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domenica 25 settembre 2016

POZZE DI MAREA



Le pozze di marea sono limitate raccolte di acqua marina che si possono trovare tra gli scogli e che sono permanentemente piene di acqua marina. Possono risentire per brevi periodi di maggiori concentrazioni o diluizione dei sali disciolti in concomitanza di basse maree e insolazione o continue piogge.

Questa tipologia di ambienti è alquanto diffusa lungo le coste rocciose dell'Atlantico, dove l'escursione di marea può raggiungere diversi metri, ma lo è meno in Mediterraneo perlomeno relativamente a pozze di una certa estensione perchè l'escursione di marea è assai ridotta.
L'ambiente delle pozze tende ad essere instabile, tanto più quanto le dimensioni del bacino siano ridotte e quanto sia scarso il ricambio di acqua dal mare aperto: l'escursione termica è qui in generale molto maggiore che in mare aperto, con riscaldamento diurno sensibile soprattutto nei mesi estivi e raffreddamento notturno altrettanto importante.
Analogamente la salinità può facilmente alterarsi a seguito di acquazzoni o di altro apporto di acque dolci di qualunque origine (ruscelli etc.). Conseguentemente prevarranno in queste pozze individui di specie eurialine ed euriterme, tolleranti cioè a variazioni anche consistenti di temperatura e salinità.

Una pozza di marea litoranea è un particolare habitat, nel quale alghe e piccoli animali condividono più o meno forzatamente il poco spazio a disposizione, tant'è vero che Johnn Steinbek le definì "ambienti ferocemente brulicanti di vita".
In estate, l'acqua presente in questi ambienti, può raggiungere a causa dell'insolazione, addirittura la temperatura di 45° C, mentre la pioggia e la forte evaporazione possono creare repentini sbalzi di salinità.
Fra gli organismi presenti in questi ambienti e negli scogli adiacenti, sicuramente primeggiano i gasteropodi prosobranchi come le patelle, che sono molto comuni nella zona di marea della costa rocciosa e anche in prossimità delle opere portuali create dall'uomo. Questi organismi marini, presentano una conchiglia conica, appiattita, facilmente riconoscibile; usano il loro piede muscoloso come una ventosa e, grazie a questo, sono in grado di aderire fortemente al substrato. Possono spingersi a profondità vicine ai 10 metri. È tipico delle patelle pascolare le alghe che formano un substrato più o meno omogeneo sulle rocce, per poi tornare esattamente nello stesso punto di partenza, il punto ove la conchiglia si adatta perfettamente alle caratteristiche del substrato, permettendo di aderirvi senza che rimanga alcuna fessura o spazio tra la conchiglia stessa e appunto, la roccia.
Altri gasteropodi presenti in questo ambiente, sono le littorine, quest'ultime sono dotate da una piccola conchiglia dal colore molto variabile, tra il violetto e il marrone scuro, con margine spirale blù-bianca; si trovano perlopiù a gruppi nelle piccole fessure degli scogli, a volte frammischiate ad altri gasteropodi come i trochidi, dalla conchiglia spiralata e con punteggiature e fasce colorate.




Abbastanza comuni anche i pomodori di mare, curiosi organismi appartenenti all'ordine degli Attiniari, che sono esacoralli con corpo cilindrico, provvisto di circa 200 tentacoli brevi, retrattili, disposti su più cerchi presenti sul suo corpo rossastro, che quando non è bagnato è poco visibile, poiché si chiude a palla espellendo tutta l'acqua ma, se si ha pazienza, soprattutto verso il crepuscolo, apre in maniera sbalorditiva la corona rossa dei suoi tentacoli manifestandosi in tutta la sua bellezza.
Tra gli artropodi,  dei piccolissimi granchi (Pachygrapsus marmoratus), caratterizzati da un carapace quadrangolare con dorso piatto, liscio e da un corpo di colore verde scuro, con evidenti screziature. Questi piccoli organismi (5 cm circa), possono resistere fuori dall’acqua per alcune ore, purché l'ambiente circostante sia umido. Tra i pesci, si possono trovare dei piccoli succiascoglio, con mandibole sporgenti, bocca ampia e con labbra carnose rivolte verso il basso. Altri pesci presenti in questo luogo, dei piccoli gobidi, che amano rifugiarsi in cavità e piccoli crepacci delle rocce appena sommerse. Presenti anche ricci di mare (Paracentrotus lividus e Arbacia lixula).

Le alghe più comuni nelle pozze di marea sono Cystoseira sp., Sargassum sp., Corallina elongata e altre corallinales ramificate; spesso si rinviene anche Dictyota dichotoma e alcune volte Padina pavonica e Sphaerococcus sp., un alga riconoscibile per il suo bel colore rosso. Nelle pozze dove la concentrazione di nutrienti è maggiore, per apporti di vario tipo, si possono osservare alghe verdi filamentose e Ulvacee come l'Ulva rigida. Si tratta comunque di alghe che non risentono ovviamente troppo di variazioni nei sali disciolti e di temperatura.



domenica 20 dicembre 2015

IL VERME CANE



I vermocani sono animali leggendari dell'antica Grecia che avrebbero avuto due sembianze : la prima era un cane senza arti che strisciava, la seconda un insetto che abbaiava e viveva nell'inferno.

