tecnologie di trattamento delle acque reflue più avanzate disponibili (Awts), che forniscono un migliore screening, trattamento, disinfezione e il trattamento dei fanghi. Però anche le Awts hanno difficoltà a rimuovere tutti i metalli ed i nutrienti disciolti e possono rilasciare sostanze nocive negli ambienti costieri e marini. 3) L’ultimo e più protettivo metodo per l’ambiente metodo è che le  navi da crociera stocchino i liquami trattati a bordo e non li scarichino vicino alle nostre coste sensibili ed alle aree marine protette.

La buona notizia di un rapporto è che qualcuna delle 16 più grosse compagnie da crociere sta diventando gradualmente più “verde”, la cattiva è che oltre il 40% delle 167 navi si basano ancora su una tecnologia di trattamento dei reflui vecchia 35 anni. «Tali sistemi di trattamento antiquati lasciano livelli nocivi di materia fecale, batteri, metalli pesanti e altri contaminanti nell’acqua – denunciano i Friends of the Earth –  Per legge, le acque reflue scaricate entro le tre miglia nautiche dalla costa devono essere trattate, ma al di là le navi sono autorizzate a scaricare i liquami direttamente in mare.

Le navi da crociera sono anche responsabili di un inquinamento atmosferico rilevante causato dal carburante bruciato. Le emissioni dei motori delle navi includono ossidi di azoto, ossidi di zolfo, anidride carbonica e polveri sottili. Gli scienziati stimano che entro il 2030, l’inquinamento atmosferico dovuto alle imbarcazioni oceaniche nelle acque statunitensi aumenterà dal 100 al 200 per cento.

Come può una nave da crociera ridurre l’inquinamento atmosferico in porto? Fortunatamente, alcune linee di crociera hanno adottato una tecnologia, conosciuta come “cold ironing” che riduce notevolmente le emissioni delle navi da crociera in porto. Questa tecnologia permette di navi da crociera in banchina dei collegarsi allenergia a terra ed utilizzarla per far funzionare i propri sistemi di refrigerazione, di climatizzazione, di riscaldamento, di illuminazione senza dover bruciare il combustibile sporco nei motori delle navi.



mercoledì 21 ottobre 2015

IL TEMPIO DI QUECHULA



I resti di una chiesa risalente alla metà del XVI secolo sono emersi dalle acque del fiume Grijalva, vicino alla città di Nueva Quechula, in Chiapas, Messico. Noto come il Tempio di Santiago o di Quechula, l'edificio del 1564 fu abbandonato dopo l'epidemia di peste che colpì la zona tra il 1773 e il 1776. Dal 1966, anno di costruzione della diga di Nezahualcoyotl, è solitamente sommerso da 30 metri di acqua. Adesso, la siccità ha drasticamento ridotto di 24 metri il livello idrico, portando alla luce la chiesa dal passato misterioso, costruita da un gruppo di monaci sulla cosiddetta Strada dei Re, progettata dai conquistadores spagnoli e ancora in uso nel 20° secolo. Il Tempio di Santiago ha una struttura portante lunga 61 metri e larga 14 mentre le mura sono alte circa 10 metri. Al suo interno è stato rinvenuto l'ossario con i resti delle vittime della peste. Non è la prima volta che la chiesa emerge dalle acque: era già successo nel 2002. In quell'occasione i visitatori riuscirono persino a entrare e camminare tra le navate.




La chiesa è circondata dalla città sommersa di Quechula. I conquistatori spagnoli che la costruirono, pensavano che la zona potesse diventare un enorme centro abitato, ma il loro sogno non si è mai realizzato e addirittura la chiesa non ha mai nemmeno avuto un prete.

La chiesa fu abbandonata a causa delle grandi piaghe che colpirono questa zona del Messico tra il 1773 e il 1776, come ha spiegato l’architetto Carlos Navarrete, che ha collaborato con le autorità messicane per realizzare una relazione su questa struttura.
I pescatori hanno iniziato ad accompagnare i turisti lungo il fiume Grijalva per vederne da vicino le rovine.