Il “verme cane” (nome scientifico Hermodice carunculata) è da sempre un abitatore delle acque dello Stretto di Messina. Un abitatore tradizionalmente discreto, dalle abitudini notturne, noto ai pescatori esperti, ma sconosciuto agli abituali frequentatori delle spiagge. Specie amante dal caldo, da alcuni anni ha cominciato a proliferare,  diffondendosi sempre più a nord, probabilmente aiutato dal riscaldamento climatico globale. L’inquilino discreto dei nostri mari è alla fine diventato un ospite invadente e indesiderato, che non rispetta più gli orari notturni, e che in alcuni tratti delle nostre coste si vede addirittura pullulare a profondità di bagnante.

In qualche spiaggia i bambini li raccolgono da riva con il coppo. Certamente a nessuno, magari munito di maschera, può far piacere trovarsi in acqua avendo sotto i piedi centinaia di vermi grossi e lunghi come würstel, ma il problema non è solo paesaggistico. Il verme cane infatti, se toccato, risulta estremamente urticante, a motivo delle migliaia di setole velenose e uncinate di cui è munito. Le setole possono poi staccarsi accidentalmente  e ustionare il malcapitato anche senza un diretto contatto con l’animale. Il termine inglese “fireworm” (verme di fuoco) rende bene l’idea. E’ dunque chiaro che l’invasione delle nostre coste da parte di questa bestiola rappresenta ormai un problema socio-sanitario, quasi al pari delle temibili onnipresenti meduse“.



Il vermocane (Hermodice carunculata Pallas, 1766), detto anche "verme cane", "verme di fuoco" o "verme di mare", è un verme marino errante appartenente alla classe dei Policheti.

Si nutre principalmente di sostanze in decomposizione ed altri pesci morti. Non è raro trovarne un gruppetto mentre si nutre di un pesce morto.

Se ne trovano di diverse dimensioni, da pochi centimetri di lunghezza fino a 30 centimetri.

Vive sui fondali marini, soprattutto rocciosi, dei mari tropicali e sub-tropicali, Mediterraneo compreso. Specialmente nei fondali mediterranei si può trovare a basse profondità (a partire da 7 metri circa) nascosto tra gli scogli o rasente ad essi.

Molto spesso si intrufolano in acquario quando si acquistano le rocce vive, raggiungendo poi dimensioni sempre più grosse nel tempo. Sono ospiti non molto graditi, nonostante ci siano alcune scuole di pensiero che sostengono che sono degli ottimi mangiatori di detriti.




martedì 1 dicembre 2015

TORRE DI SANT'ANDREA



Sant'Andrea è una località balneare del Salento, marina dei territori comunali di Melendugno e Otranto, in provincia di Lecce. Sant'Andrea è sovrastato da una grande e fresca pineta che arriva fino ai Laghi Alimini.

Approdo di pescatori situato sul Mare Adriatico, a 2 km dalla più nota località balneare di Torre dell'Orso, dista 15 km in direzione nord da Otranto e 20 km da Lecce. Molto noti sono i suoi faraglioni che attraggono grandi quantità di turisti e amanti dei paesaggi incontaminati.

È stata premiata più volte con la Bandiera Blu d'Europa per la limpidezza delle acque.

A Torre Sant'Andrea sorge il rudere della torre cinquecentesca omonima.
La costa adriatica presenta scogli e rocce e solo a nord di Otranto le spiagge con sabbia: la bellissima spiaggia della Baia dei Turchi e la spiaggia di Torre dell’Orso. Proprio tra queste due spiagge si trovano i faraglioni di Torre Sant’Andrea.




Sono situati sul versante nord del villaggio di Torre Sant’Andrea. La zona è esclusivamente scoglio e presenta un buon punto di accesso al mare proprio all’inizio dell’area dei faraglioni: si scende giù per una decina di metri fino a giungere a una piattaforma naturale di roccia. La sostanza di questa roccia è tale da essere malleabile facilmente dal mare e dalla sua forza.

Torre Sant’Andrea si presenta agli occhi del turista come un semplice villaggio di pescatori, che sorge dove la costa è leggermente più alta. Anche questo posto prende il nome dalla torre che domina sulla cittadina, in compagnia del faro e del porticciolo, che ospita oltre le barche dei pescatori anche piccole imbarcazioni da diporto. Questi elementi hanno fatto di questa piccola località balneare una meta ambita sia dai vicini abitanti di Otranto, sia dai numerosi turisti che vengono attratti dalle meraviglie della natura salentina.


venerdì 2 ottobre 2015

I DUE FRATELLI



Uno scoglio è una porzione di roccia che emerge dalle acque del mare, normalmente nelle vicinanze di una costa rocciosa alta detta falesia.

Lo scoglio è costituito da roccia dura e scoscesa e le sue dimensioni sono variabili: può avere le dimensioni di una pietra trasportabile da un uomo o di un enorme macigno. È possibile osservarne di diverse colorazioni, in base al tipo di minerali che lo costituiscono e dalle forme di vita sviluppatesi sulla sua superficie; normalmente, la fauna adiacente a uno scoglio è composta da vari tipi di alghe, crostacei e molluschi.

Per l'azione dell'erosione marina possono finire per restare interamente separati dalla costa, come i noti faraglioni di Capri.

Con il ciclo delle maree, gli scogli possono essere emersi o sommersi, e in quest'ultimo caso è possibile che si trovino poco al di sotto della superficie dell'acqua, rendendo pericolosa la navigazione e pertanto sono segnati nelle carte nautiche, inoltre sulle scogliere particolarmente pericolose, o sulle falesie vicine, sono solitamente posti dei fari.

I Due Fratelli sono due scogli situati nel mar Ionio, in Sicilia, precisamente nella costa nord-orientale della città di Siracusa.

Si trovano tra i quartieri di Grottasanta, della Mazzarona e del Viale Tunisi, in un golfo chiamato "Costa re' Piliceddi". Le coste nelle vicinanze sono tutte molto frastagliate, esclusa una spiaggetta, formata dallo sgretolamento delle rocce. La profondità del mare non supera i 20 metri. Vi sono due scogli principali:



Lo "Scoglio Grande", alto più di 12 metri, e lontano circa 70 metri dalla costa, è il più grande, ed è chiamato anche "dell'Elefante" o "del Mammut" per la sua struttura vista lateralmente. È diviso a metà da una stretta fessura che parte dal livello del mare e lo attraversa fino alla cima, formando due grotte al suo interno. Il retro è esposto al mare aperto ed è composto da rocce aguzze e buche scavate dalle onde del mare. Il davanti si affaccia sulla baia a picco sul mare. È uno degli scogli più conosciuti di Siracusa, anche perché è stato luogo di varie morti (oltre a quella non ufficiale dei due fratelli narrati nella leggenda). Infatti vi è morto un ragazzino dall'età di circa 12 anni, che tentando di scendere nella parte più bassa dello scoglio (la "Passerella"), scivolò cadendo sugli scogli sottostanti.
Lo "Scoglio Piccolo", alto 5 metri, è lontano circa 50 metri dalla costa, ed assume la forma di una piccola barca. È distante dallo "Scoglio Grande" di circa 12 metri, il quale è anche punto di passaggio per barche. A sinistra, lo scoglio assume la parte più alta, è piatto ed è a picco sul mare. A destra scivola verso il livello del mare ed è pieno di buche e scogli aguzzi, a causa della sua esposizione al mare aperto (come nel caso dello "Scoglio Grande").
Sia la flora che la fauna di questo luogo è di tipo mediterranea. La flora è composta prevalentemente dalla macchia mediterranea. Vi sono presenti anche varie specie di piante acquatiche, con una maggioranza occupata dalla posidonia oceanica. La fauna è composta da varie specie di granchi, frutti di mare, ricci di mare, polpi, stelle marine, pesci di varie razze, murene, raramente anche razze e molto altro ancora. Nell'anno 2005 c'è stato un arrivo in quantità di meduse (anche in altre località marine di Siracusa), in gran parte della Pelagia noctiluca, medusa mediterranea molto irritante, che ha lasciato irritate molte persone che hanno tentato di farvi il bagno.

Il nome ufficiale in Siciliano, I Ru' Frati, ("I Due Fratelli"), deriva da una leggenda metropolitana in cui si pensa che vi sono morti sfortunatamente due omonimi fratelli.

Due fratelli, un giorno andarono a fare caccia subacquea. Uno dei due, immergendosi sott'acqua, rimase incastrato in una fessura, l'altro tentò di salvarlo, morendo sfortunatamente annegato anche lui.
Un atra versione narra che i due fratelli, un giorno decisero di tuffarsi dallo Scoglio Grande. Era un giorno molto caldo e solare. I due fratelli salirono sullo scoglio, e nel frattempo si scatenò un temporale. Loro si tuffarono ugualmente, morendo purtroppo annegati dalle onde e dal mare in tempesta.
Vi è anche una terza versione, che però non centra con la leggenda dei fratelli morti: essa paragona questi due scogli, uno grande e uno piccolo, a due omonimi fratelli, Il fratello maggiore e il fratello minore.

Nel 1778 Vivant Denon durante il suo viaggio a Siracusa cita i "due fratelli", ciò significa che la leggenda è parecchio antica.